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Nel gruppo OPEN il numero di linfonodi esaminati medio è stato 27,00 (range 11 – 48 linfonodi), mentre il Lymph Node Ratio medio è stato 0,04 (range 0 – 0,27). Una linfoadenectomia adeguata (≥ 12 linfonodi esaminati) è stata eseguita nel 90% dei casi.

Nel gruppo LAPARO il numero di linfonodi esaminati medio è stato 23,89 (range 11 – 47 linfonodi), con una linfoadenectomia adeguata nel 95% dei casi, mentre il Lymph Node

Ratio medio è stato 0,02 (range 0 – 0,13).

Tabella 7.

RISULTATI

OPEN LAPARO

Linfonodi esaminati, media (range)

27,00 (11 – 48)

23,89 (11 – 47)

Lymph Node Ratio medio (range) 0,04 (0 – 0,27) 0,02 (0 – 0,13) Yield ≥ 12 lfn 90% 95% Lunghezza intestino resecato, media (range)

32,5 cm (22 – 58 cm)

31,5 cm (15 – 48 cm)

Diametro massimo neoplasia, media (range)

4,9 cm (1,5 – 11 cm)

4,8 cm (1,2 – 9,7 cm)

Pazienti con linfonodi Metastatici

8 (40%) 4 (21,1%)

Per quanto riguarda la tecnica chirurgica, l’adeguatezza della linfoadenectomia è stata raggiunta nel 90% del gruppo OPEN e nel 95% di quello LAPARO, percentuali non diverse dal punto di vista statistico (p=0,57).

La differenza tra le medie del numero totale di linfonodi esaminati nei due gruppi (27,00 OPEN vs 23,89 LAPARO) non è risultata significativa (p=0,36).

Lo stesso dicasi per la differenza tra le medie dei LNR ottenuti con le due diverse tecniche chirurgiche (p=0,17).

Il pezzo operatorio asportato nell’intervento è risultato essere in media 32,5 cm nelle procedure laparotomiche e 31,5 cm nelle laparoscopiche, ma la differenza non era significativamente differente (p=0,72).

In tutti i pazienti i margini di resezione, colico e ileale, sono risultati indenni da infiltrazione neoplastica. Lo stesso dicasi per l’appendice, ove presente.

Per quanto riguarda le caratteristiche del tumore, possiamo affermare che sia il tipo istologico che il grado, non influenzavano significativamente né il numero di linfonodi esaminati, né il LNR (p < 0,01).

Il diametro massimo medio delle neoplasie è risultato 4,9 cm nel gruppo OPEN e 4,8 cm nel gruppo LAPARO (differenza non significativa, p=0,84).

In 8 pazienti del gruppo OPEN sono risultati linfonodi metastatici (40,0%) e nel gruppo LAPARO solo in 4 pazienti (21,1%): questa differenza non è statisticamente significativa (p=0,2). Essa non è sembrata attribuibile né al tipo istologico di neoplasia, né al suo grado, né alle sue dimensioni. Molto probabilmente è dovuta alla diversa profondità dell’invasione neoplastica nei due gruppi: il tumore invadeva il grasso periviscerale o la sierosa (pT3) nel

Abbiamo poi voluto verificare la presenza o meno di una relazione tra le

caratteristiche dei pazienti (quali sesso, età, BMI) e numero di linfonodi esaminati.

Abbiamo rilevato che per nessuno di essi esiste, nel nostro studio, una relazione statisticamente significativa con il numero di linfonodi esaminati. Per il BMI però, si è osservata una correlazione inversa (α = 0,20): al crescere dell’indice di massa corporea dei pazienti si verifica una riduzione del numero di linfonodi esaminati. Il test andrebbe pertanto ripetuto con un numero di soggetti maggiore per poter raggiungere la significatività statistica.

DISCUSSIONE

La chirurgia rappresenta sicuramente un punto cardine nel trattamento del cancro del colon. Tra i criteri per definire un intervento chirurgico oncologicamente “radicale” è inclusa la legatura prossimale del peduncolo linfovascolare e la completa linfoadenectomia eseguita attraverso la resezione en bloc del segmento di intestino comprendente il tumore con i tessuti molli adiacenti e il relativo mesentere, utilizzando misure per minimizzare la possibilità di diffusione intraluminale di cellule neoplastiche e/o la loro fuoriuscita nell’addome o sulla ferita. In aggiunta a questo deve essere condotta una completa esplorazione intraddominale.

Il primo obiettivo di alcuni studi passati fu quello di verificare se questi criteri potevano essere rispettati utilizzando un approccio laparoscopico. Milsom e Fazio66 nel 1994 riportarono che, in un loro lavoro sulla dissezione di cadaveri, l’estensione anatomica della resezione per le emicolectomie destre non differiva tra tecniche chirurgiche convenzionali e mininvasive. Questo servì, almeno inizialmente, a dimostrare che un’adeguata resezione oncologica poteva essere ottenuta con successo anche con la laparoscopia.

