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QUO VADIS BIBLIOTHECA?

1. La fisionomia della biblioteca pubblica nel presente futuro

Le riflessioni sulla biblioteca pubblica, in relazione al suo presente, e al suo futuro, si rivelano un percorso necessario ma anche complesso. L’iter programmatico e prestazionale che va dall’elaborazione del piano biblioteconomico, alla redazione del programma funzionale, al progetto architettonico e, fino all’apertura al pubblico di una nuova istituzione bibliotecaria, ha una durata di almeno un quinquennio (se tutto va bene)173, ma in generale, succede sovente, bisogna considerare alcuni anni in più. Ai tempi lunghi destinati alla progettazione (sia quella bibliotecaria che quella architettonica), vanno aggiunte numerose variabili di ordine differente: quelle interne alle problematiche bibliotecarie, quelle politiche e, non da ultimo, quelle relative alla velocità con cui oggi si avvicendano le trasformazioni tecnologiche. Una lunga gestazione progettuale potrebbe produrre una realtà bibliotecaria, per certi versi già superata ancora prima di essere ultimata, ma va da sé che l’interazione tra architetti, committenti, istituzioni, referenti delle istituzioni e della biblioteca, sono il punto centrale su cui i bibliotecari (in quanto principali attori e committenti), dovrebbero essere responsabilizzati. Come sarà l’architettura bibliotecaria del futuro in virtù di quanto abbiamo poco sopra scritto, con tutte le contraddizioni formali e teoretiche, con tutti i pregiudizi e le reticenze nel recepire il nuovo? È difficile delineare un carattere univoco, trattandosi di una realtà in forte divenire e dove ancora non si comprendono appieno, né si prevedono con chiarezza tutte le possibilità innovative offerte dalla tecnologia. Poiché quest’ultima, proprio per la molteplicità delle possibili combinazioni delle variabili in atto, in seno al progetto biblioteconomico, in prima istanza, ma anche in relazione agli aspetti stilistici che il linguaggio architettonico (in particolare quello postmoderno) ha impresso all’arte del costruire, non ha raggiunto ancora un punto fermo.

173. La BEIC, per esempio, non è mai decollata per fare un esempio di un enorme lavoro fatto, e mai portato (sino ad ora) a compimento.

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Risultano però rintracciabili, nell’insieme degli istituti realizzati negli ultimi due decenni, alcune tendenze significative della direzione intrapresa, tra visioni bibliotecarie e la dominanza culturale di questo tempo. L’omogeneità della società attuale è, sovente, indifferente alla cultura e, l’architettura, non ricerca (forse) più l’ideale formale, in attinenza alla sua funzionalità, bensì nega ogni relazione alla bellezza e alla forma ideale (come metafora di eternità), in nome, di una sorta di arbitrarietà posta come regola generale. Una regola

generale che vale anche per l’edificio bibliotecario in cui, spesso, la nozione di consumo174 prevale su quella di principio.

Una tendenza architettonica, che sembra, per certi versi interpretare più di altre il suo aspetto di provvisorietà e sincretismo, è quella dell’alleggerimento della facciata, nel rapporto tra esterno e interno dell’edificio. Ciò avviene attraverso, per esempio, l’uso di grandi superfici variamente vetrate. Negli ultimi quarant’anni abbiamo assistito a come la composizione architettonica e prospettica, nel senso della tettonica175 si sia alleggerita, fino a far sembrare le pareti esterne del manufatto come delle sottili membrane di cartone per annunciare, forse, l’avvento della paperless society, come (cattiva) espressione dominante del mondo contemporaneo. La stessa società, che a partire dagli anni ’90 del secolo scorso si è posta l’interrogativo se, nel mondo elettronico prima e, nel mondo simulato delle reti di internet poi, ci fosse ancora bisogno della biblioteca. L’alleggerimento delle pareti esterne, nella maggior parte di queste istituzioni, ha visto vetrate e pannellature leggere sostituire gli spessi muri di pietra. La dimensione fisica dell’intervento non è la caratteristica importante del suo peso culturale, grandezza e dimensione non coincidono, la biblioteca non viene quasi più ubicata sulle principali vie del centro cittadino e non corrisponde unicamente ad uno scenario prospettico urbano in ordine a geometrie tradizionali e all’idea di opera architettonica. La sua natura di edificio-monumento si è, nel tempo, affievolita. Se l’arte ha la propria sede nella capacità di produrre senso, in questo contesto, come si colloca l’architettura della biblioteca? Il carattere caricaturale della complessità, del tempo attuale, sembra mostrarci, che i pixel, da soli, rappresentano tutto il suo

