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rimpiccolire? Dubbi amletici sui verbi Riccardo Cimaglia

Nel documento Un dolce mal d'Africa: storia di "bongo" (pagine 61-65)

PUBBLICATO: 5 GIUGNO 2018

Quesito:

Sono pervenute in Accademia alcune richieste di chiarimento sull’esistenza, l’uso, le forme di alcuni verbi.

Coercire o coercere? Tessere o tessire? Ergere o erigere? Rimpicciolire o rimpiccolire? Dubbi amletici sui verbi

N

umerose richieste riguardano i verbi coercire, coercere, coercizzare, con il significato di ‘costrin- gere, obbligare’, ai quali sarebbero da ricollegare gli aggettivi coercitivo, coercibile o i sostantivi

coercizione e coercibilità. I nostri lettori, dal punto di vista della derivazione delle parole non errano; infatti valutativo, valutabile, valutazione, valutabilità sono tutti derivati del verbo valutare con l’aggiunta di determinati suffissi (si tratta di un procedimento derivativo tipico dell’italiano e delle lingue romanze). L’errore sta nel fatto che in italiano non esistono i verbi coercere, coercire (ma per que- sto cfr. quanto si dirà più oltre) e coercizzare, e infatti essi non sono attestati da alcun dizionario (per citare i maggiori: GDLI, GRADIT, Vocabolario Treccani). Come si spiega allora l’esistenza in italiano degli aggettivi e dei sostantivi sopra riportati? Semplice: sono tutti prestiti dal francese.

L’aggettivo coercitivo, attestato (come riporta il GRADIT) in italiano dal 1691, deriva dal corrispon- dente aggettivo francese coercitif (attestato dal 1560); allo stesso modo, coercizione (nella nostra lingua attestato dal 1812) deriva dal francese coercition (attestato dal 1586 e derivato dal lat. coercitio- ne(m)); la stessa cosa vale per i più recenti coercibile (in italiano compare dal 1830, derivato dal france- se coercible, attestato dal 1766) e coercibilità (attestato dal 1886, prestito dal francese coércibilité). Tutti questi sostantivi e aggettivi francesi sono derivati dal verbo coercer, a sua volta derivato dal verbo latino coercēre “costringere”, nato dall’unione di cum+arcēre.

Quindi rispondiamo ai nostri lettori che il problema di scegliere tra coercire, coercere, coercizzare nem- meno si pone, in quanto tali verbi non esistono in italiano: solo coercire ‘costringere’ è registrato nel GRADIT come termine specialistico del diritto, datato 1988: evidentemente si tratta di una retroformazione, analoga a quella che si è avuta per perquisire da perquisizione. Ma nell’uso comune è bene non ricorrere a voci di uso molto circoscritto, tanto più che la lingua dispone già di un verbo di matrice dotta che significa ‘obbligare, costringere, ridurre entro certi limiti’: coartare (part. pass.

coartato, dal latino coartare), adoperato sempre in senso figurato e attestato già in Dante, nel canto XII del Paradiso, nel celebre discorso di San Bonaventura da Bagnoregio sulla corruzione dell’ordine

Cita come:

Riccardo Cimaglia, Coercire o coercere? Tessere o tessire? Ergere o erigere? Rimpicciolire o rimpiccolire? Dubbi amletici sui verbi, “Italiano digitale”, V, 2018/2, pp. 57-58.

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francescano, ove il santo afferma, a proposito dell’atteggiamento di Matteo d’Acquasparta e di Uber- tino da Casale nei confronti della regola francescana: “Là onde vegnon tali alla scrittura / ch’uno la fugge e l’altro la coarta”.

Passando ad altri verbi, veniamo alla coppia ergere/erigere. Attestati sin dall’inizio del XIV secolo, questi due verbi hanno gli stessi significati ‘costruire, innalzare’, ‘istituire, fondare’, ‘sollevare, alzare (detto del corpo, dello sguardo’ ed entrambi derivano dal latino erigĕre (e+regĕre). Certamente la voce erigere è più dotta di ergere e si afferma pienamente con l’Umanesimo. La differenza tra i due verbi è nelle coniugazioni dei verbi: ergere (presente ergo, ergi; pass. remoto ersi, ergesti; part. pass. erto);

erigere (presente erigo, erigi; pass. remoto eressi, erigesti; part. passato: eretto).

