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CAPITOLO 3: I CAMBIAMENTI NELL’ECONOMIA GIAPPONESE DALLA RESA ALL’ABBANDONO

3.1 DALLA RESA A INIZIO 1948

Subito dopo la resa, funzionari di governo e aziende saccheggiarono le scorte di risorse ammassate sin dal 1941. Questi saccheggi ordinati, che terminarono dopo l’arrivo degli americani, contribuirono alla carenza di derrate e merci per quasi due anni; in più, non potendo contare sulle tradizionali importazioni di cibo, carburante e materie prime, l’economia civile si avvicinò al collasso. Il grave problema di mancanza di valuta e la carenza cronica di prodotti diedero il via a un’ondata di inflazione che durò per quattro anni, alzando i prezzi di vendita all’ingrosso di centinaia di volte rispetto ai livelli precedenti la resa.1 La distruzione fisica causata dai bombardamenti era una piccola parte del problema, poiché ridusse la capacità produttiva solamente del 15-20% rispetto agli anni precedenti. Durante la guerra le intense richieste di produzione ebbero come risultato un sovra utilizzo e una scarsa manutenzione dei macchinari; parti rare e attrezzatture vennero saccheggiate e gran parte dell’industria tessile, ad esempio, fusa per produrre armi. L’economista Jerome Cohen descrisse la situazione del dopoguerra come “a hare-and-tortoise-race between a mounting inflation on the one hand and a slow revival of industrial activity on the other”.2

1 Nella cosiddetta prima fase di sviluppo economico (agosto 1945- febbraio 1949) il governo giapponese e il

sistema bancario concessero molti fondi per ricostruire le industrie di base in un periodo in cui le risorse erano scarse e i risparmi pochi. Tutto questo portò ad una crescente inflazione che fece alzare l’indice dei prezzi all’ingrosso da 15 nell’aprile 1946 a 197 nel marzo 1949 (1934-6=1). G.C. Allen, Il Giappone dal feudalesimo alla grande industria (1867-1960), Napoli, Giannini Editore, 1973, pp. 265-266.

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Figura 1: indice di produzione del Giappone dal 1937 al 19503

Diversamente dall’America, dove solo il 10% circa della produzione industriale veniva esportata, circa il 25% dell’industria giapponese dipendeva dalle vendite estere. La nazione, priva di risorse, dipendeva da materie prime poco costose (e da un mercato protetto) provenienti da Taiwan, Corea, Manciuria e Cina del nord per riuscire a mantenere competitivi i prezzi delle esportazioni. Fin dall’inizio del XX secolo ingenti quantità di cibo, carbone e materie prime fluivano dalla Cina al Giappone. In seguito alle invasioni di Manciuria (1931), Cina del nord (1937) e l’attacco a Pearl Harbor (1941), la Cina divenne uno dei maggiori fornitori dell’industria giapponese e un importante consumatore di beni industriali.4 La sconfitta giapponese e la perdita di materie prime provenienti dal suo ex impero minarono fortemente l’economia del paese e la classe lavoratrice delle città ritornò al baratto con i contadini: abiti e beni personali venivano scambiati con il riso.

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M. Sumiya, A History of Japanese Trade and Industry Policy, Oxford, Oxford University Press, 2004, p. 6.

79 Figura 2: valore dei commerci giapponesi divisi per area precedenti la guerra del Pacifico5

La ristrutturazione dell’economia divenne così la questione che causò più tensioni durante l’occupazione. Nessun comunicato ufficiale, come la Dichiarazione di Potsdam o le direttive base del JCS date a MacArthur a novembre 1945, enfatizzava l’importanza fondamentale di questo aspetto. Oltre agli obiettivi ovvi, come la cessazione della produzione di materiale bellico, il JCS istruì lo SCAP per ottenere sia il disarmo economico e le riparazioni di guerra, sia la riduzione o l’eliminazione di alcuni settori della produzione giapponese, come ferro, acciaio, sostanze chimiche, metalli non ferrosi, alluminio, magnesio, gomma sintetica, strumenti meccanici, navi, macchine pesanti, ecc. Un rapporto del 7 dicembre 1945, redatto da una commissione specifica, prevedeva lo smantellamento e il trasferimento del 30% delle industrie pesanti e militari giapponesi come riparazioni di guerra ai paesi asiatici occupati durante il conflitto. Questa proposta venne bocciata a fine 1947 poiché risultava paradossale che gli Stati Uniti si sforzassero e dessero sostegno e aiuti per la ricostruzione giapponese, mentre i beni industriali giapponesi venivano portati all’estero. Il NSC 13/2 approvato dal presidente Truman nell’ottobre 1948 proclamava la ripresa economica come il primo

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Nakamura Takafusa, Lectures on modern Japanese economic history 1926-1994, Tokyo, LTCB International Library Foundation, 1994, p. 93.

