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4. Il Costo di Prodotto come strumento per la valutazione delle rimanenze final

4.1. Il quadro legislativo di riferimento

Il quadro legislativo di riferimento per la valutazione e l'iscrizione delle rimanenze finali nel bilancio delle aziende italiane si compone sostanzialmente di tre tipologie di disposizioni normative: in primo luogo vi sono le norme previste dal Codice Civile italiano ed i decreti legislativi attuativi delle direttive emanate dall'Unione Europea in materia, a queste seguono i principi contabili emessi dall'Organismo Italiano di Contabilità (detto quindi OIC) e, per concludere, vi sono gli IAS/IFRS emessi dall'International Accounting Standards Board (per praticità detto IASB).

Di primo acchito si può essere portati a pensare che tale numerosità di disposizioni legislative rappresenti una problematica non da poco per le imprese italiane che sono soggette all'osservazione di tali norme, tuttavia nel presente paragrafo vedremo l’implementazione di due tendenze in merito alla loro applicazione: da un lato si può notare la tendenza del legislatori, nazionali e comunitari, a differenziata l’applicazione delle norme a seconda della

77 Baboro R., Mandanici F., Valutazione delle rimanenze a costi specifici: opportunità civilistiche e fiscali, in

92 dimensione dell'azienda che deve redigere il bilancio, pertanto più l'azienda è piccola più semplificate saranno le disposizioni da seguire e più l’azienda (o il gruppo) è grande maggiori saranno le informazioni da includere nel bilancio, in particolar modo nella Nota Integrativa; dall’altro lato si può vedere come l'insieme delle norme crei un corpo di regole per la maggior parte armonizzate tra loro e di conseguenza vedremo proprio l'evoluzione di tale processo uniformatore nell'operato dello standard setter internazionale, lo IASB, e soprattutto dell’Organismo Italiano di Contabilità.

Oggetto d'analisi del presente paragrafo saranno innanzitutto le disposizioni normative previste dal Codice Civile in materia di redazione del bilancio, ovvero le disposizioni contenute agli artt. 2423-2426 c.c., e dai Decreti Legislativi che hanno attuato le direttive comunitarie, in particolar modo il recente D. Lgs. 139/2015; in secondo luogo verranno esaminati i tratti salienti del principio contabile nazionale dedicato alle rimanenze, il cosiddetto OIC 13 e, per concludere, le principali parti del principio contabile internazionale IAS 2 sulle scorte. È fondamentale sottolineare che le suddette fonti normative, specialmente il Codice Civile ed i Decreti nazionali, non verranno analizzate nella loro interezza in quanto il loro contenuto si riferisce alla disciplina relativa al bilancio in generale, pertanto obiettivo della presente analisi sarà quello di evidenziare solamente i postulati normativi relativi alla valutazione delle rimanenze aziendali.

4.1.1. Il Codice Civile e le Direttive UE

Le rimanenze finali vengono disciplinate dal Codice Civile italiano attraverso gli artt. 2424, 2425 e 2426.

L'art. 2424 c.c. si occupa di fornire alle aziende indicazione in merito alla fase di iscrizione in bilancio delle scorte prevedendo quindi che nello Stato Patrimoniale esse vengano iscritte alla voce "Rimanenze" dell'attivo circolante utilizzando la seguente classificazione: "1) materie prime, sussidiarie e di consumo; 2) prodotti in corso di

lavorazione e semilavorati; 3) lavori in corso di ordinazione; 4) prodotti finiti e merci; 5) acconti". L'art. 2425 c.c. invece si occupa dell'iscrizione delle Rimanenze all'interno del

Conto Economico prevedendo da un lato l'inserimento nel "Valore della produzione" delle cosiddette "variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e

finiti" e dall'altro l'inserimento nei "Costi della produzione" delle "materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci", sia in termini di costo d'acquisto che di variazione del valore. Tali

93 due articoli, relativamente al processo di valutazione delle rimanenze, sono in grado di darci una risposta concreta e completa solamente per quanto riguarda il lato patrimoniale del problema, mentre non si occupano in alcun modo dell'aspetto puramente reddituale della questione.

