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Rilevanza del dolo e della colpa grave nella disciplina di diritto interno

Gli ausiliari del vettore.

Posto quanto sopra, l’omissione di una espressa previsione di decadenza dal beneficio del debito in caso di dolo o colpa grave, per qualsivoglia motivo si sia proceduto ad una siffatta scelta, tuttavia non può essere concessa, specialmente quando le problematiche interpretative che si sollevano a riguardo siano tali da non poter essere sic et simpliciter superabili attraverso un ragionamento storico-giuridico che salvaguardi comunque l’ordine pubblico.

Infatti, come già sopra esposto in occasione della disamina della normativa internazionale nella sua originaria formulazione, ammettere l’applicabilità del beneficio del limite, oltre all’ipotesi di inadempimento per colpa grave, anche e soprattutto in caso di inadempimento per dolo, consentirebbe di eludere non solo la causa stessa del contratto di trasporto, ma vanificherebbe il più generale principio di buona fede che sorregge uno stato di diritto e di cui gli artt. 1175 e 1375 c.c., nell’ordinamento italiano, sono espressione (51).

A ciò si aggiunga che, sotto un profilo costituzionale, se fosse ammessa l’applicabilità del beneficio a prescindere «da ogni discriminazione nella causa della responsabilità», si verificherebbe una grave lesione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., considerato che lo speculare istituto, in ambito di trasporto aereo, nel suo testo ante riforma prevedeva comunque ipotesi di decadenza.

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Cfr. L. TULLIO, Confini di applicabilità della limitazione del debito del vettore

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Ad ogni modo, sebbene nasconda particolari impasse che nel prosieguo verranno ampiamente trattati, l’interpretazione della norma costituzionalmente orientata deve tenere conto di un importante fattore storico: l’art. 423 cod. nav., al pari del Regio decreto che lo contiene, fu redatto nel 1942, quindi ben prima dell’emanazione della Costituzione. Pertanto, il legislatore del 1942 di certo non voleva contrastare (perché di fatto all’epoca non erano stati ancora enucleati) i principi sanciti nell’attuale carta costituzionale.

Fatte tali dovute premesse, gli orientamenti interpretativi a riguardo hanno assunto diversi, se non addirittura contrastanti, approdi.

Da un lato c’è chi ha comunque ammesso l’applicazione del limite di cui all’art. 423 cod. nav. in qualsiasi ipotesi di comprovata responsabilità del vettore marittimo (52) basandosi proprio sul raffronto tra tale norma e quella di cui all’art. 952 cod. nav. ante riforma. Infatti, a sostegno di tale orientamento, si è fatto leva sulla circostanza che l’omissione – nell’art. 423 cod. nav. – della possibilità di decadere dal beneficio sia chiaro indice della volontà legislativa di voler rendere operativo il limite del debito anche in caso di dolo o colpa grave.

Dall’altro, un secondo orientamento, che salvaguarda il principio di cui all’art. 1375 c.c., ritiene che il vettore marittimo di merci possa beneficiare della limitazione del proprio debito soltanto in caso di colpa grave e non anche di dolo (53) negando –

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Cfr. G. PESCATORE, In tema di limitazione della responsabilità del vettore

marittimo, in Foro Pad. 1950, 185; P. MANCA, Studi di diritto della navigazione, II,

Milano, 1961, 194.

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Cfr. G. BERLINGIERI, Note sull’applicabilità della limitazione del debito del

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al contrario di quanto sostenuto da un terzo orientamento – che l’art. 1229 c.c. possa porre dei limiti al legislatore al pari di quanto fa nei confronti dei privati sanzionando con la nullità i relativi accordi che escludano o limitino la responsabilità del debitore per dolo o colpa grave.

Infine, un terzo – e già accennato – orientamento sostiene la non operatività del limite nei casi suddetti fondando le proprie ragioni nel menzionato art. 1229 c.c. Secondo i sostenitori di tale tesi (54), sebbene il divieto sia espressamente riferito ai soli accordi convenzionali, di cui ne limita l’autonomia ex art. 1322, co 1, c.c., la norma enucleerebbe un principio generale di ordine pubblico (55) non riferibile solo ad essi, ma inderogabile anche dallo stesso ordinamento giuridico.

Sebbene la scrivente sia orientata ad escludere l’applicabilità del debito in ipotesi sia di dolo sia di colpa grave, non condivide le motivazione che l’ultimo orientamento richiamato porta a suo sostegno. Infatti, a parere di chi scrive, la limitazione (di responsabilità) di cui all’art. 1229 c.c. è cosa ben diversa dalla limitazione (del debito) di cui all’art. 423 cod. nav. Infatti, la limitazione del debito

Ancora sull’inapplicabilità del limite del debito del vettore marittimo in caso di colpa grave, in Dir. trasp. 2001, 807.

