costituzionali invocate [artt. 2 e 24 Cost.] non pongano fra i diritti inviolabili dell’uomo
quello di far riconoscere e registrare un sesso esterno diverso dall’originario, acquisito con
una trasformazione chirurgica per farlo corrispondere a una originaria personalità
psichica». Il motivo del rigetto non va, però, ricercato nel rifiuto di riconoscere il
transessualismo come la realtà fattuale esistente e bisognosa di tutela
484, ma, piuttosto,
nella natura dei parametri invocati e, forse, in una visione un po’ troppo ristretta della
vicenda da parte del giudice costituzionale. Nello specifico, mentre il giudice a quo, tenuto
conto della situazione di turbamento interiore dell’attore, sostiene che il diritto da lui fatto
valere (cioè quello alla identità sessuale) sia da annoverare come diritto della personalità e
quindi tra i diritti inviolabili, la Corte abbraccia una lettura chiusa dell’art. 2, ritenendo che
non esistono altri diritti fondamentali inviolabili che non siano necessariamente
conseguenti a quelli costituzionalmente previsti
485.
482
Punto 4 del considerato in diritto. Si noti che, nel citato passaggio della sentenza in materia di transessualismo, la Corte chiarisce come nell’art. 32 vada ricompreso uno stato di benessere non solo fisico ma anche psichico. Così R. Rolli-A.Pinna, Il diritto alla salute, in M. Sesta-A. Cuffaro (a cura di), Persona,
famiglia e successioni nella giurisprudenza costituzionale, Napoli 2006, 6.
483
Sent. 98/1979, nella quale il giudice a quo contestava la legittimità costituzionale degli artt. 165 e 167 del r.d.l. 9 luglio 1939 n. 1238 e 454 c.c. che, secondo la costante interpretazione della Cassazione, condivisa dallo stesso remittente, escludono il diritto alla rettificazione dell’atto di nascita e all’attribuzione del sesso femminile nell’ipotesi di modificazioni artificiali del sesso.
484
L’ordinanza di rinvio (Tribunale di Livorno, 12 febbraio 1976) richiama il fenomeno del transessualismo, come descritto nella relazione tecnica del consulente medico legale, utilizzando il caso concreto su cui è chiamato a giudicare come caso “tipizzato”, che rappresenta l’esempio di una nuova situazione da tutelare non considerata dall’ordinamento. Come rileva S. Bartole, Transessualismo e diritti
inviolabili dell’uomo, in Giur. cost., 1979, I, 1181-1182, le risultanze della perizia hanno avuto un peso
determinante; infatti, «sia l’uno che l’altro organo giudicante [Tribunale e Corte costituzionale] hanno esplicitamente aderito all’opinione scientifica più favorevole ad ammettere, nelle ipotesi di transessualismo accompagnate da contemporaneo intervento chirurgico di rimozione e ricostruzione plastica, l’esistenza di un
quid novi atto a giustificare l’accoglimento della domanda intesa ad ottenere una rettifica delle risultanze dei
registri dello stato civile […]. In ambedue i giudizi non si è ritenuto di dare credito all’interpretazione restrittiva che di fenomeni del genere si è data in sede scientifica […] che non consentirebbe, anche ad interventi chirurgici effettuati […] di parlare di mutamento di sesso e di trapasso dal sesso maschile a quello femminile».
485
Come sostenuto da S. Bartole, Transessualismo, cit., 1196, la decisione del giudice costituzionale avrebbe inoltre risentito di «scelte di valore», tali da rappresentare «l’immissione di un’imput soggettivo nella trama dell’argomentazione», con particolare riferimento alle possibili ripercussioni di un eventuale accoglimento della questione sull’istituto matrimoniale. Secondo l’A. «dalla motivazione risulta infatti la stretta connessione che per l’organo giudicante sussiste tra disciplina del fenomeno del transessualismo e regolazione delle implicazioni matrimoniali del fenomeno stesso. Non sembra cioè che si sia percepita l’esistenza di una gamma ben più vasta di vicende, trascendenti quella matrimoniale, rispetto alle quali possono venire in rilievo il riconoscimento e la tutela della peculiare situazione dei transessuali» (pag. 1193).
