5. AL-MADĀRIS AL-ḤURRA E IL FUTURO DEL MAROCCO
5.2 La diffusione delle scuole private in Marocco
5.2.2 Anni Trenta
5.2.2.2 La reazione francese
Di fronte alla popolarità che le scuole libere ottennero in tutte le aree del Marocco, le autorità coloniali francesi intensificarono l’attività di controllo e rappresaglia, per poter estendere la propria influenza all’interno di questi istituti. Iniziarono a reclutare, ad esempio, dei collaboratori arabi che contribuissero a limitare lo sviluppo delle scuole private, e chiuderle una volta per tutte.
Ne fu esempio ʿAbdel Ḥaqq al-Kattānī, grazie al quale il Governo pubblicò un decreto per 369
limitare il numero di discipline insegnate nelle scuole libere. 370
Nel 1358/1939, un nuovo ordine emanato dal Commissariato stabiliva la necessità, per l’insegnante, di possedere un certificato, šahāda al-kafāʾa, un brevetto per l’idoneità all’insegnamento, rilasciato solo a chi fosse sceso a patti con il Commissariato stesso.
ʿAbdallah Guennūn parla, nelle sue memorie, di una serie di incontri che tenne con il Commissario (al-mandūb), e di come questo avesse più volte tentato di ostacolare i suoi progetti.
Il Commissario mise Guennūn di fronte ad una scelta: chiudere la scuola, o consegnarla nelle mani delle autorità:
Il lunedì successivo mi giunse l’invito di presentarmi presso il Commissariato Sultaniale. Me l’aspettavo, soprattutto perché era da due giorni che le spie e i servizi segreti continuavano a passare di fronte alla scuola. Si fermavano per osservare e squadrare i volti di chi stava lavorando, di chi era venuto a vederla.
Accettai l’invito. Fui ricevuto dal Commissario al-Ḥājj Sīdī Muḥammad Fatīḥa al-Tāzī. Mi domandò che tipo di lavoro stessi intraprendendo senza informare né avvisare le autorità ufficiali.
“Non è altro che una scuola coranica organizzata” gli risposi. “Dicono che sia una scuola completamente attrezzata”
“Supponendo che sia una scuola, come dicono loro, che male c’è ad aprire una scuola, sorvolandone i benefici?”
“Dicono che avresti dovuto chiedere il permesso per aprirla”
“Non mi è passato per la testa che un istituto di istruzione necessitasse di un permesso per essere aperto…”
1305/1888 - 1382/1962 369
al-Fīlālī, ʿAbdel Karīm, al-Taʿlīm al-ḥurr wa l-taḫṭīṭ li muqāwimat l-isti’mār fī l-maġrib 370
Mi parlava, ma non sembrava convinto che il messaggio mi fosse arrivato. Per questo terminò il discorso dicendo che loro non vedevano la faccenda così semplice. Me ne andai, pur sapendo che non sarebbe finita lì.
L’indomani fui richiamato al Commissariato. Trovai l’atmosfera ancora in scompiglio. “Non c’è nulla contro l’istituzione di una scuola, ma bisogna rispettare la legge e l’autorità del Governo, domandando il permesso. In questo modo, la risposta sarà consensuale senza alcun problema.”
Risposi: ”Non esiste alcuna legge che mi obblighi a chiedere questo permesso. Io rispetto la legge e l’azione del Governo. Non farei mai qualcosa che trasgredisca a questo principio. Ma se non è mai stato emanato nulla a tal proposito, noi non ci impegneremo in qualcosa che non ci riguarda”. 371
Le forze del Protettorato cercarono con qualsiasi mezzo, e senza sosta, di avere la meglio sui nazionalisti, padri delle scuole libere. Stabilirono persino delle basi militari del Makhzan negli edifici adiacenti alle scuole stesse, e cercarono di comprare direttamente gli immobili offrendo consistenti somme di denaro:
La caccia francese a questa piccola scuola non terminò, bensì l’Amministrazione dell’Istruzione di Rabat volle usare con me un altro stile per sbarazzarsi della scuola che non le dava pace.
La morale della storia, fu che il nuovo ispettore dei prefetti del Maḫzan, Monsieur Crabini, mi chiamò per incontrarmi.
Gli diedi un orario in cui poteva farmi visita a casa. Era una persona garbata, un arabista che portava il titolo di Consigliere durante il suo primo periodo in Marocco, nella Corte d’Appello. Prima di ciò, era stato Consigliere nella Rappresentanza del suo Paese in Siria. Quando lo incontrai, mi disse di essere stato incaricato perché scendessimo a trattative, per una questione in cui mi assicurò che la sua presenza sarebbe stata necessaria. Anzi, si trattava di una missione ordinata dalle autorità ufficiali. Prima di informarmi di questo, mi riaffermò la questione, perché temeva che potessi avere una cattiva opinione.
Senza alcuna conferma, gli dissi: “Prendo seriamente quello che mi dici, senza sotterfugi”. “Ti stanno offrendo di dar loro in affitto la tua scuola, a qualsiasi prezzo”
“Affittare loro la mia scuola?” domandai sorpreso. “Sì”.
“Cosa rende la mia scuola così importante ai loro occhi?”
Guennūn, Dhikrayāt Mašāhīr, pp. 92-93 371
“Ha un valore molto grande - rispose - si trova in un’ottima posizione, e l’edificio dispone delle caratteristiche di una scuola alto locata”
“E studenti e insegnanti dove andranno?”. “Rimarranno lì, con il migliore dei trattamenti” “Ed io, dove andrò?”
“Tu prenderai la tua giusta pigione, e ti riposerai”.
“Chi verrà a trattare in questa situazione?”. “L’Amministrazione dell’Informazione di Rabat”.
“Sono loro che hanno avuto l’idea” “Sì”.
“E se non rispettano l’accordo, e si rifiutano di pagare l’affitto?”
“Questo non succederà. L’accordo che firmerai sarà obbligatoriamente legale per loro, sotto ogni aspetto”. 372
Molte furono le difficoltà che i sostenitori delle scuole libere affrontarono, per riconquistare il Marocco: la ricerca di strutture idonee all’ambiente scolastico, l’opposizione delle classi tradizionaliste e delle autorità del Governo.
A questi problemi, il Comitato d’azione nazionale rispose, negli anni Quaranta, con la fondazione di altre scuole libere.
Il Comitato d’azione nazionale intensificò, in questo modo, l’attività di propaganda per diffondere queste scuole, e rafforzare l’orientamento politico dell’educazione nazionale, in quelle aree del Marocco in cui il nazionalismo doveva ancora determinarsi.
È inoltre importante ricordare il sostegno che la famiglia del Sultano diede allo sviluppo delle scuole libere negli anni Quaranta.
Guennūn, Dhikrayāt Mašāhīr, pp. 104-105 372