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1. Le azioni a voto maggiorato

1.6 Quorum costitutivi e deliberativi

Tesi di dottorato di Sara Meloni, discussa presso l’Università LUISS Guido Carli nell’Anno Accademico 2015/2016. Non riproducibile, in tutto o in parte, se non con il consenso scritto dell’autore.

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clausola statutaria in questione che vadano ad incidere sulla durata del vesting period o addirittura pervengano alla soppressione della maggiorazione118

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1.6 Quorum costitutivi e deliberativi

Il comma 8° dell’art. 127 quinques prevede che “se lo statuto non dispone diversamente, la maggiorazione del diritto di voto si computa anche per la determinazione dei quorum costitutivi e deliberativi che fanno riferimento ad aliquote del capitale sociale”.

Ancora una volta è l’autonomia statutaria a giocare un ruolo decisivo ma la regola legale, ancorché dispositiva, stabilisce che la maggiorazione del diritto di voto incida sui quorum assembleari, sia costitutivi sia deliberativi119

. Detti quorum andranno quindi computati

118 Sempre GUIZZI, G., La maggiorazione del diritto di voto nelle società quotate: qualche riflessione sistematica, in Il Corriere giuridico, 2/2015, 160, nt 25 osserva

che “la vicenda contraria, ossia la soppressione di una clausola di maggiorazione, e la perdita del voto maggiorato eventualmente spettante, appare invece, in assenza di una norma di segno analogo a quella del sesto comma, senz’altro in grado di legittimare il recesso ai sensi dell’art. 2437, comma primo, lett. g), c.c.”. Ciononostante lo statuto della Exprivia S.p.a., con una scelta difficilmente condivisibile, esclude espressamente il diritto di recesso in tali ipotesi stabilendo che “qualsivoglia modifica (migliorativa o peggiorativa) della maggiorazione del voto dettata dal presente articolo o la sua soppressione non richiedono altro adempimento se non l’approvazione da parte dell’assemblea straordinaria ai sensi di legge. È comunque escluso il diritto di recesso”.

119 Valutazione più complessa, invece, quella che interessa la determinazione del quorum costitutivo nelle società “chiuse” poiché il codice nulla specifica in tal senso. Ricostruendo la disciplina del quorum deliberativo nelle società chiuse, l’art. 2368, I

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avendo come riferimento non più il capitale sociale ma il numero complessivo di voti disponibili, inclusi quelli maggiorati.

Vista la derogabilità della previsione, è anche possibile ipotizzare che lo statuto decida di considerare rilevanti i voti maggiorati esclusivamente con riferimento ai quorum deliberativi e non anche con

Co., c.c., stabilisce che “l’assemblea ordinaria è costituita regolarmente con l’intervento di tanti soci che rappresentino almeno la metà del capitale sociale, escluse dal computo le azioni prive del diritto di voto nell’assemblea medesima”. A dover essere rappresentata in assemblea, quindi, è una percentuale pari alla metà del capitale votante e non del capitale sociale. Parte della dottrina ha inteso leggere questa disposizione come norma di sistema, individuando, attraverso un ragionamento puramente analogico, il quorum costituivo sulla base dei voti esprimibili in assemblea e non sul computo delle azioni. Secondo tale ragionamento, nelle società chiuse emittenti azioni a voto plurimo, la formazione del quorum costitutivo sarebbe particolarmente agevolata, concorrendovi fino ad anche tre voti per ogni azione. Questa ricostruzione suscita alcune perplessità proprio, e paradossalmente, alla luce di una lettura di sistema. In primo luogo, se le azioni a voto maggiorato e le azioni a voto plurimo sono state contemporaneamente disegnate della stessa fonte normativa, il presupposto che nelle società quotate si sia avvertita l’esigenza di specificare il computo della maggiorazione ai fini della formazione dei quorum – costitutivi e deliberativi, ex art. 127 quinques, VIII co. TUF – mentre nulla si è scelto di dire in merito alle società chiuse, sembrerebbe significare che i meccanismi espressi per le società aperte non rappresentano un principio generale ma – al contrario – norma speciale che, in quanto tale, va espressa precipuamente. A ciò si aggiunga che la maggiorazione è, nel suo funzionamento, assolutamente diversa dai meccanismi previsti. In secondo luogo, l’esclusione operante – ai fini del computo – a norma dell’art. 2368 I co, troverebbe la sua giustificazione in virtù di quanto specificato nell’art. 2370 c.c. il quale, prevedendo la possibilità di intervenire in assemblea solo per gli azionisti cui spetta il diritto di voto, li rende, prendendo in prestito le parole FERRI JR., G., Azioni a voto plurimo e voto maggiorato: profili tipologici, in Rivista del Notariato, 2015, 765, “istituzionalmente assenti”.

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74 riferimento a quelli costitutivi o viceversa120

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La disposizione prosegue, infine, precisando che la maggiorazione non ha invece effetti sui diritti, diversi dal voto spettanti in forza del possesso di determinate aliquote di capitale. Il riferimento è evidentemente all’impugnazione delle delibere assembleari, denunzie di gravi irregolarità, richiesta di integrazione dell’ordine del giorno, ecc. Il legislatore conferma quindi che l’azionista fedele può essere premiato esclusivamente sul versante del diritto di voto ma non anche mediante l’attribuzione di benefici ulteriori con riferimento ad istituti diversi pensati, per lo più, a tutela delle minoranze.

120 Sul punto GIAMPAOLINO, C. F., Azioni a voto maggiorato e a voto plurimo, in Giurisprudenza commerciale, V, 2015, 798 precisa che “la previsione dello statuto

può riguardare o i quorum deliberativi o quelli costitutivi (nel secondo caso lo statuto avrà appunto la diversa disposizione dell’art. 2369 prevista per le società quotate, in assenza della quale non vi è quorum costitutivo pe l’assemblea ordinaria). In altri termini, è possibile che, per una certa deliberazione, lo statuto richieda la partecipazione all’assemblea della maggioranza del capitale dotato di diritto di voto non maggiorato e che poi la delibera sia presa computando il voto maggiorato (per es. il 50% delle azioni votanti, e il 50% dei voti). Il quorum costitutivo può infatti servire a rappresentare nell’assemblea la maggior parte possibile degli interessi economici rappresentati nell’organo. Anche l’inverso sembra in astratto possibile, cioè che il quorum costitutivo includa le azioni a voto maggiorato, in modo coerente con la regola di default per facilitare la costituzione dell’assemblea in prima convocazione, e che quello deliberativo non ne tenga conto, ad esprimere una rappresentatività maggiore di “consensi” sostanziali rispetto alla deliberazione”.

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