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nella Regione Autonoma Ungherese

.

Apprendisti del potere

I capitoli precedenti hanno analizzato la permanenza del conflitto interetni- co romeno-ungherese e l’evoluzione delle dinamiche centro-periferia in Transilvania nei primi anni del regime comunista. Ma non soltanto di tensio- ni e scontri di tale natura si nutrì la vita quotidiana di milioni di persone nel- la Transilvania degli anni Cinquanta. Questo capitolo è dedicato alla diffici- le normalità in tempi che “normali” non furono e trae ispirazione dalle esplo- razioni compiute dalla recente storiografia sulla riproduzione dell’«ecosiste- ma culturale»staliniano, un conglomerato di ideologia, codici culturali, nor-

me di comportamento e rituali collettivi nel quale si compenetravano gli ele- menti della modernità totalitaria di tipo sovietico (l’ideologia del progresso, il ruolo demiurgico dello Stato, il collettivismo, la politica di massa) e fram- menti, divenuti sempre più consistenti a partire dagli anni Trenta, dell’ere- dità prerivoluzionaria. Nello studio del funzionamento dei principali appa-

rati di potere locali, i comitati regionali di partito, si è scelto il caso della Re- gione Autonoma Ungherese per il continuo affiorare – come un fiume carsi- co – del problema dell’identificazione e della rappresentanza nazionale nel- l’apparato di una regione multietnica.

Il partito comunista sino all’inizio degli anni Sessanta rimase un’avan- guardia che rappresentava direttamente una quota marginale della popola- zione. All’epoca del IICongresso, nel dicembre , gli iscritti erano meno

di . (su quasi  milioni di abitanti). Nella RAU, la quota di iscritti sul- la popolazione complessivaoscillò da un minimo del , per cento nel 



. D. L. Hoffmann, Stalinist Values: The Cultural Norms of the Soviet Modernity, -, Cornell University Press, Ithaca (NY) .

. Per un’analisi dell’autorappresentazione comunista nel caso italiano cfr. S. Bellassai, La

morale comunista. Pubblico e privato nella rappresentazione del PCI, -, Carocci, Roma

; F. Andreucci, Falce e martello. Identità e linguaggi dei comunisti italiani fra stalinismo e

guerra fredda, Bononia University Press, Bologna .

. Calcolata in base al censimento del  e, per il dato sul , alla pubblicazione stati- stica Anuarul statistic al Regiunii Autonome Maghiare /A Magyar Autonóm Tartomány sta-

a un massimo del , per cento all’inizio del . Su un totale di -.

iscritti, soltanto un quarto svolgeva una reale attività politica inquadrato co- me attivista (salariato o volontario) ai vari livelli della gerarchia amministra- tiva (comunale, distrettuale, regionale). Salendo nella piramide troviamo i quadri intermedi (i circa . segretari di sezione) e superiori, i funzionari delle varie sezioni del comitato regionale e, infine, il vertice: il comitato re- gionale (composto da - membri), l’Ufficio politico, la segreteria (orga- no supremo di soli  membri introdotto nel ) e il collegio di partito.

Per tutti gli anni Cinquanta il partito fu dominato dalla componente et- nica “titolare”. Nel  erano di nazionalità ungherese l’, per cento de- gli iscritti al partito e l’ per cento dei segretari di sezione; ancora nel , l’, per cento dell’apparato di partito. Indipendentemente dalla loro na-

zionalità, la preparazione culturale e ideologica degli appartenenti all’appa- rato di prima generazione era approssimativa, soprattutto nel caso degli ho-

mines novi reclutati nel - e privi dell’esperienza formativa della mili-

tanza clandestina. Nel  appena  dei . segretari di sezione della RAU

(che fra l’altro erano in maggioranza operai e artigiani, e disponevano della licenza elementare o media) aveva frequentato un corso almeno semestrale; il  per cento un «breve corso per propagandisti» della durata di due-tre settimane, mentre il  per cento era completamente a digiuno di qualunque nozione ideologica. Negli anni Quaranta l’adesione al partito non com-

portava affatto la conoscenza del dettato ideologico marxista-leninista: Nel partito comunista in via di formazione vi erano moltissimi uomini di nazionalità ungherese, onesti e animati dalle migliori intenzioni. Allora non dominavano anco- ra i carrieristi. A Târgu-Mure' era rarissimo incontrare un comunista romeno. Gli iscritti erano gente umile, che credeva sinceramente nel comunismo e non aveva la minima idea – come del resto neppure noi – di cosa rappresenta il partito e che la li- nea di Stalin è spregevole come il nazismo di Hitler. Noi vedevamo soltanto che il partito comunista rappresenta una via d’uscita dal fascismo e dal nazionalismo ro- meno. Non sapevamo neppure chi fossero questi Lenin e Stalin.

