1.PREMESSA.-2.IMMAGINE E REPUTAZIONE DUE CONCETTI DIFFERENTI.-3.LA RELAZIONE TRA REPUTAZIONE E BUON ANDAMENTO DELLA P.A.-4.IL DANNO ALL’IMMAGINE A TUTELA
INDISTINTAMENTE DI IMMAGINE E REPUTAZIONE DELLA P.A. - 5. L’EVOLUZIONE
GIURISPRUDENZIALE DEL CONCETTO DI DANNO ALL’IMMAGINE -5.1.IL DANNO ALL’IMMAGINE
E L’EVOLUZIONE GIURISPRUDENZIALE (FINO AL 2003). - 5.2. L’EVOLUZIONE
GIURISPRUDENZIALE DAL 2003 AL 2008. - 5.3. IL DANNO ALL’IMMAGINE DELLA P.A. TRA DANNO-CONSEGUENZA, DANNO-EVENTO E QUANTIFICAZIONE DEL DANNO.BREVI CENNI.-6. LA CONTRAZIONE DELLA TUTELA ATTRAVERSO LA CONSACRAZIONE NORMATIVA NELL’ART. 17 DELLA L.102/2009 E LA PRONUNCIA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N.335 DEL 2010.-7. L’ESTENSIONE DELLA TUTELA PER OPERA DELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DEI CONTI DOPO L’INTERVENTO DELLA CORTE COSTITUZIONALE. - 8. UN PARZIALE AMPLIAMENTO DELLA TUTELA DEL DANNO ALL’IMMAGINE NEL CASO DI FALSA ATTESTAZIONE DELLA PRESENZA DEL DIPENDENTE PUBBLICO. - 9. L’INTERVENTO DELLE SEZIONI RIUNITE DELLA
CORTE DEI CONTI, LA SENTENZA N.8 DEL 19 MARZO 2015.-9.1.IN MERITO ALL’OGGETTO E AL PERIMETRO DELLA TUTELA E ALLA GIURISDIZIONE ESCLUSIVA IN MATERIA.-10.LE NOVITÀ APPORTATE DAL NUOVO CODICE DELLA GIUSTIZIA CONTABILE.-11.UN SOGGETTO PRIVATO PUÒ LEDERE LA REPUTAZIONE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE?-12.OLTRE IL DANNO IMMAGINE,LA CLASS ACTION AMMINISTRATIVA A TUTELA DELLA REPUTAZIONE PUBBLICA. -13.CONSIDERAZIONI DI SINTESI.
1. Premessa.
L’aspetto che più rileva di ogni “esercizio” di riconduzione di un fenomeno, di un soggetto o di uno strumento ad una data categoria, a parere di chi scrive, non è la funzione classificatoria fine a se stessa quanto piuttosto, almeno nel campo del diritto, le conseguenze, i risvolti pratici – siano essi intesi come una particolare tutela o un particolare regime giuridico – che discendono dell’appartenenza dello strumento o del soggetto di cui si tratta a una data categoria.
Nei capitoli che precedono, dopo aver tratteggiato i confini – labilissimi – della
categoria dei beni comuni272, ed in particolare dei beni comuni immateriali, e dopo aver
individuato le peculiari caratteristiche della reputazione pubblica che hanno consentito la riconduzione della stessa nella citata categoria, si è voluto verificare se, ed in che misura, rilevi nell’ordinamento giuridico italiano il bene comune reputazione pubblica.
Avendo dato risposta affermativa al primo dei due quesiti (relativo alla rilevanza del bene reputazione pubblica), a conferma dell’affermazione della c.d. reputation economy anche nel nostro ordinamento giuridico, e volendo in qualche modo misurarne l’influenza concreta, sono stati oggetto di approfondimento alcuni sistemi reputazionali propri del diritto pubblico italiano. In particolare, si è analizzato il sistema reputazionale applicato alla valutazione della qualità della ricerca universitaria273 e il sistema reputazionale di qualificazione delle stazioni appaltanti introdotto dal nuovo codice dei contratti pubblici274, senza tralasciare nella disamina di considerare le conseguenze concrete di tali misurazioni di reputazione pubblica.
