Denominazione Grotta dell’Eremita Denominazione antica
Provincia Perugia Comune Spoleto Località Case Bettone Periodo Medioevo Coordinate
42°42'24.97" N - 12°45'05.15" E
Territorio
La grotta, assieme ad altre cavità, si apre lungo le pareti rocciose del monte S. Bettone, immediatamente a Sud del Monte Luco.
Storia
Nel sito si può riconoscere una delle lauree eremitiche di età altomedievale sorte su impulso del monaco siriano Isacco e gravitanti attorno al monastero di San Giuliano. Nessun elemento consente tuttavia di avvalorare tale attribuzione. Risulta infatti impossibile allo stato attuale stabilire con assoluta certezza i caratteri originari e il periodo di fondazione,anche a causa della lunga tradizione eremitica che perdurò per più di un millennio sull’intera area del Monteluco.
Nessuna fonte testuale menziona la cavità in questione.
Struttura
Anfratto roccioso dotato delle consuete opere di adattamento dei romitori più antichi. Si tratta di una caverna con ampio ingresso protetto da muretto a secco. Presenza di una nicchia rettangolare in parete. La cavità ha uno sviluppo complessivo di 20 metri in lunghezza.
Rinvenimenti
All'interno della grotta sono stati rinvenuti in superficie numerosi frammenti di marmo bianco, alcune schegge di vetro, frammenti di ceramica fine tornita, frammenti di ceramica di impasto e protomaiolica decorata a graticcio.
All’interno della cavità sono state realizzate scritte in anni recenti. Fonti - Bibliografia MATTIOLI 2007, PP. 16-18. PANI ERMINI 1983, PP. 548-549. BORSELLINO 1982, P. 136. Spoleto 1978, PP.515-516.
140 IGM
141 Grotta dell’Eremita. Pianta
142 27.VALLO DI NERA.L’EREMITA
Denominazione Madonna dell’Eremita Denominazione antica
Monastrium Sanctae Mariae de Ugonis
Provincia Perugia Comune Vallo di Nera Località L’Eremita Periodo Medioevo Coordinate
42°46'59.56" N - 12°52'13.09" E
Territorio
Il monastero, situato nella valle del fiume Nera a sinistra del fosso Rocca Gelli, è costruito all'interno di un vero e proprio anfiteatro roccioso naturale.
Storia
L'edificio religioso, oggi visibile nella sua facies pienamente medievale, è riconducibile ad insediamenti eremitici soltanto in virtù della sua tradizione onomastica. Il toponimo va quasi certamente riferito ad uno stanziamento eremitico presente nel luogo. Nelle immediate vicinanze sono infatti visibili alcuni anfratti rocciosi con segni di antropizzazione.
Nel IX secolo si ha la prima testimonianza certa dell'esistenza nel luogo di una struttura a carattere religioso.
Dell'edificio originario non resta più traccia poiché nel corso del secolo XI vi si impiantò una nuova costruzione, di cui rimane un'ampia cripta a croce greca.
Al nuovo edificio religioso andò successivamente ad addossarsi il monastero vallombrosano di S. Maria de Ugonis, rimasto attivo fino al 1654, quando Innocenzo X soppresse definitivamente l'ordine. L'abbazia venne soppressa in maniera definitiva da Innocenzo X nel 1654.
Struttura
La struttura è oggi visibile nella sua facies più tarda, riconducibile ad età pienamente medievale. L'edificio, malgrado numerosi rimaneggiamenti e pesanti modifiche architettoniche, conserva un impianto unico nella zona. L’antica struttura dell’edificio sacro era di tipo basilicale, a navata unica, con pianta a croce latina e con presbiterio rialzato.
Internamente la chiesa presenta una sola navata con transetto, al quale è collegata una piccola cappella, frutto di un intervento posteriore. Gran parte della navata è stata inopportunamente invasa dalle cappelle dell'attiguo cimitero. L'ambiente absidato, a terminazione rettilinea, è coperto con volte a botte. Sul lato posteriore del complesso si apre un ingresso che conduce al corpo sottostante della chiesa, un'ampia cripta a croce greca.
Addossato all'edificio sono ben visibili i resti del monastero di S. Maria de Ugonis, attivo fino al 1654.
