Intorno all’ esercizio del
comporre
noi abbiamo, recentemente, nelvolume
citato, detto il nostro avviso, enon possiamo
naturalmentenon
richiamarci a quella nostra esposizione ;ma
qui ci occorre chiarire tre punti fondamentali, che ivinon hanno
avuto sufficiente sviluppo,mentre
invece bastano essi soli a porre le basi di tutt’un
edificio d’ insegnamento.II
primo
d’ essi è questo : 1’ esercizio dello scriveredeve assumere
carattere di vera e propria composizione, ip)u) Buona materia di tali studi ci offrirebbero le varianti di altre importanti opere, quali i Trio7ifi del Petrarca e le Satire dello stesso Ariosto, per non varcare il Cinque-cento pieno.
(2
) Parlando di composizione, di compoì're, intendo parlare di vera e propria crea-zione inveìitiva,fantastica, non di trattazione nè di svolgimento di temi o quesiti o pro-blemi; intendo parlare di attività estetica, non logica.
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Che
è comporre ?É
elaborare artisticamenteun
dato contenuto fino a dargli la sua forma, la sua espressione. Quest’ ultima funzione della faìi-tasia (badisi,non
dell’iìitelletto) richiede sopratutto che i giovani siano col-locatida un punto
di vistaben
chiaro e preciso.L’ alunno, che è chiamato a « svolgere
un tema
» (questo è ilgergo
scolastico) datogli dall’ insegnante o scelto liberamente (la scuola
deve
permetterlo), assunta la coscienza di quel che si voglia da lui o che luivoglia dare,
deve
disporsi a scriverenon con
altro scopo che quello di intuire il reale, esprimerlo, significarlo.vSe egli invece si mette a scrivere
con
la credenza di dovere svisce-rareun tema
raziocinando,invocando
testimonianze e allegando citazioni,dando
in ismanie rettoriche, tentandoanche
1’analisi psicologica eappli-cando
ilmetodo
cosidetto positivo alla dimostrazione della tesi, allora è inutile e infeconda, senon
anche dannosa, qualsiasi più alta scuola.Purtroppo
lamaggior
parte de’nostri alunni secondari (e gli univer-sitari è lecito supporre che seguiterebbero a fare altrettanto senza la ra-dicale riformadelmetodo
d’insegnamento) credono, perchè gl’insegnanti (‘)anche
valenti, a ragion veduta o impensatamente, glielo fan credere,a-vuto
un tema
d’arte, di doverlo trattarecome
se fosseuna
tesi scientifica:ecco il punto di vista sbagliato: chi,
dovendo
far l’arte, scrive per trattare logicamente enon
per esprimere artisticamente,non può mai
far opera di com-posizione, e perciò opera d’ arte.Noi
invece questovogliamo
che si tenti costantemente, direi quasi con ostinazione,anche
se, ribadiamolo bene,non
sidebba
pretendere di creare gli artisti,ma
s’abbiano soltanto da abituare i giovani a significar bene, italianamente il loro pensiero :meta ben
grande,anche
questa,ma
alla quale spesso
non
si sanno designare chemetodi
e mezzi cervellotici o sofisticamente inventati.E
quest’ abitudine d’ esprimersi italianamente, efficacemente intorno ad altri oggetti chenon
siano della fantasia,non
si potràmai
contrarre senon
s’è presadi mira, prima, con perenne certame la creazicHie, la rappresen-tazione artistica.Mentre
invece, essendosi esercitato per tempo, per lungotempo
e con criteri sani nell’ elaborazione artistica di temi di purafan-(i) Anche il INIinistero della P. L, mandando certi temi di contenutoscientificoper
gli esami di licenza, non solo non fa che ribadire le viete teoriche,
ma
costringe gl’ in-segnanti a volgersi verso un insegnamento sbagliato.tasia, il giovine degli ultimi anni di studi universitari cui comincia
som-mamente
apremere
la verità scientifica e aincombere
1’ obbligo di esporrei resultati della ricerca di essa,
non
depositerà in iscritto inun modo
qual-siasi il suo pensiero storico, critico, scientifico ecc., quasi fosseun
notaiodel sapere,
ma
lo saprà atteggiare artisticamente, cioè intuire nella sua psicologica verità ; qicod est in votis! (^)Ora, il giovine dev’ esser
sempre
e direttamente condotto all’ intui-zione del reale.Che
è il reale? Il reale èun fantasma
con determinati contorni,con
schietti rilievi e chiari aspetti, con significazioni limpide che 1’ artista rie-sce a far sorgere nella sua
mente
per via d’ impressioni e per potenza d fantasia.La
fine di quest’ opera di elaborazione dell’impressione è segnatadall’espressione: intuire è esprimere.
