Zaboglio e Novati
RIFLESSIONI CONCLUSIVE
Al termine di questa cronistoria, vorrei concludere con due brevi riflessioni. La prima concernente la missionarietà dello Scalabrini che fu all‟origine della sua fondazione; la seconda riguardante l‟ecclesiologia che caratterizzò la sua opera.
I – La Missionarietà
La missionarietà in Scalabrini era radicata già nella sua formazione sacerdotale.
Poco dopo la sua ordinazione sacerdotale avvenuta il 30 maggio 1863, Scalabrini si presenta a Mons. Marinoni, Direttore del Seminario Lombardo per le Missioni Estere (1'attuale PIME) per farsi missionario tra gli infedeli. Il Vescovo di Como, Mons.
Marzorati non gli concede l'autorizzazione. Nel giugno 1884 Scalabrini scriveva:
“Mi parve proprio tale dover essere il mio destino, secondo la divina volontà.
Ma certe circostanze impreviste sorsero, non so se per punizione dei miei peccati, o per altri ascosi disegni di Dio; e la croce di legno del missionario mi si cambiò in questa d'oro che porto al petto, la quale mi fa spesso erompere in lamenti con il mio Signore, perché mi abbia voluto dare questa al posto di quella”.
Nel 1884 a Mons. Marinoni che gli chiedeva dei Missionari, Scalabrini risponderà:
“Ella è padrone della mia diocesi: venga, entri nei seminari, esorti, si porti via chi vuole, io le sarò sempre sommesso come un antico aggregato a San Calogero”.
Nel 1874, due anni dopo la sua nomina a parroco di S. Bartolomeo a Como, Scalabrini manifesta un'altra grande passione pastorale, anch'essa strettamente legata alla sua missionarietà: la passione catechetica. Apre in parrocchia un asilo infantile, frequentato da circa 200 bambini e pubblica il “Piccolo Catechismo proposto agli asili d'infanzia”.
È l'inizio di una serie di pubblicazioni sul catechismo e la catechesi che sfoceranno - in rapporto alle migrazioni - al suo interessamento per la redazione di un catechismo universale di cui riceverà mandato dallo stesso Leone XIII nel novembre 1880.
Di questo spirito missionario è testimonianza anche la domanda fatta a Pio IX nel dicembre 1875 di essere consacrato Vescovo nella Cappella del Collegio Urbano di Propaganda Fide a Roma, quella Congregazione con la quale Scalabrini diventerà l‟artefice della sua opera missionaria, religiosa e laica. Spirito missionario che caratterizzerà fin dall‟inizio il suo Episcopato.
Il 30 gennaio 1876 nel giorno della sua consacrazione episcopale, Scalabrini scrive la sua prima lettera pastorale dove già egli presenta le sue priorità pastorali: attenzione privilegiata per i più poveri con un pensiero particolare all'istruzione religiosa dei fanciulli, dei sordomuti e dei ciechi e dei più infelici.
“Quanto a me, debitore di tutti, secondo le mie forze, tutti abbraccerò con il mio ministero… ed inviato in prima ai poveri e ai più infelici che traggono miseramente la vita della desolazione; soffrirò con essi dando opera soprattutto a evangelizzare i poveri che, ricchi di fede vennero eletti dal Redentore primi e eredi del Regno promesso da Dio a coloro che lo amano”.
Tra questi “poveri” Scalabrini sceglierà gli emigranti e i sordomuti.
Gli emigranti: tra il dicembre 1876 e l'agosto 1878, durante la prima visita pastorale della diocesi di Piacenza, Scalabrini conduce un'inchiesta e prende nota, parrocchia per parrocchia del numero degli emigrati: ne calcola 28.000 (10 % della popolazione residente). All'epoca Piacenza, che contava 35.000 abitanti, era anche un importante scalo ferroviario per gli imbarchi a Genova degli emigrati provenienti dal Friuli, dal Veneto, dalla Romagna e dalla Lombardia orientale.
Nella prima visita pastorale a Mareto, Scalabrini segnala l'emigrazione dei ragazzi e delle ragazze per la monda del riso.
Nel 1879 mentre era in visita pastorale in VaI d'Arda, Scalabrini si interessa dei montanari piacentini emigrati a Parigi. Scrive al Segretario di Stato e al Nunzio apostolico perché interessino l'arcivescovo di quella città affinché provvedano per loro una chiesa italiana come quella esistente a Londra, fondata da Pallotti.