174. In questo contesto associato con il ruolo centrale asserito all’utente nella bibliotecnomia contemporanea.

175. Per recuperare un termine che sta ritornando di moda. La tettonica in architettura rappresenta il nocciolo della forma e si identifica con l’archetipo del progetto, inteso, quest’ultimo nella sua essenza e privo di decoro. Cfr.: Kenneth Frampton, Tettonica e

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contenuto bibliografico, con la possibilità di riprodurlo simultaneamente sopra una molteplicità di schermi disseminati sull’intero pianeta. Un quesito inquietante, che vede le banche dati, ma si fa per dire, sulla via di occupare il posto destinato ai libri. In una simile configurazione, il magazzino si ridurrebbe ad un ambiente di secondo ordine in cui sarebbero sistemati solamente i dispositivi elettronici per l’archiviazione e la elaborazione dei dati, al fine di offrire un sistema di ricerca testuale sofisticato gestibile unicamente dagli schermi delle postazioni di consultazione. Le aree di lettura e di studio, nell’aspetto ergonomico e/o architettonico, non risulterebbero più vincolate alla ricerca della miglior posizione di irraggiamento naturale, perché una simile condizione non necessita di particolari condizioni di luce; anzi, la luce diretta non è auspicabile per una buona visione video. Le postazioni di lettura, così, hanno preso il nome di work-station, secondo un gergo più legato al mondo produttivo che a quello della cultura, mutando, forse, la concezione degli spazi di lettura tradizionali e dello studio. La biblioteca elettronica si basa su questi principi e sulle ipotesi visionarie di William Mitchell176, le cui implicazioni e considerazioni hanno fortemente alimentato il dibattito sull’architettura, evidenziando come gli edifici bibliotecari fossero espressione di una realtà improvvisamente superata, fuori tempo. Alcune architetture librarie sono manifestazione di questa riflessione teorica e, tra le medesime si vogliono qui ricordare: la Seattle Public Library, dell’architetto Rem Koolhaas, la Biblioteca universitaria della Freie Universität di Berlino, dell’architetto Norman Foster, la Biblioteca universitaria di Cottbus, degli architetti Herzog & De Meuron, la Mediateca di Sendai, dell’architetto Toyo Ito, e infine la Phoenix

Central Library, dell’architetto Will Bruder. Quasi tutti casi che esprimono più

di altre le tendenze che stanno trasformando le realtà di pubblica lettura in un’ottica che vede la forma ibrida bibliotecaria spostarsi prevalentemente verso il digitale.

176. Cfr.: William J. Mitchell, La città dei bit. Spazi. Luoghi e autostrade informatiche, Milano, Electa Mondadori, 1997, p. 60.

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Fig. 26. Lord Norman Foster, Biblioteca filologica della Freie Universität di Berlino, 2005. Veduta esterna dell’involucro. L’edificio, per la sua forma e chiamato, anche, the Brain.

Fig. 27. Norman Foster, Biblioteca filologica della Freie Universität di Berlino, 2005. Veduta dell’atrio d’ingresso.

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Fig. 28. Herzog & De Meuron, Biblioteca universitaria di Cottbus (Germania).

