3. L’evoluzione della giurisprudenza delle corti europee circa il rapporto tra ne bis in idem e doppio binario sanzionatorio
3.2 La definizione dell’idem factum e le resistenze delle corti italiane
3.2.1. Le reazioni della giurisprudenza di merito post- Grande Stevens
Rispetto a questo atteggiamento della Corte di Cassazione la quale, in un modo o nell’altro, tentava di limitare il riconoscimento della garanzia sovranazionale, in un’ottica diversa, di maggiore apertura, si è posta invece la giurisprudenza di merito.
Il Tribunale di Asti63, nella valutazione del doppio binario sanzionatorio in materia di omessa dichiarazione, rileva che l’illecito penale ed amministrativo hanno ad oggetto lo stesso fatto e dunque procede ad applicare, in via diretta, l’art.649 c.p.p., superando il limite rappresentato dal suo tenore letterale, che ne imporrebbe l’operatività solo al contesto formalmente penale, sulla base di un’interpretazione analogica volta a ricomprendere tra i provvedimenti ostativi a un nuovo procedimento anche quelli solo formalmente amministrativi. Sennonché la Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza di non doversi procedere del Tribunale. La Cassazione ha avviato il proprio ragionamento partendo dalle sentenze gemelle pronunciate dalla Corte Costituzionale e nelle quali si legge che, in caso di contrasto tra una disposizione interna e la CEDU, il giudice deve innanzitutto tentare di risolvere il conflitto in via ermeneutica, dunque tramite un’interpretazione convenzionalmente conforme. Laddove ciò non risulti possibile, si dovrà sollevare questione di incostituzionalità della norma interna ex art. 117 Cost. ponendo la disposizione della Convenzione come parametro interposto, quindi non potendosi direttamente disapplicare la norma interna.
Sulla base di queste premesse, la Corte di Cassazione ritiene non percorribile, nel caso di specie, la strada dell’interpretazione della norma in modo tale da renderla conforme alla Convenzione, ciò in quanto, a detta della Corte, le sanzioni irrogate dall’autorità amministrativa non possono esser fatte rientrare nel novero dei “sentenza o decreto penali divenuti irrevocabili” cui si riferisce l’art. 649 c.p.p.
Dunque, il giudice di merito avrebbe dovuto sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p. nella parte in cui non prevede
63 Trib. Asti, 10 aprile 2015, n.717.
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l’applicabilità del principio del ne bis in idem anche quando l’imputato sia stato giudicato, in via definitiva, nel corso di un procedimento formalmente amministrativo64.
Anche il Tribunale di Bologna65 ravvisa un’incompatibilità tra il doppio binario tributario e il principio del ne bis in idem. Il caso riguardava l’omesso versamento, da parte di un imprenditore, dell’IVA per oltre 378.000 €, dal quale erano originati due distinti procedimenti: il primo, in ambito tributario per violazione dell’art. 13 d.lgs. n. 471 del 1997; il secondo, di carattere penale, ex art.
10-ter d.lgs. n. 74 del 2000. Il Tribunale di Bologna, facendo applicazione delle indicazioni sovranazionali in materia di ne bis in idem, riconosce, da un lato, la natura “sostanzialmente” penale delle sanzioni tributarie ex art. 13 d.lgs. 471/1997 e, dall’altro l’identità del fatto posto alla base tanto della fattispecie tributaria che quella penale (ex art. 10-ter d.lgs. 74/2000). Di talché, preso atto dell’impossibilità di procedere a un’interpretazione convenzionalmente conforme dell’art. 649 c.p.p., decide di rimettere al giudice delle leggi, per violazione dell’art. 117 Cost., la questione sull’art. 649 c.p.p., nella parte in cui non preclude un secondo giudizio ex art. 10-ter d.lgs. n. 74/2000 ove l’imputato sia già stato condannato in sede tributaria in ragione dell’art. 13 d.lgs. 471/199766.
Nel giungere a delineare la posizione della Corte Costituzionale va considerato che, nelle more della pronuncia della stessa, si registra un mutamento del quadro normativo, con l’entrata in vigore del d.lgs. 158/2015. Per ciò che qui interessa, il legislatore del 2015 ha introdotto una causa di non punibilità anche con riferimento al reato di cui all’art. 10-ter del d.lgs. 74/2000, se, ex art. 13, “prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso”.
