Effetti collaterali
Gli effetti collaterali più comuni della PCA Morfina e.v. sono nausea, vomito, prurito, sedazione e confusione; talvolta si ha depressione respiratoria.
• Nausea e vomito (PONV): sono indotti dall’attivazione della zona chemiorecettoriale scatenante del tronco cerebrale. Sono stati individuati dei fattori che sono più frequentemente associati o influenzano l’insorgenza di nausea e vomito: sesso femminile, storia di cinetosi, non fumatore, tipo di procedura chirurgica, tipo di farmaco usato per l’anestesia, dolore, ansietà e disidratazione. Per contrastare questi fastidiosi effetti possono essere somministrati antiemetici al bisogno o direttamente nell’infusione assieme all’oppioide in via preventiva: sono utilizzati antagonisti della serotonina, antagonisti della dopamina o corticosteroidi.
• Prurito: spesso intorno al naso e reazione orticarioide. Non ci sono studi clinici che abbiano valutato l’efficacia dei farmaci antipruriginosi usati nella pratica clinica. Inoltre questi farmaci non aboliscono completamente il prurito e possono essere lievemente sedativi. L’orticaria insorge più frequentemente in seguito a somministrazione parenterale dell’oppioide.
• Sedazione e confusione: l’entità di questi effetti collaterali varia in base alla risposta individuale del paziente. Talora può manifestarsi una lieve amnesia. L’associazione con altri farmaci deprimenti centrali, come i sedativo ipnotici, può causare profonda depressione. Coloro che presentano deficit di funzionalità renale presentano spesso sedazione a causa dell’accumulo di metaboliti attivi della morfina. Uno stato di confusione nel periodo post operatorio è evenienza piuttosto comune,
soprattutto nei pazienti anziani, e spesso non ha una chiara eziologia; in generale il paziente può essere facilmente risvegliato. Sebbene l’uso della PCA Morfina e.v. possa contribuire alla sua insorgenza, devono comunque essere indagate altre potenziali eziologie; ad esempio, anche un trattamento inadeguato di un dolore severo può portare a confusione e delirio negli anziani.
• Depressione respiratoria: tutti gli analgesici stupefacenti possono indurre l’inibizione del centro respiratorio a livello del tronco cerebrale. La PCO2 alveolare può aumentare, ma il significativo aspetto di tale
depressione è rappresentato da una ridotta sensibilità all’anidride carbonica. La depressione respiratoria è dose-dipendente ed è significativamente influenzata dall’intensità di altre afferenze sensoriali presenti nello stesso periodo di tempo. E’ possibile, ad esempio, con opportune stimolazioni, antagonizzarla parzialmente. Quando gli intensi stimoli dolorosi che hanno prevenuto l’effetto deprimente di una dose elevata di un oppioide si riducono, la depressione respiratoria può improvvisamente diventare marcata. Questa evenienza è tuttavia estremamente rara e nonostante debba essere tenuta nella giusta considerazione non deve rappresentare un freno all’utilizzo della morfina.59
• Disforia ed euforia: di solito, pazienti o tossicomani che hanno assunto morfina per via endovenosa provano una piacevole sensazione di euforia, associata a riduzione di ansia e angoscia. Tuttavia, a volte può comparire uno stato disforico cioè uno stato di inquietudine che si accompagna ad agitazione e ad una sensazione di malessere.
• Depressione della tosse: si ha tramite l’abolizione del riflesso tussigeno. E’ un effetto che è stato sfruttato con successo con la codeina, in soggetti affetti da tosse patologica e in pazienti in cui è necessario mantenere la ventilazione attraverso intubazione endotracheale. A parte questi due casi, l’effetto antitosse può causare problematiche per accumulo di secrezioni, ostruzione delle vie respiratorie ed atelettasia.