Fig. 29. Biblioteca universitaria di Cottbus. Piante schematiche dei sei livelli dell’edificio.

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Fig. 30. Mediateca di Sendai (Giappone), architetto Toyo Ito.

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Abbiamo già ricordato che i libri seguiteranno a esistere e le biblioteche continueranno a possederli e a contenerli nei loro articolati scaffali. Si dovrà però, tener conto delle nuove tendenze, introdotte dai nuovi dispositivi e dal

mondo delle reti, le quali appartengono a quel fenomeno di continuità (o di

discontinuità), in cui avviene la mutazione storica.

La definizione di biblioteca ibrida riconosciuta da tutti gli addetti ai lavori, identifica, adeguatamente, tutti quegli aspetti che abbiamo sopra ricordato. Nella sua affiliazione di multipurpose library essa afferma la sua espressione più attuale di pubblica lettura, affrancandosi dai condizionamenti che la precedente forma paradigmatica tendeva ancora a limitare nel suo adattamento storico. Gli e-books, e le nuove prestazioni virtuali, costituiscono, senza dubbio, delle necessità di oggi e di domani, ma non rappresentano, da soli, lo scopo e il valore della biblioteca; le medesime, non sono il fine a cui l’istituto tende i suoi obiettivi. Tutte le argomentazioni dette sopra, contribuiscono a formare un quadro generale di quali siano, al tempo attuale, le preposizioni delle biblioteche per il futuro pensato oggi, quali siano i principi di base, quali i possibili scenari, e quale rapporto avranno ancora i libri con i loro lettori. Queste espressioni ricalcano tutte quelle domande che, spesso, vengono formulate a proposito della biblioteca di pubblica lettura, le cui risposte devono tener conto del percorso di trasformazione dei media, che porterà (velocemente) questa realtà ad inserirsi all’interno del mondo delle reti, e più sovente, ancora, come luogo delle relazioni sociali, più che il luogo, forse (ma si fa per dire), della cultura.

Da un punto di vista biblioteconomico, la dottrina attuale riconosce alla biblioteca di pubblica lettura le funzioni di:

- luogo di ispirazione e di incontro; - centro della conoscenza;

- luogo di studio e spazio del tempo libero;

- estensione del proprio ruolo, dalla cultura e, dal tempo libero, alla formazione; - luogo della comunità, punto di incontro e di comunicazione, piazza dei media e

agorà del sapere;

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- casa della cultura e della comunicazione; - istituzione e strumento per la ricerca.

Le sopra riportate menzioni si riflettono, in sintesi, in quattro categorie generali di appartenenza a cui la dottrina attuale fa riferimento, e le denomina nel seguente modo:

- centro di informazione; - caffè culturale;

- centro della comunità; - serbatoio delle informazioni;

L’adozione dei criteri funzionali e delle categorie sopra riportate, hanno prodotto, nei piani biblioteconomici, progetti e realizzazioni in cui emergono, come principali tendenze, le caratteristiche di concentrazione, flessibilità e

sostenibilità.

- concentrazione/aggregazione

Consiste nel raggruppamento di tutte le funzioni previste dal progetto biblioteconomico in un’unica struttura, e sia quelle strettamente legate alle attività bibliotecarie, sia quelle accessorie (auditorium, book Shop, il negozio dei ricordi, la caffetteria e, in alcuni casi, anche il ristorante). L’accorpamento in una unica sede delle funzioni, inoltre, sembra aumentare il valore di centro e, consolida il legame con il territorio. L’aggregazione, ancora, riveste un ruolo importante nel rapporto con la formazione e con la scuola, nella dialettica tra comunicazione, informazione e formazione.

