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Controllo trascrizionale

Il gene di SGK è altamente conservato dal lievito all’uomo; infatti, la proteina SGK ha un ruolo biologico nell’adattamento e nella sopravvivenza della cellula agli agenti stressogeni, come il cambiamento dei livelli di nutrienti, di temperatura e di osmolarità. Nell’uomo l’espressione di SGK è finemente regolata durante l’embriogenesi. Durante i primi stadi dello sviluppo è espressa ad alti livelli nel cuore e nei vasi sanguigni, suggerendo un ruolo di questa chinasi nello sviluppo di tali organi. Nelle fasi successive dello sviluppo embrionale, SGK si trova ad alti livelli in tessuti coinvolti nella osmoregolazione e nella

risposta a condizioni di stress (Lee, 2001).

La trascrizione del gene Sgk può essere regolata da segnali di stress cellulari e ormonali in maniera tipo cellulare- e stimolo-dipendente (Webster et al., 1993a, 1993b; Imaizumi et al., 1994; Maiyar et al., 1996, 1997; Alliston et al., 1997; Delmolino and Castellot, 1997; Waldegger et al., 1997, 1999; Chen et al., 1999; Iyer et al., 1999; Naray-Fejes-Toth et al., 1999; Bell et al., 2000; Brennan and Fuller, 2000; Cowling and Birnboim, 2000; Shigaev et al., 2000; Mizuno and Nishida, 2001). La trascrizione di questo gene è indotta da gonadotropine, 1,25- diidrossivitamina D3, TGF-β, interleuchina-6, FGF, PDGF, trombina, endotelina ed altre citochine. Inoltre, l’attivazione del PPARγ stimola la trascrizione del gene. L’isoforma umana è stata identificata come gene regolato dal volume cellulare che viene trascrizionalmente sovraregolato mediante raggrinzimento cellulare. In cellule epiteliali renali A6, l’espressione di SGK viene stimolata dal rigonfiamento cellulare piuttosto che dalla diminuzione del volume cellulare. La trascrizione del gene viene stimolata anche da eccessive concentrazioni di glucosio, shock termico, radiazioni ultraviolette e stress ossidativo ed inibita dall’eparina (Leong ML, 2003, J Biol Chem.; Delmolino LM, J Cell Physiol, 1997).

Le molecole segnale coinvolte nella regolazione trascrizionale di SGK1 comprendono la protein chinasi C, la protein chinasi Raf, MAP- chinasi, PI3K e p53 (Mizuno H.,Genes Cells 2001; Gonzalez-Robayna IJ,. Mol Endocrinol 2000).

Controllo dell’attività enzimatica

In risposta a fattori di crescita del siero (Buse et al., 1999; Park et al., 1999), insulina (Kobayashi and Cohen, 1999; Park et al., 1999;

Perrotti et al., 2001), stress ossidativo (Kobayashi and Cohen, 1999; Park et al., 1999) e condizioni iperosmotiche (Bell et al., 2000), la fosforilazione e l’attività enzimatica della SGK-1 viene regolata come una componente a valle della cascata della fosfo-inositide 3-chinasi (PI3K), la quale attiva la protein chinasi-1 dipendente da fosfatidilinositolo (PDK1) (Kobayashi and Cohen, 1999; Park et al., 1999). La stimolazione dell’attività enzimatica di SGK è indotta da due eventi chiave di fosforilazione: uno sul residuo di treonina 256, nel loop di attivazione di SGK, l’altro sul residuo di serina 422, i quali subiscono una fosforilazione diretta rispettivamente sia da parte della PDK-1 che, presumibilmente, da parte della PDK-2 (Kobayashi and Cohen, 1999; Park et al., 1999).

I siti consenso dei substrati della SGK, identificati mediante l’analisi di una libreria peptidica, sono simili a quelli di Akt-1/PKB- (Kobayashi and Cohen, 1999; Park et al.,1999). Recentemente è stato dimostrato che la SGK-1 fosforila in vitro la glicogeno sintasi chinasi-3 (GSK-3), Raf chinasi e il membro della famiglia forkhead FOXO 3a (FKHRL-1) (Kobayashi and Cohen, 1999; Brunet et al., 2001; Zhang et al., 2001), molecole bersaglio della proteina Akt-1/PKB-.