Negli anni Cinquanta le esperienze centrali nella vita del comunista transil- vano divennero l’ammissione al partito, la verifica periodica del proprio operato (mediante l’utilizzo della critica-autocritica) e la palestra di socia- lizzazione politica fornita dalle riunioni e dalle assemblee di cellula. Prece-



tisztikai évkönyve , Direct‚ia centrala˘ de statistica˘-Direct‚ia regionala˘ de statistica˘ a RAM, Bu- cure'ti .

. ANDJM, fondo , Comitetul regional al PCRMure', - (d’ora in poi ANDJM, ), dossier /, /, /, /, /, /.

. ANDJM, , dossier /, p. .

. ANDJM, , dossier /, nota informativa sull’educazione di partito dei propagan- disti, p. .

duta da anni di anticamera costituita dalla “candidatura”, la cerimonia di ammissione si svolgeva nelle sedi distrettuali ed esigeva un notevole sforzo logistico in quanto ogni singola conferma richiedeva la presenza del primo segretario o di uno dei suoi vice. Il candidato veniva condotto nella sede del comitato distrettuale di appartenenza, dove alla presenza del comitato re- gionale e dei maggiorenti locali veniva letto il rapporto elaborato sulla sua condotta politica ed etica, che si estendeva alla sfera delle relazioni intime. Il candidato veniva infine interrogato sugli argomenti più disparati; gli esem- pi riportati sono tratti dalle “sedute di conferma” (in ungherese konfirmálás, un curioso “prestito” semantico da un rituale calvinista) del distretto di Odorhei durante il .

A un contadino appena entrato in un’azienda collettiva vennero chie- sti prima un parere sulla filosofia idealista, poi una spiegazione sui rappor- ti che intratteneva con il fratello emigrato in Ungheria nel  per sfuggi- re alla leva, e infine come interpretasse il fatto di risultare presuntuoso ai colleghi. Ancor più significative le domande poste a un insegnante: «Co-

me dirige l’educazione in spirito patriottico dei giovani?»; «Come viene se- parata la scuola dalla religione?»; «Come si rapportano i genitori alla con- segna obbligatoria degli ammassi e come si rapportano con i figli in merito a ciò?». La risposta:

Tengono riunioni con gli altri insegnanti per decidere come occuparsi durante le le- zioni del problema di come sottrarre i giovani all’influenza del misticismo, e cerca- no di educare gli alunni allo spirito patriottico sottraendoli con qualunque mezzo al- l’influenza della chiesa.

Anche un altro insegnante inviato in una zona “difficile”, il villaggio catto- lico di Ocland, interrogato sul rapporto fra la scuola e la Chiesa superò age- volmente l’esame: «In questo campo abbiamo raggiunto risultati molto se- ri, ad esempio a pasqua [sic] il -% degli alunni si è presentato a scuo- la». Meno brillante fu invece la prova di un operaio del mobilificio Simó

Géza di Târgu-Mure' sostenuta nel comitato municipale di partito il  giu- gno . Egli garantì infatti che «non crede al misticismo e non va in chie- sa», ma grazie alla denuncia di un vicino di casa il funzionario di partito Ion Rat‚iu fu in grado di cogliere in fallo il candidato: «E allora come spiega il fatto di non essersi presentato al lavoro il giorno di pasqua dell’anno scor- so?». Poiché le quote fissate dal centro sulla composizione sociale esigeva-

no l’entrata del maggior numero possibile di operai, anche questo candida- to dalle convinzioni non saldissime divenne comunque arruolabile in un mo-

 . ANDJM, , dossier /, p. .

. ANDJM, , dossier /, p. . . ANDJM, , dossier /, p. . . ANDJM, , dossier /, p. .

mento di stasi repressiva. Nessuna concessione poteva tuttavia riguardare i «residui del passato regime»: alla giovane caporeparto di un’azienda ali- mentare che coabitava con una «famiglia piccolo-borghese» venne intima- to, al termine di un esame peraltro brillante: «La compagna stia alla larga dalla compagnia dei piccolo-borghesi e faccia attenzione a non cadere sotto la loro influenza». La convivenza di valori tradizionali (in questo caso il

ruolo dominante maschile) e di pratiche non inedite ma ancora malviste emerge infine dalla procedura di esame di un contadino cui venne chiesto il motivo del divorzio, che aveva suscitato un’ondata di commenti nel villag- gio: «Ha vissuto un anno e mezzo con la moglie ma la donna non si occu- pava di lui, lo trascurava e non sbrigava neppure le faccende domestiche. Così ognuno ha preso la propria strada».