- flessibilità

La flessibilità si esprime nella superficie planimetrica a forma libera e nell’offerta dei servizi tradizionali e nuovi. L’unità spaziale compatta (sopravvissuta fino all’inizio del XX secolo), caratterizzata da forme elementari, si è radicalmente trasformata. Infatti, oggi, si osserva che l’organizzazione spaziale si presenta articolata in elementi continui o in forme incompiute, caratterizzati da strutture multiple e/o modulari,

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con l’obiettivo di garantire il massimo della elasticità progettuale. Allora, per la struttura funzionale e edilizia, come si potrebbe articolare la flessibilità nel futuro? Nell’ambito delle funzioni bibliotecarie, oltre che all’adeguamento dell’offerta, la tendenza, più di altre, rilevabile, è quella di rimanere aperta anche di notte, come luogo della scena urbana, dei media e, delle relazioni sociali, oltre che di studio.

- sostenibilità

Si identifica nell’aspetto ecologico dell’edificio. Essa risiede nella sostenibilità ambientale, del medesimo, con il suo contesto, con particolare attenzione all’uso delle risorse, delle materie prime, al consumo energetico e l’adattamento all’ambiente.

Nell’architettura le medesime tendenze riconducono ad una fisionomia bibliotecaria le cui premesse progettuali si possono riassumere nelle seguenti variabili:

- la biblioteca deve costituire un luogo di incontro invitante e attrattivo;

- l’offerta informativa deve avvenire attraverso dotazioni elettroniche di alto

livello;

- gli ambienti interni devono essere organizzati secondo il criterio della

flessibilità e dell’open space, avvolti in un involucro esterno permeabile;

- la struttura fisica della biblioteca, nella sua totalità, deve costituire un edificio

cosiddetto intelligente177 capace del controllo e della integrazione di tutte le sue funzioni, del mondo fisico e di quello virtuale;

Queste caratteristiche si possono riconoscere soprattutto nei paesi del nord Europa, e nord America, realtà in cui gli edifici bibliotecari hanno, sempre, avuto la tendenza di essere delle complesse opere edilizie. Al tempo attuale,

177. Cfr.: Henk Das, Maija Berndtson, Rolf Hapel, Enfluss virtueller Medien auf die physische

Bibliothek. Visionen für einen »intelligenten« Wandel, Gütersloh, Bertlsmann Stiftung, 2002, p.

41-48. Consultabile anche su http://www.bertelsmann-stiftung.de/cps/rde/xbcr/SID-0A000F0AE9830F09/bst/Einfluss%20virtueller%20Medien.pdf

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con le nuove funzioni che si vengono ad associare alla biblioteca, nella sua molteplice funzione culturale, didattica e informativa in rapporto con i nuovi

media elettronici, questa configurazione tende a consolidarsi e assume le

seguenti proprietà:

- è soprattutto elettronica;

- si identifica con i principi dell’istituzione a cui è riferita; - è orgogliosamente rappresentativa;

- è il punto di riferimento per la città e per la sua comunità.

Le condizioni e le variabili adottate per la formazione degli spazi bibliotecari, nella dimensione contemporanea, propongono nuove tendenze per l’allestimento interno dell’ambiente funzionale. Se ci si domanda cosa succede all’interno di questo spazio, possiamo vedere come la sfida, da un po’ di tempo, sia quella dell’integrazione dei nuovi media con quelli tradizionali, e l’organizzazione di nuove aree destinate allo studio e al lavoro. Nella configurazione del design interno, nelle realizzazioni recenti, è possibile rilevare come esista una certa propensione (spesso sollecitata come atteggiamento coraggioso) per l’uso del colore, della creatività, e della sensibilità. In parte questo atteggiamento progettuale, si è consolidato e viene condiviso sia dagli architetti che dai designer (si veda al Mediateca di Toyo Ito), sia nelle biblioteche di pubblica lettura che in quelle scientifiche, proponendo all’esame degli addetti ai lavori una riflessione sui nuovi sviluppi che produce il rapporto tra le nuove concezioni formali (allestimento e design) e i sempre nuovi traguardi tecnologici.