• Effetti sull’apparato gastrointestinale: può manifestarsi stipsi che può interessare fino al 30% dei pazienti.59 Esiste una notevole variazione nella risposta dei vari segmenti del tratto G.I. ed in più gli effetti possono essere dovuti ad un’azione sia locale che centrale. Morfina e agonisti dei recettori
µ in genere influenzano la funzionalità del tratto intestinale con differenti
meccanismi, agendo sia a livello del sistema nervoso centrale (se somministrati per via intratecale rallentano la motilità e diminuiscono le secrezioni intestinali) sia perifericamente, a livello dei plessi nervosi situati nella muscolatura del tratto gastroenterico. Si ritiene che, in seguito all’azione periferica degli oppioidi, venga bloccato il rilascio dell’acetilcolina da parte dei neuroni eccitatori che innervano lo strato muscolare longitudinale del tratto gastroenterico, determinando una riduzione del tono muscolare. Inoltre, gli oppioidi determinano un aumento del tono di particolari cellule muscolari, dette “circolari”, presenti a livello gastroenterico, contribuendo all’effetto finale di aumento della contrazione intestinale segmentale e di diminuzione del movimento propulsivo. È inoltre dimostrato che gli oppioidi riducono in modo diretto le secrezioni intestinali. La conseguenza principale di questo effetto è costituita da un rallentamento della progressione del contenuto intestinale, con aumento del riassorbimento passivo della quota liquida e formazione finale di feci
dure e secche. A breve sarà disponibile anche in Italia un nuovo farmaco, il metilnaltrexone, primo e unico farmaco mirato a contrastare l’effetto periferico degli oppioidi sul tratto gastrointestinale, senza interferire sull’assetto analgesico di questi nel sistema nervoso centrale.60 Un ulteriore effetto è la costrizione dello sfintere di Oddi.
• Effetti sull’apparato urinario: La morfina deprime la funzionalità renale, probabilmente per una riduzione del flusso plasmatici renale, diminuisce la velocità di filtrazione glomerulare, aumenta il riassorbimento tubulare di sodio. Il tono ureterale e vescicale è aumentato da dosi terapeutiche di analgesici oppioidi e può provocare una ritenzione urinaria, specialmente nel postoperatorio.
• Vasodilatazione periferica: delle arterie e delle vene, probabilmente per liberazione di istamina e depressione del centro vasomotorio.
• Tolleranza, dipendenza fisica e psichica: si manifestano clinicamente solo nelle assunzioni e/o terapie prolungate, almeno di 2-3 settimane.54,61
Letteratura
In letteratura non sono presenti molti articoli riguardo l’utilizzo di morfina nei pazienti obesi.
Uno studio risalente al 2000 pubblicato su Obesità Surgery e condotto su 25 pazienti sottoposti a by pass gastrico ha dimostrato che la ivPca è un valido metodo di somministrazione negli obesi, fornendo un dosaggio ottimale per la terapia analgesica e riducendo al minimo gli effetti collaterali.62
Nel 2003 la somministrazione endovenosa di morfina in PCA viene confrontata con tecnica peridurale; tale studio (Canadian Journal of Anesthesiolgy) ha preso in considerazione 86 pazienti sottoposti ad intervento di bypass gastrico laparotomico suddivisi due gruppi rispettivamente di 40 e 46 persone. La Pca morfina è risultata essere la scelta migliore per il controllo del dolore in persone obese per la sua minore invasività e quindi più facile applicazione in questo tipo di pazienti. Inoltre il gruppo che riceveva analgesia tramite Pca aveva un rischio di 4 volte inferiore di andare incontro a infezione della ferita, questo forse per la precoce mobilizzazione dei pazienti con analgesia epidurale.63 Un terzo articolo del 2008 (Anestesia & Analgesia) descrive uno studio che prende in considerazione l’ipossemia postoperatoria in due gruppi di pazienti sottoposti a chirurgia bariatrica laparoscopica con ivPca, OSA+ e OSA-. Nelle prime 24h del postoperatorio i pazienti OSA+ non hanno mostrato una maggiore incidenza di ipossiemia.64
Nonostante i dati confortanti della letteratura, la somministrazione di morfina nei pazienti bariatrici non è ancora comune nella pratica clinica e ad oggi non conosciamo le eventuali differenze di consumo di oppiodi in tale popolazione nel periodo postoperatorio in relazione alle diverse tecniche di anestesia generale alle quali tali pazienti vengono sottoposti. Inoltre risulta ancora aperto il dibattito riguardo i dosaggi (RBW o IBW) i tempi e le varie tipologie di somministrazione degli oppioidi sia in fase intraoperatoria che postoperatoria.
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