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Il quindicennio di governo napoleonico all’Elba Giuseppe Massimo Battaglin

Centro Nazionale di Studi Napoleonici, Portoferraio

Per capire complessivamente il rapporto fra Napoleone e l’Elba bisogna allargare lo sguardo dai dieci mesi a cavallo fra la primavera avanzata del 1814 e quella incipiente del 1815, per risalire ben indietro esattamente all’inizio del secolo se non agli ultimi anni del precedente.

Il problema non è soltanto cronologico: bisogna anche considerare, non solo che cosa ha significato la parentesi della presenza fisica dell’Empéreur come sovrano esclusivo, ma anche che cosa ha rappresentato la quindicennale attenzione di governo napoleonico nella travagliata storia dell’isola, punto di svolta fra feudalità e modernità, tra tripartizione e unità.

L’unità si realizzerà nel 1802 con l’integrazione della sola parte insulare della Toscana nel territorio metropolitano della Republique prima e dell’Empire poi, per divenire nel 1814 essa sola il piccolo stato sovrano del grande Imperatore.

Non si capisce il Principato dell’Elba del 1814 se non si approfondisce preventivamente la conoscenza dell’Elba del Consolato e dell’Impero. E’ lì, fra gli ultimissimi anni del XVIII e i primi quattordici anni del XIX secolo, che si dispiega la forza della capacità di governo napoleonico su questo piccolo territorio strategico a cui hanno guardato nei secoli precedenti Saraceni, Spagnoli, Francesi, Inglesi, Medici, Asburgo-Lorena, Borboni,sempre in un’ottica, non tanto di annessione quanto di sottrazione all’altro.Nell’Elba di fine Settecento divisa, fino dagli inizi del secolo precedente, in tre Stati, Granducato di Toscana, Regno di Napoli succeduto a quello di Spagna, e Principato di Piombino dei Boncompagni Ludovisi, l’arrivo nel Tirreno delle truppe napoleoniche della prima campagna d’Italia comporta subito lo scontro tra Francia e Inghilterra sui due principali porti toscani, Portoferraio e Livorno, con l’occupazione (1796) e la evacuazione (1797) contestuale concordata, degli stessi, nella debole neutralità del Granduca. L’occupazione inglese dell’Elba, inizialmente parallela successivamente sostitutiva del Regno Anglo-Corso avvierà una presenza più o meno palese, in funzione sempre antifrancese. Il triennio 1799-1801 vede l’acme dello scontro, con la significativa partecipazione articolata degli elbani dei tre

stati, in alcuni momenti anche divisi tra di loro all’interno della singola realtà statuale. D’altra parte la realtà sociale dell’isola, oltre che quella istituzionale,era articolata in profonde diversità. L’unità politica dell’isola nella Signoria Piombinese Appianea del XV secolo era stata rotta tra XVI e XVII con la creazione delle grandi enclaves militari delle due città- porto, Ferraio (1557) e Longone (1602).1 La prima vivrà nel Granducato

fino al Regno d’Italia con la sola parentesi napoleonica, la seconda sarà Spagna fino alla prima metà del XVIII e poi Regno di Napoli,fino alla riunificazione napoleonica dell’Elba, poi confermata nel Granducato di Toscana dal Congresso di Vienna.

Queste due realtà sono per un verso simili in quanto caratterizzate dallo status di piazzeforti militari, per l’altro diverse in quanto facenti capo a due sovrani diversi e a due capitali diversamente lontane, qui rappresentate da governatori forti, ostacolo alla crescita di una comunità civile autonoma. Del tutto diversa la situazione politica, sociale ed economica nell’isola residuale del Principe di Piombino. Qui un sovrano che oscilla fra distacco e paternalismo lascia sostanzialmente correre una autogestione delle comunità, con statuti che sono delle piccole costituzioni.2 Questo aiuta a

comprendere la forte lotta contro le armate francesi temute come negatrici di questa antica autonomia, che consentiva anche una positiva situazione economica nei due versanti, di Rio-Capoliveri a oriente e di Marciana- Campo a occidente.

