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La ridefinizione della figura del Tennō

2.2 La Shintō Directive

2.2.1 La ridefinizione della figura del Tennō

Guardando alla direttiva sopracitata, si può notare che venne compreso dagli occupanti come lo Shintō, una volta trasformato in una vera e propria ideologia di Stato, svolse un ruolo primario nella costruzione dell’identità nazionale, e nel portare il popolo giapponese a provare un forte senso di appartenenza nei confronti della propria patria, legandolo in una comunione spirituale con il tennō46 . Con la Restaurazione Meiji l’Imperatore fu

politicamente “riscoperto” e reso dai leader Meiji il focus simbolico della sconfitta dello shogunato Tokugawa, in grado di risollevare le sorti del Giappone, trasformandolo in un paese moderno e competitivo, altrimenti destinato allo sfruttamento da parte delle potenze occidentali47. La sua figura divenne il cardine spirituale del Giappone, il pilastro sacro del

kokutai, il sistema governativo nazionale48. Grazie alla sua figura fu possibile attuare il

processo di invenzione della tradizione, mescolando elementi mitologici e di un passato storico innanzandoli a verità assoluta e immutabile nel tempo. La “prova” della rivendicazione delle sue origini divine si trovava nell’articolo 1 della Costituzione Meiji dove veniva affermato che l’Imperatore derivasse da una linea dinastica unica e ininterrotta, e dall’articolo 3, in cui si dichiarava che la sua figura fosse sacra e inviolabile49. Lo Shintō di

Stato costituì “la religione civile del nazionalismo” 50, risultato della fusione fra

nazionalismo e monarchia attuata attraverso la “mitologizzazione della storia e la storicizzazione del mito”51. Il processo, iniziato durante il Giappone Meiji, dove l’invenzione

della tradizione rese la figura del sovrano il simbolo dello Stato giapponese moderno, e del moderno nazionalismo, pose l’accento su diversi sotto-simboli, al fine di rafforzare l’autorità imperiale. Sotto-simboli che includevano il già citato Santuario Yasukuni, costruito nel 1869 al fine di commemorare gli spiriti dei gloriosi soldati morti servendo l’Imperatore, oppure festività commemorative come il Kigensetsu ( giorno dell’Imperatore) dove si celebrava

46 CAROLI, Rosa; GATTI, Francesco. Storia del Giappone. Gius. Laterza & Figli Spa, 2009, p.157 47 LARGE, Stephen. Emperor Hirohito and Showa Japan: A Political Biography. Routledge, 2003, p.7 48 Ivi, p.7-8

49 Ibid.

50 COLEMAN, cit. in Ivi, p.8 51 KITAGAWA, cit. in Ibid.

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l’ascesa al potere del primo Imperatore Jinmu (11 febbraio 660 a.C.), e della fondazione storica dell’Impero giapponese, o ancora si possono trovare dei simbolismi nella bandiera nazionale stessa (Hi no maru), dove il grande cerchio rosso rappresenta la grandiosità del sovrano, in quanto brillante come il sole; e l’inno nazionale il cui titolo, che corrisponde anche alle parole iniziali: Kimi ga yo (Il regno dell’Imperatore), rende gloria alla sovranità imperiale52, e questi rappresentano solo un piccolo esempio della vastità di elementi

simbolici presenti nella cultura giapponese. Ovviamente non tutti i giapponesi credevano nei “moderni miti” della supremazia Imperiale proiettata dal simbolismo shintoista, o più generalmente nell’ideologia nazionalista del culto dell’Imperatore 53 . Tuttavia, la

maggioranza della popolazione prese questi miti seriamente, in quanto questo apparato simbolico derivava la legittimazione teoretica non solo dello Stato ma l’intera società, e di ogni ordine politico e morale54.

The Emperor played the role of a god and the people played the role of subjects55

E questo valse per tutto il periodo Meiji (1868-1912), Taishō (1912-1926), e primo Shōwa (1926-1945).

Con questa premessa non era concepibile non includere nella direttiva riguardante la religione, un riferimento circa la figura dell’Imperatore, e ciò che rappresentasse per la nazione. Tali riferimenti li troviamo fra i punti finali del documento:

2.f. Militaristic and ultra-nationalistic ideology, as used in this directive, embraces those teachings, beliefs, and theories which advocate or justify a mission on the part of Japan to extend its rule over other nations and peoples by the reason of:

(1) The doctrine that the Emperor of Japan is superior to the heads of other states because of ancestry, descent, or special origin.

