Nel corso del 2015 (gen./mag.) il Governo ha complessivamente impugnato 2 leggi regionali di cui 1 promulgata nel 2014 e 1 promulgata nel 2015 (gen./mag.):
l.r. 17 novembre 2014, n. 29: "Modifiche alla legge regionale 10 novembre 2009, n. 27 'Testo unico in materia di commercio', alla legge regionale 11 luglio 2006, n. 9 'Testo unico delle norme regionali in materia di turismo' e alla legge regionale 29 aprile 2008, n. 8 'Interventi di sostegno e promozione del commercio equo e solidale'.";
l.r. 9 marzo 2015, n. 7: "Modifiche alla legge regionale 16 luglio 2007, n. 8 'Disciplina delle deroghe previste dalla direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979 e dell’articolo 19 bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) e modifica alla legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7 (Norme per la protezione della fauna Selvatica e per la tutela dell’equilibrio ambientale e disciplina dell’attività venatoria)’.”.
I ricorsi del Governo hanno riguardato la violazione dell'articolo 117 della
Costituzione sia per le materie di competenza esclusiva dello Stato (tutela della
concorrenza; tutela dell’ambiente e dell’ecosistema), sia per i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali (concorrenza, li-bertà di stabilimento e libera prestazione di servizi; conservazione uccelli selva-tici).
Le leggi regionali impugnate sono relative al macrosettore sviluppo econo-mico e attività produttive.
Si riportano di seguito le deliberazioni del Consiglio dei Ministri di impu-gnazione delle leggi regionali presentate dal Governo nell’anno 2015 (gen./
mag.).
Delibera CdM: 10/01/2015 Ricorso: n. 19/2015
Atto impugnato: l.r. 17 novembre 2014, n. 29: "Modifiche alla legge regio-nale 10 novembre 2009, n. 27 'Testo unico in materia di commercio', alla legge regionale 11 luglio 2006, n. 9 'Te-sto unico delle norme regionali in materia di turismo' e al-la legge regionale 29 aprile 2008, n. 8 'Interventi di soste-gno e promozione del commercio equo e solidale'."
Motivi dell'impugnativa: «la legge regionale de qua presenta profili di il-legittimità costituzionale in relazione alle seguenti disposizioni:
a) art. 7, comma 1, art. 8, comma 4, e art. 13 della l.r. n. 29/2014
L’art. 7 introduce la locuzione di “par-co “par-commerciale” (non parimenti pre-vista a livello di legislazione naziona-le) definendo tali gli “gli esercizi commerciali collocati in una pluralità di strutture edilizie a prevalente desti-nazione commerciale che, per la loro contiguità urbanistica e per la fruizio-ne di un sistema di accessibilità
comu-ne, hanno un impatto unitario sul terri-torio e sulle infrastrutture viabilistiche pubbliche”.
I detti parchi, vengono poi richiamati dal comma 4 dell’art. 8, che modifica la lettera f), comma 2, del art. 11 della l.r. n. 27/2009 (Testo unico in materia di commercio) e trovano specifica di-sciplina nell'art. 13 che inserisce degli art. 16-bis e 16-ter nella citata l.r. n.
27/2009.
In particolare, l’art. 8, comma 4,
stabi-lisce che “ 4. Alla lettera f) del comma
2 dell'articolo 11 della legge regionale
27/2009 le parole: "medie, grandi
strutture di vendita ed i centri com-merciali" sono sostituite dalle seguen-ti: "medie e grandi strutture di vendita, dei centri commerciali e dei parchi commerciali".
L’art. 13, inserisce nella l.r. . n.
27/2009 la seguente disposizione:
L'articolo 16-bis (Parchi commerciali):
" 1. I parchi commerciali sono consi-derati medie o grandi strutture di dita in relazione alla superficie di ven-dita complessiva. Gli esercizi com-merciali in esso presenti possono esse-re di qualsiasi tipologia.2. L'apertura, il trasferimento di sede, l'ampliamento e la modifica del settore merceologico sono soggetti ad autorizzazione, rila-sciata sulla base delle disposizioni di cui agli articoli 14 e 15 in relazione alla superficie di vendita complessi-vamente considerata. 3. La domanda di autorizzazione può essere presentata da un unico promotore o da singoli esercenti, anche mediante un rappre-sentante degli stessi. 4. Prima dell'ef-fettivo inizio dell'attività, le medie e grandi strutture e gli esercizi di vicina-to presenti all'interno del parco com-merciale presentano apposita SCIA. 5.