Nonostante questo, Martinez et al.67 nel 1995 pubblicarono i risultati di uno studio che mostrava scetticismo sulla reale efficacia oncologica delle procedure laparoscopiche. Le stesse osservazioni erano già state fatte da Nduka e collaboratori68 l’anno precedente. In particolare, gli autori, rilevarono un’elevata incidenza di recidive nella sede di inserzione dei trocars e in prossimità dei bordi della ferita chirurgica. Attribuirono tutto questo ad un meccanismo multifattoriale in cui gli elementi chiave erano:

Negli anni successivi furono molti gli autori che si concentrarono sul problema e che, con le dovute precauzioni perioperatorie che anche oggi sono fondamentali per l’esecuzione di un intervento oncologicamente corretto, rilevarono un’incidenza di ricorrenze similare tra i due approcci. Uno fra tutti Lacy69 che nel 1998 pubblicò i risultati di uno studio randomizzato sulla frequenza di metastasi e ricorrenze nelle sedi di inserimento dei trocars dopo colectomia laparoscopica. Nonostante le sue conclusioni confermassero la mancanza di differenze significative tra tecnica open e mininvasiva, egli affermò che, prima di giudicare superiore l’una o l’altra, andavano eseguiti studi di follow-up per verificare la differenze in termini di sopravvivenza globale.

In effetti, negli ultimi anni, l’adeguatezza di un intervento chirurgico eseguito per affezioni maligne, è misurata in termini di sopravvivenza a medio e lungo termine. Mancando questo tipo di informazioni, data la relativamente recente introduzione della tecnica laparoscopica per le affezioni maligne, gli studi si sono concentrati su markers alternativi per provare l’equivalenza tra i due tipi di approcci.

In uno studio di Moore et al70 si sono confrontati due gruppi di pazienti (omogenei per età, sesso, peso e caratteristiche tumorali) sottoposti a emicolectomia destra per neoplasia; 32 operati con tecnica laparoscopica e 34 con tecnica laparotomica: gli autori non hanno trovato differenze significative per quanto riguarda margini di resezione e numero di linfonodi esaminati. Hanno potuto quindi concludere che la clearence linfovascolare in laparoscopia è indistinguibile da quella in tecnica open.

Alle stesse conclusioni sono giunti Falk et al71 che, in uno studio retrospettivo multicentrico, hanno confrontato 15 pazienti operati con tecnica laparoscopica per neoplasie del colon destro: il numero di linfonodi rimossi non è risultato statisticamente

Anche Lord et al72 hanno riportato che, nella loro osservazione triennale, il numero di linfonodi medio, nelle resezioni laparoscopiche per carcinoma, era 8,5, non differente da quello riportato dalle resezioni open eseguite nello stesso periodo.

Questi ed altri risultati sono riassunti nella seguente tabella (NS = differenza non significativa).

Tabella 8.

NUMERO DI LINFONODI NELLE EMICOLECTOMIE

AUTORI LAPARO Media (range) OPEN Media (range) Lujan73 6,6 (0 – 22) 7,44 (0 – 28) NS Stage74 7 (3 – 14) 8 (4 – 15) NS Lord72 11,6 10,1 NS Bokey75 17 16 NS Buchman76 13 13 NS Peters77 9,0 8,5 NS Gellman78 9,3 9,5 NS

Gray et al79 hanno invece utilizzato come indice per la valutazione dell’adeguatezza della linfoadenectomia, la lunghezza del tratto di intestino resecato: hanno confrontato 22 pazienti operati con tecnica laparoscopica e 35 con laparotomica dallo stesso chirurgo, e 39, sempre con tecnica laparotomica, operati da un chirurgo diverso dello stesso istituto. Le tre lunghezze medie riscontrate erano rispettivamente 21,7 cm, 31,4 cm e 26,7 cm, non

A dispetto di tutto questo, Baxter46 nel 2005 e Bilimoria47 nel 2008 hanno dimostrato che meno del 40% delle emicolectomie, eseguite per carcinoma colico, rispettino le Linee Guida per la chirurgia del CRC45 in cui il numero minimo di linfonodi esaminati consigliato è 12. Questo numero è frutto di numerosi studi che ne hanno dimostrato il ruolo fondamentale in termini di sopravvivenza a 5 anni49-54.

Nel nostro studio abbiamo voluto verificare se, nelle resezioni eseguite per carcinoma del colon destro, il numero di linfonodi esaminati rispettasse il valore minimo consigliato e se vi fosse una differenza utilizzando tecniche chirurgiche tradizionali o mininvasive.

