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Le relazioni industriali europee in una prospettiva globale e il

Nell’Europa occidentale (a partire dal 1945), gli accordi sulle

relazioni industriali sono stati fondati su quattro pilastri istituzionali:

l’organizzazione o la densità sindacale, il coordinamento della

contrattazione, la rappresentanza dei lavoratori nelle aziende e

l’inclusione sistematica delle parti sociali nelle consultazioni sulle

politiche sociali ed economiche; ma la capacità della Comunità di creare

relazioni industriali a livello sovranazionale è rimasta limitata, è solo

dalla metà degli anni Ottanta che l’elaborazione di politiche nel settore

sociale, incluse le relazioni industriali, si è intensificata59. Le possibilità

di attuare la normativa comunitaria nell’ambito delle relazioni industriali,

fino allora limitale, sono state ampliate.

59 Le relazioni industriali, come si conoscono oggi, sono il prodotto di un contesto

storico nel quale il problema principale era riconciliare il capitalismo con la democrazia, tanto nell'Europa occidentale quanto negli Stati Uniti. Sul punto cfr., W. STREECK. Diritto del lavoro e relazioni industriali: origini e prospettive. Le relazioni industriali oggi, in Dir. rel. ind. 2009, 2, 255.

38 La nascita di relazioni industriali a livello comunitario è posta in

evidenza da una serie (crescente) di valori, principi comuni, istituzioni,

politiche e processi, caratterizzati da una combinazione di misure «hard»

(vincolanti giuridicamente) e «soft» (non vincolami giuridicamente)

incentrate sulla dimensione sociale del mercato. Tali elementi sono

ancorati istituzionalmente ed alcuni di essi trovano fondamento nei

trattati60.

I quattro pilastri posti a sostegno degli accordi fondamentali sulle

relazioni industriali europee a livello nazionale sembrano svilupparsi

anche a livello comunitario, seppur con risultati ancora limitati in termini

di efficacia di queste istituzioni transnazionali.

Negli ultimi decenni è emersa una dimensione transnazionale

della contrattazione collettiva, incoraggiata da processi e istituzioni

promossi dall’UE, inoltre, l’adozione della direttiva del 1994 sul

comitato aziendale europeo e della direttiva del 2001 sulla società

europea ha contribuito a rafforzare la prassi relativa all’informazione e

alla consultazione dei lavoratori nei contesti transnazionali. Infine, il

dialogo sociale europeo è diventato un elemento distintivo delle relazioni

industriali a livello comunitario, poiché consente la partecipazione delle

parti sociali agli accordi in materia di politica transnazionale.

39 La combinazione di un programma di sviluppo del mercato con

un’agenda sociale che include accordi sulle relazioni industriali

transnazionali emergenti pone l’UE all’avanguardia rispetto ad altre

potenze economiche e organizzazioni per l’integrazione regionale61.

Nel contesto specifico delle relazioni industriali, l’UE promuove il

partenariato e la cooperazione sociale fissando norme minime per la

rappresentanza dei lavoratori nelle aziende nazionali e transfrontaliere e

riconoscendo alle parti sociali nell’ambito di accordi quadro un ruolo di

consultazione e, in alcuni ambiti, di colegislazione. Tuttavia la

contrattazione collettiva e la fissazione dei salari due elementi chiave

delle relazioni industriali sono tuttora ancorati alle realtà nazionali.

Le parti sociali (sindacati e datori di lavoro) sono state coinvolte in

misura sempre maggiore nella strategia di Lisbona a tutti i livelli,

europeo, nazionale, settoriale e locale. Le iniziative intraprese dalle parti

sociali a livello europeo riguardano, tra l’altro, l’individuazione di una

serie di questioni che si riferiscono alla modernizzazione nell’ambito del

programma di lavoro, l’analisi congiunta delle «key challenger facing

European labour markets» (la sfida chiave per i mercati del lavoro europei) dell’ottobre 2007 i numerosi accordi quadro europei, pareri

comuni e quadri di azione richiedono l’assunzione di un impegno

61 Sul punto cfr. Commissione Europea, Rapporto sulle relazioni industriali,

40 comune e lo svolgimento di attività di monitoraggio. A livello nazionale,

settoriale e locale, i datori di lavoro e i sindacati contribuiscono alla

modernizzazione del mercato del lavoro esercitando pressioni su governo

e parlamento, negoziando patti sociali e accordi collettivi a vari livelli e

partecipando all’amministrazione e all’attuazione di determinati

programmi e politiche.

