Si è pensato di rivolgere l’intervento che viene descritto nel presente testo, ai bambini perché durante un evento catastrofico sono le persone più colpite e fragili, insieme con gli anziani.
I bambini durante le fasi del proprio sviluppo costruiscono la loro personalità e la loro identità, strutturandosi; quando accade un evento catastrofico, si possono trovare non solo in balia degli eventi ma anche delle emozioni e dei pensieri delle persone di riferimento che hanno accanto.
Sono, proprio perché in crescita, aperti e molto ricettivi, e ciò può comportare un rischio maggiore di essere travolti dall’evento, dalle emozioni e dai pensieri forti che non riescono a contenere e definire.
Il bisogno proprio come negli adulti, è di poter codificare quella realtà che stanno vivendo, dare un senso e mettere insieme i pezzi. Gli adulti a volte nelle situazioni traumatiche, proprio perché anche loro colpiti dall’evento e da ciò che sta succedendo, tendono a proteggere o iperproteggere i figli,
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43 164 cercando di tenerli lontani da ciò che è ritenuto doloroso o troppo forte da
vivere.
Tale tentativo di occultamento può essere percepito e interpretato dai bambini come un impedimento o addirittura un divieto ad esprimere le proprie emozioni e pensieri, che invece sono normali in simili eccezionali situazioni. Come risultato i bambini possono tendere a proteggere a loro volta genitori o familiari, evitando di parlarne.
Le emozioni e i pensieri non espressi, taciuti, vengono cristallizzati dentro di sé e proprio perché troppo dolorosi, possono essere separati da sé (dissociati):
ciò contribuisce a rendere un’esperienza traumatica, una ferita che non viene assorbita e integrata nella mente.
Dare parola, colore e forma a ciò che non ha voce e a cui non si riesce a dare senso, in quanto troppo doloroso, insieme con il permesso di esprimere e condividere con gli altri tali vissuti, è l’obiettivo di questo lavoro.
L’attività proposta ai bambini è stata pensata in gruppo in quanto ciò rappresenta un ulteriore fattore di protezione e normalizzazione: tutti hanno vissuto la stessa esperienza e ognuno può raccontare come si è sentito.
Ciò porta a modificare la convinzione che ciò che è doloroso è meglio che venga tenuto per sé, nascosto, temendo di apparire fragili e deboli agli occhi degli altri; tale convinzione è confermata a volte dai genitori che pensano che se non se ne parla il bambino soffra meno, in tal modo però si alimenta la confusione, il tabù e la frammentazione del Sé.
Il messaggio che arriva ai bambini, attraverso il nostro lavoro, è che tutti proviamo emozioni e anche quelle dolorose possono essere comunicate.
Facendolo ci si sente meglio, uniti e vicini, si crea un legame intimo di amicizia profonda, in quanto è possibile mostrarsi per ciò che si è in modo autentico, superando la paura e la vergogna di aprirsi agli altri e il timore di essere giudicati.
Nel dare forma alle emozioni, ai pensieri e ai vissuti durante il terremoto abbiamo scelto di utilizzare come strumento il disegno, in quanto consente al bambino di dare espressione concreta a ciò che ha vissuto.
Rappresentando l’evento è possibile osservarlo a distanza: guardare il proprio vissuto con occhi diversi e da diverse angolazioni. Distanziandosi dall’intensità delle emozioni di quel momento è possibile analizzare le convinzioni (di sé, degli altri e del mondo) che alimentano sensazioni ed emozioni disturbanti, legate al trauma, come quelle spesso connesse alla convinzione di non essere stati coraggiosi o di aiuto agli altri, di essere stati abbandonati dai soccorsi o che il mondo non è più un posto sicuro.
Analizzando tali convinzioni e confrontando la propria esperienza con
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arrivare ad integrare l’esperienza traumatica dentro di sé. L’attività proposta ai bambini della Scuola Primaria e agli alunni della Scuola Secondaria di Primo Grado inizia presentandoci e proponendo il “gioco delle emozioni”.
Ciò ha l’obiettivo di conoscerci e conoscere le emozioni, parlare tutti lo stesso linguaggio, divertirsi utilizzando il proprio corpo, liberando l’energia e la tensione, creare il gruppo, che funziona da contenitore in grado di accogliere l’esperienza dolorosa. Ai bambini e ai ragazzi è stato poi chiesto di disegnare il proprio vissuto al momento del terremoto, dare forma ai ricordi e alle immagini impresse nella loro mente per poi raccontarle e condividerle.
Il viaggio attraverso l’esperienza traumatica si conclude affiancando alla paura quotidiana, un “oggetto magico” in grado di contenerla e attenuarla.
A differenza delle altre esperienze traumatiche in cui l’evento ha un inizio e una fine, in questo caso, le scosse sismiche anche ad alta intensità continuano, mantenendo alto il livello di stress e la difficoltà di tornare alla normalità.
Obiettivo è aiutare le persone, in questo caso i bambini, a convivere con la paura e l’incertezza, allenandosi a trovare le risorse dentro di sé.
Attraverso il disegno e la costruzione dell’oggetto magico, ogni bambino attinge alle proprie risorse ricordandosi anche che, accanto alle esperienze spiacevoli, ce ne sono altre piacevoli, alimentando la convinzione positiva del mondo, di sé e degli altri.
L’oggetto magico, con il potere di far superare la paura, costituisce anche una fonte di energia positiva alla quale i bambini possono attingere nei momenti di difficoltà, aumentando la propria resilienza.
La condivisione di tutti gli oggetti magici accresce un immagine positiva del
“mondo” piena di risorse da cui attingere per arricchire il proprio bagaglio personale.
L’esperienza di una intimità di gruppo si unisce alle esperienze vissute durante il terremoto, contribuendo ad affiancare alla memoria traumatica una memoria di vicinanza, colore, calore ed emozioni positive.