La Tabella 1 presenta i risultati ottenuti circa la grandezza delle scrofaie e le informazioni generali sul management aziendale. Le aziende campionate ospitavano in media circa 1050 scrofe produttive e utilizzavano, ai fini di verro ruffiano, una media di 5 verri. La grandezza aziendale è risultata alquanto variabile (coefficiente di variazione, come rapporto tra deviazione standard e media, CV, pari a 55% circa le scrofe produttive), con la presenza di aziende di piccole-medie (sulle centinaia) e di grandi dimensioni (sulle migliaia di capi). La grandezza dell’azienda ha ripercussioni anche sul numero di giovani femmine in ingresso, che hanno il compito di sostituire le scrofe che vengono vendute. Nelle aziende in esame si è osservato un ingresso annuale di 380 scrofette in media (CV: 74%). La quota di rimonta è risultata pari al 36% in media, con un range da 28% a 45%. Le scrofaie analizzate hanno presentato un basso livello di autosufficienza alimentare, in media 8% (CV: 150%), con la maggior parte delle aziende non utilizzanti nessun alimento di origine interna e un massimo di autosufficienza pari a 27%.
Tabella 1. Statistiche descrittive della dimensione e management aziendale delle scrofaie
Per quanto concerne la gestione riproduttiva, le scrofe hanno in media 2.41 ± 0.04 parti/anno, con una media di 66 ± 4 giorni in lattazione e 277 ± 5 giorni in gestazione, con una bassa variabilità tra aziende, segno che da questo punto di vista i processi produttivi presentano una elevata standardizzazione. Sull’arco dell’anno, per ogni scrofa si ottengono circa 30 suinetti svezzati (CV: 13%), con una mortalità nascita-svezzamento che si aggira attorno all’11%. Dopo lo svezzamento a circa 27 giorni di media, i suinetti rimangono in azienda per altri 53 ± 5 giorni in media, venendo venduti a circa 30 kg e un’età pari in media a circa 80 giorni, anche qui con un basso livello di variabilità tra aziende. La mortalità tra lo svezzamento e la vendita risulta bassa, in media del 3% post-svezzamento. Per quanto riguarda la gestione delle scrofette, l’acquisto extra-aziendale avviene a circa 70 kg PV e 127 giorni di vita, e sono allevate in azienda fino alla prima copertura, che avviene dopo un periodo di 129 ± 52 giorni, e il primo parto è stato osservato in media a 371± 22 giorni.
Variabile Unità Media Deviazione
20 I risultati ottenuti in termini di numero di parti/scrofa/anno e di suinetti svezzati e venduti per scrofa/anno sono superiori a quelli osservati in Pirlo et al. (2016) e Bava et al. (2017), mentre i risultati circa la mortalità dei suinetti sono in linea con quelli osservati da Bava et al. (2017) e inferiori a quelli ottenuti in Pirlo et al. (2016).
Tabella 2. Statistiche descrittive della gestione degli animali, per categoria animale, nelle scrofaie (N=8)
Nella Tabella 3 sono riportati i risultati circa la gestione alimentare degli animali nelle scrofaie. Per quanto concerne le scrofe, l’ingestione alimentare è stata in media pari a 1130 ± 81 kg/scrofa produttiva/anno e la razione è stata caratterizzata da un tenore proteico pari in media a circa 14.3% e da una percentuale di fosforo
Variabile Unità Media Deviazione
Periodo ingresso-copertura giorni 129 52 60 201
Età al primo parto, capo giorni 371 22 353 414
di 0.57%. L’energia lorda della razione, utile per la stima delle emissioni in fase di stoccaggio dei reflui, è di 16.3 MJ/kg TQ. L’ingestione alimentare giornaliera dei suinetti durante la fase dallo svezzamento al raggiungimento del peso utile alla vendita (PV 30 kg) è stata in media di 0.9 kg/capo, la razione avente un contenuto medio del 16.8% in proteina grezza e una percentuale del 0.57% in fosforo, con una densità energetica pari a 17.1 MJ/kg TQ. La dieta somministrata alle scrofette, infine, varia tra 1.70 kg e i 2.20 kg/capo/giorno, con un contenuto medio in proteina grezza dello 14.6 % e in fosforo 0.54 %, e un contenuto energetico pari in media a 14.9 MJ per kilo di mangime ingerito.
La variabilità osservata circa i risultati inerenti alla gestione alimentare degli animali nelle scrofaie è risultata bassa, con CVs dal 1% al 28%. Come indicato precedentemente, questo è indice del fatto che il sistema produttivo ha raggiunto un osservabile grado di standardizzazione.
