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02_IL CASO DELLE OFFICINE REGGIANE

2.1 Reggio Emilia e le Reggiane: inquadramento territoriale

“Reggio Emilia è la città più innovativa d’Italia (o forse del mondo), perché è l’unica città che mette insieme la cultura contadina con la cultura tecnica, la cultura politica con quella gastronomica, la pe- dagogia con il teatro. Alla parola “cultura” potremmo sostituire il termine “passione” perché sembra che a Reggio Emilia queste culture corrispondano a una sorta di energia naturale che si mani- festa in una forma di vitalità spontanea molto sofisticata.

Quindi una città piena di sapori e saperi che si supportano a vi- cenda fino a creare quel coacervo originalissimo di globuli rossi che è alla base della società reggiana, che vive nell’unica città non monumentale dell’Emilia. Non monumentale perché le qualità di Reggio Emilia sono tutte interne, dentro ai cervelli e alla fantasia dei suoi abitanti. […] Nell’Unione Europea le piccole e medie città devono affrontare questa sfida: diventare luoghi le cui qualità non sono rappresentate soltanto dai centri storici restaurati, dalla ric- chezza economica delle persone, dal numero delle banche o dalle cattedrali gotiche, ma da altre presenze preziose costituite dai poeti, dagli scrittori, dagli artisti, dai giovani creativi. […] Ogni pic- cola e media città europea, se vuole sopravvivere alla concorren- za, deve attrezzarsi per diventare una sorta di “Parco tematico dell’innovazione”, cioè un territorio dedicato allo sviluppo e alla

2Andrea Branzi, Un’idea di Reggio Emilia. In: Reggio Emilia: scenari di qualità urbana, a cu- ra di Luca Molinari. Mi- lano, SKIRA, 2007.

promozione dei gruppi sociali che operano in questo settore[…]. I soggetti capaci di elaborare queste nuove strategie di innovazione non sono soltanto gli artisti, ma anche ricercatori tecnologici, gio- vani imprenditori, designer che immaginano nuovi prodotti, inven- tori di nuovi servizi. In questa competizione Reggio Emilia parte avvantaggiata, potendo disporre di una vocazione spontanea all’invenzione del nuovo, talmente consolidata al punto di averla trasformata in tradizione storica. Forse già oggi Reggio è un “Par- co tematico dell’innovazione” spontaneo, un territorio creativo che intreccia vocazioni tra loro apparentemente lontane; ma non ha ancora una vera coscienza delle proprie potenzialità.”2

La descrizione della città di Reggio Emilia nell’articolo di Andrea Branzi ci sembra particolarmente calzante: essa è in effetti una cit- tà di medie dimensioni come tante altre in Europa, ma rappresenta un punto fondamentale all’interno di un network molto più vasto e complesso. Il fatto che sia stata scelta come unica fermata dell’AV tra Milano e Bologna, ha fornito di recente l’input per il rilancio dell’intera città attraverso la riqualificazione dell’Area Nord: le nuo- ve infrastrutture realizzate da Calatrava, ovvero i tre ponti sulla A1, la copertura del nuovo casello autostradale e la stazione medio- padana, proiettano infatti questa città in una dimensione futuristi- ca, multietnica ed in continuo cambiamento, facendole assumere un’identità precisa e riconoscibile nel panorama nazionale ed in- ternazionale. Con la nuova stazione Mediopadana Reggio si trova attualmente a 20’ di treno da Bologna e 45’ da Milano; essa è un crocevia di flussi fino a 2.300 persone al giorno e questi dati sono destinati a crescere se la città intera saprà sfruttare questo van- taggio in futuro costituendo una rete di polarità nel territorio circo- stante, ovvero l’Area Nord.

Reggio Emilia, una dimensione simbolica e identitaria nella quale si rispecchia la città del ‘900 e si proietta la città del futuro. Essa è da sempre una zona urbana specializzata dedicata al lavoro e strutturata per rispondere alle sue principali esigenze funzionali. È qui che sorgono le più grandi e importanti aree produttive (l’Area Reggiane e la Zona Industriale di Mancasale), per i servizi (Città dello Sport, Stadio Mapei) e per il terziario della città.

Nata come realtà agricola, l’Area Nord ha attraversato il ‘900 in- terpretando da protagonista il passaggio dalla società contadina alla società industriale, coniugandolo sempre ad un progetto co- mune per la città. Con la rivoluzione industriale nei primi del ‘900 e l’arrivo della ferrovia FS nasce la prima fabbrica della città, le Offi- cine Meccaniche Reggiane, accanto alle quali sorge il primo quar- tiere operaio di Santa Croce. Con il boom economico degli anni ’60 l'industria cresce e parallelamente alla costruzione dell’autostrada che collega Roma a Milano nasce nuovo polo in- dustriale, quello del Mancasale, espressione e simbolo del “Di- stretto Emiliano” della piccola e media impresa.

A partire dagli anni ‘90 tuttavia, l’Area Nord subisce una profonda trasformazione: chiudono le grandi fabbriche, si insedia un nuovo settore nel panorama urbano, il terziario, e si perdono limiti e rife- rimenti precisi tra il costruito e la campagna. Siamo di fronte a quello che la letteratura urbanistica definisce sprawl: la città spe- cializzata diventa sempre più generica, neutra, confusa trasfor- mandosi in periferia. L’identità dei luoghi e la loro capacità di gene- rare relazioni è fortemente compromessa dal proliferare di vuoti urbani, intesi non solo come vuoti fisici, ma soprattutto spazi privi degli originari significati e/o sprovvisti di nuove identità.

Le Reggiane sono attualmente uno di quei vuoti in cerca di una nuova identità, di un ruolo attivo nel futuro della città di Reggio Emilia. La valenza storica di quest’area insieme alla posizione

strategica a ridosso del centro storico, il diretto contatto con la li- nea ferroviaria e il collegamento alla direttrice autostradale e alla stazione mediopadana attraverso la strada provinciale di via del Partigiano, fanno di quest’area un potenziale polo funzionale di ri- levanza nazionale e internazionale, una parte strutturante del qua- dro di interventi previsti dall’amministrazione per lo sviluppo di una nuova città basata sulla conoscenza.

fig.3_Area Nord: in- quadramento territo- riale