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RETTORATO DEL SERVO DI DIO D. FILIPPO RINALDI (1922-1931)

Nel documento DIREZIONE SPIRITUALE (pagine 197-200)

SVILUPPO STORICO

RETTORATO DEL SERVO DI DIO D. FILIPPO RINALDI (1922-1931)

Fino a che punto la Congregazione era matura per accogliere le nuove direttive del secondo successore di D. Bosco? Dalla storia del R·ettorato di D. Rinaldi e di D. Ricaldone apprendiamo che rendiconto e dire-zione spirituale continuano ad essere termini che si confondono e si equivalgono.

Rendkonto mensile, leggiamo negli atti del Capitolo del 1925, « è uguale a confidenza con i Superiori » (1) ..

Questo sistema ha grandi vantaggi, ma può anche essere fonte, nel salesiano già maturo, di un certo di-sagio quando, per qualunque motivo, la confidenza venga a mancare. In questo caso un r,endiconto esterno, sin-cero e leale, offre ancora immense possibilità di bene.

Sarebbe un pessimo sistema, quando mancasse la con-fidenza - che si può desiderare, ma non imporre -quello di non fare nè l'una nè l'altra cosa.

« Purtroppo -- lamentava il Catechista Generale nel novembre del 1923 (2) - i rendiconti mensili o non si fanno regolarmente o non si fanno bene, perchè manca lo spirito di fede e nel Superiore non si vede chi tiene le veci di Dio ».

Come si vede D. Rinaldi affida al Catechista Gene-rale il compito di vigilare sulla pratica del rendiconto:

(1) Atti del Capitolo Superiore della Pia Società Salesiana, VI (1925), p. 352.

(2) Atti ... , cit., III (1923), p, 147.

egli preferisce, invece, tenere viva, nella Congregazione, la tradizione della Paternità sacerdotale dei Direttori, premessa naturale per un avvio ad un vero rendiconto di anime che resterà sempre il traguardo ideale e desi-derato della vita salesiana. Due documenti usciti dal suo grande cuore, dovrebbero essere meditati a lungo, e con frequenza, dai Direttori.

Le parole pronunziate al Convegno dei Direttori tenutosi a Valsalice nell'estate del 1926 (3) e quelle scritte, quasi a testamento spirituale, negli Atti del Capitolo il 26 aprile 1931 (4).

« Molte cose si son dette cil'ca la paternità, e più se ne potrebbero aggiungere. Una parola voglio dirvi, e vorrei che fosse bene intesa. Tutti devono trattar bene:

la carità e le buone maniere sono doti che deve avere ogni educatore, e quindi ogni Salesiano. Ma la paternità è propria del Direttore, ed egli non deve lasciarsela sfuggire. E' lui ch'è padre, e non deve dividere la sua paternità coi confratelli. La usi lui, nelle parole e nei modi, e non ne ceda ad altri l'esercizio. Don Bosco, quand'era direttore, voleva che tutti fossero buoni con gli altri, ma la paternità la riservava a sè solo.

« Gl'Ispettori devono farlo capire ai confratelli, esor-tandoli ad avere verso il Direttore la deferenza affet-tuosa che si deve al padre. Il padre è quello che deve consolare, visitare gli ammalti, intervenire in tutt,e le cose di bontà e di paternità. Perciò la parola che dice il Direttore nel sermoncino della buona notte ha da essere distinta da quella che dicono altri Superiori: la parola buona, che va al ·cuore, ha da esser quella del

Direttore. ·

« Un'altra tradizione, anzi la più importante e vi-tale per noi, è la paternità. Il nostro Fondatore non è

(3) Atti ... , cit., VII (1926), p. 485.

(4) Atti ... , cit., XII (1931), p. 939 ss.

stato mai altro che Padre, nel senso più nobile della parola; e la santa Chiesa l'invoca ora nella sua liturgia Padre e Maestro della gioventù.

