3 Parte terza: politiche correttive
3.5 Quote rosa
Le quote rosa costituiscono uno strumento fondamentale per incrementare la parità tra uomo e donna. Con le quote rosa viene infatti imposto un determinato livello di rappresentanza femminile all’interno di una determinata organizzazione. Molti paesi hanno introdotto questo meccanismo sia in ambito politico che dirigenziale. Si tratta sicuramente di una soluzione concreta in grado di migliorare il livello di parità di genere all’interno di un paese, tuttavia é un’iniziativa che non sempre piace. Molti ritengono infatti che non sia corretto imporre una soglia minima di rappresentanza femminile ai vertici aziendali o in politica, in quanto non sempre esiste una sufficiente disponibilità di donne abbastanza formate ed adatte al ruolo. Va tuttavia sottolineato come le quote rosa, per essere concretamente efficaci, vanno accompagnate da ulteriori politiche. Lo scopo reale delle quote rosa è sicuramente quello di incrementare la rappresentanza femminile, ma senza denigrare le capacità individuali. Non si vuole infatti facilitare l’ascesa al potere di donne poco formate e poco competenti, ma piuttosto favorire la scelta di una donna invece che di un uomo, quando questi presentano ugual formazione, esperienza e capacità. Per permettere quindi che ambedue i sessi posseggano le medesime qualità è necessario intervenire a monte con politiche di uguaglianza per quanto riguarda accesso alla formazione, possibilità di partecipazione alla forza lavoro, etc.
3.5.1 Situazione nei Paesi Nordici
Nei Paesi Nordici le quote rosa sono da tempo una realtà, sia in ambito politico che societario. In alcuni paesi una soglia minima di rappresentanza femminile è sancita per legge, in altri è invece semplicemente un impegno volontario diventato concreto.
Come precedentemente accennato, la nazione pioniera nell’introduzione delle quote rosa è stata la Norvegia, dove per le aziende quotate in borsa vige un limite minimo di rappresentanza femminile nei CdA pari al 40%. Per quanto riguarda invece la politica, non esiste una percentuale minima sancita per legge, ma esistono le cosiddette quote rosa volontarie,
adottate dai vari movimenti politici che si autoimpongono una determinata percentuale di presenza femminile all’interno dei rispettivi partiti.
In Islanda, per legge, la rappresentanza femminile ai vertici delle organizzazioni nazionali e locali (commissioni governative, consigli, etc.) deve essere pari ad almeno il 40%. Questo vale anche per i Consigli d’Amministrazione delle società per azioni di proprietà pubblica o per quelle società dove lo Stato o un Comune risultano essere i proprietari di maggioranza. Le quote rosa non sono tuttavia state introdotte unicamente nelle aziende ed organizzazioni di carattere pubblico, ma anche nelle aziende private quotate con più di 50 dipendenti. I CdA di queste società devono avere una rappresentanza di entrambi i sessi pari ad almeno il 40%. Per quanto concerne invece l’ambito politico, anche in Islanda, come in Norvegia, vige il sistema delle quote rosa volontarie applicato dai vari partiti.
In Svezia, a livello societario, non esistono quote rosa. Esistono invece quote rosa volontarie in ambito politico.
Stupisce invece il caso della rappresentanza femminile nella politica finlandese. In Finlandia infatti, non esistono quote rosa obbligatorie o volontarie in nessun ambito, ma sono presenti unicamente delle “semplici” raccomandazioni, che suggeriscono ai vari partiti politici di avere al loro interno un’equa rappresentanza di genere. Raccomandazioni che funzionano; come mostra l’indicatore “donne in politica” del glass-ceiling index, la percentuale di parlamentari di sesso femminile in Finlandia è pari al 41.5%, percentuale che le “regala” il secondo posto in classifica.
