DEGLI INDICI-PAESE E DELLE CLASSIFICHE INTERNAZIONALI
2. I LIMITI DI RAPPRESENTATIVITÀ DELLE CLASSIFICHE INTERNAZIONALI Mappare, misurare e gestire i fattori tangibili e intangibili che impattano sulla
attrattività e competitività di un territorio richiede un approccio sistemico che può generare, in ultima analisi, un vantaggio competitivo di lungo periodo.
Nel riconoscimento di tale importanza, la letteratura economica e accademica ha tentato di produrre modelli quali-quantitativi in grado di individuare le determinanti della competitività e attrattività dei Paesi.
Nel tempo, tali sforzi hanno prodotto, da un lato, diverse definizioni e declinazioni dei concetti di attrattività e competitività territoriale (ad oggi non esiste una definizione univocamente riconosciuta ed accettata internazionalmente), dall’altro un’ampia lista di variabili di varia natura4 le quali, direttamente o indirettamente, possono influenzare la “qualità competitiva” di un Paese rispetto ad un altro.
In parallelo, si è moltiplicato il numero di istituti impegnati nella redazione di classifiche-Paese e/o territoriali.
Ad oggi, di fatto, vi è una proliferazione di ranking – spesso tra loro sovrapposti – sia con riferimento ad aree specifiche di indagine (corruzione, libertà di stampa, innovazione, ecc.), sia ad aspetti complessivi del sistema-Paese (competitività, ambiente pro-business, qualità della vita, ecc.). Nell’ambito del presente lavoro – e senza avere volontà di completezza – ne sono stati mappati oltre 805.
4 Si va dal novero di fattori ciclici quali l’andamento della domanda interna e dei consumi, all’uso di variabili strutturali – come la dimensione del mercato e delle imprese – per arrivare alla creazione di KPI che misurano la solidità e salubrità dell’ambiente politico e istituzionale all’interno del quale le imprese si trovano ad operare.
5 Tra questi: Bloomberg Innovation Index, Climate Change Performance Index, Corruption Perception Index, Ease of Doing Business Index, UN E-Government Development Index, Environmental Performance Index, Environmental Sustainability Index, Environmental Vulnerability Index, Ethnic and Cultural Diversity Index, Euro Health Consumer Index, European Innovation Scoreboard, European Regional Economic Growth Index, Financial Development Index, Fragile States Index, Global Competitiveness Report, Global Corruption Barometer and Corruption, Global Gender Gap Report, Global Entrepreneurship Index, Global Hunger Index, Global Innovation Index, Global Leader Index, Global Manufacturing Competitiveness Index, Global Peace Index, Global Talent Competitiveness Index, Global Slavery Index, Global Terrorism Index, Globalization Index, Good Country Index, Happy Planet Index, Human Development Index,
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Tali strumenti (indici e classifiche), pur nel riconoscimento del loro contributo e utilità, vanno letti con attenzione e con alcune premesse concettuali:
1. Occorre valutare la qualità e l’affidabilità dell’istituzione che li produce. Accanto ad enti internazionali e think tank riconosciuti, vi sono infatti indici prodotti da organizzazioni la cui affidabilità è da verificare.
2. Talvolta gli indici e le classifiche sono prodotte seguendo una primaria volontà di impatto mediatico e pubblicità, piuttosto che come reale contributo alla qualità delle politiche pubbliche e delle strategie di sviluppo.
3. I posizionamenti possono essere influenzati da caratteristiche soggettive di costruzione dell’indice (si veda paragrafo successivo) e da azioni di moral
suasion6.
A completamento di quanto sopra, è interessante anche notare come, in alcuni casi, tenda ad emergere un alto posizionamento nella classifica del Paese in cui ha sede l’istituto redattore dell’indice in oggetto.
Figura 6. Matrice che riporta la nazionalità dell’istituto redattore della classifica e posizionamento del Paese nella
classifica; alcuni indici selezionati. Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti, su fonti varie, 2016 In questo quadro, la veridicità e l’affidabilità delle classifiche-Paese è da tempo oggetto di analisi critica da parte di studiosi e osservatori. In particolare, sono state evidenziate incongruenze evidenti, positive o negative, tra il posizionamento restituito da diversi indici e la realtà fattuale dei Paesi.
Il caso dell’Italia è emblematico (ma non unico).
ICT Development Index, ICT Proficiency Index, IMD World Competitiveness Index, IMF World Economic Outlook, Index for Risk Management, Index of Economic Freedom, Innovation Union Scoreboard, Intellectual Property Right Index, Legatum Prosperity Index, Mapping Competitiveness with European Data, OECD Better Life Index, Programme for International Student Assessment (PISA Index), Programming Ability Index, Regional Innovation Scoreboard, Social Progress Index, Space Competitiveness Index, Sustainable Governance Indicator, Sustainable Society Index, The Atlas of Economic Complexity, Web Index, Where-to-be-born Index, World Giving Index, World Happiness Report, World Justice Project Rule of Law Index, Worldwide Press Freedom Index.