Controllo della localizzazione cellulare

La distribuzione subcellulare della SGK-1 è regolata tra nucleo e citoplasma, in cellule epiteliali mammarie e in cellule dell’ovaio in modo stimolo dipendente (Buse et al., 1999; Gonzalez-Robayna et al., 1999; Alliston et al., 2000; Bell et al., 2000).

Nelle cellule di tumore epiteliale mammario stimolate da siero, la SGK-1 viene trasportata nel nucleo o nel citoplasma in sincronia con la fase del ciclo cellulare: la proteina è prevalentemente citoplasmatica in

fase G1 e nucleare durante le fasi S e G2/M del ciclo cellulare (Buse et al., 1999). Il trattamento con i glucocorticoidi, che provoca un arresto del ciclo cellulare in G1 (Buse et al., 1999), o l’esposizione a stress iperosmotico (Bell et al., 2000) determinano una localizzazione strettamente citoplasmatica di SGK.

Nell’ovaio, in seguito a trattamento con ormone follicolo stimolante (FSH), SGK risiede nel nucleo delle cellule proliferanti della granulosa, mentre nelle cellule luteali terminalmente differenziate, essa localizza nel compartimento citoplasmatico (Gonzalez-Robayna et al., 1999; Alliston et al., 2000).

Inoltre, studi di localizzazione subcellulare di SGK1 hanno dato risultati controversi. In cellule del dotto collettore di rene di coniglio che esprimevano transientemente un costrutto codificante per SGK1-AFP (proteina autofluorescente) e che erano marcate per i vari compartimenti subcellulari, la proteina SGK1-AFP colocalizzava con il marcatore del mitocondrio, la DHR 123. Inoltre, per determinare quale regione della sequenza aminoacidica fosse responsabile della localizzazione subcellulare, sono state generate linee mutanti stabili: dallo studio è emerso che la regione dei primi 60 aminoacidi all’N terminale di SGK1 è necessaria e sufficiente per la sua localizzazione subcellulare. La localizzazione di SGK1 nel mitocondrio rafforza l’idea che la SGK-1 possa giocare un ruolo nella regolazione del metabolismo energetico.

Questi dati indicano che la regolazione spazio-temporale della SGK-1 è vitale per la crescita e il differenziamento; ciò evidenzia l’esistenza di meccanismi regolatori specifici per la localizzazione di SGK nei distinti compartimenti cellulari (Cordas E, 2007).

Degradazione della SGK-1

SGK1 possiede una emivita di circa 30 minuti. Questa proteina viene degradata da parte del proteasoma 26S in seguito ad ubiquitinazione (Brickley DR, 2002). La degradazione potrebbe essere mediata dall’ubiquitina ligasi Nedd4.2 (Zhou R and Snyder PM, 2005). Quest’ultima contiene una serie di sequenze ricche in triptofano che interagiscono con il motivo di prolina-tirosina presentato dalle proteine target. La sovraespressione di Nedd4–2 incrementa l’ubiquitinazione della SGK-1 in maniera dose dipendente, incrementando probabilmente la sua ubiquitinazione (presumibilmente entro i primi 60 aminoacidi all’N terminale), e la sua degradazione da parte del proteasoma. Al contrario, il silenziamento di Nedd4-2 mediante RNA interference o la mancanza dell’N terminale di SGK, non permette l’ubiquitinazione della proteina provocando un aumento dell’emivita della stessa.

Ruolo della SGK-1 nella regolazione delle funzioni molecolare e cellulare

La sequenza consenso della SGK-1 è del tipo R-X-R-XX-(S/T)-Φ, in cui X rappresenta un aminoacido qualsiasi, R arginina e Φ indica un aminoacido idrofobico. Essa rappresenta la sequenza consenso comune ad Akt-1 e alle altre chinasi della classe delle SGK, la SGK-2 e SGK-3. La SGK-1 modifica una varietà di funzioni cellulari virtualmente in ogni organo mediante la fosforilazione diretta di molecole effettrici o regolatrici.