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Cfr. S. FERRARINI, La limitazione legale del debito del vettore secondo l’art. 423

c. nav., in Dir. mar. 1948, 247; M. MORDIGLIA, La limitazione legale della

responsabilità del vettore e gli effetti del dolo e della colpa grave, in Dir. mar., 1950,

80; F. BERLINGIERI, La disciplina della responsabilità del vettore di cose, 1978, 169; M. GRIGOLI, Profili del diritto dei trasporti nell’attuale realtà normativa, Bologna, 2003, 256. Tale orientamento fu sostenuto (unitamente alla dottrina che ne era pioniera) con forte accanimento da G. RIGHETTI, Trattato di diritto marittimo, II, Milano, 1990, 803 s.

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In tal senso anche la giurisprudenza del periodo. Cfr. Cass. 24 aprile 1962 n. 818, in Riv. dir. nav. 1963, II, 120.

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interviene solo successivamente ad una comprovata responsabilità che non ammette esimenti in caso di dolo o colpa grave.

Infatti, l’art. 1229 c.c. interviene a porre un limite all’autonomia negoziale delle parti che potrebbe esporre uno dei contraenti a un’assenza di tutela con un importante sbilanciamento della forza contrattuale.

Pertanto, sempre ad avviso di chi scrive, le ragioni dell’inapplicabilità del limite ai casi di dolo e colpa grave possono ricercarsi soltanto nei principi generali di buona fede che l’ordinamento giuridico già prevede e che verrebbero elusi, a scapito dell’ordine pubblico, nel caso in cui si ammettesse una applicabilità del limite anche in quei casi che lo comprometterebbero.

Posto quanto sopra, per le medesime ragioni di tutela dei principi di correttezza e buona fede espressi negli artt. 1175 e 1375 c.c. richiamati a sostegno della teoria mediana, ad avviso di chi scrive la decadenza dalla limitazione si attua anche in caso di responsabilità dolosa o gravemente colposa non solo dei vettore, ma anche dei suoi ausiliari (56).

Ciò infatti deriva dal principio generale contenuto nell’art. 1228 c.c. che fa ricadere sul debitore il comportamento doloso o colposo dei terzi di cui si avvale per l’adempimento della prestazione (57) al pari di quanto previsto, per la responsabilità

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Per approfondimenti relativi all’attività posta in essere dagli ausiliari del vettore, si rinvia a M. PIRAS, Gli ausiliari nel trasporto marittimo ed aereo. Funzioni

e responsabilità, Cagliari, 2005.

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C. M. BIANCA, Dell’inadempimento delle obbligazioni, in Commentario del codice

civile a cura di V. SCIALOJA-G. BRANCA, Libro IV, Delle obbligazioni, artt.

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extracontrattuale, dall’art. 2049 c.c. Se da un lato tali nome sanzionano, a ragion

veduta, la culpa in eligendo, dall’altro tutelano anche una certezza del diritto: infatti, in assenza di tali norme, i regimi di responsabilità e, per quel che qui rileva, i sistemi di limitazione del relativo debito vacillerebbero ogni qual volta l’esecuzione della prestazione sia affidata ad un terzo, magari anche all’insaputa dell’interessato al carico. Anzi, ancor peggio. Se non si applicasse il principio generale sancito dall’art. 1228 c.c. si offrirebbe un ulteriore strumento per eludere le norme a scapito dell’ordine pubblico, incentivando l’opera dei terzi per l’esecuzione della prestazione affinché la limitazione dell’art. 423 cod. nav. possa sempre applicarsi. Il che ovviamente è inammissibile (58).

Sull’argomento la dottrina è arrivata a conclusioni non univoche, se non addirittura contrapposte, e ha riguardato soprattutto il comportamento doloso.

Parte di essa (59) ha ritenuto che il silenzio dell’art. 423 cod. nav. non consente di escludere il limite del risarcimento in ipotesi di dolo degli ausiliari ed ha sottolineato che il problema in esame riguarda in realtà il trasferimento degli effetti della condotta degli ausiliari nella sfera giuridica del debitore (vettore), il quale si sia

delle clausole di esonero dalla responsabilità, Milano, 1971, 80 ss.; M. BESSONE, Le

clausole di esonero e di limitazione della responsabilità, in Riv. dir. comm. 1974,

323; G. PONZANELLI, Le clausole di esonero dalla responsabilità. Studio di diritto

comparato, Milano, 1974, 275.