Prima
dell’ intuizionenon
esisteva nulla nellamente
dell’artista, nulla, s’ intende,-del reale concepito poi:determinatasi 1’ impressione, fatta 1’elaborazione, esiste qualcosa, è sorto qualcosa
che
è il reale: questa realtà è 1’espressione, la forma.Voglio
indugiarmicon un esempio
a dimostrare la solidità e lafe-condità didattica di questa dottrina.
Abbiano
i giovani studentida
scrivere sopra quest’argomento
: Il racconto diun
naufrago.Per
questo contenuto, nella loro mente,prima
della dettatura del tema,non
c’è nulla: buio pesto, anzivuoto
perfetto.Avuto
il tema, si
determinano
per le vie dellamemoria,
peruna
specie di flusso e riflusso di vecchie intuizioni, le impressioni : la fantasia se ne impos-sessa, le elabora e le trasforma inuna
figura viva e reale, che parla e sente inmezzo ad
altre figure vive e reali inun
dato luogodestando
le tali impressioni.Questo
fantasmadeve
sorgere tra la dettatura o lascelta o ilprimo
presentarsi deltema
allamente
e 1’ atto dello scrivere : se ilfantasma
è sorto, lo scriverenon
sarà soltantoun
diletto (il diletto nasce dal deporreche
il cervello faun
peso molesto),ma
perpoco
che si sap-piano adoperare i segni d’ esteriorizzamento dell’ espressione, darà perri-sultato tanto
da
permettere al maestro, aicompagni,
ai lettori in genere di entrare nella contemplazione di quello stesso fantasma.Se
questonon
sorge, è inutile ogni erculeo sforzoda
parte del giovine : egli produrràsempre un
aborto,anche
se, padronissimo, per diligenti studi, de’ segni(L
È
superfluo additare a questo proposito l’esempiomirabiledellaprosa galileiana.28
espressivi, adoperi le più classiche frasi, e faccia i periodi più armoniosi, e copi i più bei modelli di naufragi.
E
siveda come
in questomodo
sia facileanche
chiarire ai giovani—
certi chiarimenti di assoluta necessitàpossono emanare da
ogni occa-sione—
le relazioni che intercedono tra artista, critico e lettori, che,quando
si trovano dinanzi aun
fantasma poetico sono lamedesima
cosa:l’artista l’ha creato e lo contempla, il critico, arrivato
da
sè su i semplici segni esteriori a contemplarlo,conduce come
permano
i lettori a con-temjDlarlo anch’essi: e artista, critico e lettorivedranno
tutti la stessa cosa, ossia riprodurranno in sè la stessa espressione.Non
è qui il luogo di dimostrare di quant’utilità sia gravidauna
dottrina trasmessa didatticamente così: essa trasformatutto l’insegnamento letterario,rinnovando
ogni parte di esso: lettura,commento,
esposizione, giudizio, storia, composizione.Ottenuto il fantasma, bisogna significarlo', dico significarlo, perchè espresso già s’è; altrimenti
non
sarebbeuna
ì-ealità: significare è esterio-rizzare con segni : i segni, nell’arte letteraria, sono le parole.Qui
l’autorità del maestropuò
esser molto utile: le sue tendenze artistiche, le vittorieda
lui conseguite nel terreno degli studi, la sua cul-tura, il suo gustopossono
creare un’atmosfera artistica atta a svolgere i semi d’arte nascosti nelle giovanili fantasie.Ma
ilmetodo
e i sani prin-cipidevono
prevalere sull’efficacia della personalità artistica del maestro, che, utile ad alcuni, a uno, potrebbe essere nociva, lasciatacompletamente
senza freno, ad altri, a molti.Soprattutto per quel che è
forma
esterna, è necessario mostrare aigiovani la verità di questi
due
principi: i. l’uso de’ segni dipenderà dalla forza dell’espressione estetica e dell’educazione letteraria ricevuta; 2. quanto più i segni d’esteriorizzamento sono noti e usati, tanto più facile sarà ai lettori entrare nella contemplazione dell’opera d’arte con essi esterioriz-zata. vSu questo veritàpoggia
