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La risposta delle Regioni: le 'Linee guida per le normative

Le Regioni italiane, una volta investite del compito di elaborare le regole di coesistenza, hanno deciso di agire predisponendo in primo luogo delle linee guida condivise: è intervenuta la Conferenza delle Regioni e delle province autonome che, il 18 ottobre 2007, ha approvato, all’unanimità, le “Linee Guida per le normative regionali

modificate”314 predisposte dal Gruppo di Lavoro Tecnico Interregionale

sugli OGM all’uopo istituito. In seguito tuttavia la Conferenza Stato Regioni, il 7 dicembre 2010, ha respinto tali linee guida manifestando il proprio contrasto all'applicazione del principio di coesistenza, ritenuto alternativo ad un modello di agricoltura autonomo e libero da OGM.315

Le linee guida, ideate per costituire la base per la futura stesura delle leggi regionali in materia di coesistenza, fornendo indirizzi comuni per realizzare un sistema di regole omogeneo in materia su tutto il territorio nazionale, contenevano una lunga serie di obblighi a carico dei soggetti che avrebbero operato nella filiera di produzione OGM.

La Conferenza Stato-Regioni accettava il principio di coesistenza delle produzioni transgeniche con quelle convenzionali, interpretandolo come una scelta necessaria per non compromettere la biodiversità e per garantire la libertà di iniziativa economica, sebbene questa posizione non fosse condivisa dalle numerose Regioni che si erano dichiarate OGM-Free. Inoltre il documento, col fine di evitare contaminazioni, ribadiva l'applicazione del principio di precauzione prevedendo, oltre a misure specifiche a livello aziendale,316 anche 314 http://www.agricoltura.regione.lombardia.it/shared/ccurl/634/253/AL_2009041

2_3435_linee_guida_per_le_normative_regionali_AGR_MS.pdf. 315 http://www.statoregioni.it/Documenti/DOC_028686_punto

%2010%20cinsedo.pdf

316 Le misure aziendali riguardavano: la separazione dei campi dedicati a sistemi di agricoltura diversi, la conservazione e l'impiego delle sementi, le operazioni colturali, la produzione, il trasporto, il magazzinaggio, la trasformazione, il condizionamento, la conservazione del prodotto, la commercializzazione e i sistemi di registrazione per la tracciabilità delle operazioni. sono a carico degli operatori che fanno uso di PGM rispetto al proprio ambito di competenza, e riguardano l’intera filiera produttiva. Tali misure dovevano consentire la tracciabilità e la rintracciabilità del prodotto transgenico durante tutto il processo produttivo (dall’acquisto delle materie prime per la produzione primaria – quali sementi e altro materiale di propagazione e produzione - alla vendita al consumatore del prodotto finito).

misure a livello territoriale, riguardanti la definizione di aree di esclusione da parte di Regioni e Province autonome e la gestione delle aree di confine.317 Si riconosceva inoltre agli agricoltori il potere di

stipulare accordi volontari per la delimitazione di ulteriori aree di esclusione dalla coltivazione di PGM, accordi che spettava ai Comuni ratificare.

Circa gli obblighi previsti a carico di chi intendesse procedere alle coltivazioni transgeniche, oltre alla richiesta di apposita autorizzazione all'ente regionale ed al conseguimento di un Patentino di Competenza da inoltrare alla Regione contestualmente alla richiesta di autorizzazione alla coltivazione di PGM, era previsto che il coltivatore dovesse informare le aziende confinanti, mentre se era l'affittuario del fondo avrebbe dovuto informare il proprietario ed ottenere da questi un formale assenso alla coltivazione di PGM. Inoltre, avrebbe dovuto elaborare un Piano di Gestione Aziendale comprensivo delle misure da adottare al fine di evitare il verificarsi della contaminazione accidentale e notificare la localizzazione delle coltivazioni GM nonché la data di semina effettive. Avrebbe dovuto inoltre tenere un registro delle operazioni effettuate al fine di consentire i controlli, adottare le misure di precauzione di propria competenza indicate negli allegati tecnici,318 procedere al pagamento della tariffa regionale per ettaro di

coltivazione GM e stipulare, prima della semina, una polizza assicurativa o fideiussoria.

