• Non ci sono risultati.

2 INDICE  1. Introduzione

 2. Cronologia ecclestiastica nel Rinascimento: la “cronotassi” di papi, cardinali e vescovi

 2.1 La cronologia nella Storia della Chiesa: ragioni ideologiche del metodo antiquario

 2.2 Le seriazioni ecclesiastiche nel XVI secolo

o 2.2.1 Il De vitis pontificum Romanorum del Platina

 2.2.1.1 Cronotassi derivate: Kaspar Hedio e John Bale o 2.2.2 Il Catalogus di August Käsenbrot o 2.2.3 Kaspar Brusch e gli arcivescovi di

Magonza

o 2.2.4 La Chronique di Jean du Tillet  2.3 Onofrio Panvinio e i Pontifices Romanorum

o 3.3.1 Metodologia applicata  2.4 Vincenzio Borghini e i vescovi di Firenze

o 3.4.1 Metodologia applicata

 2.5 Natura semantica delle cronotassi ecclesiastiche: la questione di ἐπισκόπος / episcopus

 2.6 Il Concilio di Trento, la “questione episcopale” e il dibattimento sullo ius divinum

 2.7 La nascita del Papato: una questione cronologica  2.8 Cronotassi ecclesiastiche: ritorno all’origine

 2.9 Cronotassi di fine secolo: stabilizzazione di un genere  3. Conclusione

3  1. Introduzione

Per usare una moderna formula dell’americano James William Johson, in un contributo del 1962, la cronologia come disciplina autonoma si differenzia dalla storia sostanzialmente per tre fattori: innanzitutto perché la cronologia considera un ordine cosmico degli eventi, che funge quasi da parametro entro cui le vicende umane si svolgono; poi, la cronologia ignora il principio di causa nella scansione delle suddette vicende umane; infine, sciolta la casualità e connessi i fatti con il principio cosmico, la cronologia finisce per enfatizzare il concetto di durata (la computazione del tempo) e la successione (ordine del tempo) come essenza del suo svolgimento.1 Johnson, inoltre, ricostruisce una

storia dei modelli cronologistici che dall’antichità (ebraica, greca e romana), passando per il Medioevo, secondo il flusso di cultura che ha portato allo sviluppo della cronologia in età moderna, fin nel cuore del Rinascimento.2

E proprio dalle parole di Jean Bodin, nel suo Methodus ad facilem historiarum cognitionem del 1566, si intusci quanto fosse tenuta in considerazione questa disciplina nell’ambito degli studi sul passato:3

[…] ita quoque providendum erit, ne historiarum ordo confundatur: id est, ne postrema priore loco, vel media postremo, ad legendum proponantur. Quod qui faciunt, non solum res gestas capere nullo modo possunt, sed etiam memoriae vim penitus labefactant: […]

Bodin fa un discorso sull’utilità della cronologia nella storia, senza la quale la storia si dissolvebbe nella narrazione degli eventi, impossibilitata a collocarsi nel più ampio corso della “storia dell’universo” (universam historiam appello). La cronologia viene definita ordo, che per etimologia indica un ‘modo di procedere’ – che poco dopo il Bodin descrive nella sua concreta applicazione secondo la riconosciuta prassi dell’epoca:4

Primum igitur communem velut omnium temporum tabulam, nudam illam ac simplicem nobis ad intuendam proponamus, […]

La struttura per la cronologia applicata era quindi la tavola / tabella che accogliesse diverse computazioni (communem tabulam) in cui collocare gli eventi secondo una misurazione unitaria del tempo (omnium temporum): seppure sussitevano varie modalità di calcolo questa tabella doveva accoglierle

1 JOHNSON 1962, pp. 123-125. 2 JOHNSON 1962, pp. 126-135. 3 BODIN 1566, p. 15.

4

simultaneamente costituendo un intreccio di comparazioni calendariali. Ciò significava far coesistere cronologie diverse – che comunque dovevano essere ricostruite in base alla loro natura. Infatti, per mettere in atto questa disposizione, la cultura rinascimentale dovette trovare delle strade attraverso la conoscenza allora a disposizione e un metodo che permetesse di percorrerle con proficui risultati. Trattandosi di investigare il passato, l’erudizione antiquaria diventava lo strumento più efficace e attendibile per il raggiungimento di questo scopo.