Lo stesso significato di ‘rendere piccolo’, in senso reale e figurato, hanno invece i verbi parasintetici

rimpiccolire e rimpicciolire, derivati rispettivamente dalle forme aggettivali piccolo e picciolo, la seconda oggi molto rara, ma in passato ben diffusa, specie in poesia (caratterizzata dalla stessa palatale invece della velare che si ha in piccino). Questi verbi appartengono alla terza coniugazione in -ire e al presen- te si coniugano con l’aumento -isc- (rimpicciolisco, rimpiccolisce). Dal punto di vista delle occorrenze (e diversamente da quanto si è appena detto per le basi derivative), nell’uso è più frequente rimpicciolire. Riguardo a un’altra richiesta sulla coppia tessere/tessire, diciamo ai nostri lettori che tessire in italiano non esiste. Esiste il verbo tessere (part. pass. tessuto). Si può ipotizzare che la forma impropria tessire costituisca una retroformazione a partire da voci come tessimento e tessitura e che ci sia stata anche l’influenza di ordire (l’espressione figurata ordire trame, più frequente di tessere trame) a provocare l’er- roneo passaggio del verbo tessere dalla seconda alla terza coniugazione.

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Si può tradurre follow-up?

Edoardo Lombardi Vallauri

PUBBLICATO: 8 GIUGNO 2018

Quesito:

La lettrice Emanuela R. chiede se si possa tradurre in italiano il termine inglese follow-up, che è usato tale e quale in italiano in testi di carattere medico.

Si può tradurre follow-up?

L’

inglese follow-up è sia verbo, con il senso di ‘dare un seguito’, quindi ‘approfondire’, ‘tenere sotto controllo’, sia primo elemento nominale con funzione aggettivale in locuzioni composte che si riferiscono al seguito, alla prosecuzione di qualcosa. Una follow-up letter è una lettera che prosegue uno scambio epistolare: può trattarsi della risposta a una lettera di sollecitazione, ma anche di una seconda lettera in cui lo stesso mittente aggiunge delle informazioni che non aveva an- cora introdotte nella precedente. Follow-up materials sono materiali di approfondimento. In generale,

follow-up actions sono le ‘azioni successive’, non meramente nel tempo, ma intese a garantire una ap- propriata continuazione per qualcosa che lo richiede. Ad esempio, follow-up care for prisoners significa tutto ciò che si fa per favorire il reinserimento sociale di ex detenuti dopo la loro scarcerazione. Chiaramente, insomma, nella sua lingua di origine il termine non ha impiego solo nel campo delle cure mediche; ma tale ambito è uno di quelli in cui, anche in questa lingua, trova più frequente applicazione: il medical follow-up indica i controlli e le cure che si protraggono nel tempo dopo un evento clinicamente notevole. Per questo – e perché quello degli studi medici, come gli altri campi scientifici, vede gli specialisti fare uso continuo della lingua internazionale di scambio – è soprattut- to attraverso il lessico della medicina che follow-up è entrato nell’uso italiano. Le visite o le terapie che seguono un’operazione chirurgica saranno dunque visite e terapie di follow-up, e l’insieme delle azioni che si compiono dopo un qualsiasi intervento principale saranno il suo follow-up.

Si può osservare che il termine non è ancora un prestito completamente acclimatato in italiano. A questo fa ostacolo sia l’introduzione molto recente, sia la diffusione limitata (come abbiamo detto) ad alcuni linguaggi settoriali scientifici, sia probabilmente il trattarsi non di una sola parola inglese ma di due, ortograficamente collegate con un trattino che le rende decisamente marcate nella prassi scrittoria italiana. Come conseguenza, a differenza dei prestiti veramente acclimatati, se ne può rac- comandare la scrittura in carattere corsivo; fatta eccezione appunto nei testi di ambiti, come quello medico, in cui il termine è frequente e può considerarsi meglio acclimatato.

Cita come:

Edoardo Lombardi Vallauri, Si può tradurre follow-up?, “Italiano digitale”, V, 2018/2, pp. 59-60. Copyright 2018 Accademia della Crusca

Per quanto riguarda la sua possibile traduzione con materiale indigeno, bisogna dire che il successo del prestito, come spesso accade, è senz’altro favorito da un parziale vuoto nella lingua di arrivo. Mentre negli usi più generali follow-up equivale semplicemente all’italiano séguito, e quindi non c’è motivo di usarlo in luogo di questo, in contesti medici il termine seguito non richiama un senso così preciso, e se non si vuole usare il prestito si deve ricorrere a locuzioni più pesanti come controlli perio-

dici, cure successive, proseguimento delle cure/dei controlli e simili.

Naturalmente la traduzione è anche possibile organizzando la frase in modo diverso: ad esempio

medical follow-up is recommended si può tradurre più letteralmente con si raccomandano controlli periodici, ma anche in maniera strutturalmente più libera con si raccomanda di proseguire i controlli; oppure, they

should receive careful medical follow-up potrà diventare devono ricevere periodicamente accurate cure mediche, ma anche dovranno essere posti sotto stretto controllo medico.

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Ma dove si comprano le sigarette? Dal tabacchino, al tabacchino,

dal tabaccaio o alla tabaccheria?

Nel documento Un dolce mal d'Africa: storia di "bongo" (pagine 61-65)