Canali del sodio

La SGK-1 è stata identificata come un gene regolato dai mineralocorticoidi, ed è in grado di stimolare il trasporto di sodio attraverso i canali del sodio (ENaC). L’aldosterone stimola il

riassorbimento di Na+ attraattraverso l’epitelio localizzato nella regione distale di organi escretori come i reni, il colon e le ghiandole salivari ed è stato trovato che la coespressione della SGK-1 e delle proteine dei canali del sodio incrementa il numero di canali attivi sulla superficie della cellula degli ovociti di X. Laevis (Loffing J. et al. Am J Physiol Renal Physiol 2001). L’mRNA della SGK-1 è rapidamente incrementato in risposta ai mineralocorticoidi in cellule A6 (cellule renali di rana) e nei dotti collettori di rene di ratto, così come in colture primarie di dotti collettori di coniglio ed una varietà di altre cellule. L’attività della PI3K potrebbe essere richiesta per l’attivazione dei canali del sodio SGK- dipendente così come per il trasporto di sodio stimolato dai mineralocorticoidi.

Figura 12: Modello per la regolazione del riassorbimennto del sodio e della secrezione del potassio dipendente da SGK1 nel nefrone distale sensibile all’aldosterone. L’aldosterone lega il recettore dei mineralcorticoidi e stimola l’espressione della SGK-1, della subunità α dei canali epiteliali del sodio, dei canali di escrezione renale midollare del potassio (ROMK),e della Na-K ATPasi. La subunità αENaC si associa con le subunità costitutive β e γ per formare il canale completo attivo. La SGK-1 può essere fosforilata sulla Ser 422 dall’insulina o dall’IGF-1 mediante una via di segnale a cascata che coinvolge PI3K e la PDK2. La SGK1 attiva aumenta il riassorbimento del sodio in parte fosforilando l’ubiquitina ligasi Nedd 4-2, che provoca il legame dello chaperone 14-3-3. Tale interazione previene l’ubiquitinazione mediata da Nedd4-2, impedendo quindi la degradazione del canale del sodio. Inoltre SGK1 stimola il canale del sodio mediante la sovraregolazione della trascrizione delle proteine del canale stesso e l’inibizione dell’enzima ossido nitrico sintasi inducibile (iNOS). Infine SGK1 stimola l’attività dei canali del potassio incluso ROMK e della Na-K ATPasi.( F. Lang, Physiol Rev 86: 1151– 1178, 2006)

I canali del sodio sono costituiti da tre subunità: α, β e γ. SGK interagisce fisicamente in vitro con le subunità α e β, pur non essendo bersagli della fosforilazione da parte di della SGK-1 (Wang J et al. Am J Physiol Renal Physiol 2001). Infatti, la SGK-1 promuove l’incremento dei canali del sodio sulla membrana plasmatica con il seguente meccanismo: la SGK-1 si lega a Nedd4-2 fosforilandolo in tre residui

specifici (Ser221, Thr246 e Ser327). La Nedd4-2 fosforilata non è più in grado di legarsi ad ENaC e quindi di ubiquitinarlo (figura 12)(Naray- Fejes-Toth et al, Mol Cell Endo 2004; Snyder PM et al. JBC 2002). La SGK-1 può, quindi, regolare la volemia ed una sua modificazione può essere responsabile di fenomeni di ipovolemia. Tuttavia topi knockout per SGK-1, che assumono una dieta a concentrazioni standard di sale non manifestano alcun sintomo; invece, in condizioni di dieta a basso contenuto di sale, questi topi sono ipotesi, dal momento che non sono in grado di riassorbire il sodio in modo adeguato. (Zhou and Snyder, JC 2005)

Proliferazione cellulare e apoptosi

È stato dimostrato che SGK1 promuove la sopravvivenza cellulare. L’effetto antiapoptotico le è stato attribuito dalla sua capacità di fosforilare i fattori di trascrizione della famiglia forkhead, come FKRHL1.

L’attivazione di SGK1 in cellule cerebrali cancerose inibisce l’apoptosi, poiché essa esercita i suoi effetti modulando NFkB. Infatti, il dominante negativo di IKKβ annulla l’effetto antiapoptotico della SGK- 1. SGK1 impedisce a Akt-1/PKB- di fosforilare Bax, prevenendo l’entrata nel mitocondrio di questo importante fattore proapoptotico nel mitocondrio (figura 13)(Tsuruta F, J Biol Chem 2002).