143 Le murature superstiti consentono
ancora di apprezzare le notevoli dimensioni e l'articolazione del complesso.
Rinvenimenti
L'antico assetto topografico dell’area è falsato dall'apertura della strada moderna. La viabilità medievale si svolgeva a mezza costa. Il primitivo orientamento verso monte del portale romanico della Chiesa dimostra come l’unico accesso al complesso avvenisse dall’alto.
A pochissima distanza dall'edificio religioso si trovano alcune cavità con segni di adattamenti operati dall'uomo, interpretabili come stanziamenti di tipo eremitico.
I due anfratti naturali sono sigillati da murature in cui si aprono due diversi accessi e più finestrelle. Il piano di calpestio attuale risulta rialzato rispetto alla quota originaria a causa della presenza di strutture crollate. Sulla retrostante parete rocciosa è possibile osservare la presenza di più nicchie disposte tutte alla medesima quota, in cui dovevano verosimilmente essere alloggiati i pali a sostegno di un piano rialzato. La tecnica costruttiva delle strutture pare potersi ricondurre cronologicamente al secolo XIII. Fonti Rationes, n. 6593, anno 1334. Bibliografia TOGNI 2014,pp. 281-283.GUARINO – MELELLI 2008, pp. 178-179. CORDELLA - CRINITI 2004, p. 98. SPERANDIO 2001, pp.138- 139.CORDELLA -CRINITI 2001,p. 41. DEL LUNGO 2001, p. 663. MANCONI 2000, p. 155. PANI ERMINI 1983, pp. 550, nota 34. BORSELLINO 1982, pp. 138-139. BARROERO - BORSELLINO - TESTA 1977,pp. 42-43. La Valnerina 1977, p. 51.FABBI 1976,pp. 423-425.
144 IGM
145 Madonna dell’Eremita. Interno.
146 Madonna dell’Eremita. Cavità
147 28.NORCIA.EREMO DI S.CATALDO
Denominazione
Eremo di S. Cataldo al Valloncello Denominazione antica
Ecclesia S. Catalli de Valloncelli Provincia Perugia Comune Norcia Località S. Lazzaro Periodo Medioevo Coordinate 42°51'37.77" N - 12°58'37.31" E Territorio
Il complesso sorge lungo le rive del fiume Nera, a ridosso di una granitica roccia ricoperta in gran parte di boschi cedui posta allo sbocco di una valle angusta e sassosa tra i paesi di Triponzo e di Preci. Storia
Nel sito si è soliti riconoscere una delle lauree anacoretiche che Spes
circumque construxit attorno al
cenobio dedicato alla Vergine Maria alla fine del secolo V.
Numerose indicazioni portano a riconoscere nel sito rupestre in questione, seppur ancora in via del tutto ipotetica, uno dei cenobia
fratrum visitati da Spes prima di
morire.
La chiesa di S. Cataldo appare menzionata nelle fonti scritte per la prima volta nella conferma del vescovo Bartolomeo Accoramboni del 1253 fatta al cenobio di Sant’Eutizio.
Il complesso religioso si trova poi compreso nelle bolle di conferma di papa Innocenzo IV, del 1253 e di papa Martino V, del 1424.
Non è certo che i monaci di S. Eutizio possedessero già questo beneficio nel 1218, quando il feudatario Razzardo di Roccapazza concesse a Bono, sacerdote della chiesa di S. Cataldo, una vasta area di terra, parte coltivata e parte a pascolo, per erigervi una chiesa ed un ospedale per i lebbrosi, riservandosi il diritto di pascolarvi il suo bestiame. Va tuttavia ricordato che un sacerdote di nome Bono si trova annoverato tra i monaci di S. Eutizio in quello stesso torno di anni. La tradizione locale vuole invece lo stesso San Francesco quale fondatore del lazzaretto.
Nel secolo XIV il complesso entrò a far parte della proprietà dei frati minori.
Nel registro dei censuari dell'abbazia del 1478 questo beneficio figura come tenuto al censo di una libra di pepe all'anno.
Nel 1490, Innocenzo VIII decretò la soppressione del lazzaretto, poiché andavano scomparendo i casi di lebbra.
