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Nel primo capitolo abbiamo esplicitato il problema di ricerca al quale abbiamo rivolto la nostra attenzione: la questione dell’efficacia (effectiveness) della spiegazione scientifica rivolta a non-esperti di argomenti di fisica contemporanea per cui l’audience non possiede le adeguate conoscenze formali pregresse. Come discusso, la questione è quella della natura stessa della spiegazione nei discorsi di comunicazione pubblica della scienza, e il fuoco è sui significati, sui contenuti disciplinari e sulle modalità con cui questi vengono trasmessi e sugli aspetti cognitivi implicati. In questo contesto, l’analisi del discorso comunicativo è orientata alla valutazione e all’individuazione degli elementi caratterizzanti e costitutivi di una ‘spiegazione scientifica efficace’ (effective

scientific explanation).

La nostra attenzione è stata in particolare rivolta ad una modalità della comunicazione scientifica: forme scritte, testi di spiegazione scientifica rivolti ad un grande pubblico.

In relazione a tali forme di comunicazione testuali, un riferimento utile per chiarire il problema di ricerca e individuare possibili framework di riferimento e strumenti opportuni per l’analisi si è rilevato il lavoro di Turney (2004) (cfr. cap. I). Egli riflette sulla possibilità di mutuare nell’ambito dell’analisi dei testi di spiegazione scientifica rivolti al grande pubblico uno schema per la descrizione delle fasi della spiegazione sviluppato da Ogborn e colleghi (1996) in ambito di didattica della scienza. Gli autori delineano quattro parti in cui schematizzare la spiegazione: creating

differences, constructing entities, transforming knowledge e putting meaning into matter.

Turney affronta l’applicazione delle categorie individuate da Ogborn e colleghi in particolare ad un noto e rinomato testo di spiegazione di fisica avanzata (sulle superstringhe) nella prospettiva metodologica della ‘narrazione di storie’ (storytelling). Egli conclude osservando come sia probabilmente opportuno cercare di aprire e sviluppare maggiormente la categoria del creating entities, per ottenere una descrizione più dettagliata delle tipologie di risorse che possono essere usate a questi scopi di ‘creazione di entità’.

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In questo lavoro abbiamo cercato di recepire il suggerimento proposto da Turney offrendo un contributo alla chiarificazione e alla definizione della categoria del creating

entities all’interno dei testi divulgativi della scienza nella prospettiva di una spiegazione

scientifica ‘efficace’.

La domanda di ricerca di base che abbiamo cercato di affrontare è se sia possibile individuare degli strumenti di analisi formali e strutturati, al di fuori della disciplina, che ci permettano di analizzare e valutare la possibilità e l’efficacia della spiegazione di argomenti complessi di fisica contemporanea ad un pubblico di non esperti, in un modo tale che non ne siano snaturati i contenuti; in modo cioè che si realizzi una comunicazione di concetti che siano significativi sia per l’audience generica, in termini di costruzione del ‘senso di comprensione’, sia per gli esperti, in termini di significati disciplinari ‘non corrotti’. Significati che abbiamo identificato con il termine di ‘buona fisica’.

La seconda domanda di ricerca che ci si era posti è se lo strumento di analisi individuato potrà aiutarci, in una sorta di processo iterativo di mediazione con la conoscenza esperta, a chiarire la definizione, l’identità e il profilo stesso di questa ‘buona fisica’ in funzione del contesto comunicativo. L’ipotesi è che tale ‘buona fisica’ non sia un concetto dato o chiaramente definibile a priori, ma che proprio l’analisi del testo, attraverso gli strumenti scelti, ci possa aiutare a raffinarne i contenuti e definirne i contorni in una sorta di processo ricorsivo. Infine ci si chiedeva se lo strumento eventualmente individuato per valutare una comunicazione scientifica ‘efficace’ a non-esperti potesse essere uno strumento formale utile anche nella progettazione e produzione di nuovi e più validi contributi testuali.

