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La divergenza tra le due posizioni di cui si discuteva poc’anzi non è passata inosservata. Dapprima, in dottrina67 si è preso spunto dalla citata sentenza Glo-

bal Starnet, immediatamente successiva alla sentenza n. 269, per evidenziare

correttamente che dalla giurisprudenza della Corte di giustizia risulta che la posizione assunta da una Corte costituzionale in merito alla compatibilità di una legge con i parametri costituzionali interni non sia preclusiva di una suc- cessiva valutazione della medesima legge, svolta dal giudice nazionale con il conforto della Corte di giustizia, questa volta rispetto al (solo all’apparenza coincidente) parametro europeo costituito dalla Carta. Questa conclusione trova giustificazione nella necessità di garantire l’autonomia dell’ordinamento dell’Unione, che potrebbe fornire ad un “medesimo” diritto una lettura e quindi una portata applicativa diversa da quella interna (nella fattispecie por- tata all’attenzione della Corte, si trattava del diritto alla libertà di impresa, di cui all’art. 16 della Carta, e del principio del legittimo affidamento). La Corte di giustizia ha quindi avvertito che “l’efficacia del diritto dell’Unione rischie- rebbe di essere compromessa e l’effetto utile dell’articolo 267 TFUE risulte- rebbe sminuito se, a motivo dell’esistenza di un procedimento di controllo di

67 A. RUGGERI, Ancora in tema di congiunte violazioni della Costituzione e del diritto dell’Unione, dal punto di vista della Corte di giustizia (Prima Sez., 20 dicembre 2017, Global Starnet), in Diritti com- parati, 9 gennaio 2018.

costituzionalità, al giudice nazionale fosse impedito di sottoporre questioni pregiudiziali alla Corte e di dare immediatamente al diritto dell’Unione un’ap- plicazione conforme alla decisione o alla giurisprudenza della Corte” (punto 23) per cui “il fatto che la Corte costituzionale italiana si sia pronunciata sulla conformità delle disposizioni del diritto nazionale, costituenti anche l’oggetto della seconda questione pregiudiziale, alle disposizioni della Costituzione ita- liana che il giudice del rinvio considera, in sostanza, come le norme di riferi- mento corrispondenti e identiche agli articoli 26, 49, 56 e 63 TFUE e all’arti- colo 16 della Carta dei diritti fondamentali, non ha alcuna incidenza sull’ob- bligo, previsto dall’articolo 267 TFUE, di sottoporre alla Corte eventuali que- stioni riguardanti l’interpretazione del diritto dell’Unione” (punto 25).

Successivamente, l’ultimo (per ora) tassello di questo complesso mosaico è fornito dall’ordinanza n. 3831 del 201868, Bolognesi, con la quale la Corte di Cassazione, II sez. civ., ha posto alla Corte costituzionale il problema di chia- rire, in una complessa fattispecie relativa all’impugnazione di sanzioni ammi- nistrative inflitte dalla Consob per violazione delle regole codificate nel d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di interme- diazione finanziaria), se le scelte operate del legislatore italiano nella configu- razione della risposta sanzionatoria siano conformi ai parametri di tutela dei diritti fondamentali in tema di divieto di auto-incriminazione, di proporziona- lità delle pene e di tutela del diritto di proprietà. Più precisamente, le norme invocate nell’ordinanza sono contenute sia nella Costituzione (artt. 3, 24 e 42 Cost., nonché art. 117 con riferimento ai parametri interposti costituiti dall’art. 6 CEDU e dall’art. 14, comma 3, lett. g), del Patto internazionale sui diritti civili e politici), sia nella Carta (artt. 17, 47 e 49, come parametri interposti relativi agli artt. 11 e 117 Cost.), peraltro coinvolta d’ufficio dal Collegio.

In particolare, quanto al diritto fondamentale di difesa, la Cassazione pone la questione della compatibilità dell’obbligo, ricavabile dal TUIF,69 per l’incol- pato di cooperare all’attività di vigilanza della Consob, eventualmente for- nendo informazioni capaci di fondare la propria responsabilità, con il principio

nemo tenetur se detegere, ricavato sia dall’art. 24 della Costituzione, sia dall’art.

68 Per i primi commenti v. A.RUGGERI, Una prima, cauta ed interlocutoria risposta della Cassazione a Corte cost. n. 269/ 2017 (a prima lettura di Cass., II sez. civ., 16 febbraio 2018, n. 3831, Bolognesi c. Consob), in consultaonline.it, Rivista, Studi 2018/I, 82; D.TEGA, Il seguito in Cassazione della pronun- cia della Corte costituzionale n. 269 del 2017: prove pratiche di applicazione, in questionegiustizia.it, 12 marzo 2018; V. PICCONE, A prima lettura della sentenza della Corte di cassazione n. 4223 del 21 feb- braio 2018. L’interpretazione conforme come strumento di “sutura” post Corte costituzionale n. 269/2017, in diritticomparati.it, 16 marzo 2018.

69 Il dovere di collaborazione viene ricavato dal testo dell’art. 187 quinquiesdecies TUIF, nella parte in cui richiede a chiunque di ottemperare alle richieste della Consob e a non ritardarne le attività, a pena di sanzioni pecuniarie di entità tali da configurare una “pena” nel senso precisato dalla sentenza della CtEDU nel caso Engel.

47 della Carta, disposizione a cui riconosce diretta efficacia70. La seconda que- stione coinvolge invece l’articolo 187 sexies TUIR, nella parte in cui assoggetta a confisca per equivalente in caso di abuso di informazioni privilegiate non soltanto il profitto dell’illecito ma anche i mezzi impiegati per commetterlo (ossia l’intero prodotto dell’illecito), in relazione agli artt. 3, 42 e 117 Cost., quest’ultimo con riferimento all’art. 1 del Primo protocollo della CEDU, ed agli artt. 11 e 117, con riferimento agli art. 17 (diritto di proprietà) e 49 (prin- cipio di proporzionalità delle pene) della Carta.

