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Raccomandazioni per la ricerca

Nel documento LglineA guidA (pagine 55-67)

Sono necessari studi longitudinali su casistiche di pazienti con sospetta sindrome parkinsoniana ar-ruolati in modo consecutivo e valutati in cieco per poter valutare il possibile contributo del test olfat-tivo nella diagnosi differenziale della malattia di Parkinson rispetto alle altre forme di parkinsonismo.

Bibliografia

1. Kikuchi A et al. Differentiating Parkinson’s disease from mul-tiple system atrophy by [123I] meta-iodobenzylguanidine myocardial scintigraphy and olfactory test. Park Relat Disord 2011; 17: 698-700.

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4. Suzuki M et al. The odor stick identification test for Japanese

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5. Berardelli A et al. EFNS/MDS-ES recommendations for the di-agnosis of Parkinson’s disease. Eur J Neurol 2013; 20: 16-34.

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• QUESITO 6a (nuovo) • Esistono prove a supporto dell’uso di esami strumentali (per esempio test olfattivo, scintigrafia miocardica, test cardiovascolari) e/o segni clinici (de-pressione, ipo/anosmia, disturbi del sonno nella fase REM, stipsi, ipotensione ortostatica) ai fini della formulazione di una diagnosi precoce pre-motoria nella malattia di Parkinson?

Ricerca della letteratura

Studi reperiti tramite strategie di ricerca 139 Studi selezionati e letti in full text 30 Studi inclusi e valutati 14

Analisi delle prove

Valutazione del test olfattivo

In uno studio longitudinale1 condotto su 250 familiari sani di pazienti con malattia di Parkinson (84% figli e 16% fratelli) la somministrazione dei test olfattivi ha consentito di identificare rispetto a una distribuzione dei punteggi superiore al 10% dei migliori valori e inferiore al 10% dei punteggi peggiori un gruppo di 23 soggetti con olfatto definito norma-le e un gruppo di 25 soggetti con iposmia.

Questi 48 soggetti sani sono stati sottoposti a 123I β-CIT DAT SPECT. Una SPECT alterata è stata documentata solo in quattro dei 25 familiari iposmici, due dei quali svilup-parono dopo 6 e 12 mesi dall’esame neuroradiologico un parkinsonismo, che non si è ve-rificato invece in nessuno dei 23 soggetti con olfatto normale. In questo studio non è sta-to eseguista-to alcun follow up sistematico né dei soggetti sotsta-toposti alla SPECT né dei rima-nenti soggetti ai quali sono stati somministrati solo i test olfattivi.

In uno studio prospettico2 condotto su una coorte di soggetti costituita da 361 fami-liari sani (285 figli, 73 fratelli, tre genitori) di pazienti affetti da malattia di Parkinson se-condo i criteri della UK Brain Bank sono stati utilizzati due index test: olfattivi (combina-zione di individua(combina-zione, discrimina(combina-zione e identifica(combina-zione per l’olfatto) e 123I β-CIT DAT SPECT. Sulla base della distribuzione del 10% dei punteggi più bassi e del 10% dei pun-teggi più elevati rispetto allo Z-score dei test olfattivi somministrati, sono stati definiti co-me iposmici 40 soggetti co-mentre 38 sono stati ritenuti i migliori soggetti con nessun defi-cit olfattivo. Questi 78 soggetti hanno eseguito SPECT al baseline e dopo due anni di fol-low up 72 di questi sono stati valutati clinicamente, con test neuropsicologici e nuovo con- trollo con SPECT. Un questionario validato per lo screening del parkinsonismo è stato in-vece somministrato nel follow up a 275 dei rimanenti 283 soggetti asintomatici (otto per-si al follow up) non selezionati per la SPECT al baseline. Dal baseline al follow up, quat-tro familiari del gruppo dei 40 iposmici (10%) hanno sviluppato una malattia di Parkinson clinicamente evidente (con un onset clinico compreso tra i 9 e i 19 mesi). I quattro iposmi-ci mostravano anche al baseline una maggiore riduzione del 123I-CIT binding. Nessuno dei 275 soggetti ai quali è stato somministrato il questionario per lo screening dei

2-smi ha presentato, durante il follow up, una malattia di Parkinson. Si rileva che nello stu-dio non è stata eseguita alcuna valutazione con i parametri tipici dell’epidemiologia clinica (sensibilità, specificità, VPP, VPN).