Un altro momento-chiave della liturgia totalitaria era la valutazione pub- blica dell’attività di un dirigente, tesa a stimolare il controllo reciproco nel- l’apparato. Il segretario regionale Csupor venne per esempio “valutato” nel corso di una seduta operativa dell’Ufficio politico, l’ settembre . Il re- sponsabile all’industria, che lo conosceva sin dai tempi dell’accademia di par- tito a Bucarest, lo descrisse come «un compagno combattivo, disciplinato e deciso», sempre sul terreno e temuto dai subordinati. I partecipanti alla riu-

nione rilevarono però «lo scarso impegno nello studio per migliorare il livel- lo ideologico» e sopratutto il suo nervosismo. «Il compagno Csupor ha un atteggiamento dittatoriale»– osservò il responsabile dell’agricoltura. Come

prescritto dal codice di comportamento dei dirigenti del partito, Csupor do- vette ringraziare i suoi colleghi e sottoposti per le osservazioni formulate, am- mettendo di commettere errori dovuti a quella che definì

la sottovalutazione dell’importanza di aumentare il livello politico, la precipitazione e il nervosismo e anche il fatto che non ha liquidato del tutto i residui piccolo-bor- ghesi, soprattutto a Târgu-Mure' che è una città dal carattere spiccatamente picco- lo-borghese.

Questo riferimento si inserisce in un topos che dominò la propaganda uffi- ciale degli anni Cinquanta. Ai militanti comunisti era intimato di non farsi contagiare dalla paciosa spensieratezza di un piccolo centro dove non era possibile mantenere alcun segreto e dove le consolidate reti di relazione di un ampio ceto borghese composto di impiegati, artigiani, commercianti ten- devano non solo a scomparire ma anzi a integrare anche coloro cui veniva affidato il compito di eliminare quelle reti e quelle classi.

 . ANDJM, , dossier /, p. . . ANDJM, , dossier /, p. .

. ANDJM, , dossier /, verbale della seduta operativa dell’Ufficio politico (o.d.g.:

valutazione dell’attività del compagno Csupor), Târgu-Mure',  settembre , p. . . ANDJM, , dossier /, p. .

La continua “verifica” dell’apparato coinvolse nei mesi dell’effimera libe- ralizzazione del  anche il settore sino al quel momento più impermeabile alle critiche esterne, quello dei servizi di sicurezza. Il  maggio  si tenne una seduta straordinaria dell’Ufficio politico regionale, convocata per discu- tere il rapporto del collegio di partito sull’attività della polizia politica nella

RAU. La riunione iniziò alle . del mattino e durò fino a tarda sera. Pur rico-

noscendo gli «importanti successi» ottenuti dalla Securitate negli ultimi quat- tro anni, come «la scoperta della banda terrorista del distretto di Târgu-Se- cuiesc», la liquidazione di alcune organizzazioni sovversive e l’arresto di nu- merosi disertori, il rapporto criticava gli «errori» e le «mancanze», oltre al-

l’estrema arroganza del suo comandante regionale. Nel  Kovács era stato sorpreso a pescare di frodo dal direttore dell’influente Ufficio forestale regio- nale, fatto che aveva provocato ilarità al comando regionale della Securitate, sul cui giornale murale era apparsa una vignetta satirica raffigurante il coman- dante intento alla pesca. Per vendetta Kovács lo aveva fatto incarcerare per due giorni «senza alcuna ragione penale» – precisava il collegio di partito.

Kovács esercitava con disinvoltura i suoi poteri di comandante anche nei confronti di Bucarest; avvertito di una possibile ispezione, aveva immediata- mente inviato alla sede centrale del ministero dell’Interno Károly Moszkovits, uno dei suoi ufficiali operativi più fidati, formalmente per sbrigare un affare ma in realtà per scoprire la data esatta dell’arrivo degli ispettori. Così come i vertici regionali del partito che ora lo mettevano sotto accusa, il colonnello Kovács apparteneva alla prima generazione di ufficiali che aveva imparato a scrutare la società attraverso la lente del terrore e non della discorsività, e me- no che mai dell’autocritica. Il suo apprendistato si era compiuto nel - come comandante del distretto di Turda, dove aveva fatto eseguire esecuzio- ni sommarie a scopo intimidatorio. Osteggiato dal partito in quanto ostile

alla critica “dal basso”, l’ufficiale replicò con un’osservazione significativa: come militante aveva il dovere di stimolare e accettare la critica “dal basso” ma la Securitate era «un’unità militare e gli ordini ricevuti dall’alto non pos- sono che venire eseguiti». Nonostante il personale degli organi di polizia

fosse costituito in maggioranza da ungheresi (nel  il  per cento degli uf- ficiali della Securitate, il  per cento di quelli della Milizia, il  per cento de- gli impiegati civili del ministero dell’Interno), questi non rientrarono mai nel