Ora, proprio per non lasciare che la riconduzione della reputazione della Pubblica Amministrazione nell’alveo dei beni comuni immateriali sia una classificazione fine a se stessa, senza alcun risvolto concreto, occorre indagare se, come e in che misura la reputazione della pubblica amministrazione venga tutelata e se sia possibile ipotizzare l’adozione di una particolare tutela del bene reputazione proprio in considerazione di quelle caratteristiche peculiarissime che lo identificano come bene comune.
Nei paragrafi che seguono si ripercorrerà, dapprima, l’evoluzione giurisprudenziale della tutela accordata alla reputazione pubblica e la consacrazione normativa della stessa, richiamando con approccio critico le varie correnti interpretative e le pronunce delle differenti giurisdizioni che si sono occupate del tema, per poi, senza avere la presunzione di poter fornire risposte e con un approccio
272 Si rinvia al primo capitolo del presente elaborato.
273 Si rinvia al secondo capitolo del presente elaborato.
propositivo e costruttivo, tentare di mettere in evidenza alcune delle problematiche e criticità più “urgenti”.
Si cercherà, poi, di capire se e in che misura una tutela al bene reputazione pubblica possa derivare dalle iniziative dei cittadini dirette a garantire le performance della struttura e la relativa adeguata reputazione.
2. Immagine e reputazione due concetti differenti.
Sebbene i concetti di reputazione e di immagine siano tra loro particolarmente vicini, tuttavia gli stessi non possono essere ritenuti coincidenti.
L’immagine di un soggetto, infatti, è definibile come l’impressione o l’idea che si fornisce all’esterno e che dipende dal modo in cui tale soggetto si presenta, è la percezione che fornisce di sé.
La reputazione, invece, è qualcosa di differente dall’immagine, è la buona fama, la considerazione in cui si viene tenuti dai soggetti terzi come conseguenza delle azioni passate del soggetto della cui reputazione si tratta. È un quid che viene costruito lentamente col tempo che crea negli stakeholder, cioè nei terzi che con quel soggetto si relazionano, una certa affidabilità e prevedibilità del comportamento futuro, giustificata dalle azioni pregresse del soggetto. È quel qualcosa che consente al pubblico di riferimento di sviluppare un sentimento di fiducia e di affidamento.
Per poter cogliere ancora meglio la distinzione tra immagine e reputazione si pensi, ad esempio, ad una nuova intrapresa che potrà avere una buona immagine fin dall’inizio ma solo con il tempo potrà ottenere una buona reputazione.
In altre parole, se per immagine275 si intende la rappresentazione di ciò che si è, come si appare, quindi un quid che può essere unilateralmente modificato attraverso la
275 Una definizione che sembrerebbe essere sufficientemente restrittiva, tale cioè da non ricomprendere anche il differente concetto di reputazione potrebbe essere quella fornita dalle sezioni riunite della Corte dei Conti nella sentenza 10/QM del 23 aprile 2003 che individua il diritto all’immagine della P.A. come “diritto al conseguimento, al mantenimento e al riconoscimento della propria identità come persona giuridica pubblica.” Tuttavia occorre dare atto del fatto che non era intenzione della corte con questa affermazione escludere dalla definizione di immagine la reputazione, nonostante letteralmente potrebbe sembrare.
comunicazione, la reputazione è qualcosa di differente anche se in una certa misura connessa all’immagine, è il risultato di una relazione tra un soggetto e una data comunità di riferimento (c.d. stakeholder), è il risultato di un rapporto, di una relazione appunto. Come accennato, tuttavia, immagine e reputazione, sebbene non siano ontologicamente coincidenti, sono certamente connesse, del resto anche l’immagine di un soggetto è uno dei fattori che contribuisce alla costruzione della reputazione.