All’inizio del XIX questa è in sintesi la situazione dell’isola, in cui si colloca l’intervento delle armate napoleoniche sul terreno e della diplomazia sul continente. Sull’isola l’armée conquista Portolongone e la parte piombinese dell’Elba. Sul versante diplomatico la primavera del 1801 vede la presenza dell’Elba in una serie di trattati.3 Il trattato di Luneville dell’8 febbraio

1801, tra Francia e Austria, recita, all’articolo 4, che “S.A.R. il Granduca Ferdinando III rinuncia…al Granducato di Toscana e alla parte dell’isola d’Elba che ne dipende, come pure a tutti i diritti e titoli resultanti dai suoi diritti su detti stati, i quali saranno posseduti da ora in avanti in tutta sovranità e proprietà da S.A.R. l’Infante Duca di Parma”. A seguito di ciò Bonaparte Primo Console da mandato al fratello Luciano, ambasciatore

1 G.M. Battaglini, Cosmopolis. Portoferraio Medicea. Storia Urbana 1548.1737, Roma, Multigrafica, 1978.

2 Vincenzo Mellini, Statuti dei Comuni Elbani,manoscritto in Biblioteca Comunale Foresiana, Portoferraio.

in Spagna, di intervenire in materia. Ciò avviene con il trattato di Madrid del 21 marzo tra Francia e Spagna, che sancisce che “ quella parte dell’isola d’Elba che appartiene alla Toscana e ne dipende, resterà nel possesso della Repubblica Francese, e il Primo Console darà in cambio al Re di Toscana il paese di Piombino”. Solo la settimana successiva il 27 marzo, il trattato di Firenze fra la Francia e il Re Ferdinando delle Due Sicilie, ratifica la rinuncia da parte di quest’ultimo a Portolongone in favore della Francia. Dal punto di vista diplomatico quindi il Primo Console era riuscito a comporre il puzzle elbano unificando i tre stati.

Diversa la situazione sul terreno: mentre infatti la presa di possesso di Longone e dell’Elba piombinese è sostanzialmente accettata (2 maggio 1801),4 la piazzaforte più importante, quella granducale di Portoferraio

non intende prendere atto dei trattati se non dietro esplicita autorizzazione scritta del Granduca Ferdinando. Accanto alla guarnigione granducale è schierata la flotta inglese. Le forze francesi pongono quindi l’assedio a Portoferraio.5 Le forze inglesi sosterranno in ogni modo gli assediati

portoferraiesi fino all’autunno 1801, quando, a seguito dei preliminari di Londra per la futura pace di Amiens del 1802, si sfileranno, disponibili a lasciare la piazzaforte lorenese, ma non alla Francia, bensì al nuovo Regno di Etruria o al Regno di Napoli.

Dai primi di ottobre 1801 al 25 marzo 1802, data della pace di Amiens, dai preliminari di Londra alla sottoscrizione del trattato, lo scontro fu proprio su Portoferraio e la completa unificazione dell’isola nella Republique. I preliminari prevedevano che “le truppe francesi evacueranno il Regno di Napoli e lo Stato Romano. Le forze inglesi evacueranno del pari Portoferraio, ed in termini generali, tutti i porti e le isole che occupassero nel Mediterraneo e nell’Adriatico”.6 Nei sei mesi successivi la Francia

spingeva per ottenere l’assegnazione di Portoferraio e dell’Elba; l’Inghilterra, che per parte sua puntava a Malta, sosteneva al contrario l’incorporazione dell’Elba nel Regno di Napoli o nel Regno di Etruria. La prima ipotesi era debolissima; sarebbe stato ben strano che il Regno di Napoli prendesse 4 D. Citi, Le “Memorie in succinto” di Giuseppe Maria Rebuffat. Un “quasi” inedito su Napoleone a Longone, “Rivista Italiana di Studi Napoleonici”, XLIV, 2011, n.1-2, pp. 67-92.