* * *

Dopo la grande opera sugli studi cronologici rinascimentali dell’erudito francese Joseph Juste Scaliger pubblicata ormai più di vent’anni addietro da Anthony Grafton,5 la cronologia rinascimentale come disciplina ha assunto

contorni meglio definiti nel panorama degli studi antiquari del XVI secolo, aprendo un campo di studi prima solo vagamente concepito. Lo stesso Grafton aveva denunciato una generale mancanza di studi moderni in proposito, adducendo come possibili cause di tale situazione la difficoltà a circoscrivere la materia entro schemi fruibili, soprattutto per le eterogenee competenze necessarie a un suo completo approccio.6 Così, la “Historical Chronology”

(come definata dallo studioso americano) aveva finito per ridursi a disciplina accessoria e considerata solo quando posta in relazione con altre tematiche.

Eppure questa cronologia aveva in età umanistica una dignità e un’indipendenza tale da non poter essere ignorata, diffusa in tutta Europa e ramificata secondo declinazioni molto articolate ciscuna meritevole di particolare attenzione. Partendo dalla graduale crescita dell’esperienza di Scaliger in materia di cronologia, Grafton è riuscito a individuare alcune categorie ben delineate entro le quali prendeva forma durante il Rinascimento.7

In primo luogo si annoverano tutti quegli studi volti alla definizione della nomenclatura calendariale comparata,8 che instauravano equivalenze tra

calendari antichi: per esempio, a quale mese del calendario romano corrispondevano i mesi del calendario greco (aspetto filologico molto rilevante, in quanto anche gli autori antichi risultavano spesso in disaccordo). Nel Rinascimento, poi, la conversione da calendario a calendario riguardava anche civiltà extra europee, come quella islamica, persiana, siriaca, etiope, fino a quelle incontrate con la scoperta delle Americhe. Questa situazione era stata generata sia dall’interesse comparatistico connaturato alla letteratura di viaggio

5 GRAFTON 1993.

6 GRAFTON 1993, p. 11 e ss. 7 GRAFTON 1993, pp. 4-8 e p. 22. 8 GRAFTON 1993, pp. 25-35.

5

legata alle nuove scoperte geografiche,9 ma anche alla nuova conoscenza di

lingue esotiche che permettevano di compulsare testi precedentemente inaccessibili.10

L’Umanesimo dovette comunque affrontare il problema delle coincidenze calendariali cercando di sanare il danno tutto medievale di aver uniformato calendari di natura diversa (lunari e tropicali), quasi sempre senza costrutto e spesso meccanicamente.11 E solo con l’arrivo in occidente nel XV

secolo di eruditi di cultura greca in fuga dall’universo bizantinto ormai in definitivo declino, come Teodoro Gaza o Giorgio di Trebisonda, permise di rimettere in discussione aspetti cronologici erroneamente tramandati nei testi medievali di ambito greco. Un esempio su tutti: costoro, nel commentare le opere zoologiche di Aristotele, si accorsero che i mesi in cui certe specie di animali filiavano o si riproducevano non coincidevano con la realtà delle stagioni.12 Ciò indusse a credere che errori di questo tipo dovevano essersi

generati nel momento in cui le opere vennero tradotte dal greco in latino e i mesi greci fraintesi o più semplicemente mal interpretati.

La seconda categoria nella quale inscrivere gli studi cronologici è di carattere astronomico.13 Si tratta di tutti quegli studi in cui si cercava di cogliere

la ragione delle scelte calendariali, cioè il computo dei giorni per anno e dei cicli di anni, e i calcoli a monte che ne determinavano la scelte. Pur partendo da questioni testuali, gli eruditi cinquecenteschi che affrontavano queste tematiche non potevano prescindere da una controprova matematica, quindi non- filologica, per verificare il dato oltre il testo, nella sua realtà effettiva. Non tutti gli umanisti disponevano di tali abilità, e finivano quindi per relazionarsi solo all’aspetto letterario della cosa, che limitava gioco forza a un’analisi parziale.14

