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La resilienza

dei Nassar

Il problema più grande, però, è che l’am-ministrazione israeliana vuole requisire anche quella collina, l’ultima rimasta libe-ra dalle colonie, per completare l’occupa-zione dell’intera zona. Così dal 1991 è in corso una battaglia legale con la famiglia Nassar a colpi di appuntamenti in tribuna-le, rinvii di ordini di demolizioni e presen-tazioni di documenti che attestano la pro-prietà dei Nassar, che risale al 1916. Da-oud e Daher, i due fratelli che gestiscono la fattoria, non si danno per vinti: vogliono continuare a stare sulla loro terra, vivendo nella normalità, nel rispetto reciproco dei vi-cini, proseguendo nei lavori di agricoltura e allevamento e opponendosi all’ordine di evacuazione emesso dall’esercito israelia-no.

Per resistere pacificamente sulla collina, da tempo è in corso una strategia geniale da parte dei Nassar: non costruire strutture ed edifici in muratura (che finirebbero nel mi-rino dell’esercito e verrebbero demoliti), ma utilizzare le grotte sotterranee della zona, come spazi adibiti a diversi scopi. È per que-sto che la fattoria può essere descritta come

“ipogea” e “diffusa”, nel senso che i luo-ghi che la compongono sono stanze inter-rate (per incontri, rimessaggio di attrezzi, ecc.), sparpagliate in diversi punti della col-lina. Addirittura, tra queste c’è anche una cappella per pregare.

Daoud e Daher ricevono i visitatori - tra cui molti pellegrini dall’Italia, ma anche conso-li e rappresentanti reconso-ligiosi - e accolgono i tanti volontari disposti ad aiutarli nei lavo-ri aglavo-ricoli. Entrambi lavo-ribadiscono che, come cristiani ma anche come palestinesi, si ri-fiutano di essere nemici di qualcuno: «Vo-gliamo solo vivere in pace sulla nostra ter-ra – ripetono con fermezza - con i nostri di-ritti, che sono quelli di tutti gli uomini». E spiegano il motivo dell’utilizzo delle grotte sotterranee: «Israele ci vieta di costruire sul-la collina: noi costruiamo sottoterra. Israe-le non ci fornisce eIsrae-lettricità: noi la produ-ciamo con i generatori. I coloni si appro- » miglia Nassar nella sua attività agricola e di

resilienza.

Chiunque può farsi un’idea di qual è la filo-sofia dei Nassar: basta avvicinarsi al can-cello d’ingresso. Qui un grande masso ripor-ta la scritripor-ta: «Ci rifiutiamo di essere nemi-ci» in più lingue: in arabo, l’idioma del luo-go e dei proprietari della terra; in ebraico, quello dei coloni che vivono nei cinque in-sediamenti lì attorno; in inglese, perché tut-ti possano comprendere. Pur trovandosi in Cisgiordania, nella terra che un giorno do-vrebbe costituire il futuro Stato palestinese, nell’intera area sorge un grande blocco di in-sediamenti ebraici in West Bank: la collina dei Nassar, in pratica, è l’unica sommità non occupata da colonie israeliane, poiché sul-le cinque alture circostanti alla Tenda delsul-le Nazioni, sorgono altrettanti insediamenti ebraici. Sono “vicini di casa” che i Nassar non considerano affatto nemici, sebbene la convivenza non sia per niente facile.

Pagina a fianco:

Insediamenti israeliani sulle colline intorno alla Tenda delle Nazioni.

Sopra:

I massi all’ingresso della fattoria della famiglia Nassar con il motto della collina:

“Ci rifiutiamo di essere nemici”.

In alto:

Daher Nassar mostra i suoi antenati ritratti nella grotta usata come cappella.

Sopra:

Daoud Nassar con i bambini del vicinato.

Incontri con pellegrini e volontari sotto la Tenda delle Nazioni.

priano delle nostre sorgenti: noi ci rimboc-chiamo le maniche per far arrivare l’acqua da un’altra fonte. Abbiamo resistito per anni e continueremo a farlo».

RESILIENZA ANCHE ALLE RITORSIONI A far allenare la resilienza di Daoud e Da-her non c’è solo la diatriba giudiziaria. Dopo la pandemia da Covid che ha interrotto ogni visita dei volontari disposti ad aiutare,

purtroppo alcuni abitanti del vicino villag-gio palestinese, nella conca sotto la colli-na, si sono resi protagonisti di ripetuti at-tacchi che hanno messo a dura prova la fat-toria: nel maggio 2021 un incendio dolo-so ha distrutto più di mille alberi, danneg-giando brutalmente il raccolto di mandor-le e olive; precedentemente erano state ro-vinate 250 viti tanto da vedere compromes-sa la produzione di vino. «Per noi – raccon-ta Daoud - è sraccon-tato difficile rialzarci dopo que-ste disgrazie, ma abbiamo deciso di rina-scere dalle ceneri e ripiantare alberi come segno di speranza. Abbiamo iniziato a sa-nare gli appezzamenti bruciati e abbiamo piantato 170 nuove viti. Abbiamo realizza-to anche un sistema di irrigazione, recupe-rando l’acqua piovana dalle cisterne per in-naffiare i nuovi alberi».

Purtroppo, però, a fine gennaio scorso, mentre i due fratelli stavano lavorando nei campi, sono stati aggrediti da un gruppo di 15 persone con il volto coperto: feriti gravemente, sono rimasti in ospedale per circa un mese, prima di poter essere dimessi.

«Questo gruppo di vandali vigliacchi non rappresentano i palestinesi: non rispecchia-no il rispetto, l’accoglienza, il senso di ap-partenenza e di giustizia che caratterizza

la cultura araba di Terra Santa. È impor-tante cogliere questo aspetto: non confon-dere un gruppo di aggressori con il popo-lo palestinese», spiega Laura Munaro, gior-nalista responsabile di Tents of Nations Ita-lia. Le ferite morali e psicologiche di Da-her e Daoud sono ancora aperte: «Per quelle – commenta Munaro - ci vorrà mol-to più tempo e, in ogni caso, il ricordo di quei momenti rimarrà indelebile». Ades-so lavorare in fattoria da Ades-soli è troppo ri-schioso: urge ancora di più la presenza dei volontari internazionali che possano aiu-tare e supporaiu-tare i fratelli Nassar e i loro familiari.

L’ALLELUIA NELLA CAPPELLA SOTTERRANEA

Quando Daher riceve pellegrini e visitato-ri di passaggio, li raccoglie in una grotta speciale: una cappella per pregare, dove su una colonna campeggiano i dipinti dei volti degli antenati dei Nassar. È qui che con parole semplici e profonde spiega a tutti che si può convivere in pace nella stes-sa terra, palestinesi ed ebrei, cristiani e mu-sulmani. È qui che invita i suoi ospiti a can-tare l’Alleluia. Un modo per attingere spe-ranza da Chi in questa terra è nato, vissu-to, morto e risorto.

P A N O R A M A

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