Poiché il tema centrale del presente elaborato è, in particolare, la reputazione della Pubblica Amministrazione, pare utile spendere alcune parole per sottolinearne un attributo che rileva soprattutto in punto di tutela e che va a sommarsi alle peculiarità che si è già avuto occasione di sottolineare276 e che consentono di ricondurre la reputazione della P.A. nel novero dei beni comuni.
Poiché come s’è visto, la reputazione dipende sensibilmente dalle azioni pregresse del soggetto della cui reputazione si tratta, così è, o dovrebbe essere, anche quando si tratta di reputazione di una pubblica amministrazione.
Se si riflette su cosa voglia dire avere una buona reputazione per la pubblica amministrazione si deve tenere conto del fatto che dall’amministrazione non ci si può aspettare nulla di diverso da un comportamento lecito.
E qui si assiste, in alcuni casi, a un parziale scollamento tra ciò che è buona reputazione in termini giuridici e ciò che, in senso più sociologico, può ritenersi una reputazione positiva.
Si pensi, ad esempio, ad una amministrazione che intervenga per chiudere le moschee create a sfregio delle norme di governo del territorio e carenti di quelle infrastrutture previste per legge per i luoghi di culto.
L’operato dell’amministrazione sarebbe legittimo e financo doveroso da un punto di vista giuridico, tuttavia, al contrario, sotto un profilo prettamente sociologico,
tale comportamento, seppur lecito e doveroso, potrebbe apparire agli occhi di alcuni
fortemente negativo, compromettendo in parte la reputazione della P.A.277
3. La relazione tra reputazione e buon andamento della P.A.
Se una buona reputazione – nella sua accezione più giuridica – può essere costruita solo attraverso un comportamento rispettoso delle leggi e delle procedure, come accennato nel paragrafo precedente del presente capitolo, in che rapporto sta la
reputazione con il principio di buon andamento della P.A.?278
Stante le premesse, parrebbe in buona parte sovrapponibile.
Pare utile sottolineare la strettissima connessione della reputazione con il precetto costituzionale ex art. 97 della Costituzione che, al primo comma, dispone, appunto, che “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo
che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione.”279
Sono proprio i principi di imparzialità e di buon andamento i criteri cui deve essere improntata l’azione della pubblica amministrazione nel suo complesso, affinché non venga lesa la reputazione della P.A.280.
L’ancoraggio dell’immagine281 all’art. 97 della Costituzione è stata esplicitata anche dalla giurisprudenza del Giudice delle leggi che, nella sentenza n. 335 del 2010, di cui si dirà più diffusamente anche nel prosieguo del presente capitolo, ha avuto occasione di affermare, in tema di danno all’immagine, quanto segue: “Identificato, infatti, il danno derivante dalla lesione del diritto all’immagine della p.a. nel pregiudizio
277 È proprio in tali casi in cui spesso si assiste a una commistione con la politica che cerca di non prendere posizioni scomode o particolarmente sensibili perché in grado di dividere l’opinione pubblica. Per evitare che provvedimenti “scomodi” siano prese, ad esempio, si assiste ad una inconcepibile dilatazione del tempo tra il deposito dei ricorsi ai TAR sulle materie più scottanti per le quali, nonostante le plurime istanze di fissazione, non viene mai fissata l’udienza.
278 Per un approfondimento in tema di buon andamento si rinvia ad A.ANDREANI, Il principio costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione, Cedam, 1979.
