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RAFFAELE CAVALLUZZI, PASQUALE GUARAGNELLA, RAFFAELE RUGGIERO

Nel documento ISLL Papers Vol. 7 / 2014 (pagine 150-154)

(a cura di), Il Diritto e il Rovescio. La gravità della legge e la sostenibile leggerezza delle arti, Pensa MultiMedia Editore, Lecce 2012.

Maria Teresa Rovitto Università di Urbino maria.teresa.rovitto@alice.it

Abstract

Maria Teresa Rovitto reviews the recent book Il Diritto e il Rovescio. La gravità della legge e la sostenibile leggerezza delle arti edited by Raffaele Cavalluzzi, Pasquale Guaragnella, Raffaele Ruggiero.

Key Words :

Law, Literature, Arts.

Published in 2014 (Vol. 7)

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 Il Diritto e il Rovescio. La gravità della legge e la sostenibile

leggerezza delle arti, a cura di Raffaele Cavalluzzi, Pasquale

Guaragnella, Raffaele Ruggiero, Pensa MultiMedia Editore, Lecce, 2012

Il Diritto e il Rovescio, due termini di una relazione dialettica rappresentativa in sé di ogni esperienza umana, è il titolo della raccolta degli Atti del Convegno di studi tenutosi presso l’Università di Bari “Aldo Moro” nel 2010.

Nella continua contrapposizione delle due prospettive si inseriscono questi saggi quali raffinate e puntuali verifiche di un approccio di ricerca, quello giusletterario, che vive grazie a una tensione intellettuale verso la necessità di una più profonda comprensione del fenomeno giuridico inteso come fenomeno culturale e quindi della dimensione sociale della giuridicità.

Attraverso un proficuo superamento dei confini delle competenze accademiche specialistiche degli studiosi di diverse discipline, in tal caso giuristi e letterati, l’impostazione dei saggi restituisce un assetto epistemologico che conferma quel cambiamento di sensibilità proprio dell’atteggiamento intellettuale della postmodernità. Se cifra del postmoderno è la complessità sociale colta nel passaggio da legittimazioni forti a forme deboli e dal paradigma dell’unità a quello della molteplicità, in ambito giuridico il postmodernismo può essere definito con Gary Minda non altro se non ‹‹un atteggiamento riflessivo che ci invita a considerare la fluidità del diritto›› (G. Minda, Postmodern Legal Movements. Law and Jurisprudence at Century’s End, trad. it. C. Colli, Teorie postmoderne del diritto, Bologna, 2001, p. 381, nota 48). E la fluidità, manifesta nella contaminazione tra codici differenti, è presupposto anche del presente lavoro, che mette in relazione la gravità della legge e la sostenibile leggerezza delle arti, luogo dove la prima può scoprire il suo rovescio nelle sue potenzialità.

Lo stesso movimento Law and Literature nasce, insieme agli altri movimenti culturali che promuovono la prospettiva del ‹‹diritto e …››, da un’operazione di rovesciamento della concezione moderna del diritto quale sistema autonomo e autoreferenziale, operazione che propone di spostare l’attenzione dall’oggettività delle regole alla spinta contraria della soggettività dei valori passando per una decostruzione del discorso giuridico tradizionale.

Nella presentazione del testo, la gravità copre il diritto positivo mentre la leggerezza attraversa le possibilità di modi nuovi di risolvere i conflitti e di raggiungere un

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equilibrio sociale assente nelle fasi di rottura. Queste infinite possibilità presentano un grado di ambiguità che, come si legge nel saggio di Mario Giovanni Garofalo, L’ambiguità dell’interpretare: conoscere o decidere?, se sono costitutive dell’espressione artistica, in campo giuridico devono essere necessariamente risolte dalla positività del diritto: ‹‹[…] il processo interpretativo giuridico è funzionale all’assunzione di una decisione […] l’interprete deve scegliere tra le diverse interpretazioni possibili […] e la scelta avverrà nel punto di incontro tra la gerarchia dei valori dell’interprete e la probabilità che l’argomento convinca gli interlocutori rilevanti›› (p. 20). Sebbene sia necessaria una decisione, ricordando che il grado di obbedienza o resistenza si misura in base al livello di riconoscimento dell’interpretazione giuridica di un gruppo, anche nella dimensione giuridica, e non solo in quella artistica, le ambiguità, o meglio la proliferazione di significati, devono essere considerate un arricchimento, humus di quella componente paideica del nomos che è formativa e permette una continua attività normativa, laddove al contrario quella imperiale è conservativa (R. Cover, The Supreme Court 1982 Term. Forward: Nomos and Narrative, in Harvard Law Review, vol. 97, 1986, pp. 4-68).