52 Cfr. Ibid.

53 TSURUMI, in Ibid. 54 Ibid.

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(2) The doctrine that the people of Japan are superior to the people of other lands of ancestry, descent, or special origin.

(3) The doctrine that the islands of Japan are superior to other lands because of divine or special origin.

(4) Any other doctrine which tends to delude the Japanese people into embarking upon wars of aggression or to glorify the use of force as an instrument for the settlement of disputes with other peoples56.

Viene proibito lo sfruttamento di teorie per giustificare azioni militaristiche o per fomentare ideologie ultranazionalistiche, quali l’idea secondo cui l’Imperatore avesse origini divine, da cui deriva il concetto di superiorità razziale del popolo giapponese per via del legame della nazione con divinità ancestrali, e tutte quelle teorie che avrebbero potuto portare il popolo giapponese a condurre aggressioni nei confronti di altre popolazioni, o glorificare l’uso della forza come strumento per risolvere dispute con altri paesi.

La fine della seconda guerra mondiale portò alla caduta della monarchia in molti paesi quali l’Italia stessa, la Bulgaria, la Romania57 etc... Nel caso del Giappone, si discusse per

un’eventuale abdicazione da parte dell’Imperatore, tuttavia, il governo statunitense, con l’appoggio britannico, nonostante le proteste da parte degli altri Stati in particolare dell’Unione Sovietica, decise di non perseguire l’Imperatore Hirohito58. La scelta fu dettata

da varie ragioni. In primo luogo, dalla convinzione che l’abdicazione avrebbe portato alla sollevazione di proteste da parte della maggioranza della popolazione, ancora fortemente legata all’idea che il sovrano fosse il discendente dell’ininterrotta linea dinastica divina (nonostante l’Imperatore rinunciò a tale prerogativa in un radiomessaggio il 1° gennaio del

56 "The Shinto Directive." Contemporary Religions in Japan 1, no. 2 (1960): 85-89, cit. p.89

57 LARGE, Stephen. Emperor Hirohito and Showa Japan: A Political Biography. Routledge, 2003, p.136 58 CAROLI, Rosa; GATTI, Francesco. Storia del Giappone. Gius. Laterza & Figli Spa, 2009, p.220-221

In Giappone venne istituito nel maggio del 1946 il Tribunale di Tōkyō (equiparabile al Tribunale di Norimberga) al fine di giudicare i crimini di “classe A”, ovvero quelli contro la pace, di cui dovettero rispondere alti ufficiali o politici, anche eventualmente, per i crimini commessi dai propri subalterni. In diverse città dell’Asia e a Yokohama vennero istituiti Tribunali per giudicare i crimini di “classe B”, crimini di guerra considerati “convenzionali”, commessi cioè dai militari in battaglia o contro i civili di popoli nemici; e i crimini di “classe C”, ovvero i crimini contro l’umanità (considerati tali, per esempio, i reati commessi dai nazisti nei confronti di rom, ebrei, nemici politici etc…).

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194659), e secondariamente dall’intenzione da parte dello SCAP di agire con la mediazione

dell’apparato del governo giapponese60. L’Imperatore si rivelò all’altezza delle aspettative.

Senza osteggiare l’azione degli occupanti, egli contribuì ad applicare le riforme che trasformarono il Giappone da un paese governato da una monarchia, ad un paese regolato da una democrazia liberale61. Inoltre, a partire dal giugno del 1946 attraverso alcuni viaggi

all’interno del Giappone, diede lui stesso dimostrazione di “sopportare l’insopportabile”, ed attraverso il suo esempio invitava la popolazione a collaborare con gli occupanti62. Grazie

a questa azione, la figura del sovrano non venne svalutata agli occhi della nazione, quanto piuttosto si venne a creare un nuovo apparato simbolico, nel quale veniva promossa l’immagine di un sovrano secolare, un “Imperatore umano” (ningen tennō), o di un “Imperatore del popolo” (shiminteki tennō), grazie anche alla sua preoccupazione e vicinanza mostrata al popolo durante le sue visite63.

The Emperor is no god, just an ordinary man. By being at one with people, he has their deep affection64.

La rinuncia alla pretesa di una qualsiasi discendenza divina da parte del sovrano fu importante perché venne usata per ribadire la necessità di una revisione della Costituzione Meiji, ormai obsoleta visti i cambiamenti che le forze di occupazione stavano attuando a livello legislativo65.