Figura 13: Ruolo della SGK-1 nel controllo della regolazione genica dipendente dal fattore NFkB. La SGK-1 fosforila ed attiva IKKβ, la quale successivamente fosforila IkB, l’inibitore di NFkB. La fosforilazione di IkB provoca la dissociazione di IkB dal complesso IkB-NFkB inattivo. IkB fosforilato viene successivamente ubiquitinato e degradato, mentre NFkB entra nel nucleo per regolare i geni target. I geni che si trovano sotto il controllo di NFkB comprendono il fattore di crescita del tessuto connettivo (CTGF), un importante stimolatore della sintesi delle proteine di matrice (F. Lang, Physiol Rev 86: 1151–1178, 2006).

L’ ENDOTELIO

L’endotelio è un tessuto di rivestimento, di tipo pavimentoso semplice, derivante dal mesoderma embrionale, che riveste la superficie interna dei vasi sanguigni e del cuore (endocardio). Le cellule endoteliali, che lo compongono, sono piatte, poligonali e allungate secondo la direzione del flusso. Le cellule endoteliali contengono relativemente pochi organelli intracellulari (Golgi, mitocondri, reticolo endoplasmatico e ribosomi liberi), numerose vescicole pinocitosiche, per il trasporto di sostanze attraverso l'endotelio. L'endotelio forma il rivestimento interno di tutte le arterie e vene, nonché costituisce la parete dei capillari. Considerato in passato come un semplice rivestimento dei vasi, attualmente l'endotelio viene visto come un vero e proprio organo, capace di elaborare una vastissima quantità di sostanze attive, in grado di modulare l'attività sia delle varie strutture della parete vasale da esso rivestite, sia delle cellule ematiche e delle proteine del sistema coagulativo, che vengono in contatto con la sua superficie luminale. Parte di queste sostanze sono secrete dalle cellule endoteliali nelle immediate vicinanze (secrezione paracrina), per esercitare i loro effetti sulla parete vasale, o sono immesse nella circolazione (secrezione endocrina) per svolgere la loro azione a distanza, come nel caso delle sostanze che concorrono al controllo della pressione arteriosa (es. ossido di azoto e endotelina) (Praticò D. Atherosclerosis 2005). Altre molecole prodotte dall'endotelio esplicano la loro azione rimanendo legate alla superficie delle cellule endoteliali, come accade per le molecole di adesione per i leucociti o per quelle che influenzano la coagulazione.

rivestendo un ruolo di primissimo piano nel rimodellamento, che si osserva nell’ipertensione e nella aterosclerosi.

Quando viene compromessa la capacità delle cellule endoteliali di elaborare le sostanze che vengono prodotte in condizioni fisiologiche si parla di disfunzione endoteliale. Essa è caratterizzata dalla compromissione dell’attività endocrino-paracrina dell’endotelio, con secrezione di sostanze biologicamente attive (citochine, fattori di crescita, radicali liberi, ecc.), che sono responsabili dell’attivazione dei leucociti e del controllo del tono vasale. Sebbene la disfunzione riguardi tutte le funzioni endoteliali, clinicamente la disfunzione endoteliale viene valutata principalmente come compromissione della vasodilatazione endotelio-dipendente a livello del circolo coronarico o di quello brachiale. L’endotelio, essendo da un lato bersaglio dei segnali meccanici, generati dal flusso ematico, e dei segnali neuro-ormonali e dall’altro fonte di mediatori vasoattivi, svolge un ruolo fondamentale nel controllo della funzionalità delle arterie e del microcircolo. Infatti, le forze meccaniche principali esercitate dal flusso ematico sulla parete vasale sono due: stress da attrito o shear stress e stress tensivo. Lo shear stress è prodotto dall’attrito del flusso laminare sull’endotelio e interessa esclusivamente le cellule endoteliali, mentre lo stress tensivo è prodotto dalla pressione idrostatica all’interno del vaso e interessa l’intera parete vasale (endotelio, fibroblasti, cellule muscolari lisce). Lo shear stress attiva le cellule endoteliali e promuove la liberazione di mediatori vasodilatatori, mentre lo stress tensivo stimola direttamente le cellule muscolari lisce, inducendone la contrazione, e produce lo stiramento delle cellule endoteliali. L’effetto netto sul tono vasale è il risultato della interazione tra la contrazione miogena indotta dalla pressione e la dilatazione endotelio-dipendente indotta dal flusso.

