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La repressione in Albania

CAPITOLO SECONDO LA GUERRA IN ALBANIA

4. La repressione in Albania

«Gli italiani commisero molti errori in Albania»61.

La resistenza in Albania inizia sin dai primi tempi dell’occupazione, con azioni che vanno dalle dimostrazioni nazionaliste al rifiuto di collaborare con le autorità italiane. Dal 1940 cominciano a essere segnalati i primi sporadici assalti da parte di bande 55 Ibid. 56Ivi, p. 25. 57 Ivi, p. 24. 58 Ibid. 59 Ibid. 60 BASSO, Diario, p. 177, 2.8.1943.

partigiane che scontano però non poche difficoltà organizzative, in quanto poco armate e male addestrate, ma riescono a sopperire a tali deficienze potendo contare su un ampio appoggio popolare. Quest’aspetto, tutt’altro che secondario, spinge l’Esercito italiano, che non può permettersi l’apertura di un fronte interno all’Albania, a selvagge repressioni della popolazione che collabora con il movimento di resistenza, e gli insuccessi italiani in Grecia non fanno che aumentare la sfiducia reciproca. Sembra che le autorità italiane facciano il possibile per inimicarsi gli albanesi, con iniziative poco lungimiranti che contribuiscono soltanto a incrinare i rapporti con la popolazione: sulla bandiera decidono per esempio di aggiungere ai lati dell’aquila bicipite due fasci littori, che finiscono con l’opprimere il simbolo. Nel suo Diario Ciano sottolinea che Vittorio Emanuele

osserva, con tono abbastanza acre, che non v’è alcun segno della dinastia nella bandiera albanese. Rispondo che non è esatto, perché c’è la fascia blu Savoia […]. Annuisce ma rimane di cattivo umore. […] Il Duce dichiara che ormai è arcistufo di tirarsi dietro dei “vagoni vuoti […]”, che il Re “è un piccolo uomo, acido e infido, che si preoccupa di un ricamo sulla bandiera […] è la Monarchia che impedisce, […], la fascistizzazione dell’esercito. […] comincio a pensare che bisogna finirla con Casa Savoia”62.

Oppure peccano di scarsa sensibilità quando pongono sulla testa dell’aquila la corona dei Savoia, che porta una croce, ignorando o non curandosi che gli albanesi sono per il 70% di fede islamica. I musulmani albanesi si sentono ulteriormente offesi quando l’orario del coprifuoco coincide con le ore del digiuno tradizionale della festa del

Ramadan

Gli italiani commisero molti errori in Albania, tra i quali, e certamente non il minore, ci fu la presunzione che sarebbero riusciti a guadagnarsi le simpatie della maggior parte degli albanesi. L’atteggiamento degli albanesi verso gli italiani nel 1939 variava dal disprezzo al dubbio e dall’antipatia passiva all’odio; […], gli albanesi non nutrirono mai rispetto per gli italiani, anche se con l’aumento della repressione ne ebbero paura63.

Alcune divisioni italiane poi comprendono reparti albanesi, il cui inserimento è dettato più da esigenze politiche che non da necessità militari. Questi reparti, mai considerati affidabili, costituiscono un costante motivo di preoccupazione per i vertici militari italiani. Gli albanesi si aspettano un riconoscimento per la collaborazione militare,

62 CIANO, Diario, p. 306, 3.6.1939.

mentre gli italiani si lamentano della scarsa combattività delle truppe albanesi al fronte: «I cacciatori albanesi tutti disertano lasciano tutti i posti e scappano di notte»64.

Gli italiani dimostrano di non essere in grado di amministrare l’Albania in maniera efficiente. La corruzione e gli errori nell’amministrazione fanno fallire anche quel poco che è realizzato. Nel 1942 il Regio Esercito dà il via a una vasta campagna di operazioni militari di rastrellamento e normalizzazione del territorio con l’intento di distruggere i gruppi partigiani organizzati, ma nei centri importanti come Valona la resistenza diventa un fenomeno di massa obbligando l’amministrazione italiana all’impiego di centinaia di militari per mantenere l’ordine pubblico. Per stroncare ogni forma di resistenza in città in cui l’opposizione anti-italiana assume forme consistenti e attive, le forze fasciste operano sistematicamente arresti, interrogatori, torture e impiccagioni pubbliche degli oppositori. A prendere le redini del movimento di resistenza sono il Partito comunista albanese (PCA), il primo a intraprendere la lotta contro gli occupanti, e il Fronte nazionale che il 10 luglio 1943 costituiscono l’Esercito di liberazione nazionale albanese (ELNA). Il Luogotenente Generale del Re in Albania, Francesco Jacomoni di San Savino, tuttavia è favorevole a una soluzione politica del problema, alla collaborazione e al riconoscimento dell’uguaglianza dei Governi italiano e albanese, ma le sconfitte in Russia e Africa sgretolano del tutto la fiducia nelle forze dell’Asse anche negli albanesi filoitaliani creando come riflesso una situazione politico-sociale difficilmente controllabile sul territorio albanese. Nonostante i suoi tentativi, nel marzo del 1943 Jacomoni è richiamato a Roma e sostituito dal generale Alberto Pariani. Termina dunque la possibilità di un dialogo fra le due parti e le operazioni di repressione proseguono per tutta l’estate del 1943. Nel suo diario Ambrosio65 annota con preoccupazione:

La situazione interna si va facendo sempre più grave: […] l’Albania meridionale è in aperta rivolta e la ribellione dilaga verso il nord. Le forze disponibili non sono sufficienti alle esigenze del controllo e del presidio del territorio, l’azione mobile è resa aleatoria per povertà e la scarsa sicurezza della rete stradale nonché per la forte deficienza dei mezzi di trasporto. Sono state fatte affluire due nuove divisioni ed avranno inizio fra breve grandi operazioni di rastrellamento; le forze disponibili, però, non danno garanzie di poter difendere la regione dall’azione ribellista e tanto meno da eventuali attacchi dall’esterno.

64 BASSO, Diario, p. 175, 30.7.1943.

65 Vittorio Ambrosio (Torino, 28 luglio 1879 - Alassio, 19 novembre 1958) è stato un generale italiano e dal 1° febbraio al novembre 1943 Capo di Stato Maggiore generale.

Il complesso Albania-Montenegro ha, peraltro, importanza capitale sia per la sicurezza della Grecia e dell’Egeo, sia per la chiusura dell’Adriatico (possibile via di rifornimento ai ribelli della Croazia); diventa, peraltro, necessità imprescindibile potenziare il presidio66.

Le forze d’occupazione italiane iniziano così una vasta azione di rastrellamenti adeguandosi ai metodi tedeschi, appiccando il fuoco a centinaia di case, compiendo massacri contro la popolazione e portando a termine altre operazioni di repressione. Infine, a sostegno delle forze già presenti, nell’estate del 1943 si decide di far affluire dal Kosovo a Scutari la divisione Puglie. Alla vigilia dell’armistizio i comandi italiani si stanno quindi preparando per contrastare l’azione del “nemico principale”, rappresentato in quel momento dai partigiani albanesi, ignari dell’imminente tracollo delle Forze Armate.

66 Carte Ambrosio, Situazione in Albania e Montenegro, p. 15, T-821, Roll 125, 1stFrame 344, Archivio De Felice; cit. in AGA ROSSI, GIUSTI, Una guerra a parte, p. 74.

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