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2.4 La risocializzazione del sé: la gestione di un’identità nuova

2.4.2 La rappresentazione sociale

Il fenomeno del transgenderismo, l’ambiguità sessuale e di genere, la possibilità di transitare da un sesso a un altro attraverso interventi medici e chirurgici da sempre affascinano e suscitano nelle persone emozioni forti di curiosità, disprezzo,

attrazione, disgusto, paura, divertimento e incredulità. Questi argomenti sono stati nel corso del tempo oggetto di numerosi miti, favole, storie, racconti che hanno alimentato e costruito un immaginario collettivo ben poco veritiero. Così come nel mondo scientifico c’è difficoltà a comprendere e definire determinati fenomeni sociali, allo stesso modo le rappresentazioni culturali e sociali del transgenderismo sono piene di confusioni concettuali, contraddizioni e semplificazioni che mal lo descrivono o ne trasmettono un’immagine distorta. Una percezione sociale grottesca e superficiale, basata esclusivamente su pregiudizi e stereotipi che semplificano la complessa esperienza transessuale riducendola a concetti di malattia, perversione o

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deviazione, viene alimentata dai media, in particolare la televisione.127 Pregiudizi e stereotipi sono storicamente determinati: i primi diventano strumenti di potere e controllo culturale, sociale e politico con conseguenze che sfociano nella legittimazione, sia nella sfera pubblica che privata dell’esercizio di violenza

psicologica e/o fisica di chi li subisce128; i secondi sono strumenti per raffigurare la realtà nei suoi tratti tipici in modo da renderla immediatamente riconoscibile, assolvendo ad una funzione ordinatrice della complessità del mondo e proponendo una fittizia semplicità del reale.129 Secondo il senso comune, parlare di persone trans significa riferirsi a MtF, in particolare con un’associazione automatica alla

prostituzione straniera. Questo viene confermato dalle parole degli intervistati:

Nel senso, magari ci mette la battutina, magari non con cattiveria, forse per

ignoranza o perché lo stereotipo di transessuale in genere è quella brasiliana che sta a Migliarino, se parliamo della Toscana…perché è così. […] Per cui scardinare tutto questo, cioè diciamo frantumarlo, ricostruirlo non è così facile. (Alessio) Magari tante volte, io sento anche alla televisione, per quello mi dispiace, tante volte il transessuale è quello che sta in mezzo alla strada che se lo paghi ti dà prestazioni sessuali. E non è quello, cioè, non è quello. (Bruno)

Gli FtM raramente sono contemplati e si ritiene che siano praticamente inesistenti, probabilmente per il fatto che sono fisicamente meno visibili rispetto agli MtF: questa invisibilità da una parte è positiva perché evita gran parte delle

stigmatizzazioni, dall’altra però non dà loro la possibilità di esprimersi e di

raccontarsi. Le variazioni di genere risultano caratterizzate da ambiguità e vengono percepite come delle perversioni a causa di una diffusa disinformazione sul tema e per un ottuso bisogno di razionalizzazione: tutte le sfumature identitarie per semplicità e convenzione vengono raccolte sotto l’etichetta “diversi”, producendo discriminazioni. Ciò che fa più male per gli intervistati è il fatto che spesso vengono giudicati negativamente senza un reale motivo e da persone che sono totalmente

127 Batini F., Santoni B., op.cit., p. 102-105.

128 Nicotra M., op.cit., in “Transessaulità e scienze sociali. Identità di genere nella postmodernità”.,

Liguori Editore, Napoli, 2008, p. 257.

129 Magaraggia S., Pantò L. A., Produzioni documentaristiche e transessualità: una storia recente, in

“Transessualità e scienze sociali. Identità di genere nella postmodernità”., Liguori Editore, Napoli, 2008, p. 315-318.

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ignoranti al riguardo. Chi punta il dito non s’interroga sul vissuto della persona, sulle sofferenze e le difficoltà e considera soltanto un aspetto del sé, che va

automaticamente a coincidere con l’interezza della persona stessa.

Perchè basterebbe che una persona...perchè non è che tutti devono accettare per forza. E' come anche il discorso dell'omosessualità, cioè, se non l'accetti ti fai la tua vita senza giudicare quella persona li. Se invece magari non l'accetti perchè c'hai la tua idea, magari informati e cerca di capire se la tua idea è giusta oppure no. E' quello. Se no, non andà a rompere le scatole alle persone e alla vita delle persone perchè non mi sembra insomma che diamo noia, che andiamo a casa della gente a bussà "oh io sto facendo un", non mi sembra, cioè! Nel senso...[…] Quindi fa parecchio rabbia perchè comunque le persone se si informassero un pò di più, insomma, prima di aprire la bocca e dargli aria sarebbe meglio, perchè insomma ti ripeto, c'è delle vite e dei percorsi sotto. Come in tutte le cose. Comunque una persona puoi capirla, ma non puoi capire la sofferenza che c'ha avuto nel percorso e insomma in tutto quello che ha passato. Non capisco perchè la gente deve sempre puntare il dito e avere questi...Poi fanno loro una figura, cioè se la costruiscono tutta loro senza magari stare nemmeno a sentire le persone che la vivono. (Carlo)

Il fatto di essere giudicati esclusivamente in base a stereotipi emerge dal racconto di un caso mediatico, in cui un’insegnante trans si denuda davanti alla classe di allievi: il gesto in sé e la sua gravità passano in secondo piano e viene data invece rilevanza all’etichetta data a chi lo ha compiuto. Immagini di persone con condotte

inappropriate si vanno così a diffondere nel pensiero comune che associa un gesto di una persona alla totalità della categoria.