64 Per approfondimenti,F.VIGANÒ, “Omesso versamento di IVA e diretta applicazione delle norme europee in materia di ne bis in idem?”, in Diritto penale contemporaneo, 2016.
65 Trib. Bologna, ord. 21 aprile 2015.
66 M.CAIANIELLO, Ne bis in idem e illeciti tributari per omesso versamento dell’IVA: il rinvio della questione alla Corte Costituzionale”, in Diritto penale contemporaneo, 2015.
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Alla luce della nuova disciplina, nel caso concreto, non vi era più alcun rischio di una duplicazione sanzionatoria in quanto il pagamento, da parte dell’imputato, della sanzione tributaria escludeva la possibilità di applicazione di ulteriori sanzioni, e dunque la Corte Costituzionale dispone la restituzione degli atti al giudice a quo67.
Un approccio diverso viene, invece, adottato dal Tribunale di Bergamo68 il quale rivolge la questione direttamente ai giudici di Lussemburgo. Nel caso di specie, l’imputato aveva definito la pendenza tributaria versando l’importo dovuto più la sovrattassa del 30% all’Erario, ciò nonostante viene poi successivamente chiamato a rispondere anche in sede penale, ex art. 10-ter d.lgs. 74/2000, per il medesimo fatto. Il Tribunale, rifacendosi alla giurisprudenza sovranazionale che riconosce natura punitiva anche ai provvedimenti formalmente amministrativi con i quali si irrogano sanzioni ulteriori rispetto a quanto necessario per recuperare i tributi evasi, e relativi interessi, ravvisa, nel caso al suo esame, la natura sostanzialmente penale della sanzione inflitta dall’amministrazione tributaria. Con riferimento, invece, al requisito dell’idem factum, il Tribunale ripercorre l’argomentazione utilizzata dalle Sezioni Unite nelle sentenze gemelle, le quali, per escludere il rapporto di specialità tra le fattispecie, hanno fatto leva sul diverso momento di perfezionamento dell’illecito. Sennonché il Tribunale non ritiene tale elemento temporale sufficientemente decisivo dovendosi, invece, considerare la condotta costitutiva dell’illecito. E nel caso concreto, difatti, il mancato pagamento dell’IVA, di cui il soggetto è chiamato a rispondere in sede penale è anche stato il presupposto, in sede tributaria, di irrogazione della soprattassa69.
Il Tribunale, ravvisati tutti i presupposti di operatività del principio del ne bis in idem, decide di investire della questione la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, considerata la rilevanza comunitaria dell’IVA, chiedendo “se la previsione dell’art. 50 CDFUE e della relativa giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, osti alla possibilità di celebrare un procedimento penale
67 C. Cost., ord. 20 maggio 2016, n. 112.
68 Trib. Bergamo, ord. 16 settembre 2015.
69 F.VIGANÒ, “Ne bis in idem e omesso versamento dell’IVA: la parola alla Corte di Giustizia”, in Diritto penale contemporaneo, 2015.
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avente ad oggetto un fatto (omesso versamento IVA) per cui il soggetto imputato abbia riportato sanzione amministrativa irrevocabile”.
A fronte di questo evidente conflitto tra giurisprudenza di legittimità e sovranazionale, di rilievo l’intervento della Corte Costituzionale del 2016 sul tema dell’idem factum70. La vicenda origina da una questione di legittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p., promossa nell’ambito del processo “Eternit bis”, nella parte in cui limita l’applicazione del principio ne bis in idem all’esistenza del medesimo fatto giuridico, considerato nei suoi elementi costitutivi, invece che all’esistenza dello stesso fatto storico, come si evince dalla consolidata giurisprudenza di Strasburgo. Ebbene, la Corte Costituzionale ha dato vita a un’interpretazione convenzionalmente conforme del concetto di “stesso fatto” negando rilievo alla qualificazione giuridica della fattispecie e, dunque, optando per il criterio dell’idem factum71. La stessa però ha altresì colto l’occasione per chiarire che, per valutare la medesimezza del fatto storico, pur in coerenza con l’approccio della Corte EDU, va fatto riferimento, non solo alla condotta, ma anche all’evento e al nesso causale in quanto se viene imposto agli Stati di applicare il principio del ne bis in idem sulla base di una concezione naturalistica del fatto, non può evincersi la limitazione di quest’ultimo solo alla sfera dell’azione o omissione.
3.3 Il nuovo parametro della “sufficiently close connection in