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Come detto la raccolta differenziata domiciliare permette di raggiungere standard elevati di efficienza sia in termini di quantitativi che di qualità dei materiali separati. Un aspetto che spesso viene sottovalutato o del tutto trascurato ma che condiziona fortemente la raccolta della FORSU è il tipo di sacchetto utilizzato. Il D.Lgs. 152/06 nella sua parte IV all’art 182 recita:” La raccolta separata dei rifiuti organici deve essere effettuata con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432”. L’analisi del 2013 del Consorzio Italiano Compostatori ha evidenziato come solo il 50% delle buste usate per la raccolta rispetti la norma. Non deve stupire dunque che a fronte di un grado di purezza dell’umido del 95,2%, circa 1/3 del restante 4,8% di materiali indesiderabili e non-compostabili (MNC) derivi dall’uso di sacchetti in plastica usati impropriamente. Pur essendo l’impianto di trattamento dotato di macchinari per la separazione delle frazioni leggere non tutti i frammenti di plastica derivanti dall’apertura delle buste riescono ad essere rimossi.

I trattamenti della frazione organica dei rifiuti urbani

2.4

Fatto salvo l’impegno nel ridurre il quantitativo di rifiuti prodotti, la gestione più corretta prevede la necessità di favorire le azioni di recupero e riciclaggio delle frazioni merceologiche separate tramite raccolta differenziata.

I trattamenti della FORSU da raccolta differenziata sono digestione anaerobica e compostaggio, i quali verranno trattati approfonditamente nei capitoli dedicati successivi. I limiti imposti allo smaltimento in discarica e all’incenerimento impongono in caso di presenza di rifiuto indifferenziato un trattamento meccanico volto a recuperare la frazione organica per poi sottoporla a stabilizzazione biologica. Si parla appunto di pretrattamenti meccanico -biologici finalizzati alla produzione del così detto compost grigio il cui destino finale sarà lo smaltimento in discarica.

16 I rifiuti in arrivo all’impianto subiscono una prima cernita manuale per separare eventuali oggetti pericolosi o ingombranti. Attraverso un nastro trasportatore vengono alimentati alla sezione dei trattamenti meccanici, riduzione della pezzatura e separazione componenti estranee. La riduzione della pezzatura è effettuata per agevolare il successivo trattamento biologico e per liberare le compenti estranee (ad esempio plastica, metalli etc..) che possono essere presenti. I dispositivi più comunemente impiegati sono mulini a martelli o a coltelli. Sarà inoltre presente la sezione di separazione magnetica dei metalli. La sostanza organica tende ad accumularsi nelle granulometrie fini, per questo motivo una vagliatura tramite vagli a tamburo o a cilindro rotante, con diametri compresi tra 40mm e 60mm può essere sufficiente ad isolarla. Al termine dei trattamenti meccanici si avranno quindi due flussi:

una frazione secca detta “sopravaglio” (circa il 40%) povera in sostanza organica che può essere incenerito, i cui scarti (scorie e ceneri) dovranno poi esser e smaltiti in discarica;

una frazione umida detta “sottovaglio” (circa il 60%) ricca di materiali biodegradabili che subirà un trattamento di stabilizzazione biologico, solitamente di compostaggio che verrà descritto nel capitolo 6, prima di poter essere conferito in discarica. In alternativa può essere adottato anche il processo di digestione anaerobica, analizzato nel capitolo 4.

17

I RESIDUI DELL'INDUSTRIA LATTIERO-CASEARIA

3

Introduzione

3.1

In questo capitolo vengono presentati i residui lattiero caseari, in particolare il siero.

Inizialmente il tema viene affrontato dal punto di vista legislativo, chiarendo la distinzione tra rifiuto e sottoprodotto.

Dopo la presentazione dei dati nazionali e regionali relativi al comparto produttivo caseario, viene descritta la filiera che a partire dal latte porta alla realizzazione dei prodotti finiti ma anche alla generazione di ingenti quantità di residui. Il maggior quantitativo di questi residui è rappresentato dal siero; dopo la presentazione delle sue caratteristiche salienti verranno approfondite le modalità di recupero tradizionali e introdotte alcune nuove applicazioni in sperimentazione, per sfruttare il valore residuo, sia nutritivo che economico, di questo sottoprodotto.