Più tardi, nel 1542, San Lazzaro del Valloncello fu affidato all’Ordine dei Gerosolimitani.
148 Dopo il 1572 l’ospedale passò
all’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, che ne assegnò le rendite ai vari commendatari, fra cui alcuni cavalieri di casate nursine.
Da una pergamena rinvenuta nell’Archivio Comunale di Norcia, datata 1342, si ricavano alcune notizie in merito all’ospedale: i ricoverati avevano la possibilità di vivere con le famiglie e l’unica limitazione imposta ai lebbrosi era quella di non poter più lasciare il lazzaretto.
Un antico privilegio dava ai superiori del complesso l’autorità di far ricoverare nella loro struttura i malati di lebbra delle diocesi di Spoleto, Camerino ed Ascoli, anche nel caso in cui i parenti degli ammalati si fossero opposti. Questo privilegio fu riconfermato da Eugenio IV nel 1432.
Struttura
Insediamento di cui oggi è difficile stabilire i caratteri originari e il periodo di fondazione. La struttura è oggi visibile nella sua facies più tarda, ascrivibile al pieno medioevo. Della originaria chiesa di S. Cataldo non resta traccia. L'edificio dovette probabilmente essere inglobato in strutture realizzate in epoche successive.
Della chiesa trecentesca, rimaneggiata alla meglio dopo i numerosi terremoti del Settecento, sopravvivono solo piccoli brandelli di murature, oggi riconoscibili in un ambiente riconvertito ad uso rurale. Sono due nude volte a crociera
innervate da costoloni, una monofora richiusa e un pilastro cilindrico centrale di modello assisiate.
La chiesa presentava pianta oblunga, pavimento lastricato, tetto a volta sostenuto da una colonna eretta nel mezzo.
Si ritiene che l’ubicazione del lebbrosario sia strettamente in rapporto con l’isolamento naturale del luogo e con la presenza di sorgenti di acque sulfuree, che a quel tempo dovevano sgorgare nella zona. Rinvenimenti
Nella zona è ancora visibile, al di sopra di un portale, la pietra che, in caratteri gotici, documenta l'erezione del lebbrosario nel 1218.
Uno stemma ancora oggi visibile sul fabbricato più grande ricorda il momento in cui nel 1572 l’ospedale passò all’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, che ne assegnò le rendite ai vari commendatari, fra cui alcuni cavalieri di casate nursine.
Fonti
INNOCENZO IV.Bolla.IV, 13, 54-58. MARTINO V.Bolla,IV,13,54-58. ACCORAMBONI.Bolla,IV,13 LASCARIS, Sacra visita, I, 234. Liber censuum, 41, 20.
Liber censuariorum, 1478, XI. Bibliografia
ANTONORI 2009, PP. 195-197.FABBI 1963, PP. 13, 21, 59-64. La vanerina 1977, P. 194.MANCONI 2000, P. 135.
149 PANI ERMINI 1983, PP. 556. PIRRI
1960, PP.136-144; PP.232.
IGM
150 S. Cataldo al Valloncello
151 29.POGGIODOMO.S.CROCE
Denominazione
Santuario Madonna della Stella Eremo di S. Croce Denominazione antica S. Benedetto in Faucibus S. Benedetto in Vallis Provincia Perugia Comune Poggiodomo Località Roccatamburo Periodo Altomedioevo Coordinate 42°44’48.02” N–12°56’34.42”E Territorio
A valle dell'abitato di Roccatamburo, su di uno sperone roccioso del monte Maggiore posto a picco sul fiume Tissino, si aprono a varie altezze numerose celle eremitiche.
Storia
Nel complesso si è soliti riconoscere l'antico S. Benedetto in Faucibus o in
Vallis, dipendente forse nel secolo
VIII dall’abbazia di Farfa, cui venne donato da Donna Bona.
Del primo complesso, situato probabilmente a poca distanza dal complesso attuale, non rimane alcuna traccia.
La cella monastica passò in un secondo momento alle dipendenze dell'abbazia benedettina di San Pietro
in Valle a Ferentillo per poi entrare a far parte delle dipendenze del Capitolo di S. Giovanni in Laterano. All'inizio del Trecento il cenobio risultava abitato soltanto da un monaco.