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In tal senso anche GRECO, Appunti sulle clausole di irresponsabilità nei trasporti

marittimi, in Ann. dir. comp. e studi legislativi, VI, I, 1931, 752, il quale sosteneva

che il vettore “assume su di sé il fatto dei suoi agenti incaricati dell’esecuzione e non può esonerarsi dal rischio delle loro colpe, senza con ciò annientare il suo dovere di prestazione del risultato, che è una delle due obbligazioni fondamentali del sinallagma del trasporto”.

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Cfr. L. TULLIO, Profili attuali della limitazione del debito del vettore marittimo, in

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servito di loro per adempiere all’obbligazione assunta. Evidenzia tale dottrina che tali effetti non riguardano l’imputazione della responsabilità del debitore (disposta ai sensi dell’art. 1228 c.c.) bensì il momento, successivo all’imputazione della responsabilità, della determinazione dell’entità dell’obbligazione risarcitoria. Pertanto, secondo tale orientamento, l’attribuzione al contegno degli ausiliari di effetti che incidano sull’entità del risarcimento dovuto dal vettore non può ricondursi all’art. 1228 c.c., trattandosi di fattispecie diversa, che si pone in un momento logicamente e cronologicamente successivo a quello dell’imputazione della responsabilità. Tale attribuzione, alla luce di tali considerazioni, potrebbe verificarsi – in assenza di una specifica norma – soltanto se nel nostro ordinamento si potesse ravvisare un principio generale che considerasse la condotta degli ausiliari come condotta propria del vettore o del debitore in genere tale da poterla far incidere anche sulla limitazione legale del debitore-vettore.

Altra parte della dottrina (60) concorda invece nel ritenere applicabile la limitazione del debito per i fatti gravemente colposi o dolosi degli ausiliari prendendo invece spunto proprio dall’art. 1228 c.c. e, in particolare, dalla deroga ivi prevista. Infatti, ad avviso dei sostenitori di tale tesi, se la norma da ultimo menzionata ammette l’esonero convenzionale per i fatti dolosi o colposi dei terzi della cui opera il vettore si avvale, non esiste motivo per cui non possa ammettersi una limitazione legale per gli stessi fatti.

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Cfr. F. ARGAN, Considerazioni sul limite legale del debito per risarcimento del

vettore marittimo, in Dir. mar. 1955, 186 e s.; F. FERRARINI, La limitazione del

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Infine altra parte della dottrina (61) ha escluso l’operatività del limite in caso di dolo e colpa grave degli ausiliari condividendo l’interpretazione offerta dalla dottrina civilistica (62) secondo cui la deroga convenzionale al principio della responsabilità per il fatto degli ausiliari è valida fino al limite del dolo o della colpa grave, oltre cui il limite deve invece ritenersi inammissibile. Infatti, l’operato dell’ausiliario nell’adempimento dell’obbligazione è giuridicamente imputato al debitore stesso, in quanto la fondamentale ratio nella disciplina è la tutela minima del creditore che gli assicuri un certo impegno del debitore. Ad avviso della dottrina navigazionista da ultimo richiamata, riesce dunque difficilmente comprensibile una differenziazione del trattamento riservato al vettore in ordine alla operatività del suo limite risarcitorio a seconda che venga accertato un suo dolo personale o un fatto doloso del proprio ausiliario, in ragion del fatto che l’assunzione della prestazione (e le modalità esecutive della stessa) obbligano e vincolano il contraente indipendentemente dalla circostanza che l’esecuzione sia affidata ad altri. Pertanto, la soluzione di vedere inoperante il limite anche in ipotesi di dolo degli ausiliari, al pari di quello del vettore, sarebbe quella che più di tutte contribuirebbe, su un piano equitativo, al mantenimento di un punto di equilibrio tra gli opposti e divergenti interessi dei vettori e dei caricatori.

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Cfr. R. RIGUZZI, La responsabilità limitata del vettore marittimo di merci, Milano, 1993, 147.

62

Cfr. C. M. BIANCA, Dell’inadempimento delle obbligazioni, in Commentario del

codice civile a cura di V. SCIALOJA-G. BRANCA, Libro IV, Delle obbligazioni, artt.

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La scrivente, come già anticipato, condivide tale ultime argomentazioni. Infatti, non ammettere la decadenza del beneficio della limitazione in ipotesi di inadempimento dovuto al fatto doloso o gravemente colposo del terzo realizzerebbe grave carenza di tutela del creditore della prestazione, in quanto il debitore, pur impegnandosi all’adempimento, ridurrebbe di fatto il rischio contrattuale assunto mediante l’ausilio dell’opera di terzi.