La presentazione della SCIA di cui al comma 4 da parte di un soggetto di-verso dal promotore non configura su-bingresso ".
Al riguardo, si evidenzia che la previ-sione introdotta con il nuovo art. 16-bis considera parchi commerciali le medie e le grandi strutture di vendita
ed ammette, poi, che gli esercizi commerciali in esso presenti possano essere di qualsiasi tipologia, compresi, quindi, gli esercizi di vicinato.
Al contempo, la norma richiede per l'apertura, il trasferimento di sede, l'ampliamento e addirittura per la mo-difica del settore merceologico la pre-ventiva autorizzazione rilasciata ai sensi delle previsioni regionali dedica-te alle medie e alle grandi strutture. In materia, l’art. 31 del decreto-legge n.
201/2011 (Disposizioni urgenti per la
crescita, l'equità e il consolidamento
dei conti pubblici.) al comma 2 ha
previsto. “2. Secondo la disciplina
dell'Unione Europea e nazionale in
materia di concorrenza, libertà di
sta-bilimento e libera prestazione di
servi-zi, costituisce principio generale
dell'ordinamento nazionale la libertà di
apertura di nuovi esercizi commerciali
sul territorio senza contingenti, limiti
territoriali o altri vincoli di qualsiasi
altra natura, esclusi quelli connessi
al-la tuteal-la delal-la salute, dei al-lavoratori,
dell'ambiente, ivi incluso l’ambiente
urbano, e dei beni culturali. Le
Regio-ni e gli enti locali adeguano i propri
ordinamenti alle prescrizioni del
pre-sente comma entro il 30 settembre
2012, potendo prevedere al riguardo,
senza discriminazioni tra gli operatori,
anche aree interdette agli esercizi
commerciali, ovvero limitazioni ad
aree dove possano insediarsi attività
produttive e commerciali solo qualora
vi sia la necessità di garantire la tutela della salute, dei lavoratori, dell'am-biente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali.”. Pertanto, l’art. 16 – bis introduce limitazioni vietate ai sensi di tutta la recente normativa co-munitaria e statale (cfr. Direttiva 2006/
123/CE e da ultimo citato art. 31, comma 2, del d.l. n. 201/2011).
Anche la Corte Costituzionale ha di recente dichiarato che non possono es-sere inserite procedure che aggravano l’avvio di un’attività commerciale. “ (Corte Cost. n. 165/2014). Al contem-po, si evidenzia che l’art. 4 del d.lgs.
114/1998 (Riforma della disciplina re-lativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59.) già defi-nisce i centri commerciali come "una media o una grande struttura di vendi-ta nella quale più esercizi commerciali sono inseriti in una struttura a destina-zione specifica e usufruiscono di in-frastrutture comuni e spazi di servizio gestiti unitariamente.".
Tanto premesso, l’art. 16. bis contra-stando con la normativa nazionale (art.
31, comma 2 del dl. n. 201/2011, co-me convertito in legge n. 214 del 2011) e con la normativa comunitaria (Direttiva 2006/ 123/CE), viola l’art.
117, secondo comma, lettera e) e l’art.
117, primo comma, della Costituzione.
b) Art. 11 e art. 17, comma 1, della l.r.
n. 29/2014
L’art. 11 modifica il comma 2 dell'art.