La biblioteca del futuro sarà (ipoteticamente) pubblica o scientifica? Si presenterà nella dimensione informativa o di studio? Sarà luogo di scambio del sapere o d’incontro della città? Proporrà uno scenario culturale o il punto di sintesi della comunità locale?

Le nuove tendenze, e le domande testé formulate, pongono la biblioteca, nella sua forma ibrida e, se vogliamo usare l’espressione di Peter Burke,

creolizzata, a identificarsi con una struttura aperta in grado di accogliere, e

anticipare, le nuove direzioni intellettive. Nell’affrontare l’allestimento delle attrezzature interne dello spazio bibliotecario, è importante tenere presente

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diversi parametri che influiscono come variabili nella definizione delle tendenze.

I parametri principali della progettazione sono:

• Information technology: risorse elettroniche e presenze virtuali • Studio

• Orario di apertura e sicurezza • Edificio “intelligente”

• Posti di lavoro dei bibliotecari • Pianificazione

• Concezione • Cooperazione • Divertimento • Design

• Orientamento e presentazione del patrimonio posseduto • Robotizzazione

• Funzionalità ed estetica

• Ottimizzazione (in termini di efficienza e di efficacia) delle risorse bibliografiche

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2. La biblioteca come spazio virtuale e/o reale

L’espressione dell’architettura (anche in ambito bibliotecario) di questi nostri anni, verso un esagerato uso dello stile e nel paradosso figurativo dei suoi manufatti, è divenuta, secondo il comune pensare della società civile, una tendenza non difficile da accettare, poiché si vuole evidenziare come il

necessario, non sia più necessario. Nella applicazione settoriale di questa

disciplina si constata che la presente filosofia progettuale degli edifici librari ha subito questa anomala deviazione rinunciando, sin dall’inizio, ad ogni importante creazione architettonica che non fosse il solo risultato di mettere in essere forme spesso strabilianti.

Sulla base di una simile affermazione, molteplici sembrano essere i punti

deboli nell’architettura attuale, poiché in essa si potrebbe determinare sia una

disgregazione teoretica della sua percezione, e sia un diverso (ed anomalo) utilizzo che si potrebbe assegnare ai manufatti costruiti. Del resto questa deprecabile tendenza sembrerebbe essere influenzata dalla sensazione che l’aspetto edificatorio, in virtù dello stato di avanzamento di una società, si esprime spesso, almeno in apparenza, verso il virtuale (ma speriamo di no, in questa forma), a determinare tipizzazioni costruttive strettamente inserite nelle realtà contingenti (e non proiettate in una loro dimensione futura o, addirittura, postuma). Per un simile orientamento, allora, tocca agli architetti (ma anche ai bibliotecari), soprattutto nel settore della progettazione edilizia degli edifici deputati, chiarire il rapporto che esiste tra il mondo cosiddetto reale e l’informatizzazione dei documenti che proiettano i lettori, almeno in una primaria fase, ad essere aiutati dalla documentazione cosiddetta virtuale. Questo proposito è talmente vero che, se si guardassero con attenzione i risultati realizzati dall’intelligenza umana, gli stessi assumerebbero un senso solo se inclusi nella certezza dell’aspetto fisico. Da ciò si potrebbe anche dedurre il corollario che il prodotto del pensiero, nella trama della realtà, lascia alle impressioni ideali il potere di trasmettere i ragionamenti, e/o le fantasie che sono proprie della imprescindibile quotidianità.

Inoltre, ogni qualvolta si comunica un percorso nella situazione virtuale offerta dalla informatica ci si convince, almeno in apparenza, che i dati proposti da un simile ambito, da una parte sono più reali rispetto a quello che appaiono, e da un’altra parte sembrano ingannare il singolo fruitore. Questo è

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un concetto, probabilmente, indiscutibile poiché l’irreale (o il virtuale), nel suo permearsi, appartiene alla categoria di relativa irrealtà, vale a dire ad un ordine potenziale che potrebbe esprimere, in una forma incompiuta, una relativa

relatività. La medesima, se vista nella sua isolata configurazione, potrebbe, poi,

divenire un modo probabilmente compiuto.

