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QUALITÀ DELLE ACQUE MARINO-COSTIERE E DI TRANSIZIONE

Nel documento Acque (pagine 31-35)

Questo capitolo, pur non essendo strutturato secondo la logica causale, intende evidenziare le informazioni e gli studi effettuati nel corso di applicazione della Direttiva Quadro europea sulle Acque (2000/60/CE).

Introduzione

La Direttiva 2000/60/CE, recepita dall’Italia con il D.Lgs. 152/2006, si inserisce nel più ampio quadro delle politiche comu- nitarie riguardanti la tutela degli ecosistemi acquatici dagli impatti di origine antropica (Convenzione di Barcellona 77/585/EC; Diret- tiva Habitat 92/43/EC, Direttiva 91/676/EC).

La Direttiva definisce le acque costiere come “le acque superficiali situate all’interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione”, e le acque di transizione come “i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzati dai flussi di acqua dolce”. Per quanto riguarda la definizione degli elementi qualitativi per la classificazione dello stato ecologico, la direttiva pone l’ac- cento sulla composizione, l’abbondanza e la biomassa delle comu- nità fitoplanctoniche, macrozoobentoniche, ittiche e dell’altra flora acquatica, considerando tutti gli altri elementi di valutazione (idro- morfologici, fisico-chimici e gli inquinanti specifici) come elementi a sostegno di quelli acquisiti attraverso lo studio della componente biologica dell’ecosistema. Per la prima volta, quindi, in una diret- tiva comunitaria, l’assetto delle comunità biologiche riveste un ruolo fondamentale nella definizione della qualità ambientale.

La Direttiva stabilisce che, per lo stato ecologico buono, “...i valori degli elementi di qualità biologica del corpo idrico super ficiale rispecchiano quelli di norma associati a tale tipo inalterato e non evidenziano nessuna distorsione, o distorsioni poco rilevanti”.

Perciò, le condizioni riportate per ciascun elemento di qualità biolo- gica dovranno essere confrontate con le condizioni di riferimento. Dal grado di deviazione dalle condizioni di riferimento (Rapporto di Qualità Ecologica, EQR) dipenderà l’appartenenza a una delle 5 categorie di stato ecologico: “elevato”, “buono”, “sufficiente”, “scarso”, “cattivo”. Allo scopo di poter disporre di criteri di valutazione dello stato ecolo- gico, certi e condivisi tra tutti gli Stati membri, la Commissione Europea ha promosso l’intercalibrazione dei metodi di classifica- zione. L’Italia ha coordinato, attraverso ISPRA, la prima fase dell’esercizio di intercalibrazione (2004-2007) relativamente alle acque costiere e di transizione dell’Eco-regione mediterranea (Med GIG - Mediterranean Geographic Intercalibration Group). A causa del raggiungimento parziale degli obiettivi prefissati, la Commissione Europea ha avviato una seconda fase di intercalibrazione (2008- 2011), il cui coordinamento, sempre per le acque costiere e di tran- sizione, è stato affidato a ISPRA, con il compito di completare e integrare i risultati della fase I entro, e non oltre, dicembre 2011. Per l’applicazione della direttiva, le previste fasi di: a) tipizzazione; b) analisi delle pressioni; c) individuazione dei corpi idrici, d) avvio dei programmi di monitoraggio, sono state tradotte, a livello nazio- nale, nei Decreti Ministeriali collegati al D.Lgs. 152/2006, ovvero, nel decreto Tipizzazione (DM 131/2008: Regolamento recante i criteri tecnici per la caratterizzazione dei corpi idrici - tipizzazione, individuazione corpi idrici, analisi delle pressioni); nel decreto Monitoraggio (DM Ambiente 14 aprile 2009, n. 56 - Regolamento recante “Criteri tecnici per il monitoraggio dei corpi idrici e l’iden- tificazione delle condizioni di riferimento per la modifica delle norme tecniche del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante Norme in materia ambientale, predisposto ai sensi dell’ar- ticolo 75, comma 3, del decreto legislativo medesimo”) e, infine, nel decreto Classificazione (attualmente in fase di approvazione). La tipizzazione delle acque costiere italiane è stata condotta pren- dendo in considerazione i principali fattori geomorfologici e idrolo- gici che caratterizzano gli ambienti marino-costieri: la morfologia della costa, sia la parte emersa (compresa l’area di terraferma adiacente) sia quella sommersa; la natura del substrato; la profondità dell’area litorale sommersa; la stabilità verticale della colonna d’acqua. Uno studio accurato sulla geomor fologia costiera, pubblicato nel

Applicazione della Direttiva 2000/60/CE.

Tipizzazione delle acque costiere.

2003, ha por tato a una distinzione delle coste italiane in 6 tipo- logie principali, denominate: rilievi montuosi (A), terrazzi (B), pianura litoranea (C), pianura di fiumara (D), pianura alluvionale (E), pianura di dune (F) (Figura 4.16).

