• Non ci sono risultati.

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

Ri d o l f i En r i c o. — V Arte in Lucca studiata nella sua

Cattedrale — Lucca, Canovetti, 1882. Un voi. in 8.° gr. di pag. 400. — Illustrato con silografie del Prof. Angelo A r -

dinghi.

Il disprezzo, al quale, dopo il risorgimento classico, si vol­

lero condannare le opere dell’ Arte m edio-evale, due danni recò alle medesime. Perchè, in primo luogo, moltissime ne vennero deturpate da meschini e presuntuosi rinnovamenti; e in secondo luogo si trascurò di coltivarne la storia, le me­

morie se ne dispersero, e vi si andarono raccogliendo d’ in­

torno le più monche e le più confuse tradizioni, quando non furono piuttosto assurde novelle.

Dell’ uno e dell’ altro danno si ebbe a risentire la bella Cattedrale lucchese; e , poniamo che quanto a materiali al­

terazioni non fosse delle più sfortunate, si può bene metter fra queste, per ciò che riguarda la sua storia. Una lapide, tuttavia conservata nell’ atrio di quella chiesa, dove dichiarasi costruita sotto ii pontificato di Alessandro I I , dal 1060 al I0 7 ° , parve testimonio sufficiente per arrestarsi a questa data; nonostante che la discordanza di stile fra alcune delle sue parti faccia supporre diverse riprese nella sua costruzione;

e segnatamente poi il complesso bellissimo e perfettamente armonico della veduta interna sia tale, che si deva tutto necessariamente riferire alla età passata fra Giovanni Pisano e i Fiorentini quattrocentisti ; nè ciò soltanto per il carat­

tere generale dell’ opera, ma anche per le manifeste remi­

niscenze del Camposanto di Pisa, del Duomo di Siena, della Loggia d’ Or San Michele, di quella dei Lanzi, e d’ altre stu­

pende fabbriche di quel tempo.

Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012

A vincere il pregiudizio non bastò, che un acuto ingegno lucchese del secolo passato, Carlo Giuliani, lasciasse scritto senz ambagi : « il nostro S. Martino tal quale oggi si vede..., non essere il S. Martino del 1070 » , perchè i più segui­

tarono a fondarsi sulla testimonianza della lapide , senza so­

spettar nè p u re , che questa, la quale è scritta in caratteri del secolo X III, accennasse ad una fabbrica più antica, e fosse conservata in quel luogo, insieme con altre che vi si leggono, soltanto per servire alla storia del monumento. Ciò nonostante dopo il risveglio degli studi d’ erudizione, non è mancato chi tentasse d’ illustrare storicamente la Cattedrale · lucchese; e i tentativi non sono stati al tutto infecondi. Fra gli altri merita ricordanza speciale il prof. Michele Ridolfi , gentil pittore, e valente, quanto modesto e simpatico , scrit­

tore di cose artistiche, i cui Scritti d’ arte e d’ antichità sono conosciuti per la edizione fattane dai successori Lemonnier nel 1879. Ma il lavoro meglio fondato e più completo in­

torno alla intricata questione è quello , che abbiamo annun­

ziato qui in fronte, e che è dovuto al prof. Enrico Ridolfi , figliuolo dell’ anzidetto.

La prima memoria che egli ritrova della chiesa lucchese di S. Martino è in una carta del 725 ; ma una più vecchia tradizione, attestata da un antichissimo Passionarlo della stessa Cattedrale, la fa risalire ai tempi del santo vescovo Frediano, che tenne la cattedra lucchese dal 560 al 588. Questo me­

desimo documento ci fa sapere, come fin dal secolo V i l i fosse ricca e bella secondo i tempi; nè il Ridolfi va proba­

bilmente lontano dal vero, congetturando, che fosse « di forma basilicale, con archi volti sopra colonne, tolte a edi­

lìzi gen tili, così essendo tutte le chiese nostre più an­

tiche ». La posizione poi del Campanile, in parte ancora conservato, lo induce a credere che la facciata di quella

« fosse a un di presso dov’ è la presente »; a tal che la

ri-G iorn. Lig u s t ic o. Anto X . 7

GIORNALE LIGUSTICO 97

costruzione e ingrandimento dei tempi di Alessandro I I , a cui accenna l’ antica iscrizione, dovette estendersi « dal lato del coro », e consistere molto verisimilmente « nell’ ag­

giunta della crociera ».

