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Per prima cosa dobbiamo dare la denizione di calettamento utilizzata nella nostra Tesi. Deniamo come angolo di calettamento α∗ l'angolo che si viene

a formare tra la direzione tangenziale alla girante e la direzione tangente alla linea media della paletta al LE.

Il sistema di regolazione è composto da due dischetti in PVC, uno inserito dentro all'altro (Fig. 2.6(a)). Il disco grande ha un foro eccentrico nel quale viene ospitato il disco più piccolo, esso a sua volta ha un foro eccentrico sede del perno P2 della paletta (Fig. 2.6). La rotazione relativa tra questi due dischi permette, al foro F2, di descrivere un arco di cerchio rispetto alla posizione del foro F1 (Fig. 2.6(b)). In questo modo è possibile mantenere una distanza ssa tra F1 e F2, distanza che per forza di cose deve mantenersi pari alla distanza fra i perni P1 e P2 che si trovano sulle palette (Fig. 2.6(c)). In questo modo è possibile passare da un calettamento minimo di 6.5◦ a uno

(a) Prolo in schiera piana.

(b) Prolo trasformato in schiera radiale.

(a) Vista 3D. Esploso dei dischetti.

(b) Vista 2D. F1, F2 fori per alloggiare le palette.

(c) Foto paletta in plexiglass. P1, P2 perni per la regolazione del calettamento.

All'atto pratico la variazione di calettamento della pale è risultata piut- tosto ostica. Il problema sta nel fatto che ciascuna coppia di dischetti è regolabile in maniera indipendente dalle altre. La soluzione adottata per il posizionamento consiste nel trovare un legame geometrico fra la distanza λ di Fig. 2.7, che corrisponde alla distanza fra TE e bordo esterno del disco in PVC, e l'angolo di calettamento α∗. I valori di tale distanza sono

stati valutati utilizzando AutoCAD3 e vericati al momento del montaggio

utilizzando il calibro. Nel corso delle prove abbiamo accertato che all'atto del posizionamento si commette un errore massimo dell'ordine di 0.1 [mm] sul valore λ, ciò si traduce in un'incertezza inferiore a 0.2◦ sull'angolo di

calettamento α∗.

Figura 2.7: Distanza λ.

3Tramite questo software sono stati realizzati i disegni per la costruzione del diusore

Particle Image Velocimetry

Come già detto nel Cap. 1 la tecnica PIV, oltre a non essere invasiva, permet- te la misura globale delle velocità in tutto il campo di moto. Essa necessita della presenza di inseminanti nel uido, che vengono illuminati da una lama laser, e di un sistema di video registrazione che cattura il movimento di queste particelle. I record vengono poi elaborati con un software che, attraverso processi statistici e matematici, determina il campo di moto del uido. Gli elementi principali della tecnica di misura PIV sono cinque (Fig. 3.1):

- l'inseminante; - il laser;

- il sistema di sincronismo (telecamera, laser); - il sistema di acquisizione delle immagini; - il software per elaborare le immagini acquisite.

Figura 3.1: Schema base del sistema di misura PIV.

3.1 Inseminante

Nel considerare la tecnica PIV è di fondamentale importanza rammentare che la misura del campo di velocità è indiretta, in quanto si determina la velocità delle particelle disseminate nel uido e non la velocità del uido stesso. Per questo motivo è importante garantire che le particelle seguano bene il uido. Le caratteristiche di un buon inseminante devono essere:

- galleggiabilità neutra, tempo di sedimentazione lungo, minimizzazione dello slip. Pertanto è preferibile utilizzare inseminanti con peso speci- co prossimo a quello del uido.

- buona visibilità (attitudine allo scattering). La migliore riessione della luce determina una buona risoluzione delle immagini.

Avere particelle che soddisno entrambi i requisiti è dicile, in quanto, a parità di condizioni, per aumentare la visibilità, la particella deve avere dimensioni maggiori. D'altra parte particelle più grandi interagiscono mag- giormente con il uido, determinando una trasportabilità ridotta. Durst, autore dell'articolo [11], suggerisce una soluzione per valutare il diametro massimo delle particelle e quindi delle caratteristiche dell'inseminante. A tal ne si valuta un parametro τ, costante di tempo espressa in secondi:

τ = d

2δ

36µ d diametro delle particelle

δ densità delle particelle µ viscosità dinamica dell'acqua

A questo punto è possibile calcolare un parametro sp detto Particle Re-

covery Distance, esso è la distanza, da un gradiente di velocità a gradino, alla quale la particella raggiunge la velocità dell'acqua Vp:

sp = 3τ Vp

Supponendo che il gradiente massimo di velocità vada da 0 a Vpm/s è

possibile calcolare il parametro sp. Con l'inseminante utilizzato nella nostra

sperimentazione otteniamo un valore di sp minore di 1 mm e quindi dovremo

scegliere aree di interrogazione con lunghezza maggiore a sp. Le particelle da

noi utilizzate in laboratorio sono di vetro argentato, con diametro di 10 µm, esse pertanto rispettano i criteri ssati.

Il movimento di uidi bifase e bicomponente costituiti da uidi che in- teragiscono con particelle esterne è stato oggetto di numerosi studi teorici e

sperimentali. Per il nostro caso assumiamo che la concentrazione di particelle sia cosí bassa e le particelle cosí piccole che il usso della fase liquida risulti indisturbato dalla presenza dell'inseminante. L'interazione tra le particelle e il uido è quindi trascurata. Per quanto riguarda la quantità di inseminante, nel nostro caso, abbiamo optato per dosaggi generosi al ne di ottimizzare la nitidezza delle immagini, il problema delle pulizia delle superci è stato arontato come descritto di seguito.

Per evitare depositi di inseminante e di qualsiasi altro pulviscolo, even- tualmente presente nel uido di lavoro, al termine di ogni prova, l'impianto è stato svuotato. Prima di ripartire con una nuova acquisizione, tutte le super- ci trasparenti interessate dal processo di misura sono state accuratamente pulite con acqua e sapone prima e con uno speciale materiale abrasivo, per una migliore pulizia, poi. Infatti per la connotazione ottica del sistema di misura adottato, la trasparenza delle superci è di importanza assoluta.