Il solo criterio geomorfologico non è però risultato adeguato a rappre- sentare in toto le possibili tipologie della costa medesima, non tenendo in considerazione le altre caratteristiche, di tipo funzionale, atte a qualificare ulteriormente la fascia costiera, congruentemente con le richieste della direttiva stessa. L’attenzione è stata rivolta, pertanto, alle variazioni di salinità che si riscontrano lungo le coste italiane, dovute agli apporti di acque dolci fluviali. La presenza di

Sei tipologie di coste italiane: rilievi montuosi (A), terrazzi (B), pianura litoranea (C), pianura di fiumara (D), pianura alluvionale (E), pianura di dune (F).

La tipizzazione delle acque costiere italiane è stata condotta considerando i principali fattori

geomor fologici e idrologici che caratterizzano gli ambienti marino-costieri: la mor fologia della costa, sia la par te emersa (compresa l’area di terraferma adiacente) sia quella sommersa; la natura del substrato; la profondità dell’area litorale sommersa; la stabilità ver ticale della colonna d’acqua.

Per meglio qualificare la fascia costiera sono state considerate le variazioni di salinità, dovute agli appor ti di acque dolci fluviali.

Figura 4.16: Tipizzazione delle acque marino-costiere italiane sulla base della geomorfologia costiera19

questi apporti può determinare condizioni di elevata stratificazione di densità, come ad esempio si verifica nella fascia costiera adria- tica direttamente interessata dagli apporti padani.

Il parametro idrologico che meglio si presta a descrivere questo tipo di approccio è rappresentato dalla stabilità della colonna d’acqua, che fornisce una misura diretta della stratificazione di densità e consente di classificare con il criterio idrologico le acque costiere secondo tre tipologie: alta, media e bassa stabilità. In questo modo, il concetto di tipologia viene esteso anche ai numerosi fattori, indi- catori di pressione antropica, che influenzano lo stato di qualità della fascia costiera (nutrienti, sostanze contaminanti, ecc., contenuti potenzialmente nelle acque dolci di origine continentale, che deter- minano la stratificazione) (Figura 4.17).

Stabilità della colonna d’acqua, parametro che fornisce una misura diretta della stratificazione di densità e permette la classificazione idrologica.

Le variazioni di salinità che si riscontrano lungo le coste italiane, dovute agli appor ti di acque dolci fluviali, permettono di qualificare la fascia costiera.

Il parametro idrologico che meglio si presta a

descrivere questo tipo di approccio è rappresentato dalla stabilità della colonna d’acqua, che fornisce una misura diretta della stratificazione di densità e consente di classificare con il criterio idrologico le acque costiere secondo tre tipologie: alta, media e bassa stabilità.

Figura 4.17: Tipizzazione delle acque marino-costiere italiane sulla base dell’idrologia costiera20

20Fonte: Elaborazione ISPRA su dati forniti dalla Banca dati Si.Di.Mar. (Monito-

Per la tipizzazione delle acque di transizione italiane sono stati considerati i descrittori idromor fologi e chimico-fisici richiesti dalla Direttiva 2000/60/CE (sistema B, allegato II, 1.2.3), ovvero la geomor fologia, il regime di marea, l’estensione super ficiale e la salinità. Sono state così individuate complessivamente 21 possi- bili combinazioni tipologiche, delle quali una corrispondente alle foci fluviali-delta e ben venti diverse combinazioni corrispondenti ad altrettante tipologie lagunari.

La suddivisione dei corpi idrici in “tipi” è funzionale alla defini- zione delle condizioni di riferimento tipo-specifiche.

Non essendo attualmente possibile determinare 21 diverse condi- zioni di riferimento e considerando che il 70% degli ambienti di transizione italiani è eurialino o polialino, sono stati definiti 3 macrotipi principali, ottenuti raggruppando i tipi definiti dal DM 131/2008 sulla base dell’escursione di marea e della salinità (distinguendo tra corpi idrici con salinità maggiore di 30 PSU e minore di 30 PSU).

Dopo avere identificato i corpi idrici relativi ai vari “tipi”, sono program- mate quindi le attività di monitoraggio, distinte nelle seguenti categorie: • Monitoraggio di sor veglianza, relativo ai “corpi idrici non a rischio” e ai corpi idrici “probabilmente a rischio”, ovvero “quelli per i quali, in base ai dati disponibili, non è possibile assegnare la categoria di rischio e necessitano, per tanto, di ulteriori infor- mazioni”, al fine di stabilire l’effettiva condizione di rischio. Tale monitoraggio si effettua ogni sei anni.

• Monitoraggio operativo, previsto per tutti i corpi idrici rientranti nella categoria “corpi idrici a rischio”. Tale monitoraggio si effettua ogni tre anni.

Nel documento Acque (pagine 31-35)

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