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Il legislatore della Riforma ha inciso notevolmente sull’istituto del recesso: non più fenomeno residuale, ma elemento di grande rilievo per l’intero sistema di diritto societario.

Nel quadro di questa più ampia concezione del recesso - tramite la quale è stato riconosciuto al socio il potere di negoziare la sua permanenza nella società a fronte di alterazioni rilevanti del quadro di riferimento originario – attraverso l’articolo 2497 quater77 sono state introdotte ulteriori ipotesi di recesso a favore dei soci di società soggette all’attività di direzione e coordinamento.

La norma – che intende attuare la lettera d) dell’art. 10, comma 1, della Legge Delega (che demandava al legislatore delegato il compito di individuare dei casi in cui riconoscere adeguate forme di tutela al socio al momento dell’ingresso e dell’uscita della “propria” società dal gruppo, ed eventualmente il diritto di recesso) – prevede che il socio di società soggetta ad attività di direzione e coordinamento può recedere:

a) quando la società o l’ente che esercita attività di direzione e coordinamento ha deliberato una trasformazione che implica il mutamento del suo scopo sociale, ovvero ha deliberato una modifica del suo oggetto sociale consentendo l’esercizio di attività che alterino in modo sensibile e diretto le condizioni

77 Sul tema Galletti, Il nuovo diritto delle società, a cura di A. Maffei Alberti 2005, p.2397 e ss.;

Rordorf, Il recesso del socio di società di capitali: prime osservazioni dopo la riforma, in Società, 2003, 935; Schiano di Pepe, Il diritto di recesso nei gruppi, in Società, 2003, 1207;

economiche e patrimoniali della società soggetta ad attività di direzione e coordinamento;

b) quando a favore del socio sia stata pronunciata, con decisione esecutiva, condanna di chi esercita attività di direzione e coordinamento ai sensi dell’articolo 2497; in tal caso il diritto di recesso può essere esercitato soltanto per l’intera partecipazione del socio;

c) all’inizio ed alla cessazione dell’attività di direzione e coordinamento, quando non si tratta di una società con azioni quotate in mercati regolamentati e ne deriva un’alterazione delle condizioni di rischio dell’investimento e non venga promossa un’offerta pubblica di acquisto.

Al riguardo, appare possibile svolgere sinteticamente alcune brevi considerazioni d’insieme.

Per quanto riguarda la ratio della norma, le ipotesi sub a) e c) discendono evidentemente dalla convinzione (plausibile) che la capogruppo potrebbe esercitare il controllo, rectius, la propria attività di direzione e coordinamento, in modo da alterare il profilo di rischio dell’investimento del socio, come accettato e condiviso partecipando alla costituzione della società ab origine ovvero acquistando quote di partecipazione della stessa; anzi, la stessa “entrata” od “uscita” dal gruppo potrebbe cambiare le condizioni di esercizio dell’impresa, delle quali, ancora una volta, viene valorizzato il profilo di rischio78.

Il socio potrà altresì recedere quando sia stata pronunziata condanna di chi esercita attività di direzione e coordinamento per violazione dei principi di corretta gestione societaria. In tale ipotesi è espressamente esclusa la possibilità di recesso parziale, in deroga all’inserimento, ad opera della Riforma, di tale fattispecie come principio generale nell’esercizio del diritto di recesso. Nella Relazione si precisa che tale causa di recesso è di evidente giustificazione. Tale affermazione potrebbe essere anche condivisibile in linea di principio, in quanto il recesso troverebbe la sua giustificazione in una situazione (peraltro accertata giudizialmente) di grave contrasto tra il socio recedente ed il soggetto che esercita l’attività di direzione e controllo.

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Le nozioni di “modifica del suo (della controllante) oggetto sociale consentendo l’esercizio di attività che alterino in modo sensibile e diretto le condizioni economiche e patrimoniali (della controllata)” e di “alterazione delle condizioni di rischio dell’investimento (della controllata)” appaiono particolarmente generiche. Tali concetti sono suscettibili di interpretazione strettamente soggettiva al punto che la loro sussistenza potrà essere accertata, in sede di contenzioso, sulla esclusiva base di una valutazione discrezionale e di merito da parte del giudice e non si può escludere che anche la mera modifica del settore di attività in cui la società opera venga interpretata nel senso di mutare il grado di rischio79.

79 Al fine di dare un’idea della indeterminatezza e della discrezionalità della valutazione rimessa al

giudice, Montalenti (in Osservazioni, in Rivista delle Società, 2002, p. 1551) si domanda: “è più rischioso l’investimento in una società che commercializza elettrodomestici o in una società che commercializza tessuti?”.

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Si rileva infine che nel testo finale della Riforma è stato aggiunto un ultimo comma all’art. 2497 quater, secondo il quale “si applicano, a seconda dei casi ed in

quanto compatibili, le disposizioni previste per il diritto di recesso del socio nella società per azioni o in quella a responsabilità limitata”.

Si ritiene che la disciplina generale del recesso – per la quale si rinvia alle competenti trattazioni - fosse comunque applicabile in via analogica, tuttavia la precisazione appare opportuna, poiché è stato risolto in via legislativa un potenziale dubbio interpretativo. In particolare, si potrà far riferimento alla disciplina generale per quanto riguarda i termini e le modalità per il concreto esercizio del diritto di recesso80.

L’Autore rileva altresì – con riferimento all’ipotesi di cui alla lettera a) – che le condizioni di rischio dovrebbero valutarsi, di regola, in concreto e non, salvo casi limite, in relazione ad astratte previsioni statutarie.

80 In particolare, il tema dei termini (e dell’individuazione del momento da cui decorrono) è esaminato

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