L'articolo che va ad assolvere tale necessità è il 2426 c.c., articolo cardine del Codice Civile italiano in materia di valutazione delle rimanenze, che prescrive quanto segue: "Criteri

di valutazioni. Nelle valutazioni devono essere osservati i seguenti criteri: 1) le immobilizzazioni sono iscritte al costo di acquisto o di produzione. Nel costo di acquisto si computano anche i costi accessori. Il costo di produzione comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto. Piò comprendere anche altri costi, per la quota ragionevolmente imputabile al prodotto, relativi al periodo di fabbricazione e fino al momento dal quale in bene può essere utilizzato; con gli stessi criteri possono essere aggiunti gli oneri relativi al finanziamento della fabbricazione, interna o presso terzi; […] 9) le rimanenze, i titoli e le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono iscritti al costo di acquisto o di produzione, calcolato secondo il numero 1), ovvero al valore di realizzazione desumibile dall'andamento del mercato, se minore; tale minor valore non può essere mantenuto nei successivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi. I costi di distribuzione non possono essere computati nel costo di produzione; 10) il costo dei beni fungibili può essere calcolato col metodo della media ponderata o con quelli: <primo entrato, primo uscito> o: <ultimo entrato, primo uscito>; se il valore così ottenuto differisce in misura apprezzabile dai costi correnti alla chiusura dell'esercizio, la differenza deve essere indicata, per categoria di beni, nella nota integrativa; 11) i lavori in corso su ordinazione possono essere iscritti sulla base dei corrispettivi contrattuali maturati con ragionevole certezza; 12) le attrezzature industriali e commerciali, le materie prime, sussidiarie e di consumo, possono essere iscritte nell'attivo ad un valore costante qualora siano costantemente rinnovate, e complessivamente di scarsa importanza in rapporto all'attivo di bilancio, sempreché non si abbiano variazioni sensibili nella loro entità, valore e composizione". Tale articolo, seppure affronti la tematica

in modo estremamente sintetico (un atteggiamento tipico del legislatore), ci permette di focalizzare la nostra attenzione su alcuni cardini del processo di valutazione delle rimanenze finali, ovvero:

 il valore di iscrizione a bilancio delle rimanenze,

 i costi che devono essere inclusi nel computo del valore e quelli che devono essere esclusi,

94  la distinzione tra beni fungibili e non e le modalità di valutazione dei cosiddetti

prelievi dal magazzino delle scorte di beni fungibili, e  la differenza di valutazione tra varie categorie di rimanenze.

Per quanto riguarda il valore di iscrizione delle scorte, il Codice Civile prevede che queste vengano iscritte al minore tra il costo di acquisto/produzione ed il valore di realizzazione desumibile dal mercato, pertanto prima di tutto sarà necessario comprendere a che valori ci stiamo riferendo: il costo di acquisto/produzione è relativamente semplice da individuare, l'attenzione dovrà quindi solamente focalizzarsi sulle tipologie di costi che possono o meno essere inclusi nel calcolo (e qui ci si aggancia al secondo cardine), quindi nel caso dei costi d'acquisto dovranno essere conteggiati anche gli oneri accessori, mentre il costo di produzione dovrà comprendere i costi diretti e la relativa quota dei costi indiretti di fabbricazione, in entrambi i casi invece potranno essere considerati gli oneri finanziari e dovranno assolutamente essere esclusi i costi di distribuzione; per quanto riguarda il valore di realizzazione desumibile dal mercato, il Codice Civile non offre al lettore particolari indicazioni in merito all'interpretazione di tale dicitura pertanto sarà necessario usufruire delle indicazioni in merito offerte dall'OIC attraverso il principio contabile dedicato alle scorte.

Per quanto riguarda i beni fungibili introdotti dal Codice, nel caso dovessero essere presenti in azienda, poiché la loro entità e velocità di rotazione sono generalmente significative, vengono ipotizzati i flussi di entrata ed uscita delle scorte dal magazzino secondo tre metodi, quello del costo medio ponderato, quello del <primo entrato, primo uscito>, detto anche FIFO (first in, first out), oppure quello dell'<ultimo entrato, primo uscito>, detto quindi LIFO (last in, first out); tali metodologie verranno esaminate in maniera approfondita nel paragrafo 4.2. É interessante comunque aprire una parentesi relativamente alle disposizioni previste in materia dalla normativa fiscale italiana contenuta nel TUIR, più precisamente all'art. 92: secondo tale normativa i criteri di valutazione delle rimanenze di beni fungibili ammessi sono il FIFO (per movimento e per periodo annuo), il Costo Medio Ponderato ed il solo LIFO per periodo annuo (detto LIFO a scatti).

Per concludere, l'ultimo cardine è quello rappresentato dalla presenza di diverse categorie di rimanenze pertanto, a seconda della categoria da valutare, che dovrà assolutamente essere caratterizzata da omogeneità dei beni al suo interno (pena l'invalidità della valutazione), diverse dovranno essere le considerazioni relative ai costi da considerare per il computo del

95 valore della rimanenza, sia che si tratti del costo di acquisto/produzione, sia che si tratti del valore di realizzazione desumibile dal mercato.