279 Art. 97, c.1 Cost.
280 Si veda in tema di buona amministrazione la monografia di R.URSI, Le stagioni dell'efficienza. I paradigmi giuridici della buona amministrazione, Maggioli editore, 2016 dove vengono ripercorse e compiutamente analizzate le “stagioni” dell’efficienza.
recato alla rappresentazione che essa ha di sé in conformità al modello delineato dall’art. 97 Cost., è sostanzialmente questa norma costituzionale ad offrire fondamento alla rilevanza di tale diritto.”282
E ancora “L’art. 97 Cost. impone la costruzione, sul piano legislativo, di un modello di pubblica amministrazione che ispiri costantemente la sua azione al rispetto dei principi generali di efficacia, efficienza e imparzialità. Si tratta di regole che conformano, all’“interno”, le modalità di svolgimento dell’attività amministrativa.
È indubbio come sussista una stretta connessione tra la tutela dell’immagine della pubblica amministrazione e il rispetto del suddetto precetto costituzionale. Può ritenersi, infatti, che l’autorità pubblica sia titolare di un diritto “personale” rappresentato dall’immagine che i consociati abbiano delle modalità di azione conforme ai canoni del buon andamento e dell’imparzialità. Tale relazione tendenzialmente esistente tra le regole “interne”, improntate al rispetto dei predetti canoni, e la proiezione “esterna” di esse, giustifica il riconoscimento, in capo all’amministrazione, di una tutela risarcitoria.
[..] In altri termini, il legislatore ha inteso riconoscere la tutela risarcitoria nei casi in cui il dipendente pubblico ponga in essere condotte che, incidendo negativamente sulle stesse regole, di rilevanza costituzionale, di funzionamento dell’attività amministrativa, sono suscettibili di recare un vulnus all’immagine dell’amministrazione, intesa, come già sottolineato, quale percezione esterna che i consociati hanno del modello di azione pubblica sopra descritto”283.
Anche dai passaggi appena riportati della celebre sentenza 335/2010 emerge come la reputazione della P.A., certamente costruita anche grazie al rispetto degli anzidetti canoni di buon andamento e di imparzialità, sia in realtà compresa al di sotto di una accezione lata di “immagine”.
282 Corte Costituzionale, sent. 335/2010.
283 Corte Costituzionale, sent. 335/2010. Si evidenzia come in quest’ultima sentenza vi sia un meno celato riferimento alla reputazione pubblica.
Anticipando quanto si tenterà di mettere in luce nel prosieguo del presente capitolo, si ritiene che la reputazione si possa considerare come riverbero esterno del principio di buon andamento in tutte le sue articolazioni (efficacia, efficienza ed economicità).
4. Il danno all’immagine a tutela indistintamente di immagine e reputazione della P.A. Sebbene, come detto, i concetti di immagine e reputazione della pubblica amministrazione siano ontologicamente differenti, occorre prendere atto del fatto che gli stessi vengono ritenuti sostanzialmente sovrapponibili in punto di tutela, essendo entrambi indistintamente tutelati dalla medesima fattispecie: il danno all’immagine.
Quest’ultimo viene, infatti, definito come “un danno pubblico in quanto lesione del buon andamento della P.A. che perde, con la condotta illecita dei suoi dipendenti, credibilità ed affidabilità all’esterno, ed ingenera la convinzione che i comportamenti patologici posti in essere dai propri lavoratori siano un connotato usuale dell’azione dell’Amministrazione”284.
Emerge con forza il rilievo che viene dato all’affidamento che fanno i terzi sulle azioni future della P.A., richiamando così non troppo implicitamente il concetto di reputazione. Reputazione che, come s’è visto, è caratterizzata proprio dalla presenza di una relazione dinamica tra il soggetto della cui reputazione di tratta e i suoi stakeholder.
Ancora più esplicitamente una recente sentenza della Corte dei Conti definisce il danno all’immagine delle pubbliche amministrazioni quale “pregiudizio alla persona giuridica pubblica nella sua identità, credibilità, e reputazione”285.
