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3. Tradurre il Decameron, “tradurre” i Promessi Spos

3.3. Riscritture: i Promessi Spos

Abbiamo verificato che è possibile tradurre, pur con qualche limite teorico, alcuni testi letterari e produrre dei testi che permettono effettivamente una più rapida comprensione del loro contenuto letterale. Alcuni studiosi ritengono che le traduzioni andrebbero applicate anche a testi più recenti: in particolare Santagata ritiene che “l’effetto congiunto di una lingua di comunicazione che non si nutre di quella tradizione linguistica e del vero e proprio salto antropologico che la società postindustriale ha provocato nelle nuove generazioni ha avuto come effetto quello di “antichizzare” nel volgere di pochi decenni l’intera tradizione letteraria nazionale. […] Il nostro conto delle perdite andrebbe molto al di là di un Chaucer o di un Rutebeuf: proprio perché recente, il taglio si colloca molto vicino a noi nel tempo. […] Oggi, proprio il romanzo manzoniano, il testo che in età moderna più di ogni altro è stato usato come grammatica, è fra quelli di più ardua comprensione per un giovane”31

.

Abbiamo già affrontato nel cap. 2.3. l’idea del “salto antropologico”, concetto che andrebbe quanto meno ridimensionata dal momento che una buona parte della lingua della nostra tradizione letteraria risultava già “antichizzata” da tempo. Vorrei qui problematizzare un'altra affermazione di Santagata, secondo il quale i Promessi Sposi risulterebbero il testo “di più ardua comprensione per un giovane”. A parer mio, tale giudizio è inesatto e ciò si può verificare valutando il grado di traducibilità dei Promessi

Sposi. Analizziamo dunque un brano abbastanza famoso del romanzo:

È una delle facoltà singolari e incomunicabili della religione cristiana, il poter indirizzare e consolare chiunque, in qualsivoglia congiuntura, a qualsivoglia termine, ricorra ad essa. Se al passato c’è rimedio, essa lo prescrive, lo somministra, dà lume e vigore per metterlo in opera, a qualunque costo; se non c’è, essa dà il modo di far realmente e in effetto, ciò che si dice in proverbio, di necessità virtù. Insegna a continuare con sapienza ciò ch’è stato intrapreso per leggerezza; piega l’animo ad

abbracciar con propensione ciò che è stato imposto dalla prepotenza, e dà a una scelta

che fu temeraria, ma che è irrevocabile, tutta la santità, tutta la saviezza, diciamolo pur francamente, tutte le gioie della vocazione. È una strada così fatta che, da qualunque

laberinto, da qualunque precipizio, l’uomo capiti ad essa, e vi faccia un passo, può

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d’allora in poi camminare con sicurezza e di buona voglia, e arrivar lietamente a un

lieto fine. Con questo mezzo, Gertrude avrebbe potuto essere una monaca santa e contenta, comunque lo fosse divenuta. Ma l’infelice si dibatteva in vece sotto il giogo, e così ne sentiva più forte il peso e le scosse. Un rammarico incessante della libertà perduta, l’abborrimento dello stato presente, un vagar faticoso dietro a desidèri che non sarebbero mai soddisfatti, tali erano le principali occupazioni dell’animo suo. Rimasticava quell’amaro passato, ricomponeva nella memoria tutte le circostanze per le quali si trovava lì; e disfaceva mille volte inutilmente col pensiero ciò che aveva fatto con l’opera; accusava sè di dappocaggine, altri di tirannia e di perfidia; e si rodeva. Idolatrava insieme e piangeva la sua bellezza, deplorava una gioventù destinata a struggersi in un lento martirio, e invidiava, in certi momenti, qualunque donna, in qualunque condizione, con qualunque coscienza, potesse liberamente godersi nel mondo

que’ doni. (Promessi Sposi, cap. X32 )

Ho sottolineato in grassetto tutti i tratti linguistici di discontinuità. Si potrà notare che la maggior parte di loro possono essere facilmente superati da un lettore di oggi, anche senza l’ausilio di note esplicative. Tuttavia, ad essere precisi, un’ipotetica traduzione intralinguistica andrebbe a riscrivere i seguenti tratti: non sono più usuali nell’italiano scritto d’oggi l’elisione in ch’è, d’allora, que’ e il troncamento in abbracciar, arrivar,

vagar; la norma di oggi predilige labirinto a laberinto, invece a in vece e aborrimento

ad abborrimento; è termine desueto saviezza; l’unico tratto realmente ostico al lettore moderno è l’uso del condizionale semplice, anziché il condizionale passato, per esprimere il posteriorità nel passato (“desidèri che non sarebbero mai soddisfatti” > “desidèri che non sarebbero stati mai soddisfatti”). Pochi, dunque, i tratti che necessitano di una traduzione e totalmente moderna (ad eccezione di quel condizionale presente) la sintassi adottata nel testo. Lo avevamo già verificato nel cap. 2.2., del resto, che gran parte delle scelte linguistiche manzoniane si sono radicate nell’italiano d’oggi e che la corrispondenza è più alta proprio nel settore sintattico; se nel Decameron è frequente incorrere in tratti della sintassi, o della morfo-sintassi, che non sono più coincidenti con le abitudini odierne, lo stesso non si può dire dei Promessi Sposi, dove per esempio è assente quella tipologia di strutturazione del periodo, ipotattica e latineggiante, che contraddistingue invece molti testi della letteratura italiana. Il periodare manzoniano sarà, tutt’al più, caratterizzato da un ricorso leggermente

32 L’edizione adoperata in questo lavoro è quella a cura di Franca Gavino Olivieri – Paolo Pullega,

maggiore ad una subordinazione più sviluppata e ampia, aspetto riscontrabile nel celebre proemio:

“Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni”.

Il brano è caratterizzato da un unico periodo articolato e strutturato secondo modalità pienamente moderne: nonostante la sua ampiezza e il fatto che il soggetto e il verbo principale siano abbastanza distanziati l’uno dall’altro, il periodare procede in maniera lineare.

Nel caso dei Promessi Sposi, dunque, non è possibile parlare di traduzione intralinguistica perché la lingua del romanzo non si discosta in maniera significativa dalla nostra. Qualunque tentativo di traduzione si risolverebbe in una semplice riscrittura. Le eventuali difficoltà che uno studente incontrerà nella lettura di questo testo dipenderanno eventualmente dalla presenza di lessico desueto o di termini non frequenti, ma appartenenti al nostro vocabolario (nel primo brano si possono incontrare ad esempio parole come giogo o dappocaggine), oppure dalla scarsa abitudine alla lettura di testi più articolati e complessi: anche il brano di Contini sopra riportato (cfr cap. 3.1) , scritto in italiano odierno, presenta un periodare piuttosto ampio, e di certo non più semplice della sintassi dell’estratto manzoniano. L’incomprensibilità di un testo, infatti, non deve sempre essere imputata alla distanza grammaticale che separa la lingua di un testo dalla lingua del lettore: secondo tale criterio un testo come il

Pasticciaccio di Gadda risulterebbe ancora meno moderno del romanzo manzoniano. I

testi letterari, come osservava giustamente Montale33, non hanno la pretesa di essere universalmente comprensibili, poiché sono vincolati da determinate esigenze estetiche e concettuali.

33 Osservava giustamente Montale che “nessuno scriverebbe versi se il problema della poesia (e

aggiungo io, della letteratura in generale) fosse quello di farsi capire” (Montale, Devo inserirmi in una tradizione viva, 1955; il corsivo in parentesi è mio)

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