Due ulteriori lavori sono stati successivamente pubblicati sulla stessa coorte3,4. Nel pri-mo si è esteso il follow up a cinque anni e si è documentato che per cinque dei 40 familiari (12,5%) iposmici si è sviluppata una malattia di Parkinson (tra 9-52 mesi da test baseline). Tutti gli individui iposmici che hanno sviluppato una malattia di Parkinson avevano una SPECT alterata al baseline. A un’analisi multivariata utilizzando il modello di Cox, solo il test per la discriminazione degli odori ha presentato un risultato statisticamente significa-tivo nel predire l’insorgenza della malattia di Parkinson (HR=0,81; IC 95%: 0,665-0,986; p=0,036)3. Nel secondo articolo viene proposto un uso combinato del test olfattivo e della SPECT eseguita anche al quinto anno di follow up. I risultati alla SPECT non consento-no però di discriminare il gruppo dei soggetti iposmici da quello con olfatto consento-normale al

ba-seline mediante l’analisi del tasso medio di declino del 123I-CIT binding allo striato duran-te i cinque anni di follow up4.

In uno studio longitudinale5 condotto su 30 soggetti con diagnosi di deficit olfattivo idio-patico è stata eseguita al baseline una 123I FP-CIT SPECT e un’ecografia transcranica paren-chimale della substantia nigra. Il deficit olfattivo è stato identificato con lo sniffin’ stick test che permette di valutare la complessa funzione olfattiva nelle sue componenti di individuazione e discriminazione degli odori con definizione della soglia olfattiva. In base a questo test un sog-getto con un punteggio inferiore a 16 viene definito anosmico. Dopo un follow up di quattro anni 24 dei 30 soggetti sono stati valutati da un neurologo esperto in disordini del movimen-to. Due di questi hanno presentato un punteggio di 3-5 punti all’UPDRS motorio (soggetti

borderline), e due punteggi compresi tra 9 e 12 (casi con sintomatologia clinica rilevante). Solo

il soggetto con punteggio di 12 all’UPDRS motorio ha ricevuto però una diagnosi di malat-tia di Parkinson. Questo paziente presentava al baseline un’ecografia transcranica normale ma una SPECT alterata. Gli autori hanno individuato, al termine dei quattro anni di follow up, un 7% di soggetti con anosmia con sintomi clinici di parkinsonismo (2/30).

In un ampio studio di coorte6 condotto su una popolazione di 2.267 uomini sani arruo-lati dal 1991 al 1996 nell’ambito dell’Honolulu Heart Program sono stati identificati do-po otto anni di follow up 35 casi incidenti di malattia di Parkinson. Tutti i soggetti della coorte erano stati valutati al baseline con il Brief Smell Identification Test che contiene 12 dei 40 punti del test UPSIT. Dopo i primi quattro anni di follow up l’incidenza di malattia di Parkinson per distribuzione in quartili dei valori del test olfattivo è stata pari a 54,5 casi per 10.000 anni/persona nel quartile più basso, 26,6 casi nel secondo quartile, 8,2 nel terzo e 8,4 nel quarto (p<0,001 per trend).

Dopo aver corretto per una serie di possibili fattori confondenti (età, fumo, caffè, stip-si, eccessiva sonnolenza diurna, funzioni cognitive), il rischio di malattia di Parkinson per il più basso valore in quartili del test olfattivo rispetto ai primi due della distribuzione è sta-to pari a un OR di 5,2 (IC 95%: 1,5-25,6). Nei secondi quattro anni di follow up non c’e-ra alcuna apparente relazione tc’e-ra la funzione olfattiva e il rischio di malattia di Parkinson. I tassi di incidenza per malattia di Parkinson infatti erano pari a 18 casi per 10.000 anni/ persona nel quartile più basso, 42,1 nel secondo, 23,9 nel terzo e 28,6 in quello più eleva-to (p=0,694 per trend). Gli aueleva-tori riportano che le caratteristiche cliniche dei pazienti con

2-malattia di Parkinson identificati nei primi quattro anni di follow up (n=19) sono identici a quelli dei secondi quattro anni (n=16) a esclusione dell’uso di caffè.

Valutazione della depressione

In uno studio epidemiologico longitudinale7, condotto nell’ambito dell’European Pro-spective Investigation into Cancer and Nutrition in Norfolk (EPIC-Norfolk study), è stata valutata l’associazione tra misure selezionate di benessere emotivo quali il disturbo depres-sivo maggiore (MDD), il disturbo d’ansia generalizzato (GAD), lo stress psichico (Men-tal Health Inventory-MHI-5), la nevrosi, e l’incidenza di sospetta malattia di Parkinson.