Nella parte successiva del lavoro ci siamo dedicati all’affinamento dell’approccio metodologico e abbiamo individuato nell’analisi delle forme metaforiche uno strumento di analisi promettente per gli scopi preposti, per la valutazione dell’efficacia della comunicazione di ‘buona fisica’ e per tracciare un profilo della stessa. Turney stesso sottolinea (2004) come l’approfondimento dell’analisi delle forme metaforiche e analogiche possa essere un candidato valido per esplicitare una delle risorse fondamentali della categoria del creating entities, in particolare nei contesti di fisica contemporanea dove i fenomeni sono così lontani dalla sfera della percezione ordinaria. Del resto Ogborn e colleghi (1996) sottolineano l’importanza in questa fase di creating entities del processo cognitivo che favorisce la comprensione di nuove cose in termini di altre che sono già familiari. Nel secondo capitolo abbiamo discusso

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approfonditamente la metafora intesa come ‘fatto di pensiero’, la dimensione cognitiva delle forme metaforiche e il ruolo che essa riveste nella comprensione dell’ignoto a partire dal noto. Abbiamo quindi dedicato il secondo capitolo all’analisi dello strumento metaforico e all’approfondimento delle varie prospettive e interpretazioni della stessa in termini di ruolo e funzionamento. L’obiettivo era quello di individuare la prospettive di maggiore interesse ai fini degli scopi di ricerca. Dalla riflessione è emersa in particolare la rilevanza della prospettiva della metafora concettuale, che esalta il ruolo cognitivo della metafora come elemento pervasivo del pensiero e quindi anche della percezione e dell’azione, oltre alle potenzialità cognitive nel moto che dicevamo dal conosciuto verso lo sconosciuto, dal concreto verso l’astratto, e nella concettualizzazione in termini di conoscenza ordinaria e quindi da tutti condivisibili.

Nel terzo capitolo abbiamo affrontato l’analisi di alcuni contributi testuali per verificare l’efficacia dello strumento individuato, cioè l’analisi nella prospettiva delle forme metaforiche e in particolare in quella della metafora concettuale, in relazione alla domanda di ricerca.

Discutiamo ora in forma conclusiva i risultati generali emersi dall’analisi dei contributi testuali svolta nel capitolo precedente.

Innanzitutto possiamo osservare che i risultati sembrano indicare che l’applicazione della prospettiva metaforica fornisca uno strumento efficace per l’esplicitazione degli aspetti concettuali fondamentali e più rilevanti nella rappresentazione cognitiva degli argomenti disciplinari comunicati in termini di sistema concettuale ordinario. A tale scopo di è rivelata particolarmente utile la metafora concettuale, per il ruolo fondamentale svolto nella costruzione della conoscenza ordinaria e nella esplicitazione della strutturazione concettuale di un concetto sulla base di un altro, fino ad arrivare alle forme metaforiche di base del pensiero, legate all’esperienza primaria corporea (embodiment). Queste forme di base, ad esempio quelle coinvolte nello schema di possesso, sono emerse nell’analisi del testo di Schrödinger dove si sono rilevati di particolare utilità le strutturazioni concettuali in termini Obejct Event-Structure Metaphor. L’esplicitazione degli aspetti concettuali caratterizzanti le entità introdotte dal discorso rende esplicito il contributo della metafora alla fase di creazione di entità. La metafora appare svolgere un ruolo primario come risorsa del creating entities e dell’esplicitazione di aspetti e significati di base coinvolti.

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Questo contributo può essere messo in evidenza sia nel caso del testo di Greene che di Schrödinger. Nel caso di Greene, abbiamo osservato come possano risultare utili anche prospettive più tradizionali di analisi della metafora secondo una visione ‘interattiva’ o di ‘conflitto’, di cui tra l’altro Prandi (2008) rileva ancora la fondamentale importanza anche rispetto alle posizioni della metafora concettuale. Nel caso di Greene, ad esempio nella metafora dell’orologio universale, abbiamo constatato come ragionare in termini di ground, tenor e vehicle ci abbia aiutato a focalizzare gli aspetti concettuali rilevanti comunicati dall’autore. Soprattutto abbiamo visto come riflettere sulle differenze, sugli aspetti che di volta in volta entravano e uscivano dal ground, ci abbia aiutato a riflettere sulla loro validità da un punto di vista disciplinare e ad evidenziare l’uso particolare della metafora effettuato da Greene per guidare il passaggio dalla concezione classica alla concezione quantistica.