La natura delle narrazioni giuridiche si può cogliere in particolar modo nelle fasi di rottura allorché l’ordine costituito viene messo in discussione e si fa spazio la funzione di tipo immaginativo-speculativo del diritto che, avendo obiettivi fondativi, raffigura un ordine sociale basato su nuove regole al fine di superare la crisi. Tale funzione del diritto viene analizzata nel saggio intitolato Letteratura e cultura giuridica, dove l’autore, Realino Marra, riflettendo sul concetto di cultura, mette in evidenza la congiunzione che si realizza nei fenomeni culturali costitutivi dell’unità di una cultura particolare e sostiene la necessità, per uno studioso di un’area di cultura, di procedere per connessione e non per distinzione: ‹‹ [La] scienza di realtà del diritto che ho in mente è una comprensione strutturale delle relazioni nel diritto e poi delle relazioni del diritto[…]. Le relazioni nel diritto sono i nessi fra fatti diversi (fisici, psichici, linguistico-semantici) di cui si compone ogni frammento di esso più o meno significativo […]›› (p. 29). L’autore riconosce che gli studi di D&L presentano un’impostazione teorica estremamente funzionale a un tale tipo di comprensione; avverte inoltre l’esigenza di ribadire l’abbandono di ogni refrattarietà in campo accademico nei confronti di tale approccio di ricerca.

Il testo raccoglie i saggi secondo l’esplicito intento di ragionare seguendo una terza via, quella storiografica, diversa dalle prospettive dottrinali classiche di law in literature e law as literature, conducendo una ricerca per campioni storicamente significativi. L’ordine della disposizione dei saggi non è dunque casuale: dopo i due lavori

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introduttivi sopra citati, si parte dai classici, oggetto ad esempio del saggio di Paulo Butti de Lima, Tra il legislatore e il poeta. Un dialogo all’interno delle Leggi di Platone come del lavoro di Raffaele Ruggiero, ‹‹A maggior forza e a miglior natura/ liberi soggiacete››. Libertà e diritto in Purgatorio XVI, per arrivare al Novecento, dove il discorso oltre a estendersi ad altri linguaggi artistici come quello del cinema, nella singolare analisi di Giuseppe Attolini, Nessuno tocchi Abele. Il gangster nel cinema americano degli anni Trenta, si sofferma sull’opera di autori cruciali nel panorama della letteratura italiana nei saggi Ignazio Silone e la giustizia degli esclusi di Giuseppe Tucci o L’invenzione della storia, l’impostura della giustizia. Il Consiglio d’Egitto di Leonardo Sciascia di Bruno Brunetti; autori che hanno dedicato la loro intera esistenza a mettere in luce il rapporto drammatico tra l’uomo e le Istituzioni, ricostruito attraverso figure giuridiche di un preciso contesto storico-culturale.

La riflessione sulla giustizia, un campo tematico denso, linfatico nella prospettiva etica di D&L, rappresenta il nucleo originario che lega in un rapporto di continuità i saggi del presente volume.

Nell’opera di Platone l’origine dell’ingiustizia si trova nella diversa natura tra la legge (nomos), che è divina, e la sua applicazione che è invece umana, un’ingiustizia dovuta dunque a un’imperfezione, laddove rispetto al governo divino, l’imitazione del legislatore sarà sempre imperfetta. Nella letteratura contemporanea tale persistente forma di imperfezione si trasforma in una sconfitta endemica dei soggetti deboli, diventata tragica dopo il tradimento della promessa dell’eguaglianza risalente all’età moderna. L’apparato istituzionale persevera nelle sue prevaricazioni e, venuto meno un ordine divino al quale fare riferimento, resta solo la nuda responsabilità dell’uomo e la cecità dell’autorità davanti a quelle voci che si contrappongono alla legalità formale e costituiscono quel rovescio che schiude diverse possibilità di risolvere i conflitti, possibilità continuamente negate.

Se all’inizio del Novecento, nell’opera di Silone troviamo ancora una speranza di giustizia, in parte accolta in luoghi istituzionali come la nostra Costituzione, negli anni successivi, quando tra la proclamazione dei diritti e la loro attuazione si genera un attrito radicale, la Giustizia istituzionale appare definitivamente come l’artificio di una costruzione, un’impostura, per usare le parole di Sciascia.

La richiesta dei diritti da parte dei soggetti deboli, che con la loro posizione cercano di rovesciare il lato nascosto delle cose, rendono in particolar modo necessario il ricorso a modalità letterarie, laddove tipico della struttura della grande letteratura è l’essere contro.

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Sebbene il testo raccolga saggi su diverse forme d’Arte, il nucleo di ogni espressione artistica resta fondato sulla categoria della narrazione.

Uno dei dibattiti in corso all’interno del mondo accademico affronta il fenomeno che riguarda la trasmigrazione della riflessione sulla funzione narrativa in altri ambiti disciplinari: gli storici adottano fonti letterarie, gli scienziati ne utilizzano le potenzialità euristiche, i geografi si servono delle opere letterarie per comprendere come viene percepito lo spazio. Oggi i Critical Studies non distinguono la letteratura da altri documenti culturali e il concetto di letteratura sfuma in quelli più generici di immaginario o discorso.

Il presente volume si inserisce a pieno titolo in tale dibattito ricomponendone elementi essenziali nel tentativo, riuscito, di aprire nuovi punti di vista all’interno dell’approccio di ricerca D&L: la categoria di narrazione appare funzionale al ragionamento sull’origine del significato giuridico presso una comunità di individui, laddove la significazione stessa è un processo collettivo intessuto da pratiche narrative, elaborazione simbolica delle relazioni alle origini della comunità e dunque della dimensione prescrittiva del diritto, inteso come una delle espressioni della costruzione narrativa della realtà.

Maria Teresa Rovitto, Università di Urbino maria.teresa.rovitto@alice.it

Nel documento ISLL Papers Vol. 7 / 2014 (pagine 150-154)