• Non ci sono risultati.

All’azione di responsabilità contro i sindaci si applica, dunque, il regime delle azioni di responsabilità (quella sociale 15 , quella dei creditori 16 , nonché quella individuale dei soci e de

responsabilità contrattuale verso i creditori si rinvia a V. SALAFIA,Considerazioni in tema di responsabilità degli amministratori verso la società e i creditori sociali, in Giust. civ., 1999, I, p. 81 s., nonché a N. FACCHIN,

Commento sub art. 2394, in Commentario delle società a cura di G. Grippo, I, cit., p. 525. Contra A. AUDINO,

Commento sub artt. 2394-2396, in Commentario breve al diritto delle società, a cura di A. Maffei Alberti,

Padova, 2011, p. 678.

13 Sul punto si rinvia a quanto puntualizzato da E.L

OFFREDO, op. cit., p. 634, nt. 14, il quale riferisce che già dalla fine degli anni ‘50 si era consolidato l’orientamento secondo cui la responsabilità per omesso controllo da parte dei sindaci includa l’intera sfera di responsabilità degli amministratori, indipendentemente dal soggetto nella cui sfera patrimoniale si produca il danno. Al riguardo v. inoltre S. AMBROSINI, op. cit., p. 915; G.U. TEDESCHI, Il collegio sindacale, in Commentario al codice civile diretto da P. Schlesinger, Milano, 1992, p. 329 s.; P.RESCIGNO, Commento sub art. 2407, in Codice civile a cura di P. Rescigno, II, Milano, 2006, p. 283.

14 Il richiamo espresso elimina sul nascere, dunque, la possibilità che i sindaci si sottraggano alle logiche

ordinarie della responsabilità ex art. 2043 c.c., a fronte di illeciti loro ascrivibili, pur se atipici.

Quanto all’azione esperibile dal singolo terzo o socio, l’avverbio “direttamente” indica che il danno si deve produrre nella sfera patrimoniale del socio o del terzo e non deve essere un danno “riflesso”, causato dal danno al patrimonio societario. Specificazione che appare quanto mai opportuna dal momento che un danno prodotto nella sfera patrimoniale del socio azionario potrebbe anche essere la conseguenza di un danno al patrimonio societario e tale danno “riflesso” per il socio potrebbe essere risarcito solo a favore della società a seguito delle azioni di responsabilità esperite dalla società o dai soci ai sensi degli artt. 2393 e 2393-bis. Come precisa al riguardo A. AUDINO, op. cit., p. 680, il legislatore ha dunque inserito l’avverbio “direttamente” per limitare l’azione esperibile dal socio ex art. 2395 c.c. ai soli casi di danno diretto, in quanto in caso di danno riflesso questo può appunto avvalersi delle altre azioni di responsabilità stante il principio di integrità del patrimonio sociale.

15 Il potere di proporre l’azione sociale di responsabilità è un potere che tradizionalmente spetta

amministratori. Sul punto v. T. TOMASI, Commento sub art. 2393, in Commentario breve al diritto delle società, cit., p. 665 ss. Tale azione può poi oggi essere promossa altresì dal collegio sindacale nonché anche da una minoranza qualificata di soci (c.d. “legittimazione straordinaria”). La riforma del diritto societario, sulla scia di quanto già previsto per le società quotate dall’art. 129 del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, ha infatti stabilito che in tutte le s.p.a. l’azione di responsabilità contro gli amministratori possa essere esercitata anche dagli azionisti di minoranza ex art. 2393-bis c.c., in modo da superare l’eventuale inerzia del gruppo di comando. Con riferimento a quest’ultima possibilità e alle criticità ad essa legate si rinvia ad A. PERRONE, Commento sub art. 2393, in

Commentario breve al codice civile a cura di G. Cian, Padova, 2014, p. 2943; v. inoltre N. FACCHIN, Commento sub art. 2393-bis, in Commentario delle società a cura di G. Grippo, I, Milano, 2009, p. 522, nt. 316. L’azione in parola può essere altresì esercitata dall’amministratore giudiziario nominato dal Tribunale all’esito della denuncia presentata ai sensi dell’articolo 2409, co. 5, c.c.