5 A. Gasparri, Fu ordinato da Napoleone l’assedio di Portoferraio ( maggio 1801-giugno1802) in Pagine ignorate di storia dell’Elba, Portoferraio, Centro Nazionale di Studi Napoleonici e di Storia dell’Elba, 2002, pp. 29-37; L. Cignoni, L’assedio di Portoferraio, Pavia, Juculano, 2003.

Portoferraio dopo aver rinunciato a Portolongone. L’ipotesi del Regno di Etruria era superata fin dal marzo 1801 dalla dichiarazione ottenuta da Napoleone da parte del Duca di Parma a modifica del trattato di Luneville: “il duca di Parma… nel prendere possesso del Regno di Etruria, cede alla Repubblica Francese quella parte dell’Elba che apparteneva in passato al Granduca di Toscana”.

Dai Preliminari di Londra dell’ottobre 1801 al trattato di Amiens del marzo 1802, la situazione rimase in stallo e vide una coda tragica in Portoferraio nella inutile prosecuzione dell’assedio da parte delle truppe francesi avviato nel maggio; dopo i preliminari di Londra, l’Inghilterra si defilò abbastanza dal sostegno alla guarnigione granducale di Portoferraio guidata dall’ostinato Colonnello De Fixon; la parte più dolorosa del lungo assedio servì solo a rendere manifesta la assoluta imprendibilità della città fortezza mediceo-lorenese.

“Numquam armis evicta” definirà Portoferraio il Granduca Ferdinando III collocando apposita lapide marmorea sulla porta del Forte Stella al momento della restaurazione lorenese dopo Waterloo.7

Napoleone stratega insofferente da lontano dell’assedio,forse si ricorderà della mancata conquista della Portoferraio granducale al momento della “scelta” dell’Elba come suo piccolo Principato, nei giorni tragici di Fontainebleau: almeno la sua incolumità futura sarebbe stata protetta nella sua piccola capitale inviolata.

Quell’assedio costituirà la prima e unica prova concreta della bontà dell’intuizione del secondo Granduca mediceo, Francesco, e del suo architetto, Bernardo Buontalenti, della conversione della Cosmopolis, da possibile oggetto di attacchi improvvisi dal mare, come alla sua fondazione, a probabile oggetto di assedio dalla parte di terra, dal resto dell’isola.8

La Pace di Amiens, con quasi un anno di ritardo rispetto alla ricomposizione istituzionale per via diplomatica, renderà manifesto, con la completa evacuazione inglese dell’isola dopo l’avviato disimpegno dell’ottobre, l’isolamento della strenua resistenza del governatore granducale, che, ultimo nello Stato, ammainerà le insegne del granducato lorenese l’11 giugno 1802.

7 G.M.Battaglini -G. Perla, Da Cosimo a Napoleone, in Le guide di Museo Senza

Frontiere- Portoferraio-Isola d’Elba, Vienna, MWNF Books, 2014, p.59.

8 G,M.Battaglini, op. cit. ; A. Fara, Portoferraio. Architettura e urbanistica (1548-1877), Torino, Fondazione Giovanni Agnelli, 1997. La Cosmopolis è oggetto dal 2013 di una mostra permanente curata da G.M. Battaglini e da L. Zingoni all’interno del Forte Falcone di Portoferraio.

Da quel giorno il tricolore francese sventolerà su tutta l’isola, al comando militare del generale F.D.Rusca. 9 Ma anche prima della presa di possesso

di Portoferraio, il Primo Console si era già portato avanti, nominando fin dall’agosto 1801 un Commissario Straordinario per l’Elba nella persona di Pierre Joseph Briot, 10che però arriverà all’Elba soltanto ad aprile 1802;

evidentemente lo stallo nelle trattative di pace con l’Inghilterra aveva bloccato la sua operatività.

Subito dopo la pace di Amiens, l’urgenza di approfondire le questioni relative allo sfruttamento delle miniere, farà nominare un altro commissario nella persona di Claude Hugues Lelièvre, autorevole membro del Conseil des Mines, che arriverà sull’isola a luglio 1802.