Terza macro area da cui la cronologia traeva linfa erano quelle ispezioni antiquarie sulle civiltà antiche,15 che includevano ritualità di vario genere (per

esempio gli usi conviviali, i giochi, il vestiario, la legislazione etc.), ivi comprese le feste comandate con le pratiche sacrificali e religiose e il loro legame con le stagioni, strettamente connesse alla disposizione calendariale. La conoscenza di questo ambito richiedeva un collaudato metodo di indagine antiquaria, che riuscisse a incrociare dati filologici con reperti di carettere materiale (epigrafi, monete, archeologia varia). In questo modo lo studio culturale dei calendari

9 Tutta la letteratura di viaggio del Rinascimento offre un quadro eterogeneo di come gli

esploratori, tanto gli indotti quanto gli eruditi, si confrontassero con il nuovo e l’altro instaurando frequanti comparazioni tra il noto e l’ignoto.

10 Oltre al greco, tra XV e XVII secolo, riprese slancio in Europa anche lo studio delle

lingue mediorientali e africane, come l’ebraico, il siriaco, caldeo (volte prevalentemente all’esegesi biblica), e anche l’etiopico.

11 GRAFTON 1993, pp. 25-28. 12 GRAFTON 1993, pp. 28-33. 13 GRAFTON 1993, pp. 36-52.

14 GRAFTON 1993, p. 45; cfr.LO MONACO 1991. 15 GRAFTON 1993, pp. 53-59.

6

diventava anche interpretazione di usi e costumi delle civiltà, con notevoli implicazioni per l’erudizione del tempo: per esempio potevano essere desunte sfumature cronologiche da passi di Festo16 là dove si discuteva dei giorni

propizi in cui al re era lecito rivolgersi al popolo. Oppure quando si parlava festività come i Saturnales o di ritualità funerarie che implicavano uno stretto rapporto con il mese in cui venivano celebrate, anche etimologicamente, come per esempio risulta dal mese Febrarius.17 Comunque, l’opera latina che offriva il

più esteso e dettagliato repertorio di credenze e pratiche almeno per la civiltà romana erano i Fasti di Ovidio,18 e come tale la più sfruttata per ricognizioni di

questo tipo.

L’interesse per il calendario come “fattore culturale” comunque fu incrementato dal ritrovamento in forma di reperto archeologico di calendari marmorei, conosciuti in antichità proprio come fasti: si trattava di epigrafi dislocate in varie città che sancivano proprio i giorni propizi (fasti) e quelli avversi (nefasti) e registravano le cerimonie da tenersi in base al periodo dell’anno.19 I reperti più famosi emersi durante il Rinascimento furono quelli

noti come i Fasti Anziati, i Fasti Prenestini e quelli in possesso del cardinale Achille Maffei, detti appunto Fasti Maffeiani.20

Quarto bacino in cui l’arte della cronologia trovava applicazione era quello degli studi nel quale si registravano in ordine sequenziale, anno per anno, tutti i nomi di figure politiche o religiose legate a un determinato popolo in un determinato periodo. Tale tradizione aveva radici molto profonde, anche oltre la grecità, sin dentro la civiltà egizia.21 Quest’uso era mutualmente legato

16 GRAFTON 1993, p. 54; FEST., Verb. Sign., 278. 14: [Quando Rex].

17 Che purifica, ‘purificatore’. Aggettivo del lessico religioso, d’origine sabina, VARR. LL,

VI, 13. Personificato, divenne poi Februus, nome di una divinità infernale, SERV., Georg., I, 43: duo

menses a Iano et Februo nominati sunt. Februus autem est Ditis pater cui eo mense sacrificabatur;

MACR., Saturn., I, 13, 3: Lustrari […] eo mense civitatem necesse erat, quo statuit [Numa] ut iusta dis manibus solveretur; Februa è anche epiteto di Giunone, forse femminile di Februus e anch’essa

divinità infernale; il neutro februum ha l’accezione di ‘purgamento’, VARR., LL, VI, 34: Febrarium