Nel caso del testo di Schrödinger, la metafora concettuale si è rivelata uno strumento ancora più efficace. La prospettiva della metafora concettuale ci ha consentito infatti di approfondire gli elementi cognitivi proposti sia dalla rappresentazione esplicita analogica, estrapolata da situazioni ordinarie, che da quella implicita nel discorso nel linguaggio quotidiano. In particolare è emerso come la rappresentazione dei concetti fisici legati alla ‘indistinguibilità’ delle particelle e al principio di esclusione di Pauli possano essere rappresentati dai concetti astratti, comunque emergenti dalla conoscenza ordinaria, di ‘quantità’ e di ‘appartenenza’. Tali concetti consentono di introdurre gli attributi di ‘assenza di individualità’ e ‘assenza di quantità’ (o numerabilità), o meglio di eliminare dalla descrizione gli attributi di ‘individualità’ e ‘numerabilità’ nell’ottica di una perdita di informazione nel passaggio dal mondo classico a quello quantistico, secondo quanto sottolineato da Schrödinger stesso.

La metafora concettuale sembra quindi consentirci di individuare quel nucleo concettuale a cui abbiamo fatto riferimento con il termine di ‘buona fisica’, cioè quella sorta di trasposizione comunicativa del concetto disciplinare significativa non solo per l’audience non-esperta in termini di ‘senso di comprensione’ del nuovo a partire dal noto, ma anche per il fisico, in termini di contenuti disciplinari non snaturati.

E’ utile sottolineare inoltre che l’esplicitazione degli aspetti concettuali rilevanti e comunicabili è emersa dall’analisi del testo stesso, in una sorta di mediazione tra sapere esperto e sapere laico: è stata cioè data risposta affermativa alla domanda di ricerca iniziale riguardante la possibilità che la metafora concettuale potessi essere

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d’aiuto per la l’individuazione del significato e del contenuto stesso di ‘buona fisica’ mediante un processo iterativo di mediazione tra testo e conoscenza esperta.

Da questa prima parte della discussione appare quindi come la metafora possa fornire un contributo sicuramente utile per comprendere meglio la fase di creating

entities nella spiegazione e valutare quindi l’efficacia (effectiveness) della spiegazione

di argomenti complessi di fisica contemporanea ad un pubblico di non esperti.

Nel caso di Schrödinger in particolare, la metafora concettuale oltre a rivelarsi uno strumento potente per l’individuazione del ‘nucleo’ concettuale di ‘buona fisica’, si è mostrata un valido riferimento anche nella valutazione dell’efficacia della spiegazione scientifica stessa. Nell’ultima parte dell’analisi è stato infatti possibile rendere esplicite le difficoltà che possono emergere nella comprensione da parte di un lettore non- esperto. In particolare è emerso la sensazione prodotta di oddness e inversion sia per l’autore un elemento cruciale della spiegazione scientifica ma possa rappresentare al tempo stesso una fonte di difficoltà nella comunicazione. Abbiamo visto infatti come questa sensazione di stranezza emergente dal testo possa da un lato aiutare il lettore a focalizzare l’attenzione sul tratto rilevante di ‘assenza di individualità’ della particella, ma dall’altro possa anche introdurre aspetti di contraddizione e di incoerenza nella concettualizzazione del sistema fisico in termini di sistema concettuale ordinario. In particolare abbiamo avanzato l’ipotesi che la forma analogica proposta dal testo possa risultare in qualche modo ‘incompleta’, compromettendo il ‘senso di comprensione’ nell’audience e quindi il successo e l’efficacia della spiegazione.

La riflessione sul lavoro svolto ci porta però a formulare altre osservazioni in merito all’utilità della prospettiva di analisi dal punto di vista dell’approccio metaforico, in relazione alla comunicazione di argomenti di fisica contemporanea e in particolare nel momento del passaggio dalla concezione classica a quella quantistica.

Negli esempi analizzati nel capitolo precedente, sia nel caso di Greene dell’ “orologio universale” che nel caso di Schrödinger dei “ragazzi e dei premi”, abbiamo osservato come la proposta metaforica o analogica non sia una forma statica, ma piuttosto cognitivamente dinamica: la metafora si modifica in itinere, le entità si trasformano, divengono nuove entità o ne vengono introdotte delle nuove. Sembrerebbe cioè esservi una dinamica della rappresentazione concettuale delle entità coinvolte, che accompagna il passaggio alla visione quantistica. In altre parole, per introdurre gli aspetti quantistici si fa riferimento agli aspetti classici modificandone le caratteristiche in itinere oppure si effettua un confronto tra due interpretazioni del medesimo

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