In quell’anno Bonaparte ha quindi all’Elba ben tre alti rappresentanti, ai massimi livelli, uno militare, il generale Rusca, uno politico, P.J. Briot, già membro del Consiglio dei Cinquecento, che seguirà le questioni elbane alternativamente a Parigi (luglio 1802-aprile 1803) e all’Elba (aprile-luglio 1802 e aprile-novembre 1803), e uno tecnico, esperto minerario, C.H. Lelièvre, anch’esso per circa un anno tra 1802 e 1803.

Fino all’ingresso in Portoferraio, il Commissario e il suo ufficio si insediano temporaneamente nell’altra grande piazzaforte, quella già napoletana di Longone, dove la domenica 3 maggio 1802 i rappresentanti delle istituzioni elbane sono invitati dal commissario Briot a celebrare solennemente “la fete de la paix et de la reunion de leur pays à la France”.11

Ai primi di giugno, sulla sola base dei vari trattati dell’anno precedente, prima ancora della sanzione formale del senatoconsulto che arriverà alla fine di agosto, gli elbani sono chiamati a partecipare al referendum per il consolato a vita di Bonaparte. E’ particolarmente interessante la lettera del Commissario Briot, che, da fine politico, scrive a questo proposito ai maires: “Le General Consul Napoleon Bonaparte a des droits particuliers à votre amour et à votre reconnaissance, sans cesse cette isle a eté presente à sa pensée, il s’est occupé d’une manière speciale de son sort, les plus grands interêts de l’Europe et de la France ne l’en ont jamais distrait, et c’est par lui que les traités authentiqués ont donné à l’Isle d’Elbe une existence plus

9 Biografia universale antica e moderna, Venezia, 1829, sub voce. A. Gasparri, Il Generale Francesco Domenico Rusca, in op.cit. pp.43-45

10 F. Mastroberti, Pierre-Joseph Briot. Un giacobino tra amministrazione e politica, Napoli, Jovene, 1998.

11 Archivio Storico Comunale Portoferraio,F 1-K 1, Registre des Arretés du Commissaire Général, 3 floreale an X – 29 germinale an XII,c.3

importante en Europe et que la réunion des diverses parties de ce pays entre elles et à la France est devenue le fondement de la paix et d’une prospèrité que l’ancien ordre de choses ne vous permettait pas d’esperer.”12

Un mese circa dopo l’installazione a Portoferraio, in occasione della festa nazionale del 14 luglio, ancor più solennemente, i maires, i funzionari e tutte le autorità sono chiamati dal commissario Lelièvre al giuramento di fedeltà alla Republique.13

Si concludeva sull’isola un periodo fortemente travagliato, caratterizzato da scontri e evoluzioni complesse, movimentate da presenze politiche e militari esterne, intrecciate ad accese divisioni interne.

La sanzione politica formale della nuova situazione unificata dell’isola ormai francese, maturava a Parigi con il senatoconsulto promulgato dal Primo Console il 27 agosto,che stabiliva che “l’Isola dell’Elba è riunita al territorio della Repubblica Francese”, aumentando il numero dei seggi al corpo legislativo da 300 a 301 per accogliere il deputato dell’isola.

E’ intanto già giunta nella nuova capitale, accompagnata dal Commissario Briot, la deputazione elbana che il 3 settembre viene ricevuta da Bonaparte.14

Evidentemente, con la parentesi tecnica specialistica dell’esperto minerario Lelièvre, l’attore politico principe dell’integrazione dell’isola nella Republique è l’ex deputato al Consiglio dei Cinquecento, nominato Commissario del Governo per l’Elba fin dall’estate 1801. Certamente Briot usa i mesi di attesa della agibilità del suo commissariato per prepararsi seriamente allo stesso, assumendo ogni possibile documentazione. La sua presenza diretta all’Elba nei mesi centrali del 1802, gli consente di approfondire in loco la conoscenza piena dei gravi problemi dell’isola e di organizzare una deputazione elbana che col suo aiuto li possa rappresentare utilmente al governo parigino. Senza il suo prezioso lavoro preparatorio i rappresentanti elbani non sarebbero stati ricevuti dal Primo Console a distanza di una settimana dal senatoconsulto. Si capisce chiaramente dalle parole dei delegati elbani a Bonaparte : “Noi vi dobbiamo i nostri ringraziamenti per l’accoglimento grazioso che, sotto i vostri auspici,noi

