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La Restaurazione Meiji e l'istituzione dello Shintō di Stato

CAPITOLO III: Shintō di Stato: artificio nazionalistico

3.3 La Restaurazione Meiji e l'istituzione dello Shintō di Stato

Il 3 gennaio 1868 una catena di battaglie politiche e cambiamenti conosciuta come Restaurazione Meiji fu inaugurata.

La restaurazione portò all'abolizione dello shogunato, l'unificazione politica del paese, la fine di status sociali ereditari e garantì al popolo le libertà di resistenza e occupazione. Il Giappone stabilì relazioni commerciali e diplomatiche con l' Occidente e in ambito politico ed economico si susseguirono varie riforme che cambiarono il paese drasticamente.

Fu a questo punto che lo Stato e lo Shintoismo entrarono in contatto, dando inizio a decadi caratterizzate da profondi mutamenti.

La separazione dello Shintoismo dal Buddhismo88

Nel 1868 fu emanato un ordine che decretò la completa separazione del Buddhismo dallo

85 Cfr. Ivi, p. 19. 86 Cfr. Ibid. 87 Cfr. Ivi, cap. 1. 88 Cfr. Ivi, pp. 27, 28.

Shintoismo, shinbutsu bunri, che aveva l'intento di innalzare lo status dello Shintoismo e assicurargli l'indipendenza dal Buddhismo.

Gli oggetti di venerazione dello Shintoismo dovevano essere rimossi dai templi buddhisti e gli accessori buddhisti dovevano essere rimossi dai santuari; santuari e templi dovevano essere ora indipendenti e tutti i sacerdoti dei santuari e le loro famiglie dovevano obbligatoriamente ricevere un funerale shintoista.

L'ordine di separazione di Shintoismo e Buddhismo fu accompagnato da un saccheggio non autorizzato, conosciuto generalmente come haibutsu kishaku, di tutto ciò che fosse buddhista, nel quale il risentimento dei sacerdoti shintoisti fu ferocemente riversato in una distruzione vendicativa89.

I sacerdoti buddhisti furono sospesi, gli furono confiscate le terre, le statue e gli utensili per i rituali furono distrutti, l'entità del danno variava da regione a regione ma certamente il Buddhismo soffrì una significativa perdita materiale e di patrocinio statale di cui aveva goduto fino a quel momento. Questa manovra non aveva tuttavia intaccato altrettanto seriamente l'attaccamento del popolo al Buddhismo; le affiliazioni ai templi erano mantenute, i funerali continuavano ad essere officiati da sacerdoti buddhisti, così come i riti memoriali degli antenati; l'influenza buddhista sullo Shintoismo era troppo profonda per poter essere espugnata in un singolo tentativo; lo Shintoismo mancava tra l'altro di dottrine capaci di riempire il vuoto lasciato dalla separazione, per questo motivo la separazione con l'obiettivo di istituire uno Shintoismo totalmente indipendente non diede risultati immediati. Qualche anno dopo la separazione, lo Shintoismo tentò di cooptare i centri del culto dello shugendō, il culto delle montagne sacre, combinando l'adorazione di Gongen (dei della montagna), Buddha e kami con pellegrinaggi ascetici verso le montagne. Gli asceti, chiamati yamabushi furono dichiarati fuori legge nel 1871, fu chiesto loro di diventare sacerdoti shintoisti, buddhisti o di ritornare alla vita laica.

Fu dichiarato che i Gongen fossero in realtà kami shintoisti, in questo modo furono ritenuti luoghi di pellegrinaggio anche il monte Fuji, Yoshino, Hagaro, Gassan e Yudono per stabilirvi costruzioni shintoiste cosicchè le entrate che ne sarebbero derivate sarebbero andate allo Shintoismo.90

89 Cfr. Ivi, p. 28. 90 Cfr. Ibid.

Riorganizzazione

I santuari shintoisti, ora indipendenti, andavano organizzati per assicurare una giusta amministrazione; lo Stato cercò di riunire tutti i santuari della nazione sotto l'egida del santuario di Ise, organizzandoli a seconda di una gerarchia pensata nel 1868 con appunto Ise al primo posto.

Perciò tutti i santuari furono riorganizzati, eccetto alcuni, che ricevettero l'etichetta di mukakusha, non classificati. Inoltre le terre dei santuari furono confiscate nel 1871 e ridistribuite come indennizzi o promesse di supporto. Lo Stato promise supporto a quei santuari che avevano il rango di 'santuario nazionale' o 'imperiale', kokuheisha e kanpeisha.91

Una volta che i santuari furono riorganizzati in ranghi, lo Stato li affidò a ujiko, parrocchiani dei santuari, ruolo un tempo riservato a chi possedeva un alto status sociale. Al posto della registrazione ai templi buddhisti, fu istituita quella ai santuari, ujikoshirabe. In base al nuovo sistema ogni soggetto alla nascita diventava un parrocchiano ricevendo un talismano dal santuario locale; tutti dovevano registrarsi a un nuovo santuario in caso di cambio di residenza e alla morte il talismano veniva restituito. Inoltre ognuno doveva custodire il talismano di Ise nella propria casa così da installare nella propria abitazione lo 'spirito separato' delle divinità di Ise sull'altare domestico dei kami, diversamente dai semplici strumenti di purificazione che gli oshi, aboliti nel 1871 distribuivano precedentemente.92

Parlando simbolicamente quindi ogni famiglia diventò un santuario affiliato a Ise, legando quindi tutto il popolo in questo culto.