Premesso ciò, neppure l’accennata deroga all’art. 1228 c.c., prevista dalla stessa norma, influisce in alcun modo su siffatti approdi interpretativi.

Si rammenta che, se da un lato l’art. 1228 c.c. preveda l’imputabilità automatica al debitore dei fatti colposi o dolosi dei propri ausiliari, dall’altro prevede la possibilità per i contraenti di derogare tale possibilità.

La deroga crea non poche difficoltà interpretative, soprattutto alla luce del successivo art. 1229 c.c. che, mentre nel suo secondo comma dichiara espressamente la nullità di ogni accordo negoziale che abbia ad oggetto l’esonero o la limitazione della responsabilità sia del debitore principale sia dei suoi ausiliari derivante da violazione di norme di ordine pubblico, non prevede espressamente entrambi i menzionati soggetti nella previsione del suo primo comma. Qui infatti non include espressamente gli ausiliari del debitore, ma solo il debitore stesso quale soggetto la cui responsabilità dolosa o gravemente colposa non può essere pattiziamente esclusa o limitata (pena sempre la nullità).

Stante ciò, la lettura combinata degli artt. 1228 e 1229 c.c. farebbe emergere

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maniera diversa le ipotesi di evento dannoso causato dagli ausiliari in violazione di norme di ordine pubblico (art. 1229, co. 2, c.c.) da quelle derivanti da responsabilità, dolosa o colposa degli ausiliari che, tuttavia, non discerna da violazione di norme di ordine pubblico (non essendo siffatta responsabilità espressamente prevista nell’art. 1229, co. 1, c.c.).

È evidente che ammettere ciò si tradurrebbe in una disparità nelle rispettive discipline: infatti, nell’ipotesi in cui il debitore operi personalmente, non può escludere o limitare contrattualmente (come è giusto che sia) la propria responsabilità dolosa o gravemente colposa; diversamente, nell’ipotesi in cui si avvalga dell’ausilio di terzi nell’esecuzione della prestazione così assunta, potrebbe invece legittimamente inserire nel contratto una clausola che escluda o limiti la responsabilità doloso o colposa di costoro, in quanto la sua validità potrebbe venire messa in discussione soltanto se l’evento dannoso derivasse da una condotta posta essere anche in violazione di norme di ordine pubblico.

Ciò ovviamente non è ammissibile, in quanto la tutela del credito verrebbe irreparabilmente menomata. Infatti, la deroga dell’art. 1228 c.c. offrirebbe al debitore (nel nostro caso vettore) un valido strumento per modificare, con il consenso del creditore, il suo regime legale di responsabilità in caso di inadempimento della prestazione semplicemente avvalendosi dell’opera di terzi (63).

Pertanto, ad avviso di chi scrive, nell’interpretazione della disciplina del fatto doloso o colposo degli ausiliari del debitore, centralità deve essere assunta dal primo

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In senso analogo, si veda anche F. BONELLI, La limitazione del debito del vettore:

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comma dell’art. 1229 c.c., che prevede la nullità dei patti che limitano o escludono la responsabilità del debitore che, costituendo una norma imperativa, non può essere in alcun modo elusa.

Stante le suesposte considerazioni, bisogna leggere le norme menzionate con una diversa sistematicità affinché la loro lettura non venga alterata fino a raggiungere conclusioni giuridicamente inaccettabili. In tale ottica, è opportuno evidenziare il ruolo dell’art. 1228 c.c. che, come noto, garantisce un’azione contrattuale contro il debitore principale anche in quei casi in cui, altrimenti, ne sarebbe stata esperibile soltanto una extracontrattuale contro i terzi estranei al rapporto sinallagmatico. Pertanto, con tale disposizione il legislatore ha, ancora una volta, offerto una maggiore tutela al creditore tutte quelle volte in cui la prestazione viene eseguita da un soggetto diverso rispetto alla sua controparte contrattuale e contro cui non avrebbe avuto la stessa tutela d’azione.