<< Tutta la sua vita è un trattato completo della

paternità che viene dal Padre celeste: ex quo omnis paternitas in coelo et in terra (Eph., 3, 25), e che il Beato ha praticato quaggiù in grado sommo, quasi unico, verso la gioventù e verso tutti, nelle mille contingenze della vita, a sollievo di tutte le miserie temporali e spirituali, con totale dedizione e sacrifizio di sè, nella grandezza del suo cuore, immensurabile come l'arena del mare, facendosi tutto a tutti per guadagnare le anime giovanili e condurle a nostro Signore.

« Ora questa tradizione della paternità direttoriale il Beato l'ha trasmessa ai suoi direttori quasi unita all'atto e alla realtà più sublimi della rigenerazione spirituale nell'esercizio del potere divino di rimettere i peccati. Perchè il Beato esercitò ininterrottamente per tutta la sua vita e con speciale predilezione questo po-tere divino in favore dei suoi giovani. Confessarli era la sua occupazione preferita e non la cambiava con nessun'altra. Li confessava appena alzato, durante il dì, a tutte le ore, dovunque, e alla sera continuava molte volte fino a mezzanotte.

« Siccome personalmente aveva prese le cautele op-portune per tutelare la libertà dei giovani, con dare grande comodità di confessori, così sperava che anche nell'avvenire si sarebbe potuto esercitare dai suoi questa pienezza di paternità spirituale. Lui vivente e poi per altri dodici anni, cioè fino al Decreto che inibiva ai Superiori di ascoltare " ex professo " la confessione dei propri dipendenti, l'esempio del Padre è stata la regola dei Direttori a questo riguardo, s'intende, sempre con le dovute cautele per la piena libertà individuale.

« Il primo successore del Beato, il venerando D. Rua, avvenuto l'ordine della S. Sede, docile e ubbidiente, pro-mulgò subito le norme precise per l'attuazione delle

nuove disposizioni nelle nostre Case. In tal guisa i Su-periori e i Direttori cessarono dall'esercizio di questa lor paternità spirituale sopra i sudditi.

cc Ma con il pretesto di evitare qualunque incon-veniente, in un primo tempo si passò oltre il disposi-tivo del Decreto: i Direttori si ritirarono addirittura dal confessare i giovani, cosa che non è affatto proibita a nessun sacerdote approvato, qualunque sia la carica che occupi nell'Istituto. Chi vi ha giurisdizione esterna

è solo tenuto a non ascoltare le confessioni dei suoi sudditi, mentre può benissimo confessare tutti quanti i giovani non dipendenti da lui.

cc Ora, come sarebbe bello che i nostri Direttori, evitando di ascoltare le confessioni dei propri sudditi diretti, confessassero regolarmente gli esterni degli Ora-tori festivi e dei Circoli giovanili: come pure nei limiti del possibile, quelli di altre nostre Case vicine, e tanti altri giovani che v'accorrerebbero assai volentieri se i Direttori facessero rifiorire la tradizione sublimemente paterna del Fondatore, guadagnandoseli con le finezze deliziose della sua squisitissima carità e bontà!

cc Miei carissimi Ispettori e Direttori, vi scongiuro nelle viscere della carità di N. S. Gesù Cristo di far rivivere in voi e intorno a voi questa tradizione della paternità spirituale, che purtroppo va spegnendosi, con grande danno delle anime giovanili e della nostra fisio-nomia salesiana.

cc Siate i confessori dei giovani, e più ne confesse-rete, più vi sentirete padri e più li amerete. Evitate la tendenza, che va insinuandosi qua e là, di assumervi le confessioni delle donne nelle Ohiese pubbliche e delle religiose. Il nostro Beato ha sempre preferito i ragazzi e gli uomini. La confessione di questi sia la vostra occu-pazione preferita, da non cedere a nessuno; e sarà la vostra gloria più grande. Lasciate ad altri vostri dipen-denti le confessioni delle donne, delle religiose e delle

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