12 A.S.C.P., T 2-I 2, Correspondance Générale 13 gérminal an X-24 brumaire an XII, c.13

13 A.S.C.P., reg.cit.F 1-K 1,c. 11.

14 A.S.C.P., F 6-K 6,registre des Arrétés du Maire de Portoferrajo, 24 prairial an X- 5.1.1809, c.8 v.

riceviamo dai ministri del governo, e per tutto ove ci presentiamo.”15

L’integrazione proseguirà alacremente,con la mediazione continua di Briot nel periodo di preparazione dell’Arreté consolare del 12 gennaio 1803, vero e proprio atto politico-amministrativo di organizzazione della nuova Elba. L’Arreté rappresenta, sia nella forma che nella sostanza, l’uscita dell’Elba da una lunga frammentazione feudale per approdare, dopo più di due secoli ad una nuova organizzazione unitaria di un moderno dipartimento della Republique.16

Sarà lo stesso Briot a dare operatività sull’isola all’Arreté, in tutti i campi dell’amministrazione, dalle municipalità, alla giustizia, alle finanze, alla coscrizione militare,alla sanità, 17 all’istruzione,al collegio elettorale,

all’organizzazione ecclesiastica, al ruolo fondamentale di collegamento organico del Commissario, dal rango altissimo di prefetto di dipartimento, con il governo di Parigi; tutto ciò in una chiara ottica di sviluppo dell’isola e di reale integrazione, anche economica e militare, indicata la prima dall’invio di un’autorità in campo minerario come Lelièvre, la seconda dal comando di un Governatore militare come Rusca e dall’insediamento di una Direzione del Genio.18

Tutto ciò è ampiamente tramandato da osservatori attenti e di diverso orientamento, uno elbano, Giuseppe Ninci, e uno francese, Andrée Pons de l’Hérault.19

L’importanza sempre annessa alla funzione strategica dell’isola sarà indicata dalla lunga permanenza nel comando sia del governatore Rusca che del successore J.B. D’Alesme fino all’arrivo di Napoleone nel 1814. Indicativo sarà anche lo scontro frequente tra il Governatore e il Commissario, sia Briot che i successori J.B. Galeazzini e Giuseppe Balbiani 15 G. Ninci, Storia dell’isola dell’Elba, Portoferraio, 1815, riproduzione anastatica della

2° edizione di Portolongone, 1898, Bologna, Forni editore, 1968, pg.279.

16 La nuova organizzazione è stata oggetto di un’ottima tesi di laurea in Diritto Comune presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Siena dal titolo “ L’Elba francese. Il senato consulto organico del 27 agosto 1802- l’Arréte del 12 gennaio 1803 ( il nuovo ordinamento giuridico e amministrativo dell’isola d’Elba dopo l’annessione alla Francia)” del dott. Mauro Castaldi, relatrice la Prof.ssa Floriana Colao, a.a. 1995-96.

17 I. Zolfino, La scienza medica nell’Elba francese: la vaccinazione contro il vaiolo, “Rivista Italiana di Studi Napoleonici”, cit., pp.175-188.

18 A. Gasparri, …E dopo l’assedio di Portoferraio l’Elba diventò francese, in op. cit. pp.119-126.

19 A. Pons de l’Hérault, L’ile d’Elbe pendant la Revolution et le Premier Empire,in “Miscellanea Napoleonica”, serie III-IV,1898,a cura di A. Lumbroso,pp.VIII-XXVIII e 1-235.

20: le priorità erano spesso oggettivamente diverse,talvolta opposte.

Napoleone da Parigi sosterrà sempre quelle militari del Governatore,salvo ricredersi dopo Fontainebleau, quando,da piccolo sovrano elbano recuperò l’ottica di sviluppo civile, sociale ed economico dei Commissari.