In condizioni patologiche l'endotelio cambia le sue caratteristiche diventando suscettibile al danno (infiammazione e trombosi), perdendo il controllo della permeabilità vascolare, modificando l'adesività alla parete dei leucociti circolanti (primo segno della formazione della placca aterosclerotica) e, in ultimo, favorendo la vasocostrizione. Dei mediatori vasoattivi secreti dall’endotelio, l'ossido di azoto (NO) è prodotto costitutivamente, anche se la sua sintesi è modulata da numerosi stimoli, mentre la prostaciclina (PGI2), l'endotelina (ET) e il fattore attivante le piastrine (PAF) sono sintetizzati de novo in risposta a vari agonisti.

Numerose condizioni patologiche (aterosclerosi, ipercolesterolemia, diabete, fumo, ecc.) possono danneggiare l'endotelio

e alterare la sua funzione nel controllo del tono vasale. La disfunzione endoteliale comporta la riduzione della vasodilatazione flusso-mediata e la ridotta vasodilatazione agli agonisti, che normalmente determinano vasodilatazione endotelio-dipendente, quali bradichinina, istamina, sostanza P e soprattutto acetilcolina. Questi mediatori inducono vasodilatazione attraverso la produzione endoteliale di NO. Esso è prodotto dal catabolismo della L-arginina per mezzo dell'enzima ossido nitrico sintasi (NOS), costitutivamente espresso dalle cellule endoteliali, ed é il più importante vasodilatatore.

L'acquisizione di un fenotipo endoteliale patologico nell'uomo si verifica prima della manifestazione clinica della malattia e si associa alla presenza dei fattori di rischio cardiovascolari tradizionali come l'ipercolesterolemia, l'ipertensione, il diabete mellito e ad altri fattori di rischio come l'obesità e le malattie sistemiche infiammatorie (artrite reumatoide etc.). La centralità dell'endotelio nella fisiopatologia di alcune fra le più importanti e diffuse patologie umane, quali la sindrome aterosclerosi vascolare, l'ipertensione arteriosa, il diabete e la disfunzione

erettile. In presenza di fattori di rischio il cambiamento delle caratteristiche del tessuto é definito "attivazione endoteliale" cui corrisponde una risposta funzionale diversa, se non assolutamente opposta, a quella dell'endotelio sano. E', quindi, molto importante considerare come la risposta endoteliale non solo cambi in relazione alla condizione in cui si trova l'endotelio, ma abbia anche componenti diverse nei differenti tessuti. Lo sviluppo della disfunzione endoteliale è caratterizzato da un'alterazione del tono vasale e dall'incremento della capacità "adesiva" della cellula endoteliale. Queste alterazioni sono comuni alle diverse patologie vascolari già citate (aterosclerosi, ipertensione e diabete) (Praticò D., 2005).

L’ATEROSCLEROSI

Patologia

L’aterosclerosi è una malattia infiammatoria cronica delle arterie di grande e medio calibro caratterizzata dall’accumulo di lipidi ed elementi fibrosi. E’ la causa principale della malattia ischemica cardiaca, causata da aterosclerosi coronarica e successivo evento trombo-embolico, e dell’ictus, le due maggiori cause di mortalità e morbilità che si riscontrano nei paesi sviluppati ed in via di sviluppo.

Le lesioni precoci dell’aterosclerosi consistono in accumuli subendoteliali di macrofagi ripieni di colesterolo chiamati “cellule schiumose”. Così lesioni “fatty streak” sono precursori di lesioni aterosclerotiche avanzate caratterizzate dall’accumulo di detriti necrotici ricchi di lipidi e cellule muscolari lisce. Le placche ateromatose possono diventare complesse arrivando alla calcificazione, all’ulcerazione della superficie luminale, e ad emorragie dai piccoli vasi che crescono nelle lesioni della media del vaso sanguigno. Sebbene la crescita delle lesioni può diventare sufficientemente grande da bloccare il flusso sanguigno, la complicanza clinica più importante è l’occlusione acuta di un vaso sanguigno dovuta alla formazione di un trombo o di un coagulo di sangue, come avviene nell’infarto miocardico o nell’ictus. Di solito, la trombosi è associata alla rottura o all’erosione di una placca vulnerabile che presenta un sottile cappello fibroso (Aldons J. L., 2004).