Per quanto riguarda l’azione sociale di responsabilità contro gli amministratori esercitabile dal collegio sindacale, tale possibilità è stata introdotta alcuni anni orsono attraverso l’aggiunta, ad opera dell’art. 3 della l. 28 dicembre 2005, n. 262 (recante «Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari»), del terzo comma all’art. 2393 c.c., accogliendo le critiche della dottrina espresse quando l’azione di responsabilità si trovava ad essere uno strumento affidato solo all’assemblea e in particolar modo alla maggioranza. Sul punto v. A. PICCIAU, Commento sub art. 2393, in Commentario alla riforma delle società, Amministratori a cura di F.

Ghezzi, Milano, 2005, p. 571. Il collegio sindacale può quindi promuovere l’azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori con una delibera collegiale il cui quorum deliberativo deve raggiungere i due terzi dei componenti, in virtù di quanto stabilito dall’art. 2393, co. 3, c.c. Si esprime in senso critico verso tale quorum in particolare F. SUDIERO, op. cit., p. 2202 s., per il quale non vi sarebbe congruenza rispetto al quorum stabilito con riferimento all’altro potere “forte” spettante ai sindaci ai sensi dell’art. 2409 c.c. ed il quale in ogni caso sottolinea come questa nuova facoltà concessa ai sindaci dal legislatore rappresenti il segnale dell’ampliamento della responsabilità dei sindaci. Nella prassi, nell’ambito delle società chiuse ove solitamente si registra una contiguità degli organi societari, in quanto sia il cda che l’organo sindacale sono espressione della maggioranza che li ha nominati, l’azione di responsabilità viene normalmente esperita dal collegio solamente previo consenso dell’assemblea. In merito v. F. SUDIERO, op. cit., p. 2204 s., il quale, dopo aver sottolineato che esiste una equivalente legittimazione attiva che il legislatore ha voluto fornire ad entrambi gli organi sociali (assemblea e collegio sindacale), precisa che nel caso in cui il collegio sindacale solleciti l’assemblea al fine di ottenere l’autorizzazione per esercitare l’azione di responsabilità e questa fosse negativa, il collegio potrebbe ugualmente proporre l’azione di responsabilità contro gli amministratori. La dottrina è invero concorde che trattasi di potere reattivo del collegio, esercitabile in via autonoma soprattutto quando sia riscontrabile una certa urgenza (anche perché altrimenti, se si ritenesse il parere espresso dall’assemblea vincolante, allora la norma che ammette la legittimazione attiva in capo al collegio sindacale non avrebbe avuto motivo di essere stata introdotta, tanto più se si considera il potere reattivo già previsto dall’art. 2406 c.c. di convocare l’assemblea in caso di fatti illeciti riscontrati). Interpretazione questa condivisibile anche alla luce di una interpretazione sistematica basata sulle altre norme che regolano gli altri poteri di re-indirizzamento alla corretta gestione riconosciuti in capo al collegio (in particolare agli artt. 2406 e 2409 c.c.). Da ciò si evince che il principio della tutela della dialettica endosocietaria e del favor per decisioni meditate degli organi, vengono prevaricati dall’urgenza o comunque dalla