La presentazione pubblica solenne del senatusconsulto e dell’Arreté fu organizzata dal Commissario Briot per il giorno 17 aprile 1803, con tutte le istituzioni e le autorità convocate presso la Chiesa del Carmine di Portoferraio, la stessa che nel 1814 Napoleone fece trasformare nel Teatro dei Fortunati.21

L’ottima opera commissariale è tutta documentata quotidianamente nelle filze della Correspondance e degli Arretès del periodo francese dell’Archivio Storico del Comune di Portoferraio.

L’attenzione di Napoleone per l’Elba non diminuisce con il passaggio dal Consolato all’Impero; pochi mesi dopo l’incoronazione, l’Imperatore nomina la sorella Marianna detta Elisa, coniugata Baciocchi, Principessa di Piombino. Il decreto imperiale di nomina detta anche il testo del giuramento del Principe; a parte le formule di rito,iniziale e finale,di obbedienza e fedeltà all’Imperatore, la parte centrale significativa è interamente ed esclusivamente dedicata all’Elba: “Je promets de secourir de tout mon pouvoir la garnison française de l’isle d’Elbe, de contribuer en tout ce qui dépendra de moi à l’approvvisionnement de cette Isle…”22

L’Elba francese vede una classe dirigente massonica,riunita nella loggia degli Amis de l’Honneur français, 23 punto di incontro dei funzionari

francesi e dei nuovi borghesi emergenti elbani, ma essenzialmente portoferraiesi. La loggia accoglierà, tra gli altri, i Commissari Briot e Galeazzini e il colonnello Leopoldo Hugo, padre di Victor, che qui trascorrerà la sua prima infanzia.24

20 D. Fiumalbi, Giuseppe Balbiani,un pontaderese al servizio di Napoleone, in “Rivista Italiana si Studi Napoleonici”, cit.,pp.153-173.

21 A.S.C.P.,Registro citato F1-K1,cc.104 e105r.,Arreté24 germinal an onzième. 22 E. Favilli, Per Elisa.Un souvenir napoleonico dall’Elba, in “Rivista Italiana di Studi

Napoleonici”, cit., pp.93-102.

23 C. Francovich, Massoni e Giacobini all’Isola d’Elba durante l’occupazione francese, “Rivista di Livorno”, VI, 1956, fasc. 4, pp.227-244; G. Vanagolli, Per una storia della Loggia des Amis de l’Honneur francais à l’Orient de Portoferrajo, Livorno, Le opere e i giorni, 2009; I. Zolfino, La Massoneria all’Isola d’Elba da 1803 al 1805. La Loggia francese Les Amis de l’Honneur Francais-rivissuta attraverso i suoi verbali di loggia, Bari, 2011.

24 L. Hugo, Memoires, Paris,1823,tome premier, pp.102-112; M. Foresi, Vittore Hugo all’Isola d’Elba, Firenze, 1889; A. Gasparri, Il generale Giuseppe Leopoldo Hugo, in

Il nuovo regime introdotto con il senatusconsulto e sopratutto con l’Arreté fa fare all’Elba un salto epocale, dalla feudalità alla modernità, dalla vita sonnacchiosa e frammentata dei sudditi lorenesi granducali di Portoferraio, di quelli borbonici napoletani di Longone, di quelli del Principato piombinese nel resto dell’isola, al nuovo status unitario di citoyens Elbois della Republique prima e dell’Empire poi.

Nonostante il centralismo dell’amministrazione francese, l’integrazione avvenne con grande attenzione alla specificità del territorio insulare, secondo positive esperienze parallele in Corsica con Miot25.

Due ulteriori significative novità si realizzarono nella organizzazione ecclesiastica e nella gestione delle miniere.

Nel primo ambito, in applicazione del Concordato sottoscritto con Pio VII, che vietava che aree del territorio metropolitano francese facessero parte di diocesi aventi la cattedra episcopale in sede esterna al territorio stesso, l’Elba passò dalla antica diocesi di Massa Marittima a quella di Ajaccio; alla lontananza della nuova sede episcopale fu ovviato con la nomina in Portoferraio di un Vicario Generale del Vescovo corso per l’Elba.26

Nel secondo ambito, la gestione delle miniere dell’Elba fu attribuita,