L’esclusione del diritto all’identità sessuale dal novero dei diritti inviolabili
dell’uomo, però, non convince a pieno: «giacché lo sviluppo della sessualità in tutte le sue
forme e connotazioni è elemento essenziale dello sviluppo della persona umana»
486, la sua
tutela non sarebbe soltanto compito del legislatore, ma anche dovere del giudice
costituzionale
487. Alla luce di ciò ci si può chiedere se, a partire dalla sent. 161/1985, sia
possibile attribuire un rango costituzionale, e quindi fondamentale, al diritto all’identità
sessuale. In dottrina
488si rileva che la legge 164/1982 «realizza (e la Corte asseconda) una
vera e propria “rivoluzione copernicana”», che la successiva giurisprudenza
489confermerà,
affermando l’esistenza di un diritto fondamentale alla libertà (e all’identità) sessuale. Il
riconoscimento di questo diritto trova quindi la base nel dato medico-scientifico, che
configura il sesso come «dato complesso della personalità determinato da una serie di
fattori, dei quali deve essere deve essere agevolato o ricercato l’equilibrio»
490e permette in
tal modo di attuare in concreto il principio personalistico
491. Prospettare questa esigenza di
tutela costituzionale si accorda, del resto, con quella dottrina secondo cui «il procedere
delle conoscenze o il mutare della percezione di un fenomeno o di un problema – e così
pure le innovazioni legislative – costituiscono […] i principali motori dei progressivi
assestamenti di senso della Carta; ciò che la rende durevole nel tempo, sensibile ai cambi
di stagione, applicabile a realtà neppure concepibili nel momento in cui essa vedeva la
luce»
492.
486
S. Bartole, Transessualismo, cit., 1191. 487
In questo senso si è orientata anche la Corte costituzionale tedesca che, con la sent. 11 ottobre 1978, ha ritenuto conforme a costituzione l’interpretazione della normativa sullo stato delle persone che consentisse la rettifica della iscrizione nel registro degli atti di nascita.
488
P. Veronesi, Il corpo e la costituzione, cit., 59. 489
Si tratta della sent. 561/1987. 490
Così ha esplicitamente riconosciuto la stessa sent. 161/1985, al punto 4 del considerato in diritto. Con particolare riferimento al fenomeno del transessualismo, la scienza medica ha dimostrato che una diagnosi sessuale fondata sulla mera osservazione degli organi genitali esterni possiede un valore solo presuntivo: il transessuale presenta, infatti, un vero e proprio stato patologico, caratterizzato dalla ferma convinzione di appartenere al sesso opposto a quello anagrafico, per cui la persona presenta una forte dissociazione tra psiche e corpo. A favore del riconoscimento della necessità costituzionale di fornire tutela al transessuale, depongono, inoltre, alcune osservazioni della sent. 161/1985: ad esempio, si sottolineano gli effetti benefici dell’intervento chirurgico (e della conseguente rettificazione anagrafica), che permettono di superare il disagio vissuto dal soggetto, attraverso l’affermazione della propria personalità e il superamento dell’isolamento dell’ostilità e dell’umiliazione che spesso accompagnano la sua esistenza.
491
Una simile impostazione è rinvenibile, ad esempio, nella giurisprudenza di Strasburgo (Goodwin v. Regno Unito, 11 luglio 2002), che qualifica come diritto fondamentale della persona, rientrante nella tutela di cui all’art. 8 CEDU, il riconoscimento giuridico della nuova identità del transessuale.
In questa vicenda giurisprudenziale, però, l’argomento scientifico ha in precedenza (Sheffield e Horshan
v. Regno Unito, 30 luglio 1998) giocato a sfavore dell’allargamento di tutela, poiché è stato utilizzato per
sostenere che, nonostante i rilevanti progressi della scienza compiuti in materia di procedure di conversione sessuale, non si era ancora in grado di garantire l’acquisizione di tutte le caratteristiche biologiche dell’altro sesso, ragion per cui non si poteva costringere uno stato a riconoscere un cambiamento non completato dal punto di vista fattuale. Come rileva E. Crivelli, I transessuali e il diritto europeo, in M. Cartabia (a cura di), I
diritti in azione: universalità e pluralismo dei diritti fondamentali nelle Corti europee, Bologna 2007, 339,
tale argomento viene poi superato, o meglio «svuotato di importanza», nella successiva pronuncia, sopra citata, che sgancia il diritto al riconoscimento giuridico del transessuale dai progressi della medicina. A ben vedere, infatti, se la ratio della richiesta è permettere un’attuazione sotto ogni punto di vista, anche giuridico, di una nuova identità (sessuale) coincidente con i desideri e le necessità della persona, a nulla rileva il dato scientifico relativo alla perfettibilità dei risultati della procedura medica che è comunque in grado di soddisfare una coincidenza tra “soma” e “psiche”.
Nella successiva sentenza Grant v. Regno Unito, la Corte europea dei diritti dell’uomo conferma che il diritto ad ottenere il riconoscimento legale della modificazione del proprio sesso originario non rientra nel margine di apprezzamento dei singoli Stati membri, argomentando, oltre che sul consenso raggiunto a livello europeo ed internazionale e sulla diffusione di nuovi interventi normativi, anche sullo «stato attuale delle conoscenze medico scientifiche».
492