la parte solida dellafamosa
dottrina man-zoniana sulla lingua.Certo: di
due
espressioni d’ identico valore, sarà meglio e più gene-ralmentecompresa
quella che è stata significata con mezzi più noti, e per essere stati adoperatida
altri scrittori e per essere ancora d’usocomune;
ma
lucidità e efficacia alla parola sarannosempre
date dall’ espressione estetica.Ogni
parola, ogni frase,nuova
o vecchia, anchequando
sia inu-sitata all’orecchio de’ più,può assumere
tutta la voluta efficacia e averla virtù di far balenar subito alla
mente
de’ lettori l’intuizione poetica.Tale, per esempio, il divino de’ pian silenzio verde del nostro
maggior
poeta vìvente, che nè l’uso nè la logica giustificano.Donde
scaturisce la necessità che i giovani, i quali vogliano esser messi in grado,anche
senon
abbianoda assumere
la missione dell’arte, di dar convenienteforma
letteraria ai prodotti del proprio studio, eserci-tandosi, pazientementema non
senza slancio, con cura ostinatama non
senza tentar il successo della ispirazione improvvisa, nellagrande
arte esprìmere, cioè di creare, dauna
parte attendano all’ opera di lettura e dicommento
designata allaseconda
ora, dall’altra si astengano dalle rettoricherie contro le^quali si grideràcon voce ferma
e chiara nella prima.Ecco un insegnamento
che èun
organismo.La
correzione, ultimomomento
dell’opera totale dell’insegnante,deve
avereuna
sola finalità, quella di dimostrar praticamente la verità della dottrina principale fin qui esposta; pel restomi
par pressoché inutile: lecure più efficaci sono
sempre
le preventive.Mi
spiego inpoche
parole.O
l’alunnoha
espresso onon ha
espresso: senon ha
espresso, ilcorreggere che cosa varrebbe, se
non
dovesse essereuna nuova
intera espressione?E
alloranon
è più correzione.Se ha
espesso, 1’ opera della correzionenon
è richiesta, senon
ne’casi di singole e particolari
mal
riuscite espressioni diuna
o più parti d’un’ espressione totale; in questi casi occorre, per corregger bene,rie-sprimere le parti
non
e,spresse, fare cioèsempre un nuovo
lavoro di espressione.La
correzionepuò
riguardare laforma
esterna solo nel caso che sivogliano adattar
meglio
i segni dell’esteriorizzamento alla capacità intui-tiva d’un dato pubblico di lettori, col pericolo però di sciupar la espres-sione, guastandola in un’altra.Mi
spiego. L’allievo B.ha
espresso il suo contenuto bene, e 1’ha
significato con gli elementi formali della lettera-tura cinquecentesca dì cui egliha
lamassima conoscenza
e che son dive-nuti essenza della sua cultura e della sua educazione letteraria: la suaforma
esterna di fronte all’espressionenon avrebbe
piùbisogno
d’altroj
ma
i tali e tali lettori que’ segninon
gl’intendono più: egli, se vuol es-ser compreso, occorrerebbe che facesse opera di traduzione.Ma
noi giàsappiamo
che scientificamente le traduzioni sono impossibili.Questo
con-fermasempre
piùda una
parte l’indipendenza estetica della creazione.30
dall’altra la necessità dell’educazione letteraria, ossia dello studio delle
forme
storiche delle singole creazioni e delleforme
vive, per chi abbia espressionida
significare.Una
scuola così intesanon può
esser che di utilitàimmensa,
tanto più utile ai giovani frequentanti il corso di lettere, quanto piùmodesta-mente
governata e tenuta lontana dalle velleità scientifiche che, se tentanogl’ insegnanti secondari,