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Rassegna dei modelli di analisi lineare per FPSEs

3 Rassegna dei modelli di analisi lineare per FPSEs

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Questi metodi sono stati classificati in 3 categorie a seconda del loro livello di accoppiamento fra i due aspetti fondamentali dei motori Stirling, quello dinamico e quello termodinamico:

Metodi in cui dinamica e termodinamica sono disaccoppiate, che non danno risultati accurati, specialmente per motori Free-Piston, in quanto in essi le forze di pressione sono considerate una forzante esterna del moto dei pistoni, che influenza la dinamica, ma non ne viene influenzata a sua volta.

Metodi in cui c’è un accoppiamento parziale tra dinamica e termodinamica, che sono cronologicamente i primi a essere stati sviluppati, anche se i risultati ottenuti non sono stati soddisfacenti.

Metodi con dinamica e termodinamica accoppiate, che risultano i più corretti per analizzare i FPSE, nei quali l’influenza reciproca è molto importante.

Per quanto detto, l’ultimo tipo risulta quello più adatto nell’analisi che interessa questo lavoro di tesi, ed è pertanto quello su cui si concentrerà questa breve rassegna dei vari modelli presentati fino ad oggi e dei loro risultati. Quanto riportato di seguito è preso dall’esauriente trattazione del Prof. Filippo de Monte [4], il cui lavoro, per quanto non recentissimo (1993), resta comunque il più valido riferimento attuale sull’argomento.

3.1

Schema generico dei modelli LDA

Lo scopo finale dei modelli di analisi lineare dei motori Free-Piston è solitamente quello di predire la dinamica dei pistoni, in modo da poter estrarre dal modello le grandezze variabili del motore (vedi paragrafo 2.1.5), e quindi le sue prestazioni e caratteristiche di funzionamento. In quest’ottica, facendo riferimento ad uno schema costruttivo come quello illustrato in Fig. 3.1, tutti i modelli di questo tipo si riducono a scrivere l’equazione del moto dei due pistoni secondo il sistema

( )t

+ + =

M xɺɺ C xɺ K x F (3.1)

dove M è la matrice delle masse dei pistoni, C è la matrice degli smorzamenti e K è la matrice delle rigidezze. Smorzamenti e rigidezze sono quelli esterni al comportamento del fluido di lavoro, si tratta quindi per esempio delle costanti elastiche di eventuali molle meccaniche, oppure di smorzamenti dovuti all’attrito viscoso sviluppato dai pistoni nelle loro sedi.

Il vettore forzante F (t) è composto da un termine dovuto al fluido di lavoro e da uno dovuto al sistema di carico, cioè

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( )t = w( )t + l d_l( )t

F F F (3.2)

con il suffisso ld_l che sta per load device-load, come vedremo nel capitolo successivo, ed indica il sottosistema composto dal dispositivo di carico e dal carico stesso. A sua volta, anche il termine Fw( )t può essere separato in due componenti, per rappresentarlo in funzione di xe

:

( )

w t = − ww

F C xɺ K x (3.3)

introducendo così le matrici di rigidezza (Kw) e smorzamento (Cw) relative al circuito di lavoro.

Proprio in base al modo di trattare il vettore Fw( )t si dividono i metodi LDA ( vedi [4] ), e per

quanto detto sopra, relativamente al tipo di modello considerato ai fini di questa tesi, in seguito si considerano solo i modelli che portano a equazioni del moto nella forma

( w) ( w) ld_l( )t

+ + + + =

M xɺɺ C C xɺ K K x F (3.4)

3.2

Berchowitz e Wyatt-Mair, 1969

Arrivano a equazioni del moto nella forma della (3.4) sviluppando in serie di Mc Laurin la pressione dello spazio di lavoro, dello spazio di rimbalzo e della molla gassosa, e rascurando poi i termini non lineari delle espressioni ottenute, funzioni degli spostamenti di pistone e displacer.

Il calcolo successivo si basa poi sull’assunzione che i pistoni seguano moti sinusoidali, e sostituendo espressioni del genere nelle equazioni del moto, si ottengono relazioni algebriche per calcolare la frequenza operativa ( f ) e il ritardo di fase del pistone rispetto al displacer (φ). Un confronto con i dati sperimentali su alcuni motori FPSE/LA ha evidenziato le buone potenzialità del modello, che presenta tuttavia molte ipotesi semplificative. Tra le più importanti, oltre l’aver assunto a priori il tipo di moto dei pistoni, si evidenziano:

• Spazi di compressione e espansione isotermici

• Perdita di pressione nulla negli scambiatori e nel rigeneratore

• Pressione pB dello spazio di rimbalzo costante.

• Comportamento adiabatico della molla gassosa.

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3.3

Urieli-Berchowitz, 1984

Si tratta di un miglioramento della’analisi precedente, presentato per esteso in [5] , nel quale compare anche la caduta di pressione nel canale rigenerativo, anche se in modo non intrinseco. Poiché ∆pw è una funzione quadratica della velocità degli elementi mobili, essa

viene linea rizzata, ma invece di trascurare semplicemente il termine non lineare, si utilizza una linearizzazione equivalente basata sulla dissipazione di energia in un quarto di ciclo. Dopodiché si assume che la pressione in camera di espansione e di compressione sia rispettivamente:

e w w c w

p = p + ∆p p = p (3.5)

dove pw è la pressione del fluido di lavoro, calcolata senza la perdita di pressione. Anche la molla gassosa, per quanto considerata ancora adiabatica, viene arricchita dei fenomeni di isteresi non lineari che la caratterizzano, tramite una forza dissipativa viscosa. Questo sistema di “depurazione” delle pressioni dai fenomeni dissipativi viene applicata anche alla camera di rimbalzo, dove la pressione non è più assunta costante. Tramite queste aggiunte, e assumendo leggi del moto dei pistoni in forma complessa, oltre alle espressioni relative a f e a φ, se ne ottiene una anche per r (rapporto di corsa fra i pistoni). Inoltre si raggiunge il cosiddetto vincolo geometrico, una condizione di compatibilità fisica ch lega la frequenza ai coefficienti di rigidezza e smorzamento delle matrici.

Se invece si assumono leggi del moto sinusoidali, si ottengono espressioni algebriche per la potenza utile e per quella dissipata dal motore. I risultati del modello vengono poi confrontati con quelli relativi alle prove su motori esistenti, fra i quali il RE-1000 della Sunpower.

La conclusione del modello riguarda le condizioni di stabilità dei sistemi FPSE/LD-L, e comprende le seguenti affermazioni:

 Si intende per macchina lineare una collegata ad un carico che sia lineare, quindi proporzionale ala prima potenza della velocità di spostamento del pistone di potenza

 Si intende per configurazione di equilibrio una situazione caratterizzata da oscillazioni stazionarie

La macchina lineare presenta una sola configurazione di equilibrio, che risulta instabile, e che quindi viene pregiudicata dalla minima variazione di una grandezze di controllo (par. 2.1.5) per far arrestare la macchina o far divergere le oscillazioni.

Ciò significa che una macchina rigorosamente lineare non è in grado di lavorare nella realtà, perché dinamicamente instabile. In realtà, come affermato dallo stesso de Monte [4] ,

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