317 Escluse dalla coltivazione di PGM erano anche le aree protette, le aree destinate alla tutela di particolari habitat, le risorse faunistiche e floristiche di particolare interesse comunitario, i siti di conservazione della biodiversità agraria, i bacini golenali, i territori contraddistinti da marchi di qualità e tipicità (con eccezione del caso in cui fosse espressamente previsto l'uso di PGM nel disciplinare di produzione), le aree assoggettate a regime di coltivazione biologico e integrato. 318 In particolare, i coltivatori erano tenuti ad adottare le pratiche volte a contenere la dispersione del polline e dei semi dalle loro colture a quelle limitrofe. Le coltivazioni transgeniche avrebbero dovuto essere praticate nel rispetto delle distanze minime e tale rispetto deve essere assicurato da chi pratica tali colture.

Obblighi specifici, ma analoghi, erano poi previsti per altri soggetti della filiera di produzione di PGM, in particolare per chi avesse esercitato l'attività agromeccanica e per i contoterzisti che avrebbero potuto, attraverso il trasporto o la manipolazione o la semina, diffondere sementi transgeniche su terreni diversamente utilizzati.

Infine, le Regioni erano tenute ad istituire un registro unico regionale relativo alle coltivazioni di OGM, a predisporre un sistema informativo territoriale ed a costituire un fondo regionale, finanziato principalmente con il pagamento di tariffe e sanzioni, che sarebbe andato a coprire sia i costi sostenuti per l'applicazione delle linee guida sia gli eventuali danni scaturenti dalla contaminazione delle colture transgeniche. Inoltre era prevista la concessione di un indennizzo se il danno fosse stato risarcibile secondo le norme ordinarie dettate in materia di responsabilità civile e di danno ambientale, e sempre che il richiedente avesse dimostrato di aver subito un danno per la presenza di materiale GM nel proprio prodotto o nel proprio terreno, con danni economici qualificabili319.

Erano, inoltre, previsti controlli specifici, da parte delle Regioni e delle province Autonome, per verificare il rispetto degli obblighi e delle prescrizioni fissati al fine di garantire l’attuazione delle misure relative alla coesistenza così come erano stabilite dettagliate sanzioni amministrative in caso di mancata osservanza delle disposizioni in materia di coesistenza.

Infine, il documento introduceva degli allegati, contenenti le indicazioni tecniche sulle misure di precauzione, sia di carattere generale, sia specifiche a seconda della varietà colturale - mais, colza,

319 Il danno economico può riguardare sia la riduzione del prezzo di vendita del prodotto agricolo contaminato, sia i costi sostenuti relativi alle prove e alla analisi, le perdite indirette dovute all'impossibilità di accedere a canali di vendita particolari o eventuali perdite di chance.

soia - mentre gli altri allegati si riferivano ai siti per la sperimentazione ed il collaudo varietale, ai requisiti minimi che devono possedere, al sistema informativo, alle indicazioni tecniche sulla redazione del Piano di Monitoraggio.

Le Regioni, nel 2007, disciplinarono dunque minuziosamente le misure atte a garantire la coesistenza delle filiere con una normativa finalizzata a tutelare l'agricoltura tradizionale e biologica da future contaminazioni, ma la molteplicità degli obblighi posti a carico dei coltivatori di OGM non rendeva di fatto possibile garantire la reale compresenza sul territorio di coltivazioni tradizionali, biologiche e transgeniche. Con l'emanazione della Comunicazione della Commissione e della proposta di regolamento del 2010 (Vedi Cap.2

par. 3) le Regioni decisero definitivamente di rivedere la propria

posizione respingendo tali linee guida in quanto la loro predisposizione non apparse più né utile né urgente, di fronte all'emergere della possibilità di vietare tout court la coltivazione degli organismi transgenici.

7. La Sentenza della Corte di giustizia Pioneer Hi Bred c. Italia e la

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