Nel 119 6 davasi poi mano a ricostruire il portico, che ebbe per certo anche prima , e a decorar la facciata con diversi ordini di loggette, conforme al modo già adottato nelle chiese di P isa , colle quali le lucchesi in genere hanno molta somiglianza, e formano un medesimo stile, che giustamente si può chiamar pisano-lucchese. « Stile però, che sebbene fornito di carattere proprio, non lascia a parer n o stro , ove più ove m eno, di manifestarsi pur sempre come un ramo del lombardo , e con appariscenza anche maggiore in Lucca che in Pisa. Ai materiali antichi, di cui le due città erano ricche , per averli meglio delle altre conservati, devesi forse per la maggior parte la fedeltà alle forme dell architettura latina , ed in conseguenza quello stile , che commisto di vecchi e di nuovi elementi si formò in esse, e caratterizza le loro fabbriche ».

La esuberanza e la maniera di ornamentazione , che scor- gesi in questa facciata, parve al Rohault de F le u ry , come prima di lui avevano opinato anche il Ciampi e il Cordero di San Quintino, che segnasse un periodo di decadenza nel buon vecchio stile pisano ; e di tale decadenza ne fecero iniziatore quel Maestro Guidetto, che di quest’ opera è rico­

nosciuto autore, per avervi lasciato scritto il suo nome con la data dei 12 0 4 , ed a cui si attribuisce fondatamente ancor la facciata dell’ altra chiesa lucchese di S. Michele, a cagione di una tradizione costante e della piena somiglianza di stile.

Ma il Ridolfi, per alcune sue congetture non trascurabili, che gli fanno suppor Comasco d’ origine il nostro Guidetto, e pei altre ragioni che in seguito si vedranno m eglio, rav­

visa piuttosto in lui « 1’ artista lombardo, che nelle due

fac-GIO RNALE LIGUSTICO

Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012

GIORNALE LIGUSTICO 99

date di S. Martino e di S. Michele di Lucca tenta Γ unione di due maniere di architettura; e senza distaccarsi nel com­

plesso dalla foggia pisana, introduce in essa forme ed orna­

mentazione della propria scuola ».

E di Lombardia, e specialmente da Como, trasse certamente Lucca più d’ uno degli artefici che diressero le sue fabbriche, e molto vi operarono nel X III secolo, e nella prima metà del X I V . Da Como era infatti quel Maestro Gianni, che si trova Operaio della Cattedrale dal 1274 al 1292, e quel Cat­

tano M artin i, detto il Biscione, che nel 1348 faceva testa­

mento , lasciando dei legati alla stessa Chiesa, e condonan­

dole quanto ne avanzava di sue mercedi. Ed anche in tempi posteriori seguitò a sussistere in Lucca la Università dei mu­

ratori lombardi, e se ne trova memoria nel 1520.

Durante questo intervallo si eseguirono alcuni lavori at­

torno alla nostra Cattedrale, ed altri ne furono incominciati, che poi non si poterono condurre a fine. Alla decora­

zione dell’ atrio si pose mano nel 12 3 3 ; e lo stile ricco e severo, onde fu condotta, non che il trovarvisi due bassiri- lievi di mano di Nicola da Pisa, farebbe pensare, che a lui piuttosto che ad altri ne sia dovuto il disegno. Nel 1308 poi s’ intraprendeva a ingrandire la Crociera, e ad allungare la chiesa colla costruzione di tre nuove tribune, che nei docu­

menti lucchesi trovansi andantemente chiamate trefune 0 trefunì;

e questo lavoro pare che fosse motivato da intendimenti estetici, più che dal bisogno di acquistare maggiore spazio, perchè non vi si richiesero che quattordici braccia di terreno, che vennero concedute dal vescovo Enrico, de nostris, come egli si esprim e, et Episcopatus Lucani domibus aique claustris.

Ivi pure è detto che il terreno conceduto giaceva post tre- funes diete ecclesie S. Martini, ab uno angulo dictarum irefunium usque ad aliu d ; lo che prova che la chiesa aveva già anche prima, non una tribuna so la, ma tre : e che le nuove da

100 GIO RN ALE LIGU STICO

costruirsi dovevano sorgere in capo alle tre navate, come le antiche. È certo del pari che in questa occasione si ebbe in animo di riformare tutta Γ architettura interna del monu­

mento , trovandosi fatta menzione, come di cosa nuova , di colonne a spigoli, o tnurelle, ciò è e dire pilastri a pianta ret­

tangolare; dal che pare a bastanza confermato, che prima d’ allora gli archi fossero voltati sopra colonne , come con­

getturava il Ridolfi.

I lavori procedettero a stento per lungo tempo ; nè ciò deve far maraviglia a chi si ricord i, che i primi settanta anni del trecento, meno lo splendido ma breve periodo del Ducato di Castruccio, furono per Lucca tempi di gravi e continue calamità. Il 132 0 la tribuna maggiore era appena condotta all’ altezza delle finestre; e ventotto anni dopo si facevano ancora dei lasciti prò laborerio diete ecclesie in trefunibus novis inceptis et finiendis.