Allora gli attuali criteri costitutivi del mondo elettronico: «simultaneità, sincronizzazione, permanenza, immaterialità, immediatezza, globalità»178, influiscono sui rapporti tra l'urbanistica, l'architettura e la città, tra le persone ed il costruito. In questo contesto la comunicazione cibernetica ha trasformato le relazioni tra le persone, e anche il loro rapporto con l’architettura179. Così non si può certamente parlare di una ipotesi progettuale corrispondente all’era elettronica, nonostante sembra sia evidente di come il mondo simulato dell’era digitale prenda sempre più spazio, non solo nel mondo virtuale, ma anche nel mondo - senza confini - tra vita reale e vita non reale180.

Con la simulazione, si inizia a comprendere un edificio non più come un oggetto, ma a concepirlo come un processo. In tutto questo percorso, la struttura edilizia che la biblioteca del futuro dovrà assumere, grazie al collegamento con le tecniche informatiche, avrà il grande compito di dare un peso pregnante a questo ragionamento, che solo in apparenza, sembrerebbe provocare perplessità.

Il grande fenomeno del sapere che la biblioteca trasmette è riscontrabile anche all'interno di essa in tutte quelle discipline legate al mondo della Bibliografia. Il modello della fisica quantistica, quindi della misura infinitesimale, è una astrazione che può associarsi alla biblioteca, ai suoi modelli concettuali e gestionali per l’offerta di un miglior servizio. Questa divisione infinitesimale, che corrisponde ad un approfondimento, si scontra, però con la società dell'informazione la quale si nutre di notizie in apparenza superficiali e veloci nella loro inesauribile produzione. Se la forza della biblioteca è, appunto, quella di essere un servizio così preciso e puntuale per conservare la memoria intellettuale, ci si domanda, se la medesima elabori

178. Otto Riewoldt, Bauten für die Zukunft. Architektur im Informationszeitalter, Stüttgard, Deutsche Verlagsanstalt, 1997, p. 7.

179. Cfr. Thomás Maldonado, Reale e virtuale, cit., p. 50-54.

180. In questa ottica l’architettura, contribuisce a mutare lo scenario urbano della città moderna in metropoli della comunicazione, secondo un teorema caro a Walter Benjamin che associa la metropoli alla comunicazione.

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quel servizio, oggi in trasformazione, messo a punto nei secoli, quando, con due mosse veloci sui comandi del computer è possibile ottenere brevi e innumerevoli (seppure non verificate), informazioni dal web. Così, se la biblioteca adeguandosi ai bisogni della società contemporanea, e, ampliandosi in quello che viene definito il terzo settore, tenderebbe, probabilmente, a questa semplificazione e, forse potrebbe (ma speriamo di no), significare la rinuncia alla ricerca, ma anche, la facoltà di usufruire, da parte del lettore, della sua scelta critica all'interno del labirinto della conoscenza. Le informazioni veloci, quelle non elaborate, stazionano nella categoria del mondo artificiale in cui tutto è preconfezionato. La ricerca, a questo punto, potrebbe diventare un assemblaggio di informazioni precostituite, di prodotti apparentemente finiti e/o prefabbricati. Anche la sua struttura sembra sulla stessa scia poiché, la progettazione è più povera, lasciando campo aperto alla combinazione di elementi precostituiti dalla produzione corrente. Tali elementi funzionali che compongono nel loro insieme, la forma architettonica di una struttura bibliografica, sono disarticolati e ricomponibili in un numero di varianti illimitate, e assumono, sovente, una valenza di tipo virtuale.

Fin dai tempi antichi, invece, l'architettura è stata caratterizzata dal suo

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