Dal 1996 al 2000, 20.921 partecipanti, con un’età compresa tra i 41 e gli 80 anni, pari al 73% del totale del campione eleggibile, hanno completato un questionario autosommi-nistrato basato sull’Health and Life Experiences Questionnaire (HLEQ) teso a raccogliere informazioni sulle circostanze sociali e psicologiche individuali. Le diagnosi di depressione maggiore e disturbo d’ansia generalizzato sono state definite in accordo ai criteri del DSM-IV. I casi di malattia di Parkinson sono stati identificati tramite un questionario sommini-strato due volte durante il follow up sulle patologie presenti e sulla terapia antiparkinsonia-na nonché attraverso i ricoveri ospedalieri di patologia e i certificati di morte.

Tra i 20.921 partecipanti che avevano completato il questionario HLEQ sono stati iden-tificati 175 casi incidenti con sospetta diagnosi di malattia di Parkinson. I soggetti in cui al follow up veniva posta diagnosi di sospetta malattia di Parkinson mostravano una maggio-re probabilità di diagnosi di depmaggio-ressione maggiomaggio-re e disturbo d’ansia generalizzato al

base-line, e riportavano più bassi punteggi al MHI-5 (five-question Mental Health Inventory),

indice di un maggiore disagio psichico, e una maggiore nevrosi al baseline. Nessuna associa-zione veniva evidenziata tra sospetta malattia di Parkinson ed estroversione. In particola-re i soggetti con storia di depparticola-ressione maggioparticola-re avevano una probabilità doppia di pparticola-resen- presen-tare una malattia di Parkinson nel follow up. I soggetti con disturbo d’ansia generalizzato 2,5 volte in più; una riduzione di una deviazione standard al punteggio del MHI-5 era as-sociata a un incremento del 35% del rischio di malattia di Parkinson, mentre l’incremento di una deviazione standard al punteggio della scala sulla nevrosi era associato a un aumen-to di rischio di malattia di Parkinson del 34%.

In uno studio caso-controllo8 condotto su 371 casi con malattia di Parkinson diagnosti-cati entro tre anni e 402 controlli di popolazione è stata valutata la relazione tra ansia/depres-sione e malattia di Parkinson. Tutti i soggetti hanno fornito tramite un questionario autosom-ministrato informazioni su precedenti diagnosi di depressione e ansia, durata e tipo di tratta-mento. I casi hanno mostrato una maggiore probabilità di aver ricevuto una diagnosi di de-pressione oppure di ansia in qualsiasi momento prima della diagnosi di malattia di Parkinson (OR 1,42, IC 95%: 1,01- 2,00), ma non una maggiore probabilità di aver ricevuto entrambe le diagnosi e relativi trattamenti prima della malattia di Parkinson (OR 1,11, IC 95%: 0,77- 1,60). I casi di malattia di Parkinson maschi avevano ricevuto più spesso rispetto al gruppo di controllo una diagnosi di patologia psichiatrica e un trattamento nei cinque anni precedenti la diagnosi di malattia di Parkinson (OR 2,21, IC 95%: 1,21- 4,04).

Valutazione dei disturbi del sonno nella fase REM

In uno studio caso-controllo9 condotto su 30 pazienti con disturbi del sonno REM

2+

2+

2-(REM sleep Behaviour Disorder, RBD) e 30 controlli sono stati valutati due index test, co-me possibili indicatori della evoluzione di una α-sinucleinopatia, quali il test olfattivo