La decadenza del complesso venne interrotta dall'iniziativa di due religiosi del monastero agostiniano di Cascia, fra Giovanni da Norcia e fra Andrea da Mucciafora, che ottennero dal priore generale dell'ordine di edificare un eremo in Val di Noce. Nel 1308 la struttura passò quindi agli agostiniani che restaurarono ed ampliarono la costruzione, che prese il nome di Eremo di S. Croce.
Nei due secoli successivi l'eremo dovette ospitare una comunità abbastanza numerosa. Con il secolo XVII il complesso vive una nuova profonda crisi.
Nella sacra visita pastorale del 1712 il vescovo Lascaris non può che constatare il totale abbandono del sito.
L'eremitaggio fu riscoperto nel 1833 da due pastorelli che scorsero fra le mura in rovina un dipinto raffigurante la Madonna con Bambino abbigliata con una veste trapuntata di croci a forma di stella. Da ciò deriva la denominazione attuale del complesso. Gli agostiniani di Cascia tornarono ad interessarsi al luogo e nel 1836 ne intrapresero il restauro.
Struttura
Le numerose celle eremitiche gravitano attorno ad un edificio religioso, posto ad una quota
152 leggermente inferiore, anch'esso
parzialmente inglobato nella roccia. Il complesso è costituito da una ventina di celle ricavate nella roccia, che utilizzano anfratti naturali integrati con parti in muratura. Ogni cella comunica con le altre attraverso passaggi o scale scavate completamente nel cuore della montagna. Le grotte si aprono a diversa altezza, sigillate da murature dalle quali occhieggiano anguste porticine e strette finestrelle.
Le celle facevano capo alla chiesa di S. Croce, posta ad una quota leggermente più bassa, vero e proprio raccordo dell'intero complesso. L'edificio si presenta ad unica navata, lunga circa 20 metri e larga circa 5 metri.
La struttura presenta una forma irregolare per adattarsi all'andamento della parete rocciosa, che la delimita in un lato. Presenta una volta ricavata in parte nel masso calcareo e in parte realizzata in muratura. Al centro la volta è sostenuta da un arco di forma ogivale. La parete di roccia a fianco dell'ingresso è interamente affrescata con immagini di santi dipinti nel secolo XV.
All'esterno, mediante un arco nella roccia, si accede ai vari ambienti che fungevano da ricovero per gli eremiti. Molte delle celle non sono attualmente visibili perché chiusi dalle reti di consolidamento della parete rocciosa.
Un limpido ruscello che nasce sui versanti orientali del Monte Porretta, il Tema tributario del Tissino, percorre l’angusta strettoia formando
una piccola cascata a poca distanza dal santuario.
Rinvenimenti
Sopra la porta d'ingresso della chiesa si trova una pietra recante scolpito la figura di un Agnello, che potrebbe forse appartenere al diroccato complesso religioso di S. Benedetto in Vallibus.
Durante le operazioni di restauro compiute nel 2014 è stato possibile individuare un laterizio frammentario con iscrizione mutila. Dovrebbe probabilmente trattarsi della lastra tombale dell'eremita Solfanelli, seppellito nella piccola cripta sottostante l'attuale edificio religioso. Cripta di cui rimangono oggi ben visibili sul muro esterno del fabbricato alcune finestrelle che le davano luce.
Fonti
DE LUNEL. Sacra visita LASCARIS.Sacra visita, I, 25 Bibliografia ALTIERI 2015, pp. 64-78. SABATINI 2015,pp. 17-63.SABATINI 2015B,pp. 126-127. ANTINORI 2009, pp. 201- 203. CANONICA 2003, pp. 26-27. MANCONI 2000, p. 163. MELELLI - PETRUCCI 1998, p. 110. ANTINORI 1997, pp. 37-40.SPADAVECCHIA 1993.LEPRI 1991.PANI ERMINI 1983, pp. 550-551. BORSELLINO 1982, pp. 139. BARROERO - BORSELLINO - TESTA 1977,pp. 43. FABBI 1977.La
Valnerina 1977, pp. 133. FABBI
153 S. Croce. Madonna della Stella.
154 S. Croce. Madonna della Stella.
155 S. Croce. Planimetria e sezioni.
156 30.SELLANO.BEATO GIOLO
Denominazione Grotta del Beato Giolo Denominazione antica Provincia Perugia Comune Sellano Località S. Lorenzo Periodo Medioevo Coordinate 42°55’43.91” N–12°55’19.22” E Territorio
La grotta si trova tra Sellano e Monte Cavallo, nella valle del torrente Vigi, in un fianco del Monte Costara, nei pressi del villaggio di Caposomigiale.
