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4. POPs: GLI INQUINANTI ORGANICI PERSISTENTI

5.7 Rame

Il rame è un elemento ampiamente rappresentato in natura, presente tanto nel suolo e nelle acque, quanto negli organismi viventi, siano essi vegetali o animali.

Conosciuto fin dalla preistoria, si ritrova allo stato puro (“rame nativo”) ma soprattutto sotto forma di vari minerali, principalmente solfuri (calcosina Cu2S, calcopirite Cu2FeS2), cuprite Cu2O,

malachite e azzurrite che sono carbonati basici.

Fra le numerose applicazioni del rame si ricorda l’utilizzazione per quel che riguarda le condutture elettriche, per la produzione di leghe come bronzo (rame e stagno) e gli ottoni (rame e zinco), per la fabbricazione di apparecchi chimici. I suoi sali vengono tuttora adoperati come antifungini, insetticidi, algicidi, rodenticidi; se ne ricorda, inoltre, il suo uso in medicina veterinaria come additivo nelle diete e come emetico, in forma di solfato di rame.

5.7.1 Meccanismo d’azione e ruolo fisiologico

Negli organismi animali, come già detto, il rame è presente in concentrazioni inferiori rispetto a ferro e zinco; possiede limitate, ma essenziali, funzioni biologiche ed è meno diffuso nei sistemi enzimatici.

Il rame è coinvolto direttamente nell’emopoiesi, nel metabolismo del tessuto connettivo, nella formazione della mielina dei neonati, nella sintesi dei pigmenti e nell’osteogenesi. Inoltre, presentando più stati

d’ossidazione, è impiegato nei processi respiratori, entrando a far parte delle citocromoossidasi, particolarmente concentrate nei muscoli e necessarie per il trasporto degli elettroni nei mitocondri, e nell’emocianina; altri cuproenzimi sono le tirosinasi, le monoamminoossidasi, le dopaminoidrossilasi.

Altre funzioni biologiche di questo metallo sono implicate nell’immunità cellulo-mediata e nel metabolismo dei radicali liberi. Il meccanismo tramite il quale il rame esprime la sua tossicità, invece, è abbastanza complesso. Esso implica un aumento della permeabilità cellulare negli eritrociti con conseguente emolisi, inibizione della glutatione-reduttasi e diminuzione del glutatione intracellulare ridotto, agglutinazione dei globuli rossi e una eccessiva stimolazione dello shunt dell’esoso monofosfato. Questo porta a uno stress ossidativo dei globuli rossi e ad una accelerata perdita del glutatione ridotto intracellulare (Todd e Thompson, 1963, 1965; Mital et al., 1966; Metz e Sagone, 1972).

Contemporaneamente gli ioni rameici inducono rigonfiamento dei mitocondri e inibiscono il consumo di ossigeno (Bowler e Duncan, 1970). L’affinità del rame 2+ per i gruppi tiolici dell’emoglobina, degli eritrociti e di altre membrane aumenta la permeabilità e la lisi degli stessi globuli rossi.

Infine il rame aumenta la fragilità delle membrane lisosomiali, facilitando il rilascio di enzimi litici che provocano degenerazione cellulare (Chvapil et al., 1972).

Recentemente, inoltre, si è scoperta una certa correlazione fra il rame e le malattie neurodegenerative provocate da prioni; la proteina prionica, normalmente espressa dai neuroni come glicoproteina di superficie cellulare, infatti, si è dimostrata essere

una molecola legante il rame e, per questo, possiede un ruolo fondamentale nel metabolismo cerebrale di questo metallo. Essa può alterare l’ingresso intracellulare del rame e facilitare la sua incorporazione nella SOD (Superossido-dismutasi), oltre a comportarsi essa stessa come la SOD (Brown, 2001).

5.7.2 Aspetti Tossicologici

Quando i livelli di rame organico raggiungono e superano le concentrazioni fisiologiche, si instaurano manifestazioni patologiche che rientrano in quadri acuti o cronici.