Parallelamente alle disposizioni normative italiane vi è da menzionare l’operato della UE relativamente ai tentativi di armonizzazione comunitaria dei sistemi di redazione del bilancio d’esercizio: le direttive della UE (e prima ancora della CEE) come per esempio la IV del 1978 sul bilancio d’esercizio (78/660/CEE) e la VII del 1983 sul bilancio consolidato (83/349/CEE) sono state emanate con lo scopo di rendere uniforme il sistema a livello europeo e, come si può leggere in D’Alessio, “rimuovere uno dei tanti ostacoli alla piena e libera competizione tra le imprese degli stati membri”78

, assegnando quindi al bilancio una funzione informativa di fondamentale rilevanza. Tali direttive sono state via via recepite dall’ordinamento italiano attraverso degli appositi Decreti Legislativi e rilevano a tale riguardo il Decreto Legislativo n. 127 del 1991 che recepisce la IV Direttiva comunitaria e la VII Direttiva comunitaria79, ed il recente Decreto Legislativo n. 139 del 2015 che recepisce la Direttiva 2013/34/UE.

Il D. Lgs. 139/2015, sulla "Attuazione della direttiva 2013/34/UE relativa ai bilanci

d'esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese, recante modifica della direttiva 2006/43/CE e abrogazione delle direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE, per la parte relativa alla disciplina del bilancio di esercizio e di quello consolidato per le società di capitali e gli altri soggetti individuati dalla legge", costituisce la

più recente innovazione comunitaria in materia di bilancio recepita e attuata nel contesto italiano ed è entrata in vigore a partire dal 1 gennaio 2016.

Ai fini della valutazione delle rimanenze finali per la redazione del bilancio, l'art. 6 (Modifiche al codice civile) del Decreto introduce le seguenti modifiche all'art. 2423 c.c.: al comma 2 "Non occorre rispettare gli obblighi in tema di rilevazione, valutazione,

presentazione e informativa quando la loro osservanza abbia effetti irrilevanti al fine di dare una rappresentazione veritiera e corretta. Rimangono fermi gli obblighi in tema di regolare tenuta delle scritture contabili. Le società illustrano nella nota integrativa i criteri con i quali hanno dato attuazione alla presente disposizione" e al comma 3 "la rilevazione e la presentazione delle voci è effettuata tenendo conto della sostanza dell'operazione o del

78

D’Alessio, R., La Valutazione delle Rimanenze di Magazzino nel Sistema dei Bilanci d’Impresa, pagina 287.

79 Tale riforma, ricorda D'Alessio a pagina 288 de La valutazione delle rimanenze di magazzino nel sistema dei

bilanci d'impresa, "investe i postulati, i principi di bilancio, gli schemi di stato patrimoniale e di conto

economico, introduce la nota integrativa e la relazione sulla gestione, prevede il bilancio in forma abbreviata, infine disciplina i criteri di valutazione. Il Decreto Legislativo n. 127 del 1991 disciplina con relativa minuzia [...] i criteri di attribuzione del valore alle rimanenze di magazzino".

96

contratto". Si tratta di due innovazioni estremamente significative per quanto riguarda i

principi che devono essere osservati nelle fasi di valutazione delle poste da iscrivere in bilancio, di conseguenza rilevano anche nella fase di valutazione delle rimanenze; si rimanda quindi al successivo paragrafo in cui verranno esaminati in modo dettagliato i suddetti principi per la redazione del bilancio.

Il D. Lgs. 139/2015, oltre ad apporre modifiche agli articoli del codice civile in materia di redazione del bilancio, attraverso l'art. 7 va a modificare anche alcuni articoli del D. Lgs. 127/1991, tra questi gli artt. 27 e 28 relativi ai soggetti esentati oppure obbligati alla redazione del bilancio consolidato: si tratta di modifiche importanti in quanto le aziende obbligate a redigere il bilancio consolidato devono applicare i principi IAS/IFRS, che presentano alcune differenze sostanziali rispetto alla normativa civilistica, in particolar modo per quanto riguarda la valutazione e l'iscrizione a bilancio delle rimanenze.