I sordomuti: l‟8 settembre 1880 Scalabrini scrive la lettera pastorale sui sordomuti. Alla base della sua passione pastorale per loro vi è un forte spirito missionario:
“Si fa tanto per gli infedeli e non si pensa che, purtroppo, gli infedeli sono anche tra noi, ché tali appunto sono i poveri sordomuti e le povere sordomute non istruite”. (Dalla sua lettera pastorale)
La missionarietà di Scalabrini partendo dalla sua preoccupazione pastorale per gli emigranti e i sordomuti merita uno studio ulteriore.
II – L‟ecclesiologia di Scalabrini
A mio giudizio, la caratteristica del progetto di Scalabrini consiste nella volontà espressa del Fondatore di costruirlo sulla base della solidarietà interepiscopale, facendo dell'assistenza agli emigrati un frutto della collaborazione e implicazione delle Chiese locali dei paesi di emigrazione e di immigrazione e un esempio di collegialità
episcopale. Scalabrini non solo cercò di corresponsabilizzare e implicare Roma, nel suo ruolo centrale di carità e di comunione della Chiesa universale provocando insistentemente dalla Santa Sede lettere collettive agli Episcopati e chiedendo di redigere lui stesso circolari ai Vescovi, ma esigeva innanzitutto una corresponsabilità episcopale.
Prima di essere Fondatore di un Istituto missionario, Scalabrini si sentì Vescovo e come tale operò. Seppure Vescovo di una diocesi di provincia si sentiva investito da una responsabilità pari a quella degli Arcivescovi e Cardinali di New York, di Rio de Janeiro, o di Buenos Aires. Scalabrini tradusse questa volontà già dell'inizio del suo progetto nel 1887 e 1888 tessendo una rete di rapporti con Propaganda Fide, con tutti i Vescovi della Penisola, con diversi Vescovi d'Europa e soprattutto con alcuni maggiori esponenti dell'Episcopio americano, maggiormente coinvolti dai flussi migratori transoceanici quali i Vescovi di New York (Monsignor Corrigan) e della costa atlantica degli Stati Uniti (Boston, Providence, New Haven), il Vescovo di New Orleans (Monsignor Jansenns), meta preferita degli emigrati siciliani, il Vescovo di Sant Paul (Minnesota), Mons. Ireland, l'arcivescovo di Rio de Janeiro e San Paolo in Brasile e di Buenos Aires in Argentina.
Alla stessa stregua di quanto il Vescovo Scalabrini farà all'inizio del '900 quando in vista della fondazione dell'Opera dei Mondariso per l'assistenza ai 170.000 lavoratori stagionali addetti al trapianto o alla mondatura del riso mobilitò e riunì in un incontro nell'Episcopato di Piacenza i Vescovi di Bobbio, Tortona, Guastalla, Pontremoli e Modena. (luoghi di partenza) e i Vescovi di Lodi, Pavia, Vercelli, Milano e Vigevano (diocesi di arrivo) per studiare insieme gli indirizzi comuni da dare a quest‟opera.
Scalabrini dal 1888 in poi, farà del palazzo vescovile di Piacenza la meta obbligata di diversi Vescovi americani, che in occasione della loro visita ad limina a Roma, venivano a Piacenza per discutere della preoccupazione comune: l'assistenza religiosa agli emigrati italiani. Il Cardinale Corrigan di New York si sobbarcò nel luglio 1890 il viaggio fino nel Trentino, pur di incontrare Scalabrini, allora convalescente a Levico.
Visitarono Scalabrini a Piacenza anche i Vescovi di New Orleans e di Hartford (USA).
Mons. Ireland di St. Paul progettava lui pure di incontrarlo a Piacenza dopo la sua visita negli Stati Uniti.
Scalabrini si terrà in legame costante con alcuni Vescovi americani, sia per corrispondenza diretta sia tramite il suo Vicario generale in America, Padre Francesco Zaboglio, e farà del seminario vescovile di Piacenza (sino alla sua morte) il luogo di formazione di diversi sacerdoti secolari americani inviatigli da loro vescovi per compiere i loro studi teologici in Italia per destinarli poi all'assistenza degli italiani in America: una specie di piccola appendice (l‟espressione è di Scalabrini) del Collegio di Propaganda Fide a Roma. Questo dialogo ha tradotto in concreto la prima corresponsabilità ecclesiastica in tema di migrazioni tra diversi Episcopati nazionali, corresponsabilità che si tradusse, già dalla fine dell'Ottocento nell'invenzione e diffusione del riconoscimento giuridico-canonico di nuove forme pastorali concernenti l'assistenza specifica di un gruppo etnico da parte del clero della stessa nazionalità, indipendenti dalla giurisdizione delle parrocchie territoriali e sotto il governo diretto dall'autorità dei Vescovi locali.