6 Diversi Paesi si sono e si stanno attrezzando per controllare e influenzare con la giusta attenzione la comunicazione dell’immagine-Paese a livello nazionale e internazionale; per approfondimenti si rimanda al Capitolo 2 del Rapporto.
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Si tratta di un Paese ad economia avanzata, con un ruolo primario a livello internazionale, ma che nell’ultimo decennio e più, si è sempre collocato in posizioni retrostanti nella classifiche e spesso dietro a Paesi in via di sviluppo.
A titolo d’esempio, nelle tabelle di seguito è evidenziato il posizionamento dell’Italia in alcuni ranking-Paese molto riconosciuti dal punto di vista mediatico.
INDICI DI COMPETITIVITÀ Ease of Doing Business
Index 2016 (189 Paesi) (World Bank) 45°posto Italia Global Competitiveness Index 2015-2016 (140 Paesi)
(World Economic Forum)
12°posto Macedonia 18°posto Malesia 43°posto Italia 18°posto Malesia 31°posto Rep. Ceca World Competitiveness Scoreboard 2015 (61 Paesi) (IMD) 38°posto Italia 14°posto Malesia 16°posto Irlanda 19°posto Islanda 32°posto Mauritius 32°posto Tailandia 35°posto Cile 29°posto Rep. Ceca 30°posto Tailandia 38°posto
Messico Indonesia 37°posto Kazakistan 34°posto Figura 7. Confronto tra il posizionamento dell’Italia e quello di altri Paesi benchmark in alcune classifiche di
competitività. Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti, 2016
Global Manufacturing Competitiveness Index 2016 (40 Paesi) (Deloitte) 28°posto Italia Global Talent Competitiveness Index 2015-2016 (109 Paesi) (INSEAD) 8°posto Messico 14°posto Tailandia 41°posto Italia 17°posto Islanda 26°posto Slovenia Corruption Perception Index 2015 (168 Paesi) (Transparency International) 61°posto Italia 21°posto Uruguay 23°posto Cile 15°posto Polonia 16°posto Turchia 28°posto Malta 32°posto Cipro 28°posto Botswana 44°posto Rwanda 17°posto
Malesia Barbados 39°posto Ghana 57°posto
Corruption Perceptions Index 2015 (168 Paesi) (Transparency International) 61°posto 21°posto 23°posto 28°posto 44°posto 57°posto INDICI SU AREE SPECIFICHE
Figura 8. Confronto tra il posizionamento dell’Italia e quello di altri Paesi benchmark in alcune classifiche
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Social Progress Index 2015 (133 Paesi) (Social Progress Imperative) 31°posto Italia Global Innovation Index 2015 (141 Paesi) (INSEAD) 19°posto Slovenia 22°posto Rep. Ceca 31°posto Italia 8°posto Irlanda 23°posto EstoniaGlobal Peace Index 2015
(162 Paesi)
(Institute for Economics and Peace) 36°posto Italia 12°posto Irlanda 18°posto Bhutan 24°posto Uruguay 26°posto Cile 24°posto Repubblica Ceca 28°posto Slovenia 19°posto Polonia 25°posto Mauritius 28°posto
Costa Rica Portogallo 30°posto Costa Rica 34°posto
Press Freedom Index 2016 (180 Paesi) (Reporters without Borders) 77°posto Italia 6°posto Costa Rica 17°posto Namibia 20°posto Uruguay 22°posto Suriname 42°posto Burkina Faso INDICI SU AREE SPECIFICHE
Figura 9. Confronto tra il posizionamento dell’Italia e quello di altri Paesi benchmark in alcune classifiche
focalizzate su aree specifiche. Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti, 2016
È evidente che tali posizionamenti, pur alla luce delle criticità note del sistema-Italia, stridono con le reali capacità e “forze” del Paese. Si ricorda infatti che l’Italia nel mondo è:
― 8° Paese per PIL e 4° per valore aggiunto prodotto dall'industria manifatturiera; ― 9° per esportazioni (7° se si considera l’export manifatturiero);
― 13° per stock di investimenti fissi lordi;
― 3° per numero di pubblicazioni scientifiche nell’ultimo decennio7
(e
4° in Europa per valore della produzione in settori ad alta tecnologia).Tali distorsioni attengono anche ad aspetti più generali del sistema-Paese, quali ad esempio la libertà di stampa o la corruzione (si vedano box sotto), che hanno un’eco rilevante sui media internazionali e che contribuiscono a disegnare l’immagine di un Paese “complesso” se non addirittura non affidabile e nel quale fare business è quantomeno difficoltoso.
