Tale secondo momento viene presentato come l’impossibilità di un regresso all’infinito nella serie delle cause . Per stabilire cosa intenda Tommaso con questa 36 impossibilità, è utile far prima chiarezza su ciò che l’Autore non ha in mente quando parla di regresso all’infinito, in modo da sgomberare il campo da facili errori d’interpretazione. In particolare, è opportuno chiarire da subito che con questa tesi Tommaso non intende escludere l’ipotesi della sempiternità del mondo;
35 Per questo motivo Amato Masnovo traduce omne quod movetur ab alio movetur proprio con «ciò che è in moto non ha in sé la piena ragione sufficiente del suo moto» (cfr. P. PAGANI,
Sentieri riaperti, Jaca Book, Milano 1990, p. 210).
36 Rispettivamente, nelle tre vie: 1. hic [nella serie dei motori] non est procedere in infinitum; 2. non
est possibile quod in causis efficientibus procedatur in infinitum; 3. non est possibile quod procedatur
non intende, cioè, dimostrare la necessità di una prima causa in ordine temporale . 37 La tesi è riaffermata più volte nell’opera tommasiana, da ultima nell’opuscolo polemico De aeternitate mundi, risalente al secondo periodo di docenza parigina e rivolto a quei teologi, soprattutto francescani, che ritenevano fosse possibile dimostrare razionalmente un inizio temporale del mondo; dal lato opposto della disputa si collocavano aristotelici radicali e averroisti, per i quali era invece una verità di ragione che il mondo fosse sempre esistito. Tommaso si pone in una posizione di equidistanza da entrambi i poli: egli sostiene che l’inizio temporale del mondo sia esclusivamente una verità di fede, dal momento che l’argomentazione filosofica non permette di escludere nessuna delle due alternative. L’argomentazione di Tommaso muove proprio dal concetto di causa, in particolare di “causa istantanea” : «nessuna causa che produca il suo effetto istantaneamente, 38 lo precede necessariamente nella durata» . Dunque, ammesso che il mondo abbia 39 una causa e che questa causa sia istantanea, l’esser-causato del mondo non implica che questo abbia avuto un inizio nel tempo, ovvero che debba seguire temporalmente la propria causa, dal momento che «in qualunque istante sia posto un agente che produce istantaneamente il suo effetto, può essere posto il termine
37 In altri termini, è da escludere che Tommaso sottintendesse una teoria cosmologica equiparabile a quella, moderna, del Big Bang.
38 Si fa notare che, in questo punto, Tommaso argomenta più da teologo che da filosofo: la creazione del mondo da parte di Dio è presupposta; egli illustra qui in che modo tale creazione non risulti incompatibile con l’ipotesi della sempiternità del mondo.
39 «Nulla causa producens suum effectum subito necessario procedit duratione suum effectum» (De
della sua azione» ; se la causa istantanea del mondo è sempiterna, tale può essere 40 anche l’effetto, ovvero il mondo stesso . 41
Ma com’è possibile che la sempiternità del mondo, ovvero l’infinitezza del tempo (anche di quello passato), non implichi un regresso all’infinito nella serie causale, di fatto invalidando con ciò l’intera argomentazione delle tre vie? Il tema è affrontato nella quaestio 46 della prima Parte della Summa Theologiae, dove viene illustrata la distinzione tra serie causale essenzialmente ordinata [per se] e serie causale accidentalmente ordinata [per accidens]:
Nella serie essenziale delle cause efficienti non si può procedere all’infinito, come accadrebbe se si moltiplicassero all’infinito le cause che sono essenzialmente richieste per un dato effetto; come se la pietra fosse mossa dal bastone, e il bastone dalla mano, e così all’infinito. Ma non è impossibile che si possa procedere all’infinito nella serie accidentale delle cause efficienti; nel caso cioè che tutte queste cause moltiplicate all’infinito non abbiano che un solo rapporto causale, e che la loro moltiplicazione non sia che accidentale; come un artigiano che utilizzi accidentalmente molti martelli, perché questi si rompono uno dopo l’altro. Accade così a questo martello di agire dopo l’azione di un altro martello. Allo stesso modo, a quest’uomo, che genera, accade di essere generato da un altro, ma egli genera in quanto è un uomo, e non in quanto è figlio di un altro uomo; infatti tutti gli uomini sono sullo stesso piano nell’ordine delle cause efficienti, che è il grado di individuo in grado di generare. Perciò non è impossibile che l’uomo sia generato dall’uomo all’infinito. 42
40 «In quocumque instanti ponitur agens producens effectum suum subiti, potest poni terminus
actionis sue» (ivi, 8).