Storia
Grotta dedicata al Santo eremita Giolo, vissuto verso la seconda metà del secolo XIII. Nacque a Sellano nel 1250 e morì all’interno della sua cella nel 1315.
L'eremita condusse una vita fatta di preghiera e penitenza presso una grotta sul monte Giove, vicino alla quale venne edificato intorno al XVI secolo l’oratorio di San Lorenzo. Numerosi sono gli eventi miracolosi attribuiti all'eremita. Secondo la leggenda il Beato Giolo portò fino alla grotta della brace ardente ricevuta per carità avvolta nella sua
tonaca, che miracolosamente non si bruciò. L’acqua di una vicina sorgente, che si ritiene prodigiosamente scaturita dalla roccia viva per le preghiere del Beato Giolo, viene ancora oggi bevuta dai fedeli che vi concorrono per devozione, per essere liberati da molte infermità.
Non si hanno però notizie di precedenti stanziamenti eremitici nella zona. Non si dispone infatti di notizie relative ad una eventuale frequentazione eremitica precedente a quella del Beato Giolo.
Struttura
Piccola grotta con accanto una sorgente d'acqua ritenuta miracolosa. La grotta è posta in una posizione impervia e raggiungibile solo attraverso un angusto sentiero, ma è comunque meta di un intenso pellegrinaggio.
Dalle pareti rocciose della grotta trasuda dell’acqua che si raccoglie in due piccole vasche.
Rinvenimenti -
Fonti
LASCARIS, sacra visita. Bibliografia ANTONORI 2009, PP. 192- 193.BARROERO - BORSELLINO - TESTA 1977, P. 46. BORSELLINO 1982, P. 143. PANI ERMINI 1983, PP. 556.
157 IGM
158 Grotta del Beato Giolo
159 31.PRECI.MADONNA DELLA CROCE
Denominazione Madonna della Croce Denominazione antica
Ecclesia S. Maria de Valle Tuscia Provincia Perugia Comune Norcia Località Campi Periodo Medioevo Coordinate 42°51’25.48”N–13°04’44.55” E Territorio
Il complesso sorge in mezzo ad una valle contermine tra il territorio di Campi Vecchio e quello della Guaita di S. Eutizio, denominata Valle Tuscia.
Storia
Nel sito si è soliti riconoscere una delle lauree anacoretiche che Spes
circumque construxit attorno al
cenobio dedicato alla Vergine Maria alla fine del secolo V.
Numerose indicazioni portano a riconoscere nel sito rupestre in questione, seppur ancora in via del tutto ipotetica, uno dei cenobia
fratrum visitati da Spes prima di
morire.
L’edificio religioso è menzionato per la prima volta nel secolo XIV.
Al tempo della visita del vescovo Lascaris datata 1712, l'edificio era ancora in piedi.
Struttura
Insediamento di cui oggi è difficile stabilire i caratteri originari e il periodo di fondazione. La struttura è oggi visibile nella sua facies più tarda, ascrivibile al pieno medioevo. Al tempo della visita del vescovo Lascaris l'edificio era ancora in buono stato. Su l'unico altare presente fu possibile osservare una statua di Maria SS. col Bambino. Il resto del monastero conservava vestigie di sei celle, un refettorio e cantina, adibiti ad eremo, ma in cattivo stato di conservazione. Rinvenimenti
Nei testi viene menzionata la presenza di grotte nelle vicinanze dell’oratorio attuale, che tuttavia non è stato possibile rintracciare.
Fonti
LASCARIS, Sacra visita, I, 188. Bibliografia
ANTINORI 1997, PP. 48-49. BARROERO - BORSELLINO - TESTA 1977, P. 45. BORSELLINO 1982, P. 141. CORDELLA 1995, P. 131. PANI ERMINI 1983, PP. 556. PIRRI 1960, P. 246.