snif-fin’ sticks e la 123 I FP-CIT SPECT (valutazione semiquantitativa) eseguita in soli 11 casi e dieci controlli. Una soglia olfattiva significativamente maggiore è risultata evidente nei sog-getti col disturbo del sonno (p=0,0001), associata a un minore punteggio di discriminazio-ne (p=0,003) e ridotto punteggio di identificaziodiscriminazio-ne (p=0,001) rispetto al gruppo di control-lo. Il 97% dei soggetti con disturbo del sonno avevano una soglia olfattiva patologicamen-te aumentata, nel 63% dei casi un’alpatologicamen-terata discriminazione dell’odore, e nel 63% una ridot-ta capacità di identificazione degli odori. All’esame neurologico con somministrazione di UPDRS, si sono rilevati segni di parkinsonismo identificati per la prima volta in cinque pa-zienti con disturbi del sonno REM non associati a narcolessia che avevano una lunga storia di RBD idiopatico. Quattro dei cinque pazienti soddisfacevano i criteri della UK Brain Bank per la diagnosi di malattia di Parkinson. Alla valutazione semiquantitativa della SPECT non si rileva una differenza significativa tra i casi e i controlli. La sottostante ne nigrostriatale è stata confermata alla SPECT in un paziente e una precoce degenerazio- degenerazio-ne identificata in ulteriori due pazienti degli 11 che hanno accettato di sottoporsi all’esame. Iranzo et al10 hanno condotto uno studio descrittivo su una popolazione di 44 sogget-ti retrospetsogget-tivamente selezionasogget-ti in un periodo di 12 anni (1991-2003) sulla base della dia-gnosi di disturbo del sonno REM idiopatico posta in un unico centro di riferimento, e se-guiti da almeno due anni dalla diagnosi, che hanno sviluppato un disturbo neurologico du-rante il follow up. In 20 pazienti (45%) è stato individuato un disturbo neurologico carat-terizzato in nove casi da malattia di Parkinson, in sei da demenza a corpi di Lewy, in uno da atrofia multisistemica con prevalente disfunzione cerebellare, e in quattro deterioramen-to cognitivo lieve. Successivamente gli stessi Audeterioramen-tori11 hanno pubblicato uno studio a inte-grazione, sulla stessa popolazione, sulle prove combinate di SPECT ed ecografia transcra-nica nel predire l’insorgenza di sinucleopatia, per cui si rimanda al quesito 3. Recentemen-te sulla sRecentemen-tessa coorRecentemen-te12, sono stati valutati i dati di follow up a sette anni dalla prima osser-vazione. Dei 44 pazienti della coorte originaria, 36 (82%) hanno sviluppato una sindrome neurodegenerativa diagnosticata in base ai criteri clinici (16 malattia di Parkinson, 14 de-menza a corpi di Lewy, uno atrofia multisistemica, cinque deterioramento cognitivo lieve). Il tasso di sopravvivenza libero da patologia neurologica dal tempo della diagnosi di RBD idiopatico è stato 65,2% (IC 95%: 50,9-79,5) a cinque anni, 26,6% (IC 95%: 12,7-40,5) a dieci anni, 7,5% (IC 95%: 1,9-16,9) a 14 anni. Negli altri quattro soggetti era evidente una SPECT con DaTscan alterata, in un caso con iperecogenicità della substantia nigra all’eco-grafia transcranica, e in due si associavano alterazioni dell’olfatto. In tre pazienti la diagno-si in vita di malattia di Parkinson e demenza a corpi di Lewy è stata confermata dall’esame neuropatologico, che ha mostrato corpi di Lewy diffusi a livello dell’encefalo e in un caso aggregati di α-sinucleina nel sistema nervoso autonomo.

Postuma et al13 hanno incluso 68 pazienti con disturbo del sonno REM, e controlli con rapporto 2:1, in uno studio di follow up per otto anni in cui i soggetti sono stati rivaluta-ti regolarmente ogni anno con UPDRS, tap-test, Purdue Pegboard, up-and-go test a tempo, oltre che valutati con test neuropsicologici per eventuale presenza di disturbi cognitivi. 28 pazienti hanno sviluppato un disordine neurodegenerativo, in 22 casi un parkinsonismo se-

condo i criteri UKBB, e sei demenza senza parkinsonismo. In 20 dei 22 casi di parkinsoni-

2-smo (due non considerati nell’analisi), nove hanno sviluppato demenza entro un anno dalla diagnosi clinica, diagnosticati dunque come demenza a corpi di Lewy. Al momento dell’e-same baseline è segnalata una durata dei sintomi di RBD di 6,5±4,0 anni, e 2,8±3,0 anni dalla diagnosi con polisonnografia. In un successivo lavoro14, circa un anno dopo, gli stessi autori rivalutano la popolazione costituita di 91 pazienti con disturbi del sonno REM, du-rante un follow up medio di circa tre anni. Dudu-rante il follow up 32 pazienti hanno svilup-pato sintomi indicativi di svilup-patologia neurodegenerativa, in 17 casi malattia di Parkinson, in 15 probabile e possibile demenza a corpi di Lewy.