Box – Il Corruption Perceptions Index
Trasparency International produce annualmente una classifica per misurare la percezione di corruzione nei vari Paesi del mondo. Nell’edizione 2016, l’Italia si posiziona al 61° posto su 168 Paesi, vincendo (nuovamente) la “maglia nera” della corruzione a livello europeo.
Sebbene il Paese passi dal 69° al 61° posto, scalando otto posizioni, ha punteggi analoghi a quelli di Stati come il Lesotho, il Montenegro e il Senegal. Il risultato è ancora meno rassicurante se si focalizza l’attenzione sui soli Paesi che compongono l’UE-28. L’Italia precede solo la Bulgaria (69°posto) e segue ad altri Paesi generalmente considerati molto corrotti come Romania e Grecia.
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Box – Il World Press Freedom Index
Nell’edizione 2016 del World Press Freedom Index di Repoters without Borders, l’Italia si posiziona al 77° posto su 180 Paesi, superata da Paesi unanimemente riconosciuti come fragili dal punto di vista democratico. Tra questi, nella classifica, si trovano prima dell’Italia:
- Al 42° posto il Burkina Faso, duramente colpito da attacchi terroristici e colpi di stato e nel quale le elezioni democratiche si sono svolte per la prima volta nel 2015.
- Al 58° posto El Salvador, uno dei Paesi in cui democrazia è costantemente messa in discussione da un regime autoritario che limita la libertà di stampa.
- Al 76° la Moldavia, duramente colpita da fenomeni di corruzione e strumentalizzazione della stampa.
Altri elementi di evidente penalizzazione dell’Italia, dovuti ad indici poco affidabili o accurati, riguardano elementi specifici del contesto competitivo, con una influenza diretta e rilevante sull’attività economica e sugli investimenti, come lo stato delle infrastrutture o il sistema del mercato e dei servizi.
Esemplificativo è il caso del Rail Liberalization Index che, da strumento preso a riferimento da istituzioni anche europee per le proprie valutazioni, è stato dismesso a causa delle falle metodologiche strutturali con cui era costruito e, quindi, dell’inaffidabilità delle sue indicazioni– si veda box sotto.
Box – Il Rail Liberalization Index
Il Rail Liberalization Index è nato nel 2003 con l’obiettivo di misurare il livello di liberalizzazione dei sistemi ferroviari e l’aderenza degli Stati Membri alle direttive UE in materia.
L’importanza dell’Indice è cresciuta rapidamente tanto che la Direzione Generale (DG) Trasporti della Commissione ha cominciato ad utilizzarlo nei report ufficiali per evidenziare gli Stati Membri compliant con le norme e richiamare quelli in ritardo.
Nelle varie edizioni del Rail Liberalization Index, l’Italia si è sempre posizionata, insieme a Francia e Spagna, tra i Paesi con il mercato più chiuso.
In realtà, l’Italia aveva e ha nelle tratte a mercato (alta velocità) il servizio più contendibile al mondo ed è l’unico Paese con un servizio di alta velocità in cui esiste competizione nel mercato (altri Paesi in cui le liberalizzazioni sono diffuse hanno, al massimo, la competizione per il mercato).
La pubblicazione del Rail Liberalization Index è stata interrotta nel 2012, anche a seguito dell’iniziativa di The European House – Ambrosetti e FSI che ha dimostrato alcune falle strutturali dell’Indice, in particolare la scelta di Key Performance Indicator (KPI) basati su survey qualitative fatte a un numero estremamente ristretto e non rappresentativo di soggetti supposti essere esperti (ma scelti arbitrariamente) del sistema ferroviario.
Negli ultimi anni la “febbre dei ranking” ha determinato una deriva dagli effetti potenzialmente pericolosi: la volontà di fare notizia, associata – talvolta – ad una strumentalizzazione ad hoc, può produrre circoli viziosi che si autoalimentano e che possono determinare seri impatti sull’economia reale e sulle scelte localizzative e di investimento.
Tale situazione si traduce nel breve periodo in una euforia (o pessimismo a seconda dei casi), con giudizi di natura essenzialmente reputazionale, non accompagnati da
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una approfondita attività di fact-checking dei dati e delle analisi effettuate dagli istituti di elaborazione degli indici.
Questo diventa particolarmente critico allorquando alcune decisioni strategiche – a partire da quelle di sviluppo pubblico – vengono supportate da indicazioni erronee come nei casi sopra richiamati. Il danno al sistema che ne deriva può infatti essere molto serio e con effetti anche di lunga durata.