41 Dal momento che la non-istantaneità della causa è sintomo di un difetto nella causa stessa, va da sé che Dio, essendo perfetto, sarà una causa istantanea.
42 «In causis efficientibus impossibile est procedere in infinitum per se; ut puta si causae quae per se
requiruntur ad aliquem effectum, multiplicarentur in infinitum; sicut si lapis moveretur a baculo,
et baculus a manu, et hoc in infinitum. Sed per accidens in infinitum procedere in causis agentibus
non reputatur impossibile; ut puta si omnes causae quae in infinitum multiplicantur, non teneant
ordinem nisi unius causae, sed earum multiplicatio sit per accidens; sicut artifex agit multis
martellis per accidens, quia unus post unum frangitur. Accidit ergo huic martello, quod agat post
actionem alterius martelli. Et similiter accidit huic homini, inquantum generat, quod sit generatus
La distinzione qui introdotta, oltre che logica, è — ancora una volta — ontologica. Logica, poiché interessa la natura dell’implicazione tra causa ed effetto: nella serie accidentale, ciascuna “coppia causale” è logicamente indipendente dalle altre, e risulta legata alle coppie precedenti non di diritto, ma soltanto di fatto (ovvero per
accidens). Tale serie accidentalmente ordinata può essere schematizzata nella maniera seguente: (w→x)⇒(x→y)⇒(y→z) . In altri termini, il rapporto causale 43 necessario (quello che partecipa a soddisfare l’esigenza posta dal principio di ragion sufficiente) è esclusivamente quello che si realizza nella singola coppia causa-effetto (y→z): l’effetto z implica logicamente la sua causa y, ma non i precedenti anelli della catena, i quali sussistono come dato di realtà e non come necessità logica. Nella serie essenzialmente ordinata, dall’altro lato, tutti i legami di implicazione sono di tipo logico: w→(x→(y→z)). Sarebbe a dire che ciascun rapporto causale all’interno della serie è necessario, facendo dell’intera serie un unico, complesso, legame causale: ogni anello della serie, dunque, implica logicamente — in virtù del principio di ragion sufficiente — tutti gli anelli che lo precedono; l’effetto finale (z) implica così l’intera serie.
Il passaggio dal piano logico a quello ontologico — cioè dall’astratto al concreto — è immediato, e va rintracciato nella natura gerarchica dell’ordine che si instaura tra le cause essenzialmente ordinate: l’implicazione tra di esse è ontologicamente necessaria poiché, all’interno della serie, ciascuna causa non-prima (che è preceduta da almeno un’altra) non ha in sé la capacità di causare, ovvero non realizza pienamente la ragion sufficiente del suo effetto; essa causa soltanto in virtù delle
homines generantes habent gradum unum in causis efficientibus, scilicet gradum particularis
generantis. Unde non est impossibile quod homo generetur ab homine in infinitum» (ST, I, q. 46, a.
2).