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obiettivo da raggiungere in Giappone. Nel 1949 le riparazioni di guerra furono sospese, le restrizioni alla produttività tolte e gran parte delle imprese sollevate.6

Buona parte delle difficoltà, certo, era stata predetta perché il Giappone aveva sviluppato un’economia industriale sbilanciata, mirata alla produzione bellica, ma gli americani si aspettavano che la stabilità sarebbe seguita a un breve periodo di riaggiustamento. Il Giappone, supponevano, avrebbe importato materie prime ed esportato beni industriali e tessili per il consumo asiatico. Invece ne risultò un circolo economico chiuso: l’isolamento dalle materie prime asiatiche forzò il Giappone a importare cotone e altri beni americani a prezzi elevati. I profitti raccolti dalle poche esportazioni tessili7 erano inadeguati per pagare il bisogno di cibo, carburante e materiali industriali: questo rallentò la produzione, fece salire i costi e stimolò l’inflazione, facendo del Giappone un esportatore a prezzi elevati e perciò non allettante, riducendo ancora di più le vendite.8

Nel 1947, due settimane dopo la sua nomina a Sottosegretario dell’Esercito, William H. Draper e i suoi consiglieri andarono in Giappone per incontrare il Generale MacArthur, il Primo Ministro Katayama e alcuni membri del Gabinetto e della Dieta. Valutarono le esigenze militari in relazione ad un possibile trattato di pace, ma soprattutto rilevarono i problemi economici presenti. Le statistiche e i rapporti che arrivavano a Washington mostravano la serietà della situazione. Dopo due anni di occupazione, l’indice di produzione industriale era solo al 45% rispetto ai livelli 1930-1934, le esportazioni circa al 10% e le importazioni al 30%. Una spirale di inflazione spinse i prezzi in alto fino a 90 volte rispetto al loro livello alla fine della guerra.9

In questo viaggio, Draper portò con sé una bozza non ancora approvata del cosiddetto Documento 381 dell’SWNCC, “Ripresa dell’economia giapponese”, ossia il documento

6 M. Schaller, Altered States: the United States and Japan since the occupation, New York-Oxford, Oxford

University Press, 1997, p. 17.

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Nel 1946, l’anno dopo la resa, l’industria tessile tornò ad avere un ruolo centrale nelle industrie manifatturiere, rappresentando il 23.9% della produzione industriale. Il successivo sviluppo fu condotto dall’industria di macchinari, la cui capacità produttiva dipendeva dagli strumenti e dall’equipaggiamento rimasto dagli investimenti del tempo di guerra. Naturalmente ci furono drastici cambiamenti nella composizione dei prodotti manifatturieri: lavatrici, frigoriferi, televisioni, piccole automobili e piccoli camion erano i nuovi prodotti. M. Sumiya, A History of Japanese Trade and Industry Policy, Oxford, Oxford University Press, 2004, p. 9

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M. Schaller, The American Occupation of Japan, New York, Oxford University Press, 1985, p. 81.

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principale degli USA a proposito di come affrontare la crisi economica in Giappone. L’SWNCC 381 fu preparato sotto la direzione dell’economista del Dipartimento di Stato Edwin Martin e si basava sulla premessa che un Giappone industrializzato esportasse beni ai suoi vicini asiatici in cambio di materie prime. L’SWNCC 381 stimava anche che, con 450 milioni di dollari di aiuti americani in più, e con una spesa di 150 milioni di dollari in beni e patrimoni convertibili in Giappone e controllabili dagli USA, il Giappone sarebbe potuto diventare indipendente entro il 1950. Il concetto di indipendenza esposto nel documento non significava indipendenza economica o politica dagli USA, ma solo che i fondi americani per evitare disordini in Giappone non sarebbero più stati necessari. La visita in Giappone convinse Draper che il rilancio richiedeva immediati e fondamentali cambiamenti nella politica di riforma economica degli Stati Uniti, specialmente quelli che riguardavano la dissoluzione delle zaibatsu e i programmi delle riparazioni di guerra.10 In ottobre, il Sottosegretario dell’Esercito Drouper, introdusse una nuova proposta di ripresa, chiamata SWNCC 384; anche se proponeva gli stessi obiettivi dell’SWNCC 381 del Dipartimento di Stato, chiedeva però un’azione unilaterale, togliendo sia allo SCAP che alla FEC qualsiasi possibilità di interferire. Contrariamente al Dipartimento di Stato, che sperava ancora in una cooperazione amichevole dei membri della FEC, l’Esercito voleva rilasciare un proclama che indicasse la ripresa economica del Giappone come obiettivo primario degli Stati Uniti e usò questo come giustificazione per tutte le azioni successive. Il 21 gennaio 1948 venne approvato il programma di ripresa unilaterale.11

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Il Sottosegretario dell’Esercito William Draper riteneva che le politiche americane si stessero spingendo troppo oltre nella gestione del Giappone. Un certo numero di compagnie americane che avevano avuto affari con il Giappone prima della guerra, come ad esempio la General Electric che aveva legami con la Toshiba o la Tidewater che aveva investito nella Mitsubishi Oil, inviarono un legale in Giappone, James L. Kaufmann, per investigare sullo status delle loro attività. Kaufmann arrivò in Giappone nel mezzo del programma di deconcentrazione. Kaufmann riportò che politiche socialiste “far to the left of anything tolerated” negli USA erano state messe in atto in Giappone. Draper visto il rapporto si interessò alla questione e andò egli stesso in Giappone. Questo fu uno dei motivi per cui il programma di deconcentrazione non fu mai completato: venne sospeso e lo smembramento dei gruppi fu portato avanti su piccolissima scala. Nakamura Takafusa, Lectures on modern Japanese economic history 1926-1994, Tokyo, LTCB International Library Foundation, 1994, P. 156.

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