Scalabrini, anche se sollecitava con una certa impazienza, le decisioni della Santa Sede, volle tuttavia che la fondazione del suo istituto non dipendesse dalla sua volontà ma risultasse una vera e propria presa di impegno della Chiesa stessa. Sottolineiamo a
questo proposito che l'opera piacentina non è nata come fondazione diocesana ma come
“appendice” di Propaganda Fide. E‟ lo stesso Scalabrini a sottolinearlo. E, cosa originalissima, ha ricevuto l'approvazione pontificia il 15 novembre 1887 con il breve apostolico di Leone XIII «Libenter agnovimus» quando essa – come istituzione religiosa - era ancora solo un progetto, e non aveva ancora un regolamento.
Caratteristica questa che contraddistingue le origini dell' opera Scalabriniana. Da notare che assieme al breve apostolico indirizzato al Vescovo di Piacenza, Leone XIII aveva deciso alla stessa data del 14 novembre che fosse contemporaneamente inviato un Breve ai Vescovi degli Stati Uniti e una lettera ai Vescovi del Brasile e ai Nunzi Apostolici in America per comunicare loro la fondazione dell'Opera. L'implicazione di Roma in questo fenomeno delle migrazioni, che Scalabrini considerava permanente e universale, il Vescovo di Piacenza lo sottolineerà nel memoriale nel quale al termine dei suoi due viaggi in America del Nord e in Brasile, propone a Pio X di istituire una nuova Congregazione Romana con l'incarico di seguire le immigrazioni soprattutto in America sottolineandole le implicazioni ecclesiali.
“Ho veduto, in una parola, che se la Chiesa di Dio non ha in quelle regioni maggior importanza di quella che ha ora, sia nella direzione della vita collettiva, sia in quella individuale; se le anime si perdono a milioni, lo si deve in gran parte, più che all'attività, pur grande, dei nemici della viva fede, alla mancanza di un lavoro religioso bene organizzato e bene adatto ai singoli ambienti e alla deficienza del clero, e mi sono fatto la ferma convinzione che è urgente di provvedere e che è grave errore. per non dir colpa. di tutti noi preposti al governo della Chiesa di lasciare che si prolunghi uno stato di cose, causa di tanta iattura alle anime e che sminuisce in faccia ai nemici di Dio l'importanza sociale della Chiesa Cattolica”. “Tutti noi preposti al governo della Chiesa”: quindi anche…il Governo centrale (le Congregazioni Romane)”.
L‟implicazione della Chiesa universale di fronte al fenomeno delle migrazioni era pure esplicito nella proposta nel Memoriale citato di Scalabrini alla Santa Sede, “di ordinare una questua annuale in tutte le chiese del mondo per costituire un fondo cassa” per l‟assistenza agli emigrati e per il funzionamento della Commissione pro Emigratis Catholicis da lui suggerito.
La convinzione che la causa dell' assistenza ai migranti fosse una questione della Chiesa universale più che un compito riservato ad una congregazione specifica quale l'Opera scalabriniana, fu condivisa e manifestata ad evidenza nei loro scritti dai primi missionari scalabriniani: in particolare P. Colbacchini, P. Maldotti e P. Zaboglio.
Questa coscienza ecclesiale l'aveva espressa a Scalabrini già nel 1891 Padre Colbacchini che pur avendo speso - da pioniere - sei anni di attività missionaria nel Paranà, vista la difficoltà di Scalabrini di inviargli i missionari in numero sufficiente a rispondere ai bisogni religiosi degli emigrati gli propose (in vista dello scarso numero di operai nel nostro istituto) “di affidare questa missione ai Redentoristi (due polacchi, un alemanno e 6 o 7 italiani) e io tenendo in vista solo il bene di queste 10 o 12 migliaia di italiani. ed altrettanti e più polacchi e tedeschi. sarei pronto a consegnare a detta Congregazione il mio mandato”.
P. Antonio Perotti Febbraio 2004