Non è da tacersi come nella parte tergale di questa por­

zione della fabbrica ritornasse a comparire « lo stile del Duomo pisano nella sua semplicità » ; la qual cosa con­

ferm a, che le innovazioni di Guidetto rimasero un fatto iso­

lato , e non ebbero quel valore generale, o per lo meno assai esteso, che piacque di attribuir loro ai dotti critici altrove nominati. A ll’ interno poi si scorge tuttora essersi proceduto con maggiori « incertezze » , cosi che in tutto sono « le parti innalzate allora quelle meno felici nell’ interno della nostra chiesa ». V i è pertanto cagione di rallegrarsi perchè non avesse esecuzione il disegno, che erasi scelto per rinno­

varla. « Se con quel disegno si fosse proseguita la costru­

zione, 1 interno del Duomo sarebbe stato ad archi acuti, giranti su pilastri rettangolari muniti di meschina cornice, od im posta, in luogo di capitelli ; e la superiore galleria con basse arcate binate di tutto sesto, divise da pilastrelli pure rettangolari, ed ornate di semplice traforo, con una

Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012

GIORNALE LIGUSTICO Ι Ο Ι

sola colonnina senza base, che ne bipartisce la luce. A l di so p ra, a molta altezza , una finestra circolare; e terminato in volte Γ edifizio (il che ora si cominciava a far quasi ge­

neralmente negli edifizi sacri), ma forse sostenute sempli­

cemente da peducci, come appunto quelle delle due cap­

pelle laterali alla maggiore ».

Ma due anni appena dopo che Lucca ebbe riacquistata la sua libertà, già si pensava dal Comune a dar nuovo impulso ai lavori della Cattedrale; ed a questo effetto si deputavano tre cittadini, fra i quali Francesco Guinigi, uomo principalissimo dei suoi tem pi, « che fu per le benemerenze sue vero padre della patria ». Ora essendo nato dubbio in quei tre « Coo­

perari » sulla stabilità dei lavori ultimamente eseguiti, e sulla opportunità di seguitarli col medesimo sistema, costoro proponevano, e il Consiglio Generale della Repubblica ap­

provava, di chiamar da ogni parte della Toscana « maestri di legname e di pietre dei più industriosi, fam osi, perspi­

caci ed esperti » per aver con loro consiglio sopra il da farsi. N on si è potuto disgraziatamente rintracciare, nè i nomi degli artefici così consultati, nè il tenore intero e ori­

ginale delle loro proposte. Tanto però ce ne fa sapere, quanto basta, un importantissimo documento rinvenuto ora e messo per la prima volta in luce dal Ridolfi; che è un deliberato del Consiglio generale, in data del 23 giugno 1 3 7 2 , sopra una relazione che avevano presentata i Cooperari, dopo avuta consultazione cogli artisti convocati. Ivi è detto : quoi per excellentiorem et saniorem partem ipsorum magistrorum, et plu- rium aliarum personarum expertarum in edificiis, laudatur et aprobatur, pro salubriori consilio et remedio in predictis, quod due prime columne ad spigulos constructe in dicta Ecclesia , que sunt prope trefunes dicte Ecclesie, destrui debeant usque ad pavi­

mentum . . . . Et quod in dicto loco debeant refici alie due co­

lumne ad octo angulos, que sint per diametrum duo brachia et

102 GIO RN ALE LIGU STICO

tres de octo partibus alterius brachii, vel circa, tunc basis et capitellis, sequentibus laborerium desuper et desuptus, per modum pulcrum et decentem . . . . E t sic faciendo, totum laborerium se­

cure fie ri, prosequi et- compleri potest in voltis, secundum consilia magistrorum.

I nuovi piloni, che ora si proponevano a maggiore stabi­

lità ed ornamento del tempio, son quei medesimi che vi si vedono ancora ai nostri giorni; e corrispondono alla descri­

zione fattane dal citato documento , sia quanto alle m isure, sia quanto alla sezione ottangolare, sia quanto a continuarsi nella base e nel capitello la stess.i configurazione a fascio , che ha il vivo del pilastro : sequentes laborerium desuper et de- subtus. Siccome poi coi piloni si collegano per disegno , e per costruzione, le volte, le gallerie, e quanto costituisce la decorazione di quell’ interno, così convien dire che gli arte­

fici chiamati a dar consiglio, o alcuno di loro con l’ intesa di tutti, formassero un progetto completo e particolareg­

giato di tutto il lavoro, quale oggi si vede eseguito con sì mirabile accordo ed armonia. E se ci duole di non poter sa­

pere a chi « rivolgere la nostra ammirazione pel fornito di­

segno » ; speriamo che l’ aver potuto determinare « il pre­

ciso tempo dell’ opera » ponga altri in grado di riescire più fortunato nelle indagini ; ed intanto ne sapremo grado a quell’ arte toscana del secolo decimoquarto, che produsse tante insigni e splendide fabbriche ».