Si ricorda infine che il Codice Civile distingue tra le aziende che devono redigere il bilancio in forma ordinaria e quelle che sono esenti da tale procedura, come le micro-imprese oppure quelle che sono autorizzate a redigere il bilancio in forma abbreviata. Queste ultime sono destinatarie delle disposizioni previste agli artt. 2435-bis, mentre le micro-imprese sono destinatarie dell’articolo 2435-ter del Codice Civile. Tale distinzione tra aziende che hanno l’obbligo di redigere il bilancio in forma ordinaria e quelle che ne sono esonerate viene ripresa anche dall’OIC 13, dalla Direttiva 2013/24/UE e dal D. Lgs. 139/2015. Ai sensi dell'art. 2435-

bis e delle modifiche recentemente apportatevi dal D. Lgs. 139/2015 attuativo della Direttiva

comunitaria 34 del 2013, le società autorizzate a redigere il bilancio in forma abbreviata sono quelle che non hanno superato, per due esercizi consecutivi oppure nel primo anno di attività, due dei seguenti limiti: i) attivo dello stato patrimoniale pari a 4.400.000,00€, ii) ricavi pari a 8.800.000,00€, iii) una media di 50 dipendenti. Le società definibili micro-imprese, e quindi autorizzate a redigere il relativo bilancio semplificato, sono quelle che, ai sensi dell'art. 2435-

ter aggiornato attraverso le disposizioni del D. Lgs. 139/2015 attuativo della Direttiva

2013/34/UE, hanno mantenuto per almeno due anni oppure durante il primo anno di attività due dei seguenti limiti: i) attivo dello stato patrimoniale entro i 175.000,00€, ii) ricavi di vendita e di prestazioni entro i 350.000,00€, iii) un massimo di 5 dipendenti in media.

Si vuole quindi precisare che, ai sensi della Direttiva comunitaria 34/2013, le distinzioni tra società di diverse dimensioni vengono marcate anche per quanto riguarda i gruppi soggetti al consolidamento (e quindi obbligati alla redazione del bilancio secondo i dettami dei

97 principi contabili internazionali IAS/IFRS); tale distinzione non è prevista dalla legislazione nazionale e la Direttiva delinea le caratteristiche di ben tre tipologie diverse di gruppi di imprese, ovvero i piccoli gruppi, i gruppi di grandezza media ed i grandi gruppi, ognuno di questi obbligato a dover rispettare specifiche regole in materia di redazione del bilancio, in particolare sull’elaborazione della Nota Integrativa. Sottoriva spiega approfonditamente tali distinzioni: “La Dir. 2013/34/UE ha previsto, innovando il preesistente assetto normativo, l’introduzione delle nozioni di “piccolo gruppo”, di “medio gruppo” e di “grande gruppo”, come di seguito illustrato, cui consegue una differente numerosità di informazioni che dovranno essere fornite nella Nota integrativa redatta su base consolidata. La Direttiva introduce altresì un articolato regime di possibili esenzioni dall’obbligo di consolidamento nonché relativamente alla revisione legale dei conti e alla pubblicità del Conto economico delle imprese capogruppo che redigono il bilancio consolidato. I piccoli gruppi sono gruppi composti da un’impresa madre (l’impresa controllante) e da imprese figlie (le imprese controllate dall’impresa madre) da includere nel bilancio consolidato e che, su base consolidata, alla data di chiusura del bilancio dell’impresa madre non superano i limiti numerici di almeno due dei tre criteri seguenti: a) totale dello Stato patrimoniale: 4.000.000 €;

b) ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 8.000.000 €; c) numero medio dei dipendenti

occupati durante l’esercizio: 50. I gruppi di dimensioni medie sono gruppi che non sono piccoli gruppi e sono composti da un’impresa madre e dalle imprese figlie da includere nel bilancio consolidato e che, su base consolidata, alla data di chiusura del bilancio dell’impresa madre non superano i limiti numerici di almeno due dei tre criteri seguenti: a) totale dello Stato patrimoniale: 20.000.000 €; b) ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 40.000.000€;

c) numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: 250. I grandi gruppi sono gruppi

composti da un’impresa madre e dalle imprese figlie da includere nel bilancio consolidato e che, su base consolidata, alla data di chiusura del bilancio dell’impresa madre superano i limiti numerici di almeno due dei tre criteri seguenti: a) totale dello Stato patrimoniale: 20.000.000 €; b) ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 40.000.000 €; c) numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: 250. La classe dimensionale di appartenenza del gruppo - che volta per volta deve essere verificata - rileva, come accennato, al fine dell’individuazione della numerosità e della tipologia di informazioni che devono essere fornite nella Nota integrativa redatta su base consolidata nonché ai fini dell’applicazione del

98 regime di esenzione dalla redazione del bilancio consolidato (di cui all’art. 23 della nuova Direttiva)”80

.