14 della l.r. n. 27/2009, prevedendo che il Comune definisce le condizioni, le procedure ed i criteri per il rilascio delle autorizzazioni per le medie strut-ture di vendita “previa concertazione con le organizzazioni imprenditoriali del commercio, le organizzazioni sin-dacali dei lavoratori e le associazioni dei consumatori maggiormente rap-presentative, nonché con" sono sosti-tuite dalle seguenti: "sentite le orga-nizzazioni delle imprese del commer-cio, del turismo e dei servizi mag-giormente rappresentative a livello re-gionale, le associazioni dei consuma-tori iscritte al registro regionale, non-ché le organizzazioni dei lavoratori del settore maggiormente rappresentative a livello regionale e le altre parti socia-li interessate individuate dal Comune medesimo”. La norma contrasta con la Direttiva 2006/123/UE che all'art. 14 vieta agli Stati membri “il coinvolgi-mento diretto o indiretto di operatori concorrenti, anche in seno agli organi consultivi, al fini del rilascio di auto-rizzazioni o ai fini dell'adozione di al-tre decisioni delle autorità competenti, ad eccezione degli organismi o ordini e delle associazioni professionali o di altre organizzazioni che agiscono in qualità di autorità competente”.
Anche l’art. 17 modifica il comma 2,
dell'articolo 28 della l.r. n. 27/2009,
prescrivendo, in sostituzione della
previgente concertazione, il previo
pa-rere delle organizzazioni delle imprese del commercio, del turismo e dei ser-vizi maggiormente rappresentative a livello regionale, delle associazioni dei consumatori iscritte al registro regio-nale, nonché delle organizzazioni dei lavoratori del settore maggiormente rappresentative a livello regionale, per la definizione da parte del Comune competente dei criteri e delle modalità
per l'apertura, il trasferimento e l'am-pliamento dell'esercizio di vendita di stampa quotidiana e periodica.
Per questi motivi, gli artt. 11 e 17, comma 1, contrastando la normativa europea violano l’art. 117, comma primo della Costituzione.
Per questi motivi le norme sopra indi-cate devono essere impugnate ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione».
Delibera CdM: 29/04/2015 Ricorso: n. 53/2015
Atto impugnato: l.r. 9 marzo 2015, n. 7: "Modifiche alla legge regionale 16 luglio 2007, n. 8 'Disciplina delle deroghe previste dalla direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979 e dell’articolo 19 bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il pre-lievo venatorio) e modifica alla legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7 (Norme per la protezione della fauna Selvatica e per la tutela dell’equilibrio ambientale e disciplina dell’attività venatoria)’.”
Motivi dell'impugnativa: «la norma regionale aggiunge all'articolo 2 della l.r. n. 8/2007 , il comma 2-bis, inno-vando il regime giuridico del prelievo venatorio in deroga, disciplinato dall'articolo 9 della direttiva 2009/147/CE del 30 novembre 2009 (che ha sostituito la direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979) e dall'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992, stabilendo che, al fine dell'applicazione della lettera c) del comma 2 [concernente l'obbligo di
indicare le circostanze di tempo e di luogo della deroga], sia comunque consentito il prelievo in deroga allo storno (Sturnus vulgaris) praticato in prossimità di nuclei vegetazionali produttivi sparsi, a tutela della speci-ficità delle coltivazioni regionali.
La previsione regionale si pone in contrasto tanto con la normativa sta-tale quanto con quella europea.
In particolare, l'articolo 9, paragrafo
1, della direttiva 2009/147/CE del 30
novembre 2009 attribuisce agli Stati
membri la possibilità di derogare al divieto di uccidere o di catturare deli-beratamente, con qualsiasi metodo, uccelli selvatici (articolo 5, comma 1, lettera a) della citata direttiva). Tale deroga, tuttavia, può essere concessa, a condizione che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti, per delle ra-gioni espressamente tipizzate quali sono , in via esemplificativa, la tutela della salute e sicurezza pubblica, la necessità di prevenire gravi danni alle colture o per consentirne in condizio-ni rigidamente controllate la cattura.
L'atto di concessione della deroga, inoltre, deve specificare: «a) le specie che formano oggetto delle medesime;
b) i mezzi, gli impianti o i metodi di cattura o di uccisione autorizzati: c) le condizioni di rischio e le circostanze di tempo e di luogo in cui esse posso-no essere applicate;d)l'autorità abilita-ta a dichiarare che le condizioni sabilita-tabi- stabi-lite sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, impianti o metodi possono es-sere utilizzati, entro quali limiti e da quali persone;e) i controlli che saran-no effettuati» (articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2009/147/CE del 30 novembre 2009).