cause che la precedono. La nozione di motore secondo (secundum movens) che appare nella prima via, o quella equivalente di causa intermedia (medium) che appare nella seconda, che pure possono sembrare petizioni di principio (in quanto sembrano presupporre la nozione di primo motore o causa prima), in realtà indicano proprio questa evidenza ontologica, cioè che ciascun anello non-primo di una serie essenzialmente ordinata non ha in sé la capacità di causare, ma è tanto causa quanto effetto a sua volta. E da qui si arriva al punto: ammettere una serie essenzialmente ordinata infinita significa ammettere l’inesistenza di una causa prima, ovvero, che è lo stesso, significa ammettere che tutte le cause che precedono l’effetto sono cause intermedie. Se tutte le cause sono intermedie, e nessuna causa intermedia ha in sé la capacità di causare, significa che non esiste una causa che abbia in sé la capacità di causare; ma se così fosse non vi sarebbe causazione, poiché, non essendovi alcuna fonte della causalità, non potrebbero nemmeno esistere le cause intermedie, e con esse l’effetto . 44
Questa esigenza di una causa prima non è presente in una serie accidentalmente ordinata, poiché l’ordine di tale serie non è gerarchico bensì orizzontale: ciascun anello segue il precedente, ma non causa in virtù del precedente, né tantomeno in virtù di tutti i precedenti. In questo tipo di serie, il suo essere effetto è quindi separato dal suo essere causa, mentre nella serie essenzialmente ordinata i due momenti coincidono. L’infinitezza del passato darebbe origine ad una serie infinita di cause accidentalmente ordinate, ma in questo non vi sarebbe contraddizione: ciascuna causa, in questo scenario, non causerebbe in virtù delle cause che la
44 La causalità, che è un positivo, dovrebbe ancora una volta venire dal nulla, cioè dal negativo assoluto; il che, come ripetuto, è contraddittorio.
precedono nella serie accidentale (ossia storica), ma ancora una volta in virtù delle cause che la precedono nella serie essenziale di cui fa parte . 45
Torniamo ora all’argomento tommasiano: ciascun ente sensibile si muove, e in quanto si muove è essenzialmente mosso da altro. Questo motore può essere immobile — e perciò coincidere con l’oggetto della ricerca, cioè Dio — o può essere a sua volta in movimento; qualora sia in movimento, esso è a sua volta essenzialmente mosso da altro; e così ancora. Se si procedesse all’infinito in questa serie essenzialmente ordinata si avrebbe l’inconveniente già discusso: in assenza di un primo motore o di una causa prima, nessun ente avrebbe in sé la capacità di muovere o causare, e perciò non esisterebbe l’effetto, ovvero l’ente sensibile in movimento. Ma l’ente sensibile ci è immediatamente noto, poiché consta all’esperienza. Dunque, si è costretti ad ammettere un motore immobile o una causa non-causata che funga da punto di partenza della serie causale, «e questo è ciò che tutti intendono per Dio».
Giunti alla conclusione del secondo momento, e perciò della dimostrazione, si possono tirare le fila dell’itinerario metafisico fin qui compiuto. Il primo momento della dimostrazione testimonia la natura causata, derivata, dell’ente sensibile. Il secondo momento stabilisce invece che la causa originaria dell’ente sensibile non si trova nell’esperienza, bensì al di là di essa; tale causa deve, cioè, trascendere
l’esperienza. In altri termini, non è soltanto il singolo ente ad essere causato, bensì il mondo sensibile nella sua interezza. In quanto trascendente l’esperienza, questa causa è inesperibile; di essa sappiamo però che non soffre della medesima
45 Ciascun ente di una serie accidentale, in quanto mutevole, è anche il termine di una serie essenziale e a questa deve il suo movimento e la sua causalità.
“insufficienza ontologica” che affligge il mondo sensibile: dal momento che abbiamo fatto coincidere questa insufficienza ontologica col mutamento, possiamo affermare che la causa del mondo è Immutabile. Sappiamo, inoltre, che essa causa il mondo essenzialmente, e non accidentalmente; la sua azione, cioè, si esercita su ogni determinazione del mondo e in ogni istante : il mondo è causato da Dio 46
secundum totum id quod in eo est, totalmente ed incessantemente.
Aver stabilito l’esistenza di Dio, la sua trascendenza e il suo rapporto di causalità essenziale rispetto al mondo, ci porta ad un solo passo dall’approdo teoretico alla Creazione vera e propria. Prima di compiere quest’ultimo passo sarà opportuno allontanarsi momentaneamente dal dettato tommasiano, per ripercorrere la strada compiuta fin qui, senza riferimento a ipoteche storico-cosmologiche, e giungere alla meta poggiandosi semplicemente sulla considerazione della ratio entis et non entis.
46 Va quindi rigettata l’ingenua concezione illuministica del Dio che “architetta” il mondo e gli dà inizio, salvo poi lasciare il mondo alla sua autonomia; la posizione del mondo da parte di Dio non è un evento storico, bensì un processo atemporale: il mondo non gode di alcuna autonomia posizionale rispetto a Dio.