La Cassazione imposta la sua richiesta seguendo la traccia dettata dalla sen- tenza n. 269: individuato per entrambe le questioni sollevate un caso di “dop- pia pregiudizialità”, trattandosi di asserito contrasto che potrebbe coinvolgere sia i parametri costituzionali, sia quelli europei e quindi potenzialmente sia la Corte di giustizia, sia la Corte costituzionale, privilegia in prima battuta l’inci- dente di costituzionalità. Si rivolge quindi alla Corte costituzionale, chiedendo di valutare la questione alla luce di entrambi i parametri71. Ciò detto, sempre

nel solco della recente pronuncia del giudice delle leggi, la Cassazione pone il problema di chiarire la portata dell’espressione, contenuta nella sentenza n. 269 e prima ricordata, per cui lo spazio residuo a disposizione del giudice na- zionale di disapplicare (eventualmente a seguito di un intervento della Corte di giustizia) le regole nazionali a seguito di una valutazione di infondatezza della qlc, possa riemergere soltanto per altri profili di contrasto con il diritto dell’Unione, ovvero possa coinvolgere i medesimi profili già oggetto di deliba- zione dalla Consulta, ma con risultati eventualmente non corrispondenti.

Trattandosi di fattispecie che, per i motivi ben illustrati dalla Cassazione, senz’altro rientra nel campo di applicazione della Carta ai sensi dell’art. 51, ma

70 Cfr. il par. 11.3.6.7 dell’ordinanza.

71 Questo il testo delle due questioni di legittimità costituzionale rivolte alla Corte cost. nell’ordi- nanza: “La Corte, visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87:

- dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 187 quinquiesdecies T.U.F., nel testo originariamente introdotto dall’articolo 9, comma 2, lett. b), della legge 18 aprile 2005 n. 62 - nella parte in cui detto articolo sanziona la condotta consistente nel non ottemperare tempestivamente alle richieste della CONSOB o nel ritardare l'eser- cizio delle sue funzioni anche nei confronti di colui al quale la medesima CONSOB, nell’esercizio delle sue funzioni di vigilanza, contesti un abuso di informazioni privilegiate – in relazione agli articoli 24, 111 e 117 Cost., quest’ultimo con riferimento all’articolo 6 CEDU e con riferimento all’art. 14, comma 3, lett. g), del Patto internazionale sui diritti civili e politici adottato a New York il 16 dicembre 1966, reso esecutivo in Italia con la legge 25 ottobre 1977, n. 881, nonché in relazione agli articoli 11 e 117 Cost., con riferimento all’articolo 47 CDFUE;

- dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 187 sexies T.U.F., introdotto dall’articolo 9, comma 2, lett. a), della legge 18 aprile 2005 n. 62 – nella parte in cui esso assoggetta a confisca per equivalente non soltanto il profitto dell’illecito ma anche i mezzi impiegati per commetterlo, ossia l’intero prodotto dell’illecito - in relazione agli articoli 3, 42 e 117 Cost., quest’ultimo con riferimento all’articolo 1 del Primo Protocollo addizionale alla CEDU, nonché agli articoli 11 e 117 Cost., con riferimento agli articoli 17 e 49 CDFUE.

che riguardano una materia (la scelta del presidio sanzionatorio per le viola- zioni di disposizioni del TUIF adottate in attuazione della direttiva 2003/6) per la quale gli Stati membri godono di un margine autonomo di intervento per l’attuazione del diritto dell’Unione, una possibile soluzione potrebbe essere quella di prendere atto che nel filone giurisprudenziale che ha preso le mosse con la sentenza Fransson la Corte di giustizia, ragionando alla luce dell’art. 53 della Carta, ha lasciato spazio all’applicazione in prima battuta degli standard nazionali di tutela dei diritti fondamentali, con riserva di valutare, in casi ecce- zionali, se detti standard non siano recessivi rispetto alla tutela offerta dalla Carta (nel qual caso, sarebbe quest’ultimo il testo di riferimento tramite l’art. 117 Cost.) e non compromettano l’unità, l’effettività e la supremazia del diritto dell’Unione. La Corte costituzionale potrebbe quindi rispondere ai dubbi sol- levati dalla Cassazione giudicando la legge controversa sulla base delle sole re-

gole costituzionali interne, ma provvedendo ad attribuire ad esse, come peraltro

è già avvenuto in altre occasioni72, una portata che sia il più possibile concilia- bile all’interpretazione fornita al medesimo diritto, come rispettivamente codi- ficato nella CEDU e nella Carta, dalle Corti europee. A questo scopo, potrebbe essere utile il ricorso al rinvio pregiudiziale.

Dalla risposta offerta nel merito dalla Corte costituzionale dipenderà l’even- tuale necessità di affrontare anche quella dei poteri residui del giudice remit- tente: in altre parole, se la Corte arriverà alla conclusione di ritenere le regole del TUIF esenti da vizi con riferimento ai parametri costituzionali interni, non è da escludere che il problema si sposti al livello successivo, qualora il giudice remittente continuasse a dubitare sulla conciliabilità della legge interna con i parametri della Carta. In casi del genere, mi pare inevitabile, nel pieno rispetto della giurisprudenza Melki, riconoscere sia il potere di operare il rinvio pregiu- diziale, sia il potere di disapplicare la regola interna.

5. Verso un sistema di tutela dei diritti fondamentali ispirato al principio di

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