4.1.2. I Principi OIC

Nel 2005 viene istituito l’Organismo Italiano di Contabilità, il nuovo accounting setter destinato a revisionare i principi contabili nazionali emanati in precedenza dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, tra questi il Principio Contabile n. 3 sulle giacenze di magazzino. É così che nasce, insieme a numerosi altri principi, il cosiddetto “OIC 13, Le rimanenze di magazzino”, con lo scopo non solo di apportare novità al principio contabile precedentemente in vigore, ma anche di effettuare un richiamo dei principi contabili internazionali, più in particolare lo “IAS 2, Inventories” da parte della normativa nazionale.

L''Organismo Italiano di Contabilità è stato investito del potere di emanare principi contabili per la redazione del bilancio civilistico attraverso la Legge 116 del 2014. Come si legge in D'Alessio, "in un sistema di civil law, come quello italiano, i principi contabili sono chiamati essenzialmente a dettare norme specifiche capaci di completare le scarne disposizioni di legge, contemplando una vasta casistica di situazioni operative allo scopo di ridurre la discrezionalità (altrimenti assoluta) degli amministratori e di rendere più oggettivo e verificabile il processo di formazione del bilancio di esercizio […]. L'elaborazione di un sistema di principi contabili si pone, dunque, all'intersezione di due spinte di segno opposto: da un lato quella della rigorosa analisi delle situazioni reali, che spinge verso la larghezza dei margini di azione per poter gestire al meglio l'indeterminazione dei valori di bilancio, dall'altro lato, quella che vuole attribuire al bilancio di esercizio caratteri di credibilità e di trasparenza e che quei margini deve restringere"81.

Nel 2014 l’OIC 13 viene aggiornato e tale versione costituisce il principio contabile nazionale attualmente in vigore in materia di rimanenze: la revisione del principio era stata demandata dall'emanazione del Decreto Legislativo 139 del 2015 attuativo della Direttiva 2013/34/UE e dalla necessità di armonizzare ancora di più la disciplina nazionale con quella comunitaria. Lo scopo dell'OIC 13 è quello di fornire alle aziende (che devono redigere il bilancio secondo le disposizioni civilistiche) una disciplina precisa e puntuale in merito alla

80 Sottoriva C., La nuova direttiva europea per la redazione del bilancio di esercizio e per la redazione del

bilancio consolidato (seconda parte), in Le Società, pagina 409.

81 D'Alessio R., La valutazione delle rimanenze di magazzino nel sistema dei bilanci d'impresa, pagine 276 e

99 rilevazione ed iscrizione a bilancio delle rimanenze finali in quanto, come si è potuto vedere nel sotto-paragrafo precedente, il Codice Civile e le altre leggi in materia non scendono nei dettagli di tale procedimento.

Come prima cosa l'OIC 13, al punto 4, si occupa di fornire agli utilizzatori una definizione di cosa può costituire le rimanenze di magazzino: "Le rimanenze di magazzino

rappresentano beni destinati alla vendita o che concorrono alla loro produzione nella normale attività della società. Le principali tipologie di rimanenze di magazzino disciplinate sono: le materie prime, ivi compresi i beni acquistati soggetti ad ulteriori processi di trasformazione (cd. semilavorati di acquisto); le materie sussidiarie e di consumo (costituite da materiali usati indirettamente nella produzione); i prodotti in corso di lavorazione (materiali, parti e assiemi in fase di avanzamento); i semilavorati (parti finite di produzione interna destinate ad essere utilizzate in un successivo processo produttivo); le merci (beni acquistati per la rivendita senza subire rilevanti trasformazioni); i prodotti finiti (prodotti di propria fabbricazione)". Si nota quindi immediatamente come il principio nazionale voglia

classificare in maniera chiara ed inequivocabile le diverse categorie di rimanenze rilevabili in azienda, effettuando un chiaro rimando alla classificazione già fornita dal Codice Civile agli artt. 2424, 2425 e 2426. Oltre a sottolineare che tipologie di beni possono effettivamente costituire le rimanenze, l'OIC 13 si occupa anche di individuare il momento dal quale esse possono essere rilevate: si tratta del cosiddetto passaggio di proprietà del bene, ovvero quel momento in cui si vengono a porre in essere i benefici ed i rischi derivanti dal possesso del bene (punti 16, 17 e 18 del principio), pertanto il redattore di bilancio dovrà includere nel computo del rimanenze non solo i beni fisicamente presenti presso i locali aziendali, ma anche tutti quei beni di proprietà della società collocati presso terzi (basti pensare all'ipotesi