Per quanto riguarda la natura e il coinvolgimento delle parti

sociali, vi sono notevoli differenze a seconda degli Stati membri dell’UE,

in quanto le relazioni industriali sono determinate da tradizioni,

istituzioni e consuetudini differenti, che influiscono sull’interazione tra

politica pubblica, contrattazione collettiva e dialogo sociale62.

In alcuni Stati membri, particolarmente nell’Europa settentrionale,

il contributo delle parti sociali avviene sotto forma di accordi

«autonomi», contrattazioni collettive e attività correlate, senza

l’intervento diretto della supervisione statale. In altri Stati membri, in

particolar modo nell’Europa meridionale e orientale, lo Stato svolge un

ruolo molto più incisivo, anche attraverso gli accordi tripartiti, i comitali

consultivi sulle politiche sociali ed economiche e gli schemi

amministrativi che prevedono la sua diretta partecipazione.

In questo quadro, il contesto europeo delle relazioni industriali ha

62 Cfr., C. ENRICO, La Transizione europea delle relazioni industriali, in Dir. lav.,

41 assunto un ruolo importante e ha dato origine a notevoli aspettative

all’interno degli Stati membri e, sembra ora trovarsi in posizione

particolarmente privilegiata per offrire un significativo valore aggiunto,

affrontando i nodi strategici comuni per il futuro delle relazioni

industriali e facilitando accordi nazionali adatti alla situazione di

ciascuno Stato membro63. Per questa ragione occorre assicurarsi che il

ruolo strategico del livello europeo venga colto e sfruttato a pieno a

livello nazionale.

L’ambito dell’Unione Europea deve essere visto non come un

vincolo, ma come una vera opportunità, nella libertà degli accordi

nazionale e nel rispetto del principio di sussidiarietà, di attuare un

sistema di relazioni industriali che superi situazioni giuridicamente

indefinite64.

In questo processo evolutivo si inserisce il Rapporto sulle

Relazioni Industriali 2010 che la Commissione Europea ha presentato

recentemente a Bruxelles65.

63 M. BIAGI, Cambiare le relazioni industriali considerazioni sul rapporto del

gruppo di alto livello sulle relazioni industriali e il cambiamento nell’UE, in Riv. it. dir. lav. 2002, II, 147.

64

C. ENRICO, op. cit. 196.

65

Si tratta della sesta relazione sul tema redatta dalla Commissione che, per questa edizione, si è affidata al supporto esterno di P. MARGINSON (University of Warwick’s Industrial Relations Research Unit), e di J. VISSER (Amsterdam Institute for Advanced Labour Studies).

42 Tale Rapporto66 esamina, in chiave comparata, i processi e le

misure attraverso cui le istituzioni di relazioni industriali hanno

contribuito a contenere gli effetti negativi della recessione in Europa.

I temi centrali trattati sono la competitività delle imprese, tutela

dell’occupazione e la contrattazione collettiva in tempo di crisi.

Il primo capitolo della relazione offre una panoramica dei diversi

sistemi nazionali di relazioni industriali attraverso l’analisi degli

indicatori classici della materia, tra cui il tasso di sindacalizzazione, la

densità associativa, la struttura e la copertura della contrattazione

collettiva. La seconda e la terza parte del rapporto analizzano nel

dettaglio gli effetti che la recessione ha prodotto sul mercato del lavoro e

gli sviluppi del dialogo sociale durante questa difficile fase. Il terzo

capitolo, in particolare, prende in rassegna le misure adottate dalle parti

sociali, ai diversi livelli di confronto negoziale, per rispondere alle sfide

della crisi economica. Nel quarto capitolo sono affrontati i temi della

flessibilità salariale e del rafforzamento del decentramento contrattuale

registratosi durante la fase di recessione. La quinta parte della relazione

si occupa invece del ruolo delle relazioni industriali nel processo di

conversione ecologica dell’economia, mentre i restanti due capitoli sono

66

P. TOMMASETTI, “Relazioni industriali in Europa 2010”, in Bollettino ordinario Adapt, 22 marzo 2011.

43 dedicati ai recenti sviluppi del dialogo sociale europeo e, più in generale,

della politica sociale europea.