160 IGM
161 32.NORCIA.S.LEONARDO
Denominazione Chiesa di S. Leonardo Denominazione antica
Ecclesia S. Leonardi de Camplo de Nursia Provincia Perugia Comune Norcia Località Campi Periodo Medioevo Coordinate - Territorio
L'oratorio doveva sorgere all'estremo confine del territorio di Campi Vecchio, verso l’abitato di Preci. Storia
Nel sito si è soliti riconoscere una delle lauree anacoretiche che Spes
circumque construxit attorno al
cenobio dedicato alla Vergine Maria alla fine del secolo V.
Numerose indicazioni portano a
riconoscere nel sito rupestre in questione, seppur
ancora in via del tutto ipotetica, uno dei cenobia fratrum visitati da Spes prima di morire.
Anticamente, secondo la tradizione erudita, all’interno della cella si
raccoglievano in preghiera Fiorenzo ed Eutizio.
Nel Liber censuariorum del 1478 l’oratorio è censito di due once di zafferano l'anno.
Il Liber censuum Ecclesiae
spoletinae la nomina tra le chiese
unite a S. Maria (o S. Salvatore) di Campi.
Struttura
L'edificio venne distrutto da un terribile terremoto nel 1703 e mai più riedificato.
Al tempo della visita del vescovo Lascaris del 1712 la chiesa fu trovata totalmente diruta.
L’edificio originario non è attualmente identificabile.
Rinvenimenti -
Fonti
LASCARIS, Sacra visita, I, 185. Liber censuariorum del 1478, IX Liber censuum, 33
Bibliografia
BARROERO - BORSELLINO - TESTA 1977, P. 45. BORSELLINO 1982, P. 141.PANI ERMINI 1983, PP.556.
162 33.NORCIA.EREMO DI S.BIAGIO
Denominazione Eremo di S. Biagio Denominazione antica
Eremo di S. Biagio de Rocca Campli Monasterij S. Eutitij de Camplis Provincia Perugia
Comune Norcia
Località Campi Vecchio Periodo Medioevo Coordinate
42°51’40.65”N–13°05’49.39”E
Territorio
I resti dell’eremo e del monastero sono localizzabili sulla sommità del monte Macchialunga, al di sopra dell'abitato di Campi.
Storia
Nel sito si è soliti riconoscere una delle lauree anacoretiche che Spes
circumque construxit attorno al
cenobio dedicato alla Vergine Maria alla fine del secolo V.
Numerose indicazioni portano a riconoscere nel sito rupestre in questione, seppur ancora in via del tutto ipotetica, uno dei cenobia
fratrum visitati da Spes prima di
morire.
L'eremo è riconosciuto da alcuni studiosi come la prima cella eremitica del monaco Spes e il luogo di edificazione del monastero che la
tradizione vuole dedicato alla Vergine. A sostegno di tale posizione vi è soprattutto la constatazione che le distanze fornite da Gregorio Magno nel passo in cui viene indicata la posizione del primitivo cenobio, in questo caso risulterebbero concordare perfettamente.
L'eremo è menzionato per la prima volta nella bolla di Innocenzo IV del 1244, in cui se ne conferma il possesso agli eremitani agostiniani. Nelle successive conferme del papa Innocenzo IV del 1253 e del papa Martino V del 1424 la costruzione è menzionata tra i possessi di S. Eutizio.
Nel 1487 era investito del beneficio frate Giovanni di Martino da Cascia oblato di S. Eutizio, che ne fece rinuncia in favore di monaco Antonio da Viterbo.
Nella visita dell'abate eutiziano Passerini del 1697 si menziona la presenza di una statua lignea di S. Biagio tra S. Eutizio e S. Andrea, sovrastata da un Crocifisso dipinto su tavola. Doveva probabilmente trattarsi del famoso Crocifisso di
Petrus Pictor, trasferito ora al museo
di Norcia, stimato come uno dei più importanti documenti della pittura umbro spoletina del secolo XIII. Durante la sacra visita del vescovo Lascaris del 1712 la chiesa si trovava in stato cadente e il monastero annesso versava in condizioni