Non si può stabilire con precisione un livello soglia di tossicità del rame, poichè questo dipende anche dalle concentrazioni di altri metalli come molibdeno, zinco e ferro. Alcuni animali sono particolarmente sensibili al metallo, come per esempio i ruminanti, che dimostrano sintomi di intossicazione già con 8-10 ppm di rame nel foraggio.

L’intossicazione da rame si può verificare o per un’eccessiva assunzione del metallo con la dieta, o per inefficienza delle vie di escrezione, come si verifica, ad esempio, in caso di ostruzione del coledoco o di qualsiasi patologia epatica o renale, ma anche per carenza di proteine che legano il rame (rendendolo così inattivo) e per deficit di Md, Fe, Zn, che competono con esso nell’assorbimento.

5.7.3 Tossicità acuta

Lo stato tossico acuto si manifesta con scialorrea, vomito, dolori addominali, diarrea, convulsioni fino a paralisi e, nei casi gravi, morte dopo 1 o 2 giorni per blocco cardio-circolatorio; si ricorda, inoltre, che il rame possiede potere notevolmente caustico per la mucosa del digerente.

5.7.4 Tossicità a lungo termine

L’intossicazione cronica, invece, comprende due stadi di sviluppo; il primo è abbastanza lungo ed è caratterizzato dal progressivo accumulo del metallo nel fegato (Soli, 1980) che determina una fase subclinica in cui si instaura il danno all’organo emuntore. Questo stato si può evidenziare con degenerazione epatocellulare e aumento dei tenori sierici degli enzimi epatici. Successivamente compaiono i segni del secondo stadio, uguali in tutti gli animali: anemia microcitica ipocromica, crisi emolitiche in seguito a rilascio del rame in circolo, con danno alle membrane degli eritrociti, alterazioni della pressione osmotica ed emoconcentrazione; queste crisi si manifestano con ittero, ottundimento del sensorio e astenia. Altri sintomi sono ricollegabili al danno epatico: vomito, melena, diarrea e dolori colici; altri ancora all’insufficienza renale, quasi sempre sequela dell’intossicazione: emoglobinuria e metaemoglobinemia.

I reperti anatomo-isto-patologici includono degenerazioni renali, ulcere alla mucosa gastro-enterica, epatomegalia e maggiore friabilità del fegato, che presenta pure aree necrotiche, edema polmonare e essudati in cavità addominale. Inoltre, eccessi di rame

nella dieta producono anche alterazioni cerebrali, evidenziabili con aree di trasformazione spongiforme nella sostanza bianca.

Il suino e i suidi in genere sopportano meglio di altre specie l’assunzione cronica di elevate quote di rame nell’alimento; l’impiego nella dieta di 200-300 ppm di questo metallo non provoca alcun effetto tossico (Kornegay et al., 1989). Per osservare sintomi di tossicosi bisogna superare i 400 ppm.

5.7.5 Effetti cancerogeni

In ultimo, si è visto che anche il rame possiede un certo potere cancerogeno, dimostrato nell’uomo da studi svolti in zone con elevate concentrazioni di rame e zinco nel suolo.

5.7.6 Impatto ambientale

Si è già accennato all’importanza del rame come nutriente essenziale e alla sua presenza in sistemi inorganici ed organici animali e vegetali; questi ultimi soprattutto possono rappresentare potenziali pericoli per animali posti ai vertici della catena alimentare. Sono state identificate zone carenti del metallo nell’Australia Occidentale, in alcune regioni meridionali dell’Europa Occidentale e nel sud-est degli Stati Uniti.

Queste le concentrazioni di rame in alcuni comparti ambientali e nel corpo umano (Venugopal e Luckey, 1978)

Comparto ambientale/organico Concentrazione Crosta terrestre 4,5 ppm Acqua marina 1-25 ppb Uomo adulto 100 mg