3.5.2 Situazione Svizzera
In Svizzera qualcosa si sta muovendo, ma non abbastanza. Il 28 novembre 2014 la Consigliera Federale Simonetta Sommaruga ha annunciato l’intenzione di introdurre una soglia minima di rappresentanza femminile nei CdA pari ad almeno il 30%, soglia da raggiungere entro cinque anni e da applicare unicamente alle aziende svizzere quotate in borsa ed economicamente importanti. Un eventuale mancato raggiungimento della quota minima dovrà essere giustificato, ma non sarebbero previste sanzioni.
Sicuramente un primo passo verso la parità, tuttavia si tratta unicamente di un progetto che ha già subito delle revisioni; la percentuale di rappresentanza femminile è scesa dal 30% al 20% e il termine è stato ampliato da cinque a dieci anni. La presentazione di un disegno e di un messaggio sono attese per la fine 2016. Bisogna quindi aspettare ancora a lungo prima di poter, forse, ottenere una maggiore presenza femminile all’interno dei CdA svizzeri.
Se a livello nazionale non esiste ancora nulla di fatto, a livello locale e politico alcuni piccoli traguardi sono stati raggiunti. È il caso del Cantone Basilea Città, primo in Svizzera ad aver
approvato l’introduzione delle quote rosa, con una soglia pari ad almeno il 30%, nei CdA delle aziende pubbliche.
Per quanto riguarda la percentuale di donne in politica, non esiste una legge in merito, tuttavia alcuni partiti si impegnano in tal senso. Un esempio è il Partito Socialista, che prevede una rappresentanza in tutti gli organi e commissioni del partito di almeno il 40% per ciascun sesso. Ancora una volta la Svizzera si presenta quindi in netto ritardo rispetto ai Paesi Nordici, che hanno invece compreso l’importanza di valorizzare la parità di genere anche a livello di rappresentanza tra i vertici aziendali ed in politica.
3.5.3 Benefici a favore della parità
Come già esplicitato, le quote rosa impongono una soglia minima di rappresentanza femminile. Il beneficio a favore della parità è quindi concreto, anche se tuttavia “forzato”. Il vero e proprio traguardo viene raggiunto nel momento in cui un paese è in grado di applicare la parità tra i vertici societari e politici senza dover ricorrere alle quote rosa imposte. In Svezia, ad esempio, le quote rosa sono applicate unicamente in ambito politico e sono peraltro volontarie. Nonostante ciò, la percentuale di donne manager di sesso femminile nel paese risulta pari al 35.5%, mentre la rappresentanza femminile nei CdA è pari al 33.9%. Un risultato piuttosto elevato considerato il fatto che non vengono, come detto, applicate quote. Come già noto, la Svezia si mostra come un paese sensibile al tema dell’uguaglianza; la prima nazione ad introdurre il congedo paternità, una nazione che offre un sistema di formazione prescolastica efficiente ed a basso costo per incentivare le donne a proseguire l’attività lavorativa, etc. tutti elementi che nel tempo hanno favorito la carriera femminile, permettendo quindi alle donne di raggiungere posizioni apicali anche senza l’utilizzo delle quote rosa.
Vi è poi la Finlandia, paese in cui le quote rosa sono costituite unicamente da raccomandazioni in ambito politico, che invitano i vari partiti ad avere una certa percentuale di donne al loro interno. Anche in questo caso i risultati sono brillanti, soprattutto in politica dove vi è una rappresentanza femminile pari al 41.5%. Anche la Finlandia dimostra quindi che, con una lunga tradizione e cultura orientata alla parità (va ricordato che è stato il primo paese europeo a concedere il diritto di voto alle donne), è possibile ottenere importanti risultati anche senza dover intervenire attraverso obblighi o leggi.
È quindi possibile desumere che le quote rosa risultano essere efficaci ed utili al loro scopo quando un paese non si dimostra ancora pronto per un’uguaglianza di genere autonoma. È quindi necessario che questa misura venga introdotta di pari passo con altre politiche meno impositive, e deve quindi rappresentare un mezzo per raggiungere un determinato traguardo, ma non deve costituire il traguardo stesso.