In attuazione del menzionato articolo 9, l'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992, dopo aver statuito che Il de-scritto quadro normativo, tanto euro-peo quanto statale, risulta pertanto violato dalle prescrizioni contente all'articolo 1 della legge in esame che
autorizza in maniera generalizzata, senza limiti spaziali e temporali, e senza la necessità di ricorrere ad al-cuna specifica motivazione, il prelie-vo della specie di uccello selvatico denominata "Storno" (Sturnus vulga-ris), a condizione — peraltro generica
— che tale prelievo venga «praticato in prossimità di nuclei vegetazionali sparsi, ed a tutela della specificità delle coltivazioni regionali».
La norma regionale in parola introdu-ce, esclusivamente per il prelievo del-la specie storno, un regime giuridico differenziato, caratterizzato da stabili-tà e continuistabili-tà nel tempo anziché dai requisiti di eccezionalità e tempora-neità imposti dalla normativa interna ed europea.
A ciò aggiungasi , in relazione allo
strumento scelto dalla regione,
ovve-ro la legge regionale, che l'articolo
19-bis, comma 2, della legge n. 157
del 1992 fa invece riferimento alla
necessità di ricorrere all'adozione di
un atto amministrativo. La scelta
del-la norma di legge regionale infatti
non soltanto consente di eludere
l'ob-bligo motivazionale imposto per la
concessione della deroga dalla
nor-mativa interna e da quella europea ma
elide, di fatto, il potere di
annulla-mento della stessa deroga attribuito al
Consiglio dei ministri dall'articolo
19-bis, comma 4, della legge n. 157
del 1992. Come noto, costante è la
giurisprudenza Costituzionale che
af-fermato l’illegittimità di previsioni siffate (sentenza n. 250 del 2008 , sentenza 387 del 2008).
La norma regionale , quindi, ponen-dosi in contrasto con le disposizioni di cui alla direttiva 2009/147/CE del 30 novembre 2009, viola il parametro di cui all'articolo 117, primo comma, della Costituzione nella parte in cui impone al legislatore regionale di ri-spettare i vincoli posti dall'ordina-mento comunitario, e, ponendosi
al-tresì in contrasto con l'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992, comporta la violazione del parametro di cui all'articolo 117, comma 2, lettera s), della Costituzione che attribuisce alla competenza legislativa esclusiva del-lo Stato la materia “tutela del'ambien-te, dell'ecosistema e dei beni cultura-li”. Per questi motivi la norma regio-nale in esame deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costi-tuzione.».
Confrontando i dati delle impugnative con quelli dell’analogo periodo del-la scorsa legisdel-latura, si rileva un maggiore trend del tasso di conflittualità tra Stato e Regione: nell’anno 2010 (gen./mar.), ultimo anno della VIII legislatu-ra, il Governo ha infatti impugnato n. 1 legge delle Marche.
Paragonando poi le leggi impugnate in via principale rispetto a quelle emanate nelle ultime due legislature, il tasso di conflittualità è minore nella VIII, con 11
27leggi impugnate dal Governo (7,8% delle 141 leggi promulga-te), rispetto alla IX, con 19 leggi impugnate dallo Stato (9,64% delle 197 leggi promulgate).
Peraltro, a seguito della promulgazione di leggi con cui la Regione ha provveduto ad eliminare le disposizioni oggetto di censura o ad adeguarsi ai rilievi formulati a livello statale, il Governo ha rinunciato
all’impugnativa di 3 leggi promulgate durante la VIII legi-slatura e di 5 leggi promulgate durante la IX legilegi-slatura, per 1 delle quali la Corte Costituzionale ha tuttavia ritenuto che, in assenza di elementi tali da far ritenere che le disposizioni censurate – rimaste in vigore per oltre sei mesi nella loro formulazione originaria – non abbiano trovato attuazione
medio tempore, non ha potuto dichiarare cessata la materia del contendere.
27 Nel calcolo non si è tenuto conto del r.r. 15 novembre 2007, n. 4 (Ordine delle precedenze nelle cerimonie a carattere locale) impugnato dal Governo nell’anno 2008.
Nel documento
SULL’ATTIVITA’ ISTITUZIONALE DELL’ A SSEMBLEA
(pagine 113-120)