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La risonanza magnetica funzionale (fMRI) è una metodica di neuroimaging che si propone di indagare il funzionamento del sistema nervoso centrale, in maniera complementare rispetto alle indagini di tipo morfologico. Sviluppata originariamente su modelli murini da Ogawa e colleghi nel 1990, è stata poi applicata all’uomo nel 1992 (Ogawa et al, 1992).

Il principio metodologico su cui si fonda la fMRI è il rilevamento del c.d. segnale BOLD, acronimo per blood-oxygen-level-dependent response. In dettaglio, è noto che l’attività neuronale encefalica dipende dall’apporto di ossigeno e metaboliti (principalmente glucosio) da parte del circolo arterioso, con tasso di estrazione costante del 30-40% di ossigeno trasportato dall’emoglobina. La deossigenazione dell’emoglobina determina una modificazione delle sue proprietà magnetiche: difatti, mentre l’ossiemoglobina è diamagnetica, la deossiemoglobina è paramagnetica. È altresì noto che le sostanze paramagnetiche determinano alterazioni a carico della suscettività magnetica locale, con conseguenti distorsioni del campo magnetico e velocizzazione della perdita della magnetizzazione trasversale dei nuclei di idrogeno secondo il tempo di rilassamento T2*; da ciò deriva che sequenze RM pesate in T2* presentano un maggior segnale in presenza di ossiemoglobina, e minore in prevalenza di deossiemoglobina. In presenza di una stimolazione di una determinata area cerebrale, si verificano i seguenti passaggi, che costituiscono nel complesso la c.d. risposta emodinamica:

(1) La stimolazione esita in un aumento dell’attività neuronale locale, con aumento transitorio delle richieste metaboliche. Segue un fugace incremento del tasso di estrazione dell’ossigeno ematico, con transitoria riduzione del rapporto ossiemoglobina/deossiemoglobina e decremento del segnale in T2* rilevato con fMRI (initial dip).

48 (2) A questo fenomeno segue, dopo circa 3 secondi, la risposta vascolare, caratterizzata da un aumento del flusso ematico e del volume ematico locale, che raggiunge il proprio picco in 5-6 secondi; tale aumento di flusso risulta proporzionalmente eccedente le esigenze tissutali della regione attivata.

(3) Ciò si traduce in un incremento del rapporto ossiemoglobina/deossiemoglobina, con conseguente aumento del segnale T2* (overshoot), denominato risposta BOLD positiva, in condizione di attivazione neuronale, rispetto allo stato di riposo.

(4) Se lo stimolo che ha determinato attivazione neuronale perdura nel tempo, si osserva il passaggio dell’overshoot a un plateau, che si esaurisce al termine della richiesta metabolica neuronale.

(5) Infine, l’incremento di volume ematico appena descritto determina una riduzione del segnale RM in T2*, denominata undershoot, che può comparire fino a 30 secondi dopo lo stimolo. Difatti, una volta esaurito lo stimolo, l’estrazione di ossigeno e il flusso ematico arterioso locale ritornano a valori normali; nelle venule a bassa compliance si accumula invece transitoriamente un volume di sangue superiore al livello basale. Ne risulta un aumento della deossiemoglobina, e quindi una riduzione del segnale in sequenze T2* rispetto alla condizione pre-stimolo (Vedi Figura 11)(Kwong et al., 1992).

Figura 11. Visualizzazione grafica della risposta emodinamica. Sono qui riportati le modifiche del segnale BOLD in relazione a un lungo evento-stimolo (20 s), che costituiscono nel complesso la risposta emodinamica. Dopo 3 s dall’ inizio dello stimolo, si nota un aumento di segnale che raggiunge il picco dopo 5-6 s (overshoot). Al termine della stimolazione, il segnale cade sotto i livelli basali pre-stimolo (undershoot). Per ulteriori dettagli, si veda il testo. Adattato da Kwong et al., 1992.

49 La rappresentazione matematica della risposta emodinamica è denominata hemodynamic

response function - funzione di risposta emodinamica (HRF), ed è stata descritta in letteratura

mediante l’applicazione di diversi modelli matematici (Friston et al., 1995). Per inciso, è importante notare che una corretta modellizzazione dell’HRF è requisito fondamentale per la corretta analisi di risposte BOLD in diversi paradigmi di stimolazione.

Le modifiche del segnale BOLD, che riflettono quindi i cambiamenti dell’omogeneità del campo magnetico locale causati dalla risposta emodinamica (che fa variare le concentrazioni relative di ossi- e deossi-emoglobina), sono considerate una misura indiretta dell’attività neuronale sottesa a tali modifiche di flusso: si fa riferimento pertanto all’assunto fondamentale della fMRI, l’accoppiamento neuro-vascolare (neurovascular coupling). Inoltre, la fisiologia della risposta emodinamica rende conto della scarsa sensibilità temporale della metodica; difatti, i fenomeni misurati mediante fMRI si sviluppano nel corso di secondi (picco dell’overshoot: 5-6 s). Di contro, la risoluzione spaziale della metodica è invece eccellente utilizzando un magnete ad alto campo, e dipende esclusivamente dalla misura dei singoli voxel (Friston et al., 1995). Come sopra specificato, per poter rilevare modifiche del segnale BOLD si rende necessaria l’applicazione di sequenze RM specifiche, che presentino elevata dipendenza dal T2* tissutale e consentano una rapida acquisizione di immagini; la sequenza attualmente più utilizzata in studi fMRI è denominata GE-EPI, acronimo per

gradient-echo echo-planar imaging (Chavhan et al., 2009). I dati derivanti dalle sequenze GE-EPI

richiedono un’elaborazione preliminare, allo scopo di minimizzare gli artefatti e aumentare il rapporto segnale/rumore; tali passaggi vengono effettuati con appositi software di analisi dei dati, tra cui FSL, quello impiegato nel presente studio (Smith et al., 2004). Infine, allo scopo di valutare se il segnale registrato in condizione di stimolo e quello acquisito in condizione di riposo differiscono, vengono impiegate metodiche dedicate di elaborazione dei dati fMRI. Ciò esita nella produzione di mappe statistiche parametriche, che identificano regioni cerebrali in cui vige un cambiamento statisticamente sopra-soglia del segnale BOLD tra condizione basale e condizione di riposo (Friston et al., 1995). Infatti, a differenza delle metodiche di imaging quali PET o SPECT, in cui un incremento di segnale nelle scansioni cerebrali corrisponde ad un reale aumento nella captazione/legame con traccianti specifici, le alterazioni colorimetriche (tipicamente verso il rosso per l’attivazione, verso il blu nella deattivazione) nelle immagini fMRI sono il risultato di una complessa rielaborazione off-line, in cui voxel per voxel viene comparato statisticamente il segnale BOLD durante lo stimolo rispetto ad immagini dello stesso paziente in condizioni basali. Tra gli approcci più frequentemente impiegati per implementare tale analisi statistica vi

50 sono il modello generale lineare (GLM – General Linear Model), applicato anche per questo lavoro di tesi, e l’analisi spaziale delle componenti indipendenti (ICA – Independent Component

Analysis) (Beckmann, 2012).