Studi sperimentali su modelli animali e studi di patologia umana hanno elucidato gli eventi dell’aterosclerosi. Topi con delezione (knockout) del gene della apolipoproteina E o del recettore delle lipoproteine a bassa densità (LDL) sviluppano lesioni aterosclerotiche

avanzate e rappresentano i modelli di studio più utilizzati. Il primo evento che si osserva è l’accumulo di particelle lipoproteiche e dei loro aggregati nell’intima, nei siti prediletti per la lesione. Successivamente, monociti e linfociti aderiscono alla superficie dell’endotelio e trasmigrano attraverso il monostrato di cellule endoteliali dell’intima. I monociti proliferano, si differenziano in macrofagi e una volta imbibiti di lipoproteine, formano le cellule schiumose, ripiene di colesterolo.

Figura 14 : Formazione dell’ateroma. (Peter Libby, Nature, 2002).

Con il tempo, queste cellule muoiono liberando il loro contenuto lipidico in un crescente core necrotico. Incrementando il volume delle lesioni, le cellule muscolari lisce migrano nell’intima dallo strato mediale e secernono collagene per formare un cappello fibroso. Inizialmente, tali lesioni ateromatose crescono fuori dell’avventizia, ma successivamente esse cominciano a crescere nel lume del vaso. Le lesioni continuano ad incrementare di volume mediante la migrazione di nuove cellule

mononucleate dal sangue, le quali entrano negli strati del vaso, accompagnati dall’accumulo di lipidi extracellulari ed elementi fibrosi. I fattori che provocano lo sviluppo di lesioni complesse ed avanzate, con la presenza di calcificazione e neovascolarizzazione, sono poco conosciuti. Fattori di particolare rilevanza clinica sono quelli contribuiscono allo sviluppo di placche “vulnerabili”, che si possono rompere e scatenare l’evento trombo-embolico (figura 14).

Nella reazione infiammatoria cronica dell'intima, un ruolo fondamentale è svolto dalla ossidazione e glicazione delle LDL, che restano intrappolate nella matrice extracellulare dello spazio subendoteliale. L'ossidazione delle LDL (ox-LDL) è dovuta sia alla presenza di enzimi e metaboliti ossidanti prodotti dalle cellule della parete arteriosa, soprattutto dai monociti-macrofagi reclutati nell'intima, che dal ridotto volume ed aumentata densità delle LDL che, nel processo fisiopatologico dell’ateroscelerosi, sono piccole e dense. Le ox-LDL si accumulano nelle cellule che fagocitano macromolecole attive, causando l'accumulo intracellulare di esteri del colesterolo. Quest’ultimo è responsabile della trasformazione in cellule schiumose.

Dalla letteratura è nota la presenza di cellule vascolari senescenti in lesioni aterosclerotiche, le quali esprimono aumentati livelli di molecole pro-infiammatorie e diminuiti livelli dell’enzima ossido nitrico sintasi endoteliale, suggerendo che la senescenza cellulare in vivo contribuisce alla patogenesi dell’aterosclerosi nell’uomo. In particolare, vi è una ampia discussione sull’ipotesi della senescenza telomerica (Minamino, 2003). Infatti, vi sono numerose evidenze che indicano un ruolo critico dei telomeri nella senescenza vascolare e della senescenza cellulare negli organismi invecchiati o nelle malattie legate all’età, inclusa l’aterosclerosi.

È stato dimostrato che cellule EPC, derivate dal midollo osseo di giovani adulti, sono in grado di rimpiazzare la funzione angiogenica danneggiata dall’età (Edelberg JM, 2002). Il trattamento cronico con cellule EPC di topi giovani Apo-E deficienti non aterosclerotici, previene la progressione dell’aterosclerosi in topi Apo-E deficienti che ricevono queste cellule, nonostante una dieta ipercolesterolemica. Comunque, l’introduzione della telomerasi nelle EPC aumenta la durata della vita e l’efficacia della neovascolarizzazione in vivo (Murasawa S, 2002).

L’istologia delle lesioni aterosclerotiche umane ha rivelato che vi sono cellule EPC e VSMC con le caratteristiche morfologiche delle cellule senescenti (Burrig KF. 1991; Ross R, 1984). Ciò suggerisce l’esistenza della senescenza anche in vivo. Infatti, sono state ritrovate cellule vascolari SA-β-gal positive sia in placche aterosclerotiche di

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