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CAPITOLO TERZO

3.2 LA QUASI TOTALE SCOMPARSA DEL VINILE NEL DECENNIO 1990-

Come già accennato nel Capitolo 1, i periodi di maggiore successo del disco in vinile furono principalmente i decenni ’60, ’70, ’80 che lo videro in testa alle vendite di tutti i possibili dispositivi per la riproduzione musicale a livello

domestico e non: in effetti il picco delle vendite dei dischi in vinile venne toccato proprio nel 1981. Sebbene l’introduzione della musicassetta avesse in qualche modo modificato gli equilibri in precedenza costituiti da un quasi monopolio del disco in vinile sul mercato, la suddivisione di quest’ultimo fu quasi automatica e senza grandi riscontri negativi per il 33 giri: questo mantenne la leadership per quanto riguarda la riproduzione domestica, mentre la musicassetta conquistò il mercato riguardante la musica portatile (essendo questo nato con la comparsa della

musicassetta stessa) prima in macchina con il registratore per auto e dal 1979 anche a piedi per le strade con il walkman. La musicassetta creò quindi le proprie fortune proprio sul concetto di portabilità, fatto del tutto irrilevante fino ad allora.

Prese vita anche un legame tra i due dispositivi del disco in vinile e della

musicassetta in quanto le persone a casa, tramite i propri impianti hi-fi, potevano

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Streaming: nel campo delle telecomunicazioni, identifica un flusso di dati audio/video trasmessi da una sorgente a una o più destinazioni tramite una rete telematica. Questi dati vengono riprodotti a mano a mano che arrivano a destinazione.

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trasferire facilmente la musica del disco in vinile su cassetta con risparmio di tempo e di denaro (soprattutto).

Questa combinazione fu drasticamente modificata dall’entrata in scena del Compact Disc, che si rivelerà come un competitor ostico da contrastare. Oltre ad una qualità di riproduzione del suono molto simile a quella del disco in vinile, il Compact Disc occupava uno spazio minore ed aveva una maggiore resistenza nonché robustezza. Non solo, ma l’incremento vertiginoso delle vendite di questo nuovo dispositivo fonografico portò anche al cosiddetto effetto stock: infatti i consumatori, oltre ad acquistare i nuovi album nel formato di Compact Disc, decidevano spesso di aggiornare la loro vecchia collezione di album in vinile riacquistando nel nuovo formato anche quelli che avevano già in casa nei propri scaffali. Già agli inizi degli anni ’90 il vinile era divenuto un formato essenzialmente di nicchia, visto il brusco calo delle vendite che nel giro di 2-3 anni lo aveva caratterizzato. Così il fatturato mondiale della musica ha attraversato una rivoluzione interna ma, soprattutto negli anni ’80 e ’90, è stato caratterizzato da una crescita stabile e costante a livello complessivo. Tale crescita era in pratica alimentata dalle vendite degli album in Compact Disc e musicassette, con i dischi in vinile che giocavano una parte sempre meno da protagonisti.

Il “riciclo” che caratterizzò il vinile negli anni ’90 lo fece mano a mano scomparire da quasi tutti i rivenditori di dischi, i quali riallestirono i propri negozi secondo quelli che erano i trend dell’epoca. I prezzi dei CD non furono da subito

competitivi: basti pensare che se un album in vinile costava in media tra le 14 alle 16 mila lire, un CD – sfruttando l’effetto novità – poteva arrivare a costare anche 25 mila lire. Nonostante ciò, la novità attrasse la maggior parte delle persone.

La musicassetta inoltre vide sottrarsi pian piano fette di mercato sempre più sostanziose da questo nuovo formato che pure faceva della portabilità l’arma principale. Data però la maggiore praticità e facilità di utilizzo ed ascolto (con il Compact Disc era possibile scorrere le canzoni di un album in maniera istantanea) il cd prese il sopravvento anche sulla musicassetta, che vide calare i propri introiti fino agli anni 2000 quando è uscita definitivamente di scena.

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Tale scenario fu del tutto rivoluzionario e caratteristico degli anni ’90, dato che la quasi totalità dei consumatori si convertì al Compact Disc, tralasciando quasi

completamente i formati ormai considerati obsoleti, su tutti quello che aveva fatto la storia della riproduzione musicale: il vinile, appunto. Tali ormai vecchi dischi

diventarono reperibili solo nei mercatini dell’usato, e le scene che divennero comuni tra molte famiglie a livello mondiale furono quelle dello spostamento in soffitta di molti scatoloni pieni di dischi o addirittura la più drastica scelta di sbarazzarsene gettandoli via per fare spazio alla nuova e più compatta generazione di ascolto.

Questa rosea situazione per i Compact Disc durò fino all’avvento del nuovo millennio: nel 2000 infatti inizia un periodo (che dura in parte anche tutt’oggi) di forte contrazione dell’industria discografica internazionale e su tutti a risentirne maggiormente in termini di vendite fu proprio il Compact Disc, che negli ultimi anni aveva portato la maggior parte delle entrate. Il capro espiatorio che l’industria discografica trovò fin da subito per giustificare un tale calo nelle vendite fu quello della pirateria digitale di massa. Come è possibile notare dalla figura 1, che riporta le vendite globali a livello mondiale dei principali formati musicali, le vendite dei dischi in vinile subirono un forte calo in corrispondenza della crescita delle vendite dei Compact Disc tra la fine degli anni ’80 e tutti gli anni ’90.

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È possibile inoltre sottolineare la diminuzione delle vendite di tutti i formati musicali dal 2000 in avanti: la nascita di Napster (una programma di file sharing, che permetteva lo scambio di file gratuitamente tra gli utenti) favorì il fenomeno della pirateria, che, come abbiamo già detto nel primo capitolo, ha le sue origini con l’home taping delle musicassette degli anni ’70, ma trova la sua forma compiuta proprio grazie al Compact Disc e alla diffusione, a prezzi abbastanza economici, dei primi masterizzatori digitali per computer con i quali chiunque poteva stamparsi album su album a prezzi irrisori. L’illegalità della pirateria ancora oggi rappresenta un freno enorme per l’industria discografica e nei primi anni 2000 fece scendere per la prima volta nella sua storia la forza nelle vendite del Compact Disc, unico

formato ad avere un segno positivo nel corso degli anni.

In tutta questa situazione, come è reso chiaro sempre dalla figura 1, il disco in vinile non aveva ruolo alcuno ed era dato per spacciato da chiunque: non a caso negli anni ’90 molti stabilimenti di stampaggio dei vinili chiusero e vendettero le costose macchine per la produzione degli stessi, non avendo più quei prodotti uno sbocco sul mercato.