. ANDJM, , dossier /, rapporto del collegio di partito sull’attività degli organi

di polizia, Târgu-Mure',  aprile , pp. -. . ANDJM, , dossier /, pp. -.

. O. Roske, D. Ca˘ta˘nu' (a cura di), Colectivizare agriculturii Represiunea, -, INST, Bucure'ti , pp. -.

. ANDJM, , dossier /, p. .

. ANDJM, , dossier /, rapporto del comitato regionale «sull’applicazione della politica delle nazionalità del partito nella composizione degli apparati di sicurezza e sulle mi- sure necessarie a eliminare le mancanze sinora riscontrate», Târgu-Mure',  marzo , p. .

progetto di costruzione di un’élite di governo magiara nella RAU. L’unghere-

sità di Kovács e dei suoi sottoposti si manifestava in un’accezione puramente linguistica. Nonostante utilizzassero l’ungherese come strumento di comuni- cazione professionale (negli interrogatori, negli incontri con i confidenti, nel- le riunioni operative) oppure nel tempo libero, la loro identità personale ten- deva a dissolversi nell’istituzione che rappresentavano.

Diverso il caso dell’apparato del partito, votato a edificare una “piccola Ungheria” stalinista. La professionalizzazione e l’acculturazione dei quadri costituivano una priorità assoluta. Con la creazione della RAU, a Târgu-Mu-

re' vennero concentrate le scuole-quadri regionali transilvane di lingua un- gherese. I “diplomati” entravano a far parte della nomenklatura locale; per alcuni si aprivano inoltre le porte del perfezionamento a Bucarest, foriero di una più luminosa carriera nell’apparato del CC. La scuola costituiva anche

una più ampia palestra di socializzazione in quanto gli allievi e i loro inse- gnanti (una trentina alla metà degli anni Cinquanta) provenivano spesso da altre regioni e dormivano in ampie camerate situate nella stessa sede della scuola di partito, una villa requisita alla fine degli anni Quaranta. Le materie principali dei corsi erano fondamenti di marxismo-leninismo, materialismo dialettico, economia politica, politica economica, costruzione del partito, re- lazioni internazionali, storia del PCUSe storia della Repubblica popolare ro-

mena. I professori titolari, come il popolare József Spielmann, univano alle lezioni di carattere ideologico veri e propri corsi di alfabetizzazione e veni- vano cooptati dalla cattedra di marxismo-leninismo dell’Istituto medico-far- maceutico, oltre che dagli ambienti letterari e dai licei cittadini.

Noi abbiamo anche fatto delle cose che non erano in programma, ad esempio lette- ratura ungherese. Il programma lo facevamo noi. Chiamavamo spesso Spielmann a parlare anche di letteratura. E abbiamo introdotto delle ore di grammatica e sintas- si ungherese, ce n’era bisogno. E poi la letteratura. Chiamavamo Béla Kozmae la

moglie, e poi chiamavamo [András] Sütó, László Gagyi, Zoltán Hajdu.

Le lezioni si svolgevano in lingua ungherese e spesso gli ospiti da Bucarest ve- nivano “doppiati” in quanto l’uditorio non si rivelava in grado di compren- derli, sebbene il piano di studi prevedesse la conoscenza delle basi della gram- matica romena oltre che del russo. Al fine di assicurare la massima purezza ideologica, il contenuto delle lezioni veniva controllato dai responsabili delle cattedre rispettive; il testo veniva inoltre distribuito agli educatori con alcune



. ANDJM, , dossier /, rapporto sul contenuto delle lezioni e sui risultati ottenuti

nella qualificazione degli allievi della scuola annuale di partito nel -, Târgu-Mure',  lu- glio , pp. -; ANDJM, , dossier /, dati generali sull’istruzione di partito nel- l’anno -, Târgu-Mure',  agosto , pp. -.