Rischiarato in tal modo questo momento storico, che è il più importante nella esistenza della Cattedrale di S. Martino, le oscurità e le incoerenze della vecchia tradizione spariscono;

e da qui in poi le notizie relative alla storia dell’ arte, tanto municipale quanto nazionale, s’ incontrano sempre più ab­

bondanti e più compite. La decorazione dei fianchi, e mas­

sime di quello più ricco a tramontana; le successive al­

terazioni di alcune parti, per fortuna, non delle principali ;

Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012

GIORNALE LIGUSTICO x ° 3

il totale sovvertimento minacciato al bello edifizio da un pazzo progetto dell’ Ing. Muzio Oddi Urbinate, che restò felicemente senza esecuzione ; i risarcimenti fatti ad alcune altre parti pericolanti compiscono la storia della fabbrica, che è la prima parte del libro. Segue la descrizione dell’ Archi­

tettura e delle sculture esterne; poi di quelle interne ; e succes­

sivamente delle pitture, vetrate, oreficerie, opere d’ intaglio e di tarsia, e libri miniati. E in ognuno di questi rami si trovano artisti delle diverse parti d’ Italia; nè vi mancano indicazioni di nomi nuovi da potersi aggiungere alla storia dell’ Arte, o notizie inedite intorno ad artisti celebrati, come Iacopo dalla Fonte e Pietro Perugino. Intorno a Matteo C iv ita li, del quale i contemporanei nulla ci lasciarono scritto, poco e non bene il Vasari, e soltanto i moderni (fra i quali con lode singolare vanno ricordati il P. Marchese, il Milanesi, il Varni e il Neri) rinfrescarono con amoroso studio la mem oria, si ha qui in appendice una'monografia, ricca di nuovi fatti e di nuovi documenti, dopo la quale poco resta da desiderare per aver compita la storia del grande scultore. Terminano il libro P originale Informazione dell’ Oddi intorno ai pretesi ab­

bellimenti della Cattedrale lucchese, che ci farebbe rider di cuore, se non si facesse rabbrividire il pericolo corso di ve­

derla per sempre sciupata; e un abbondante Indice alfabetico, giovevolissimo per chi voglia ricorrere a quest’ opera, e le occasioni non saranno poche, per attingervi notizie che facil­

mente non si troverebbero altrove. A. Be r t a c c h i.

VARIETÀ

L a f a m i g l i a Gr i l l o e l a Re p u b b l i c a d i L u c c a.

Giovanni-Antonio Pelligotti, morto verso il 1780, lasciò manoscritti gl Annali di Lucca dall' origine della città a tutto il 1772. Quest’ opera non ha mai veduto la lu ce , ed una

G IO RN A LE LIGUSTICO

copia se ne conserva nella Libreria del R. Archivio di Stato in Lucca. È da essa (Part. II, toni. I l i , pag. 295-296) che trascrivo il seguente aneddoto.

« Nel mese di Luglio dell’ anno 1709 era stato mandato alla Repubblica di Lucca un foglio stampato , concernente il Fedecommesso ordinato da D. Marcantonio G rillo , ge­

novese Grande di Spagna, colla sostituzione, in caso della mancanza della famiglia G r illo , di uno de’ Senatori del nuovo Consiglio di Genova, d’ uno del Consiglio di Lucca, e d’ uno degli anziani di Bologna, con dimostrarsi nel medesimo foglio tanto le note del testamento di detto te­

statore, che di altri registri ; onde verso il fine del mese di luglio di quest’ anno 1756 , essendo passato all’ altra vita nella città di Cento Domenico Grillo Duca di Gui- gliano, di Monterotondo e di altri Stati ( 1 ) , in età di 80 an n i, senza figli f si lusingò ciascheduno che si avesse in breve a dare esecuzione all’ estrazione a sorte del cittadino da essere sostituito alla terza parte della di lui pingue ere­

dità, come era stato disposto, ascendente a 75 mila scudi d annua rendita. Ma essendosi scoperti alcuni, ai quali per ragione del medesimo testamento competeva loro quella eredità, restò defraudata l’ aspettazione d’ ognuno, e ripor­

tata ad altro tempo la ferma speranza, che si era concepita vivissima. In occasione poi della morte di detto Domenico Grillo usci fuori il seguente capriccioso sonetto; e si è stimato proprio di trascriverlo per fare vedere alla curiosità del lettore , quanto bisbettico fosse il suo umore e strava­

gante il di lui naturale :

« Giunta del G rillo 1’ anima ostinata

» A varcar la trist’ acqua d’ Acheronte,

» N ell’ udir comandarsi da Caronte,

» C h ’ entrasse nella barca affumicata,

(1) A ssai noto per le sue bizzarrie, onde era detto il matto Grillo.

Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012

» \ o ls e lo sguardo, e con severa occhiata

» D is s e , increspando la severa fronte :

» Non vo’ p assar, se tu non m’ ergi un ponte ;

» Son Duca, se noi sai, bestia malnata.

» A llo r Caronte con acerbo viso,

» Voleva dargli del remo in su la testa.

» L o impedi Giove, e poi si mosse a riso.

» Credendo il Duca un’ altra ingiuria questa,

» A Giove, che ’ l chiamava in Paradiso,

» D isse : non vo’ venir, ho altro in testa ».

Fin qui il Pelligotti. Nella chiesa di S. Maria de’ Servi in Lucca, nel braccio della croce, si vede un grandioso mausoleo che Luca G rillo , nobile genovese, eresse a Giano, suo padre.

A giudizio del prof. Enrico Ridolfi (Guida di Lucca, pag. 86)

« è lavoro della metà circa del secolo X V I, e ritrae lo stile

» del tempo, pregevole in varie parti, in altre già tendente

» al barocco ( i ) ». Non se ne conosce l’ autore.

G. Sf o r z a.

GIORNALE LIGUSTICO I O J

N i c o l ò Ma c h i a v e l l i a Ge n o v a.

Non era nota questa venuta del Machiavelli nella nostra città, dove si recò sul cadere di Marzo del 15 18 , per « trattare gli afiari d’ alcuni mercanti fiorentini, i quali dovevano ri­

scuotere parecchie migliaia di scudi »; l'ebbe a rilevare il Villari, mercè la scoperta di un documento, che crediamo utile qui riferire (2).

(1) V i è la seguente iscrizione: D . O . M . I a n o G r i l l o g e n u e n s i p a - t r i t i o , p a t r i o p t i m o a c b . m. L u c a s f . p . — Qui l e g i s a n c e n s e s Ia n u m p e r i i s e B i f r o n t e m — Qui v e n t u r a y i d e t l a p s a q u e n o n m o ­ r i t u r .

2) V i l l a r i , N . Machiavelli e i suoi tempi, III, 43, 397.

i o 6 GIORNALE LIGUSTICO

A nome di Dio, addì viii d’ aprile 151 8.

Carissimo. Abiamo ricievuto dua vostre de’ dì 26 e 30 passato. Apresso, al bisogno.

Per una, inteso alla· giunta vostra de lo brieve dello pon­

tefice, e altre lettere presentasti allo signore ghovernatore per li chasi di Davit Lom elino, e le grate hoferte vi fecie. Le qu ali, tuto racholto, possono fare pocho bene per avere esso Davitte salvocondotto da esso ghovernatore , con tempo di giorni 3 alla disdetta, e non avere esso Davitte beni. Sia con Dio. Di più s’ è inteso dello essere suto a parlamento con esso Davitte e con Iacopo Cienturioni suo cogniato, e non si dubita punto abiate inanellato di dire quello era di biso- gnio a tale chauxa; e non avrei possuto chavare altra chon- chruxione, se non che Davitte e Iacopo detto vi avevono dato uno partito di volere paghare il tutto 111 tanta robbia a a fiorini cinque di grossi il cento, posto qui a tute sua spese:

con questo patto che chi à ’ vere ducati cento ricieva in 4 anni per °/4 per ducati, ec. ; e sechondo ricievessi la robia, li chreditori dare panni gharbi o di Samartino, o chi non avessi panni, tafettà, per quello pregio vagliono per tenpo 1’ anno. ( 1 ) Q uesto, a chi non intendessi·più holtre, sarebbe uno paghamento di sogni e da fare molte cofuxioni. Pertanto noi proquratori tutti d’ achordo questo modo per nulla aciep- tiamo ; e , nonostante conosciamo e’ sia con ghrave danno delli chreditori, siano contenti che, volendo esso Davitte

(1) S i propone cioè di pagare in quattro anni, un quarto per anno, e

(1) S i propone cioè di pagare in quattro anni, un quarto per anno, e

Documenti correlati