Anche ora c'è stata una notizia di questa insegnante delle elementari transessuale che s'è, è rimasta in reggiseno così davanti i ragazzi, e non si sono posti la questione di chiunque sia la persona che lo fa, a prescindere, non va bene. No, hanno posto l'accento sul fatto che lei è trans! Di conseguenza è normale che faccia cose del genere, è una deviata, è una persona deviata, no? (Diego)

In particolare durante il trattamento ormonale, c’è una costante attenzione a come ci si pone nei confronti degli altri e all’immagine rimandata: i soggetti si concentrano su tutti i gesti della vita quotidiana a cui usualmente non si dà peso, per sembrare dei

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ragazzi come tutti gli altri. Questo processo viene chiamato passing e consiste nella capacità degli attori sociali di manipolare alcuni tratti di sé legati allo stigma, nella speranza di eliminarlo: in altre parole vengono studiati dei metodi pratici per essere considerati dei soggetti “normali”.130 Il giudizio degli altri non conta tanto perché si è

interessati al pensiero altrui, quanto per cercare di capire la percezione data

all’esterno: i feedback saranno ricevuti come preziosi spunti, sia in negativo che in positivo, per migliorarsi e raggiungere la “perfezione”.

E tante piccolezze no, che magari la gente…dall’aprire un semplice barattolo no? Io sto attento a quanto ci metto perché dico “ma si vedrà che ci sto mettendo tanto perché non ci riesco”, no? Invece tanta gente dice “ma apriamo ‘sto cavolo di barattolo”, e non ci pensa nemmeno. […] Diciamo che sto proprio attento a come mi vedono e come mi sento anch’io nel momento in cui mi faccio vedere dalla gente in quel determinato modo. Perché proprio io lo vedo che la gente non mi caca di striscio eh, quindi sono consapevole del fatto…ma io mentalmente voglio essere tra virgolette perfetto. (Bruno)

Per una persona trans quindi non solo è importante capire sè stesso ma anche trovare un modo di rappresentarsi che sia il più possibile ancorato al suo modo di percepirsi, senza dover tassativamente rientrare in canoni o termini che impoveriscono la sua essenza. Dire sono una/un trans non equivale a descrivere la propria identità in modo esauriente, bensì a mostrare solo una parte di sé. Questo purtroppo viene travisato e viene dato un rilievo spropositato a questo lato: l’aggettivo trans quindi non deve inglobare tutte le altre caratteristiche possedute dalla persona, né pretendere di descriverla nella sua interezza. In una società in cui impera un conformismo

dilagante, il/la trans è un elemento che turba (e quasi disturba) un ordine precostituito negli anni e considerato l’unico possibile: l’accettazione sociale tanto desiderata

risulta una meta lontana.131 Per superare la ghetto-tendenza che etichetta e produce infondate discriminazioni

dovrebbe essere seguita e, attuata a questo campo, quella che Giddens chiama “la politica dell’emancipazione” che è interessata a liberare individui e gruppi dai legami

130 Rinaldi C., op. cit., p. 261-262.

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che influenzano negativamente le loro possibilità di vita. 132 Questo implica lo sforzo di liberarsi dai vincoli del passato, che rende possibile così un comportamento innovatore nei confronti del futuro, e l’obiettivo di superare il dominio legittimo di alcuni su altri. L’obiettivo è quello di liberare i gruppi non privilegiati dalla loro condizione di infelicità: infatti è usuale che nel confronto con l’altro il soggetto trans, pur avendo raggiunto un benessere psicofisico attraverso la transizione, si percepisca come patologico o a disagio nei confronti di una

maggioranza che non accetta la diversità in tutte le sue sfaccettature. Giustizia, uguaglianza e partecipazione dovrebbero essere i valori a cui aspirare per vivere in una società migliore: mettere ai confini chi non si conforma, evitare di parlare di argomenti ancora “tabù”, diffondere idealtipi negativi, non fa altro che impoverire il tessuto societario.133 Infatti “i modi di amare, di dichiarare il genere, la modalità secondo la quale costruiamo relazioni, non vanno considerati secondo strutture rigide, dal punto di vista evolutivo e psicosessuale, ma sono il risultato di

un’interazione che è intrapsichica, interpersonale, sociale, culturale e, talvolta, anche “causale”.134