necessità di provvedere alla rimozione di fatti censurabili o gravi irregolarità riscontrati dai sindaci con la finalità di evitare un danno alla società: principio questo che dunque dovrebbe valere a fortiori nel caso in cui un danno sia stato riscontrato e si intenda rimuoverlo. L’esercizio dell’azione di responsabilità da parte del collegio sindacale si riconduce a quella che è la serie di poteri reattivi che l’organo sindacale può esercitare, in via eccezionale, e che si riconnettono al proprio dovere di vigilanza, ispezione e controllo: il mancato esercizio di tali poteri reattivi è causa di responsabilità concorrente dei sindaci in solido con gli amministratori ex art. 2407, co. 2, c.c. Cfr. Cass. civ., Sez. I, 11 novembre 2010, n. 22911, in Pluris online. Norma dunque introdotta per salvaguardare in particolare gli interessi delle minoranze, nonché quello dei creditori e dei terzi più in generale. Si è tuttavia molto discusso sulla controversa portata di tale norma che potrebbe parimenti anche assumere una valenza alquanto dissuasiva, o meglio controproducente, nei confronti dei sindaci medesimi, i quali potrebbero in un secondo momento, dopo aver promosso l’azione sociale di responsabilità contro gli amministratori, essere chiamati a rispondere per concorso di colpa con questi ultimi. V. F. SUDIERO, op. cit., p. 2201, il quale parla al riguardo di c.d. “effetto boomerang”.

Esercitando l’azione sociale di responsabilità ex art 2393 c.c. la società (nella veste dei legittimati attivi di cui si è sin qui detto) deduce l’inadempimento degli amministratori ai doveri loro imposti dalla legge (art. 2392 c.c.) ovvero dall’atto costitutivo (compresa la negligenza commisurata alla natura dell’incarico e alle specifiche competenze, con il limite tuttavia del rispetto della regola della “business judgment rule”) e chiede il risarcimento del danno che i loro comportamenti abbiano provocato al patrimonio sociale. L’art. 2373, co. 2, c.c., sancendo una “presunzione assoluta” di conflitto di interessi, vieta all’amministratore che sia anche socio di votare con riguardo alle deliberazioni assembleari riguardanti la sua responsabilità.

Una volta che sia stata validamente deliberata l’azione di responsabilità contro gli amministratori, questa viene esercitata dalla società, in via di principio, per mezzo del proprio legale rappresentante. Al riguardo, tuttavia, dal momento che la rappresentanza della società è affidata agli amministratori, ove nell’azione di responsabilità siano coinvolti tutti i componenti del consiglio di amministrazione o l’amministratore unico, occorre distinguere le seguenti ipotesi: a) nel caso in cui gli amministratori contro i quali è promossa l’azione di responsabilità siano stati revocati e sostituiti dall’assemblea, detta azione sarà esercitata dai nuovi amministratori aventi la rappresentanza legale della società; b) nel caso in cui gli amministratori contro cui si agisca siano rimasti in carica, non potendosi ammettere che la società sia rappresentata da soggetti che stanno già in giudizio nel proprio interesse personale per difendersi dall’accusa di aver violato i doveri inerenti alla carica amministrativa, dovrà essere nominato, per la rappresentanza in giudizio della società, un curatore speciale a norma dell’art. 78, co. 2, c.p.c. Sul punto v. L. SAMBUCCI, Commento sub art. 2393, Commentario del codice civile diretto da E. Gabrielli, Torino, 2015, p. 385. Si ricorda invero che nell’ipotesi in cui l’azione sociale di responsabilità venisse deliberata con una maggioranza inferiore al quinto del capitale sociale, allora gli amministratori si troverebbero a restare in carica, senza la possibilità della revoca automatica e della contestuale sostituzione ex art. 2393, co. 5, c.c.; al riguardo cfr. N. FACCHIN, Commento sub art. 2393, in Commentario delle società a cura di G. Grippo, I, cit., p. 521.

Interessante appare infine l’osservazione di F. SUDIERO, op. cit., p. 2204, nt. 53, secondo cui nel caso in cui l’assemblea decidesse di deliberare l’azione di responsabilità contro gli amministratori ex art. 2393, co. 1, c.c.,

terzi

17

) contro gli amministratori, nel limite tuttavia – come precisa il legislatore all’ultimo

Documenti correlati