a die februato, quod tum februatur populus, i. e. lupercis nudis lustratur antiquum oppidum Palatinum gregibus humanis cinctum; FEST., 75, 23: febrarius mensis dictum quod, i. e. extremo mense anni populus februaretur, i. e. lustraretur ac purgaretur, vel a Iunonis februata quam alii Februalem, Romani Februlium vocant, quod ipsi eo mense sacra fiebant, eiusque feriae erant Lupercalia, quo die mulieres fuabantur a lupercis amiculo Iunonis, i. e. pelle caprina; quam ob causam is quoque dies Februatus appelabatur. Quaecumque denique purgamenti causa in quibusque sacrificiis adhibentur, Februa appellantur. Id vero quod purgamentum, dicitur februdum. LYD., Mens., IV, 25: Φεβερ γάρ παρά Рωμαίοις τὸ πένϑος προσαγορεύται, dove *feber (πένϑος, ‘pianto’) sarà l’origine di februus. Altri vorrebbero creare un accostamento tra februus e feber (febbre), comunque da considerarsi espediente per trovare l’origine del termine. La radice non è indoeuropea: Febrarius trova corrispondenza in irl. febrai, britt. chwefror. (DELL)

18 GRAFTON 1993, p. 56. 19 EAW, vol. 5, p. 361-363.

20 Questi Fasti vennero pubblicati da Paolo Manuzio in appendice all’edizione dei Fasti

Consolari di Carlo sigonio nel 1555; cfr. FC ed. Sigonio².

7

alla storiografia annalistica (che fungeva da fonte diretta per la compilazione di tali liste; tuttavia le liste stesse potevano essere a loro volta fonte per i compilatori di annales).22 Così, nel Rinascimento maturo, non era inusuale

desumere le successioni imperiali o vescovili dei secoli passati da opere come quelle di Dionigi di Alicarnasso oppure Eusebio di Cesarea. L’interesse di queste indagini era generalmente rivolto ad ogni civiltà, tale che il metodo sviluppato, era funzionale ad allestire anche cronologie più recenti, magari di età medievale o prossime alla contemporaneità.23

In questa categoria, bisogna segnalare quelle liste di magistrature disposte anno per anno, anche note come Fasti Consolari di cui sopravvivono alcuni esempi sia di tradizione manoscritta sia epigrafica. Proprio alla metà del XVI secolo furono rinvenuti alcuni frammenti marmorei di una di queste liste nel Foro Romano. Da ciò, scaturì un dibattito che si estese a tutta l’Europa del Rinascimento.

Allo stesso modo l’interesse per le genealogie (intese come discendenze di famiglie) poteva offrire appigli saldi per legare persone e fatti a precisi e determinati tempi (anche se la genealogia aveva anche lo scopo di legittimare e nobilitare la posizione delle famiglie aristocratiche al potere, procurando a seconda dei casi, le più disparate e prestigiose discendenze).24 In questo modo,

la deriva genealogica degli studi di cronologia si tingeva di araldica e di un’antiquaria dal sapore di epopea. Ciononostante, quando eseguita con rigore metodologico, i frutti di tale ricerca assumevano notevole valore per fissare termini temporali reali ai quali associare fatti talvota di non facile collocazione.

Nello stesso ambito vengono annoverate quelle opere di coincidenze cronologiche, che si impegnavano a sistemare eventi registrati solo dalle civiltà interessate,25 nel tentativo di legare la storia in un unico grande intreccio. Tra

questi testi si possono citare il Fasciculus Temporum di Werner Rolewinck,26 i

Memorabilia di Johann Nauckler,27 oppure il ben più noto e controverso Corpus

Hermeticum edito e tradotto in francese da François de Foix.28

22 JOHNSON 1962; cfr. infra: Panvinio sulle series magistratuum di Tito Livio.

23 Cfr. infra: Panvinio e Goltz, con i loro Fasti consolari che dall’antichità muovevano

fino al mondo contemporaneo – e anche tutta la ricerca delle cronotassi ecclesiastiche, che sfociava fino al presente.

24 GRAFTON 1993, pp. 71-73; cfr. anche BIZZOCCHI 1991, pp. 92-107. Numerosi gli esempi,

tra cui Ariosto, che nel prologo dell’Orlando Fusioso fa risalire la discendeza della famiglia d’Este fino a Ercole. Va fatta menzione anche di opere di teoria per la compilazione degli alberi genalogici, per esempio BORGHINI 1602, o di opere pratiche, come AMMIRATO 1580 e AMMIRATO 1615.

25 GRAFTON 1993, pp. 64-70; 26 ROLEWINCK 1484.

27 NAUCKLER 1516. 28 DE FOIX 1574.

Documenti correlati