In altre parole, se l’immagine - nella sua accezione più ampia - di un soggetto (sia esso persona fisica o persona giuridica) si può suddividere in una parte più prettamente inerente all’identità di un soggetto, quindi in una parte relativa alla visione che il soggetto ha di sé, e una seconda parte più prettamente relazionale, che dipende
284 Corte dei Conti, sez. giurisdizionale per la Regione Lombardia, sent. n. 540 del 4 agosto 2008. Tale definizione è stata sostanzialmente ripresa anche da R. Caridà, Amministrazione pubblica e responsabilità, pag. 96, Pisa University Press, Pisa, 2011.
dalla considerazione che alcune categorie di soggetti terzi nutrono nei confronti del soggetto della cui immagine si tratta (parte quest’ultima che sarebbe più propriamente definibile “reputazione”) non si può non notare come, relativamente alla pubbliche amministrazioni, la giurisprudenza del giudice contabile in materia di danno all’immagine della P.A. si sia molto spesso occupata più che di tutela del diritto di immagine, di tutela della reputazione in senso stretto, quindi, valorizzando la componente relazionale286.
Riassumendo, si intende per danno all’immagine della pubblica amministrazione – ma sarebbe forse più corretto dire “danno alla reputazione pubblica” - la rottura o la compromissione del rapporto fiduciario tra la cittadinanza (che in virtù dell’appartenenza territoriale, ricorre alle Amministrazioni erogatrici di servizi indispensabili per la collettività) e la pubblica amministrazione stessa287.
5. L’evoluzione giurisprudenziale del concetto di danno all’immagine.
La nozione di danno all’immagine della pubblica amministrazione è frutto di una travagliata operazione di costruzione giurisprudenziale, portata avanti su un duplice binario, talvolta intersecante, sia dalla Suprema Corte di Cassazione che dalla Corte dei Conti, per poi vedere solo in tempi relativamente recenti l’intervento del legislatore288. Tale tortuoso percorso, di cui verranno fissati i momenti più significativi, fatto di contributi dottrinali289, di una cospicua attività interpretativa giurisprudenziale e,
286 Se si considerano i reati cui è stato connesso il danno all’immagine della P.A. (prima dell’abrogazione operata dal uovo codice di giustizia contabile) vale a dire i reati previsti dal c.p. agli artt. 314-335, ci comprende come gli stessi siano atti a ledere la reputazione in senso stretto.
287 Questa è la definizione di G.CANGELOSI, L’immagine della pubblica Amministrazione, ovvero il valore dell’esteriorità, in Rivista di Diritto dell’economia, dei Trasporti e dell’Ambiente, vol. VII, 2009.
288 Si segnala un contributo sul tema a cui più volte s’è fatto riferimento per la ricostruzione dell’evoluzione giurisprudenziale della fattispecie in esame V.RAELI, Il danno all’immagine della P.A. tra giurisprudenza e legislazione, federalismi.it, 2014.
289 Tra gli innumerevoli contributi dottrinali si inizia a segnalare Tenore, Giurisdizione contabile sul danno non patrimoniale alla pubblica amministrazione, in Riv. amm., 1994, 1203; A. LUPI, Osservazioni in tema di danno all’immagine, in Riv. Corte dei Conti, 1998, 3, 187; M.DIDONNA, Il danno all’immagine e al prestigio della pubblica amministrazione, Cacucci editore, Bari, 2003; A.FLORIS, Danno
infine, di interventi legislativi, non ha ancora condotto la materia ad uno stato di sostanziale stabilità. Instabilità che caratterizza diversi fronti della tutela che potrebbe essere accordata al bene reputazione/immagine di cui si stratta, ricomprendendo sia la tipologia di soggetti che possono essere chiamati a rispondere del danno inferto (solo i dipendenti pubblici, anche i soggetti privati esercenti una pubblica funzione, anche i soggetti privati?) sia il tipo di condotta messa in atto (solo un reato contro la P.A. può essere risarcito? Se il danno non è conseguenza di una condotta costituente reato, la reputazione della P.A. lesa non riceve tutela?).