La registrazione nel santuario era stata pensata per trasferire dal Buddhismo allo Shintoismo le funzioni di censo che prima erano prerogativa dei templi buddhisti e lo scopo della distribuzione dei talismani era quello di unificare la popolazione nella venerazione delle divinità di Ise.93

91 Cfr. Ibid. 92 Cfr. Ivi, p. 29. 93 Cfr. Ibid.

Il Dipartimento dello Shintoismo

Nel 1868 fu istituito il Dipartimento dello Shintoismo, Jingikan, il più alto organo di governo, anche rispetto al concilio di Stato, Dajōkan. I politici speravano che questo avrebbe fornito una legittimazione simbolica per il nuovo regime politico, l'istituzione del Dipartimento dello Shintoismo rappresentò una vittoria per gli attivisti shintoisti della restaurazione come Fukuba Bisei, in quanto l'istituzione centrale per l'amministrazione degli affari religiosi e la gestione dei riti di Stato era diventata una realtà. Il Dipartimento dello Shintoismo si occupava dei riti per gli spiriti degli antenati imperiali, dei riti per il raccolto, per il nuovo anno, del culto degli dei del cielo e della terra e delle otto divinità tutelari della famiglia imperiale. Questi erano officiati come riti di Stato e in corrispondenza di queste celebrazioni, tutti gli altri santuari dovevano eseguire gli stessi. Nonostante l'istituzione del Dipartimento dello Shintoismo fu una vittoria per i kokugakusha, furono incapaci in un primo momento di soppiantare le famiglie Yoshida e Shirakawa, che detenevano il controllo dei templi in precedenza.94

I seguaci del Kokugaku avevano sperato di riunire tutti i riti nelle mani di un'unica autorità; Fukuba Bisei riuscì a impedire agli Yoshida e Shirakawa l'ingresso nel Dipartimento dello Shintoismo ma non a far sì che rinunciassero al titolo di 'consigliere di teologia' e su questa base mantennero il controllo di un culto separato delle otto divinità imperiali, eseguito a palazzo. Il Dipartimento dello Shintoismo e il palazzo rimanevano due distinti centri rituali, il che non era in linea con le aspettative iniziali di quanti avevano voluto l'istituzione del Dipartimento dello Shintoismo. Quest'ultimo manteneva il controllo diretto sui santuari di rango più alto, di Ise, e dei santuari imperiali e nazionali mentre i santuari restanti erano affidati ai governi prefetturali. Il controllo centrale desiderato dal Dipartimento si incrinò ancora prima che fosse solidamente stabilito. Inoltre gli amministratori non erano concordi in merito a questioni teologiche e politiche.

I seguaci di Hirata si opponevano a quelli di Okuni; secondo Hirata il Dipartimento dello Shintoismo avrebbe dovuto occuparsi solo dei riti di Stato, invece Fukuba, della fazione di Okuni, enfatizzava la necessità di unire il popolo in un unico credo comune. Il Dipartimento dello Shintoismo internamente diviso, non avrebbe potuto fare affidamento

sulla dedizione totale dei sacerdoti shintoisti, che ancora non erano uniti in nessuna organizzazione nazionale.95

L'8 agosto 1871 il Dipartimento fu ridotto allo stato di ministero e rinominato Ministero degli affari shintoisti, Jingishō, e il 14 marzo 1872 fu abolito e ricostituito accorpandolo al Ministro dell'Educazione, Kyōbushō. La ragione di questo momentaneo passo indietro sta nel volere del governo, i politici si preoccuparono infatti sempre più delle questioni riguardanti la revisione dei trattati iniqui.96

Dopo essere stato forzato all'apertura, al Giappone erano stati fatti siglare vari trattati noti come iniqui; la revisione delle condizioni sancite dai trattati costituiva uno degli obbiettivi più importanti del governo. Iwakura aveva capeggiato la missione di negoziazione dei trattati e in ogni sede la richiesta di libertà per i missionari cristiani di fare proselitismo liberamente in Giappone era una costante e costituiva una precondizione indispensabile per la negoziazione. La tolleranza religiosa costituiva uno degli elementi fondamentali di uno Stato moderno, e necessitando il Giappone di essere considerato tale dai partners stranieri, certi compromessi con la Cristianità risultavano inevitabili.

Di fronte a questa realtà delle politiche internazionali, la preoccupazione degli shintoisti in merito al Dipartimento dello Shintoismo doveva essere sembrata antiquata e irrealistica.97