Riferimenti normativi

3.2

In passato circa il 50% del siero prodotto veniva smaltito come refluo sottoponendolo a depurazione.

L’azienda doveva dunque sottostare alle disposizioni normative relative ai rifiuti speciali non pericolosi: deposito temporaneo in serbatoi refrigerati, MUD, formulari, registri carico-scarico. La situazione è cambiata a partire dall’entrata in vigore del D. Lgs. 4/2008, il quale recependo la direttiva comunitaria 2008/98/CE, è andato a modificare il D.Lgs. 152/06 introducendo nell’ordinamento giuridico italiano la definizione di sottoprodotto (art.183 D.Lgs 152/06 comma 1 lett. N):

“Una sostanza od oggetto derivante da un processo di produzione il cui scopo primario non è la produzione di tale articolo può non essere considerato rifiuto ai sensi dell’articolo 3, punto 1, bensì sottoprodotto soltanto se sono soddisfatte le seguenti condizioni:

a) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà ulteriormente utilizzata/o;

b) può essere utilizzata/o direttamente la sostanza o l’oggetto senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

18 d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.”

Dallo stesso articolo, comma 1 lett. A, è tratta la definizione di rifiuto, già riportata nel capitolo precedente:

“qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nell’allegato A (categorie di rifiuti – Q8 residui di processi industriali) alla parte quarta del presente decreto e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi”

Quindi il sottoprodotto non è e non deve essere considerato un rifiuto.

Si tratta di una importante precisazione in quanto i sottoprodotti rappresentano il 3% del volume di prodotti secchi e il 10% del volume di reflui generati nei processi dell’industria alimentare.

Alcuni esempi di sottoprodotti sono:

Sottoprodotti di origine animale (residui zootecnici, trasformazione delle carni e del latte);

Sottoprodotti dell’industria bieticolo-saccarifera (polpe e melasse);

Sottoprodotti dell’industria molitoria, mangimistica, di produzione del riso e della birra (amidi, crusche, fibra);

Sottoprodotti dell’industria olearia (farine di semi, sanse, biomasse);

Sottoprodotti dell’industria viti-vinicola e conserviera vegetale (biomasse di origine vegetale);

In realtà già prima di questo riconoscimento normativo nella pratica comune il siero veniva ceduto, previa autorizzazione da parte delle autorità competenti, agli allevamenti di suini e usato per accelerare l’ingrasso dei maiali per via delle sue caratteristiche nutrienti.

Descrizione della filiera produttiva e caratteristiche dei reflui del

3.3

processo

3.3.1 Quadro nazionale

Il settore lattiero caseario rappresenta da diversi anni il primo comparto alimentare italiano; infatti, con un fatturato di 14,9 miliardi di euro annui, rappresenta da solo l’11,5% del fatturato complessivo prodotto dall'industria alimentare.

19 Nel 2014 il mercato interno, nonostante la diminuzione dei prezzi, ha mostrato segnali di rallentamento mentre l’esportazione di formaggi italiani all’estero è in aumento; circa il 32% dei formaggi prodotti è destinato al mercato internazionale.

Gli ultimi dati disponibili, relativi all’anno 2013, indicano a fronte di 12,68 miliardi di litri di latte lavorati la seguente distribuzione produttiva:

 2,6 miliardi di litri di latte confezionato  1,6 miliardi di vasetti di yogurt

 160 milioni di kg di burro

 1 miliardo di kg di formaggi freschi e stagionati e altri latticini, come panna, ricotta e mascarpone

La tabella 3.1 indica nel dettaglio il numero di attività e le produzioni fatte registrare dal comparto italiano nell’anno 2012.

Tabella 3.1 Numero di stabilimenti, quantitativi prodotti e fatturato. Anno 2012

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