Ognuno dei quesiti appena richiamati porta con sé un numero di criticità e problematiche tutt’altro che indifferenti che gemmano in altrettanti quesiti ai quali non pare si sia oggi in grado di dare una risposta certa: se solo i reati contro la P.A. sono presupposti affinché venga risarcito il danno all’immagine della P.A., perché condotte potenzialmente altrettanto lesive ma non configurabili come reati contro la P.A. non comportano il diritto di veder risarcito il danno al bene comune reputazione? Questo è solo uno, forse il primo, degli interrogativi che nel corso della ricostruzione, prima, e dell’analisi dello stato dell’arte, poi, potrebbero nascere in chi legge.
Nelle pagine che seguono si ricostruirà brevemente l’evoluzione della tutela accordata alla reputazione della pubblica amministrazione per il tramite del danno all’immagine per poi soffermarsi sullo stato dell’arte e sulle prospettive future.
5.1. Il danno all’immagine e l’evoluzione giurisprudenziale (fino al 2003).
Ai fini di una completa ricostruzione, seppur sintetica, dell’evoluzione della tutela accordata alla reputazione della Pubblica amministrazione per il tramite dell’azione interpretativa della giurisprudenza contabile, pare opportuno ricordare che inizialmente la Corte dei Conti abbia negato la propria giurisdizione.
all’immagine e responsabilità amministrativa, Giuffrè, Milano, 2002; G.CANGELOSI, L’immagine della pubblica Amministrazione, ovvero il valore dell’esteriorità, cit.
È ormai storica, infatti, la sentenza del 1988290 in cui le Sezioni riunite della Corte dei Conti avevano negato l’azionabilità innanzi alla suddetta Corte della “pretesa al risarcimento del danno c.d. morale conseguente (art. 2059 c.c.291 in relazione all’art. 185
comma 2 c.p.292) a comportamento delittuoso di dipendente pubblico”.
Tale posizione si reggeva sul presupposto che la Corte dei Conti fosse giurisdizionalmente competente solo in caso di danno erariale, inteso quest’ultimo come “nocumento effettivo subito dalla pubblica amministrazione”. Danno all’interno del quale, secondo l’interpretazione della Corte, non si poteva ricondurre il danno non patrimoniale ex art. 2059, che rientrava, quindi, nella giurisdizione del giudice civile.
L’interpretazione della Corte è poi mutata radicalmente da lì a pochi anni dalla richiamata sentenza del 1988. È infatti nei primissimi anni ‘90 che il giudice contabile, in netta contrapposizione rispetto all’interpretazione fornita dalla giurisprudenza precedente, ha affermato la propria giurisdizione sulla domanda risarcitoria, estesa anche al danno non patrimoniale293.
290 Corte dei Conti, Sezioni Riunite, sent. 580/A del 6 maggio 1988, reperibile nella raccolta de Il Foro amministrativo: 1988, Giuffré, pag. 2634 ss. Nella sentenza citata si legge espressamente che “Dopo aver stabilito che il problema posto con l’impugnativa del pubblico ministero concerne ipotesi di danno non patrimoniale, occorre precisare che non viene in diretto rilievo il tema della configurabilità o meno del c.d. danno morale della pubblica amministrazione, o più in generale della persona giuridica. Si può dare per acquisito come, oggi, configurabile un tale danno in caso di reato, in quanto il problema che si pone è quello di giurisdizione, cioè se esista una competenza della Corte dei conti a giudicare in materia. [..] Tutto il problema quindi si pone nel senso che va verificato se la cognizione di questi danni non patrimoniali rientri nella giurisdizione della Corte. [..] Le chiare espressioni normative ripetute nelle disposizioni che concernono questa giurisdizione [..] si riferiscono con evidenza ad ipotesi di danno patrimoniale. Inoltre i casi di danno non patrimoniale non sono rientrati mai nella cognizione del giudice contabile. Non si hanno quindi elementi che possano fa ritenere applicabili i princìpi della forza espansiva