La media di linfonodi esaminati è risultata superiore per i pazienti operati con tecnica laparotomica, ma in modo non statisticamente significativo: 27,0 contro 23,89 della tecnica laparoscopica. In entrambi i casi, il minimo raccomandato di 12 linfonodi esaminati è stato rispettato in più del 90% (90% OPEN vs 95% LAPARO) dei trattamenti

chirurgici e, da questo punto di vista, non vi sono differenze statisticamente significative tra i due approcci. Seguendo poi l’esempio di Gray, abbiamo rilevato che, anche per quanto riguarda la lunghezza del segmento di intestino resecato, possono essere fatte le stesse considerazioni: pur risultando in media leggermente maggiore negli interventi laparotomici (32,5 cm vs 31,5 cm), questa differenza non è rilevante dal punto di vista statistico.

Aggiungendo che i margini di resezione sono risultati negativi nel 100% dei casi studiati e che la distanza delle linee di resezione prossimale e distale dalla massa tumorale è risultata sufficiente, possiamo affermare che la radicalità chirurgica è garantita anche nelle procedure laparoscopiche.

Alcuni autori58-64 hanno dimostrato l’importanza anche di quest’ultimo in termini di sopravvivenza a 5 anni.

In particolare Wang et al64 nel 2009 hanno evidenziato come quest’ultima, in pazienti in stadio III secondo la classificazione dell’American Joint Commettee on Cancer (AJCC), sia nettamente maggiore nei casi con un LNR < 0,007 rispetto a quelli con LNR > 0,50 (64,8% vs 29,6%). Sulla stessa linea appaiono i risultati dello studio di Vather et al63 dello stesso anno: si è dimostrata una mortalità a 5 anni del 40-45% nel decile più basso (LNR 0-0,10) ed un aumento all’80-90% in quello più alto (LNR 0,91-1; P < 0,0001).

Nel nostro studio 12 pazienti (8 del gruppo OPEN e 4 del gruppo LAPARO) hanno presentato metastasi linfonodali e sono stati quindi classificati in Stadio III. Nella maggior parte di questi pazienti (4/4 LAPARO e 7/8 OPEN) il LNR è risultato compreso tra 0,007 e 0,25; la sopravvivenza a 5 anni, stimata secondo Wang e colleghi, dovrebbe essere quindi del 56% circa. Solo un paziente, operato con tecnica laparotomica, è risultato avere un LNR compreso tra 0,25 e 0,50, con una sopravvivenza a 5 anni stimata intorno al 45%.

E’ difficile poter verificare, dal nostro punto di vista, la veridicità di tali conclusioni, tenendo conto del fatto che la maggior parte dei pazienti, una volta resecato il tumore primario, vengono maggiormente seguiti, per il follow up, nei reparti di Oncologia Medica.

Questo potrebbe essere un buon punto di partenza per un futuro studio in collaborazione con i colleghi oncologi, volto a confermare la differente sopravvivenza a medio e lungo termine in rapporto al Lymph Node Ratio in pazienti in stadio III operati per carcinoma del colon.

CONCLUSIONI

 L’atto chirurgico ricopre un ruolo fondamentale nella strategia terapeutica delle affezioni neoplastiche maligne del colon destro. Lo scopo della chirurgia è ottenere l’asportazione del tumore nella maniera più radicale possibile e permettere, in tal modo, una corretta stadiazione di malattia, elemento chiave dal punto di vista prognostico.

 E’ stato ormai accertato che il numero di linfonodi esaminati costituisca un importante parametro prognostico sia nei pazienti pN0 sia nei pazienti con linfonodi positivi (N+), essendo stato dimostrato che un numero minore di linfonodi esaminati si associ ad una minore sopravvivenza.

 Lo standard di 12 linfonodi asportati è considerato il valore minimo accettabile per una corretta valutazione dell’impegno linfonodale nel cancro del colon.

 Nel nostro studio, sia per quanto riguarda le procedure laparotomiche che le laparoscopiche, questo standard è stato ampiamente rispettato e non sono emerse, da questo punto di vista, differenze significative tra le due tecniche.

In conclusione, abbiamo quindi dimostrato come, nel carcinoma del colon destro, si possa garantire la radicalità oncologica e la corretta stadiazione di malattia anche attraverso un approccio laparoscopico che, ove applicabile, può essere preferito in virtù dei suoi numerosi vantaggi: riduzione del dolore postoperatorio, riduzione dei tempi di degenza, minore durata dell’ileo postoperatorio con più precoce ritorno all’alimentazione per via orale, più precoce ritorno alle attività ordinarie e al normale lavoro e più piccole incisioni chirurgiche con miglior risultato cosmetico.

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