La tutela così disposta è comunque derogabile, prevedendo la norma stessa tale possibilità. Ma fino a che punto le parti possono derogare tale disposto di legge? Possono strumentalizzare la possibilità di deroga fino al punto di oltrepassare i limiti previsti per il debitore principale e cristallizzati nell’art. 1229, co. 1, c.c.? Possono dunque utilizzare la deroga in modo tale da modificare di fatto il regime di responsabilità che l’ordinamento, per il concludendo contratto, ha stabilito? Può tale deroga andare ad incidere anche sugli effetti legali che seguono all’accertamento della responsabilità e, per quel che qui rileva, sulla decadenza o meno del beneficio della limitazione del debito? Siffatti sono i quesiti che la scrivente si è posta per l’analisi della problematica connessa alla presente trattazione, i quali possono essere

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riassunti in un’unica domanda: può il legislatore aver dato ad un accordo negoziale la forza di incidere su un intero regime di responsabilità? La risposta, ad avviso di chi scrive, è negativa.

Pertanto, in prima battuta, non potrà mai affermarsi che l’accordo di deroga ex art. 1228 c.c. possa contrastare con quanto previsto al successivo art. 1229, co. 1, c.c. il quale, si ripete, dispone la nullità dei patti di esonero o limitazione della responsabilità del debitore per dolo o colpa grave. L’aver ivi omesso il legislatore l’espressa sanzione della nullità anche alle ipotesi di accordi di esonero o limitazione della responsabilità per dolo o colpa grave degli ausiliari del debitore è superabile, ad avviso di chi scrive, mediante una interpretazione analogica. Infatti, se è vero che la diretta imputabilità del fatto degli ausiliari al debitore prevista dall’art. 1228 c.c. è derogabile dalle parti contrattuali; se è vero che, in ipotesi di deroga, al creditore spetta soltanto un’azione extracontrattuale nei confronti del terzo ausiliare, nei cui confronti non ha altro titolo per agire; se è vero che il terzo è debitore, seppur

extracontrattuale, del creditore alla prestazione contrattuale, non si vede in virtù di

quale interpretazione non si possa considerare anche il terzo quale debitore ai sensi dell’art. 1229, co. 1, c.c.

Infatti, la norma da ultimo citata è inserita nel Capo III (“Dell’inadempimento

delle obbligazioni”) del Titolo I “Delle obbligazioni in generale” del Libro IV del

codice civile, che si apre stabilendo, tra le fonti delle obbligazioni, anche il fatto illecito (art. 1173 c.c.). Pertanto, non si vede il motivo per cui il debitore di cui all’art. 1229 c.c. deve essere inteso in senso restrittivo quale debitore esclusivamente contrattuale.

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La circostanza che il secondo comma menzioni espressamente gli ausiliari non rileva. Infatti, mentre nel primo comma, la centralità viene data al soggetto (il debitore, contrattuale o extracontrattuale che sia) nel secondo comma la centralità viene data al fatto.

Nell’ottica del legislatore, pertanto, se le parti, in sede contrattuale, procedevano alla deroga di cui all’art. 1228 c.c., divenendo in tal modo l’ausiliario

debitore extracontrattuale, la successiva norma (art. 1229, co. 1, c.c.) imponeva

comunque di non procedere (pena la nullità) ad un successivo accordo che escludesse o limitasse la sua responsabilità dolosa o gravemente colposa di costui, in quanto comunque debitore, seppur extracontrattuale.

Basando la costruzione sintattica la propria centralità sul soggetto di cui si esclude o limita la responsabilità, il primo comma dell’articolo in questione permette dunque di prevedere (e dunque disciplinare) entrambe le ipotesi di cui all’art. 1228 c.c. (deroga o non deroga) senza che alcuna ulteriore specificazione si renda necessaria.

Lo stesso invece non può dirsi nel secondo comma ove, come detto, la centralità viene data al fatto. Fatto peraltro dove non emerge una condotta dolosa o colposa dell’agente (come nel caso disciplinato dall’art. 1228 c.c.), ma dove rileva esclusivamente una oggettiva violazione delle norme di ordine pubblico. Infatti, la violazione di siffatte norme non necessariamente comporta un inadempimento della obbligazione assunta con il contratto e, pertanto, la responsabilità contemplata dall’art. 1229, co. 2, c.c. deve essere tenuta ben distinta dalla responsabilità di cui

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all’art. 1228 c.c., come anche da quella di cui all’art. 1218 c.c. e da quella 2043 c.c. Infatti, non esistono per la responsabilità di cui all’art. 1229, co. 2, c.c. obbligazioni disattese, ma soltanto l’oggettiva violazione di norme comportamentali imperative che prescindono dall’adempimento o meno dell’obbligazione contrattuale o nascente da fatto illecito.

Pertanto, non essendo la circostanza di cui all’art. 1229, co. 2, c.c. contemplata nell’art. 1228 c.c. e non essendo aliunde disposta un’imputabilità del fatto del terzo ausiliario posto in essere in violazione delle norme di ordine pubblico direttamente in