. Preside del prestigioso liceo e collegio ungherese di Târgu-Mure' fondato nel  e intitolato nel cinquecentenario della fondazione al letterato e matematico Farkas Bolyai.

settimane di anticipo. Anche i massimi esponenti della nomenklatura re-

gionale erano regolarmente invitati a tenervi lezione: il primo segretario Csu- por parlò in diverse occasioni della «regolamentazione della composizione et- nica del partito», ovvero della necessità che i suoi organi dirigenti rispettas- sero la ripartizione nazionale della popolazione. Il presidente del Consiglio popolare Bugyi analizzò «la lotta dei bolscevichi per ricostruire l’economia sovietica dopo la guerra», mentre il segretario cittadino József Benkó, già

console ad Ankara negli anni in cui Ana Pauker era ministro degli Esteri, il- lustrò il funzionamento degli organi dirigenti. Ai partecipanti veniva offerta poi una visita a Bucarest, cui si accompagnava l’escursione didattica alla pri- gione di Doftana, nella quale erano stati detenuti Gheorghiu-Dej e il segreta- rio regionale Csupor. Un altro momento di formazione era assicurato dai di- battiti (sempre più rari verso la fine degli anni Cinquanta) organizzati fra i gio- vani quadri e gli anziani militanti del partito comunista clandestino.

Non sempre, però, il livello ideologico incontrava il gradimento della di- rezione. Nel  i giornalisti Simon Fuchs e Sámuel Csernowitz furono per esempio redarguiti per un «grave errore di carattere soggettivistico» com- messo durante una lezione sulle leggi che regolano la produzione dei beni.

L’anno seguente un insegnante, parlando del miglioramento del livello di vita come obiettivo dei decreti del - agosto , incorse in un errore conte- stato dagli stessi studenti: dopo la conquista del potere da parte del proleta- riato non sarebbe stato più necessario condurre una lotta politica per assicu- rarne gli interessi economici. Il direttore di un seminario sulla NEPchiese ai

corsisti di imparare a memoria un passo di Stalin sull’industrializzazione e un altro docente, nel tentativo di accrescere la cultura storica degli allievi, motivò la sconfitta delle rivolte popolari nell’Europa centro-orientale dell’era medie- vale con la mancata alleanza fra la classe operaia e quella contadina.

I corsi di indottrinamento, oltre ad accollarsi il compito di superare l’a- nalfabetismo di ritorno dei membri della nomenklatura, fornivano loro un’ottima occasione per curare i malanni fisici nelle strutture sanitarie mes- se gratuitamente a disposizione dal partito. Solo verso la fine degli anni

Cinquanta la scuola annuale, ormai denominata Università serale di marxi- smo-leninismo, si trasformò in un organismo complesso: quasi  iscritti al- l’anno, numerosi professori a tempo pieno e tre indirizzi (facoltà): filosofia, storia ed economia. Proprio intorno al nucleo dei professori dell’univer-

 . ANDJM, , dossier /, p. . . ANDJM, , dossier /, p. . . ANDJM, , dossier /, p. . . ANDJM, , dossier /, p. . . ANDJM, , dossier /, p. . . ANDJM, , dossier /, p. . . ANDJM, , dossier /, p. .

. ANDJM, , dossier /, rapporto del direttore della scuola annuale di partito Ignác Gáll sull’istruzione di partito nell’anno -, Târgu-Mure',  maggio , pp. -.

sità serale sarebbe nata nel capoluogo della RAUnel  la Scuola superiore

triennale di pedagogia, destinata alla formazione degli insegnanti medi.

Nonostante le sue modeste competenze e capacità, la prima generazio- ne della nomenklatura ungherese riuscì a sopravvivere alla continua rota- zione dell’apparato utilizzata da Bucarest per evitare la formazione di clan locali. Confrontando i membri effettivi e supplenti degli organi direttivi del- la RAUe di altre unità amministrative emerge che mentre nel  in media il

- per cento dei funzionari in servizio era in funzione da meno di un an- no, nella RAUtale quota restava sotto il  per cento, mentre il  per cento

ricopriva la stessa funzione da più di quattro anni e il restante  da due-tre anni, ovvero dalla nascita della RAU. Grazie alla sua accondiscendenza e af-

fidabilità, il personale politico, culturale e militare ungherese riuscì a con- servare le proprie posizioni anche dopo la soppressione della Regione, tal- volta sino all’inizio degli anni Settanta.

.

Vincoli politici e spinte identitarie

Il compito della nomenklatura della RAU– ma il discorso è estendibile al-

l’intera Transilvania – fu la difficile mediazione di interessi contrapposti, come l’aderenza agli indirizzi politici generali e la rappresentazione degli in-

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