Sintesi delle prove

Le prove disponibili sull’uso dei test olfattivi in soggetti sani documentano in cinque dei sei studi identificati un numero di poche unità di casi con malattia di Parkinson. I test olfattivi utilizzati mancano inoltre, in ben cinque studi, di un cut off normativo rendendo-li difficilmente utirendendo-lizzabirendendo-li a rendendo-livello individuale. In quattro studi i soggetti sani inclusi appa-iono molto selezionati in quanto familiari di pazienti con malattia di Parkinson. Lo studio di Ross permette di identificare nel corso del follow up di otto anni 35 casi con malattia di Parkinson. Questo studio presenta alcuni limiti:

a) i risultati riguardano solo una coorte di soggetti di sesso maschile;

b) non si può escludere un bias culturale nell’uso di un test olfattivo in una popolazione di origine asiatica;

c) non si comprende perché non sia stata condotta un’analisi complessiva del rischio di malat-tia di Parkinson associato alla distribuzione in quartili dei valori del test olfattivo negli otto anni di follow up e si sia invece scelta un’analisi per due periodi di quattro anni di follow up, senza ipotizzare alcun presupposto che, a priori, possa sostenere una plausibilità biologica; d) non sono riportate le caratteristiche cliniche dei pazienti con malattia di Parkinson

identi-ficati nei due differenti periodi di follow up in modo tale da potere valutare possibili bias; e) non è chiaro perché sia stato utilizzato un approccio statistico di regressione logistica e non invece un modello multivariato di Cox proprio degli studi di coorte. Non vengono inoltre riportate le caratteristiche dei 421 soggetti, pari al 18,6% dell’intera coorte, che non sono stati inclusi nel secondo periodo di follow up;

f) non è stata eseguita alcuna valutazione di accuratezza clinica con i parametri di sensibi-lità, specificità, VPP e VPN.

Nelle raccomandazioni per la diagnosi di malattia di Parkinson promosse da una task

for-ce della European Federation of Neurological Societies e della Movement Disorder

Socie-ty –European Section, il test olfattivo viene indicato con un livello di evidenza A come uno strumento di screening per la fase pre-motoria della malattia di Parkinson15. Si rimanda al paragrafo corrispondente del quesito 6 per maggiori dettagli sullo schema di classificazione delle prove per i test diagnostici promosso dalla EFNS16. La task force sottolinea però che il test olfattivo può essere immaginato in una batteria di screening per la malattia di Parkin-son: qualora venisse identificato un soggetto con iposmia altri specifici test per malattia di Parkinson dovrebbero essere poi utilizzati.

Le prove scientifiche riportate dalla task force relative all’uso del test olfattivo nella fase

2-2+

pre-motoria della malattia di Parkinson sono riportate anche in questa linea guida. In con-siderazione però dell’orientamento volto alla pratica clinica corrente e alla sanità pubblica delle raccomandazioni di questa linea guida, si ritiene, vista la scarsa accuratezza clinica delle prove scientifiche finora disponibili, di non dover raccomandare l’uso del test olfattivo come strumento di screening per la fase pre-motoria della malattia di Parkinson.

Per quanto riguarda le prove identificate sulla relazione fra ansia, depressione, distur-bi del sonno nella fase REM e la fase premotoria della malattia di Parkinson si rileva come queste siano ancora molto preliminari e provengano da studi che presentano numerosi bias. Le prove su RBD, disturbo del sonno caratterizzato da perdita della normale atonia nella fase REM per cui i pazienti apparentemente “agiscono” i propri sogni, indurrebbero a ipo-tizzare, tutt’al più, un aumento di rischio per sviluppo di α-sinucleinopatia, senza tuttavia consentire di supportare una diagnosi differenziale tra malattia di Parkinson, atrofia multi-sistemica e demenza a corpi di Lewy.

Nessuno studio è stato identificato in relazione all’utilizzo di scintigrafia miocardica con

123-I MIBG in relazione alla fase premotoria della malattia.

Raccomandazione

Non esistono prove a supporto dell’uso di esami strumentali, per esempio test olfattivo, scintigrafia miocardica con 123-I MIBG, test cardiovascolari, e/o segni clinici (depressione, ipo/anosmia, disturbi del sonno nella fase REM, stipsi, ipotensione ortostatica) ai fini della formulazione di una diagnosi preco-ce pre-motoria nella malattia di Parkinson.

Raccomandazioni per la ricerca

Sono necessari studi longitudinali di adeguata numerosità e follow up condotti con maggiore rigore metodologico e clinico nella popolazione generale tali da fornire indicatori di accuratezza clinica qua-li sensibiqua-lità, specificità, VPP e VPN.

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