Tabella 3. Statistiche descrittive della gestione alimentare nelle scrofaie, per categoria animale (N=8)
1 La quantità di siero di latte è stata riportata come mangime equivalente dividendo la quantità di siero per 10 (siero utilizzato in 1 azienda)
Variabile Unità Media Deviazione standard Minimo Massimo Scrofe produttive1
Ingestione, totale kg TQ/capo/anno 1130 81 1019 1239
Proteina grezza %TQ 14.3 0.5 13.6 15.1
Fosforo %TQ 0.60 0.09 0.48 0.72
Energia lorda MJ/ kg TQ 16.3 0.1 16.2 16.3
Suinetti post-svezzamento
Ingestione alimentare kg TQ/capo/giorno 0.87 0.05 0.80 0.96
Proteina grezza %TQ 16.8 0.9 15.1 17.8
Fosforo %TQ 0.57 0.07 0.49 0.65
Energia lorda MJ/ kg TQ 17.1 0.9 15.8 17.6
Scrofette
Ingestione alimentare kg TQ/capo/giorno 1.98 0.19 1.70 2.20
Proteina grezza %TQ 14.6 0.9 13.2 16.1
Fosforo %TQ 0.54 0.06 0.45 0.61
Energia lorda MJ/kg TQ 14.91 4.21 4.50 16.40
22 Per quanto riguarda i centri di ingrasso (Tabella 4), che acquistano i suinetti ai fini dell’ingrasso per l’ottenimento del suino pesante, le aziende campionate hanno presentato in media di 3250 (CV: 61%) posti stalla, con un range da circa 1000 a circa 8000, in linea con Pirlo et al. (2016) e anche con Bava et al. (2017), al netto di alcune aziende presenti in quello studio aventi più di 10000 posti stalla per i suini all’ingrasso. I capi venduti nell’arco dell’anno sono stati in media pari a 6249 capi (CV: 56%), con un valore massimo di 13681 suini. Rispetto alle scrofaie, i centri di ingrasso presentano una maggiore connessione con il territorio locale in termini di utilizzo di alimenti a destinazione zootecnica autoprodotti in azienda. In media, le aziende campionate hanno presentato un valore medio di autosufficienza alimentare del 17.8% (CV: 141%), ma allo stesso tempo è risultato alquanto variabile, con aziende che hanno acquistato tutti gli alimenti sul mercato fino ad aziende in grado di autoprodursi più della metà dei consumi alimentari. I valori maggiori di autosufficienza alimentare sono stati ottenuti in quelle aziende che hanno utilizzato il pastone di granella di mais nel razionamento degli animali, un prodotto appetibile per gli animali e derivante da una coltura, il mais, che è tra le maggiori coltivate nel territorio veneto.
Tabella 4. Statistiche descrittive della dimensione e management dei centri di ingrasso (N=10)
La tabella 5 riporta le statistiche descrittive circa le performance produttive osservate nei centri di ingrasso facenti parti del campione analizzato. Il ciclo di ingrasso ha avuto una durata media di 174 giorni, con un range da 162 a 203 giorni, determinando quindi la possibilità di effettuare circa due cicli di ingrasso nell’arco dell’anno. All’inizio del ciclo, i suini sono stati acquistati a un peso vivo in media pari 30.8 kg (CV: 94%), che risulta molto simile ma non uguale a quello osservato per i suinetti venduti dalle scrofaie in quanto non c’è una totale corrispondenza nel campione analizzato tra scrofaie e centri di ingrasso circa la destinazione e l’origine dei capi. Alla fine del ciclo di ingrasso, i suini sono stati venduti a un peso vivo in media pari a 170 kg (CV: 4%). Durante la fase di ingrasso, si è registrato un incremento medio giornaliero per capo pari in media a 800 grammi (CV: 5%) e una mortalità media del 5%. I valori ottenuti sono in linea con quelli pubblicati in Pirlo et al. (2016) e Bava et al., (2017).
Variabile Unità Media Deviazione standard Minimo Massimo
Posti stalla N 3255 1996 1300 8300
Capi venduti N/anno 6249 3480 2550 13681
Autosufficienza alimentare % tal quale 17.8 25.2 0 60.3
Tabella 5. Statistiche descrittive delle performance produttive, centri di ingrasso (N=10)
Per quanto riguarda la gestione alimentare dei suini nei centri di ingrasso (tabella 6), l’ingestione alimentare media è stata pari a 2.8 kg/capo/giorno, molto simile tra le diverse aziende, essendo il range osservato da 2.6 e 2.9 kg/capo/giorno. Lungo l’arco del ciclo di ingrasso, il valore in termini di proteina grezza caratterizzante la razione somministrata è stata in media pari a 14.2%, mentre quella in fosforo a 0.41. Prendendo in considerazione quanto mangime è stato necessario per ottenere un kg di peso vivo, indicatore dell’efficienza nell’uso della razione da parte degli animali, il valore medio di indice di conversione alimentare è stato pari a circa a 3.5 kg mangime/kg peso vivo, con una bassa variabilità tra aziende (CV: 5%).
Tabella 6. Statistiche descrittive della gestione alimentare, centri di ingrasso (N=10)
Variabile Unità Media Deviazione standard Minimo Massimo
Ciclo di ingrasso, durata Giorni 174 13 162 203
Peso vivo all’ingresso kg PV/capo 31 3 25 35
Peso vivo alla vendita kg PV/capo 170 7 156 178
Mortalità % 5 4 1 15
Incremento medio giornaliero kg PV/capo/giorno 0.80 0.04 0.70 0.88
Variabile Unità Media Deviazione
standard Minimo Massimo
Ingestione kg TQ/capo/giorno 2.8 0.1 2.6 2.9
Rapporto di conversione
alimentare kg TQ/kg PV 3.5 0.2 3.2 3.7
Proteina grezza %TQ 14.2 1.1 12.1 15.4
Fosforo %TQ 0.41 0.04 0.35 0.47
Energia metabolizzabile MJ/ kg TQ 15.8 0.9 14.2 16.7
24 La tabella 7 riporta i risultati relativi al bilancio dell’azoto e del fosforo circa le scrofaie (per scrofa produttiva) e centri di ingrasso (per suino all’ingrasso). Nell’azienda da riproduzione l’ingestione di azoto è stata in media di 69.8 ± 6.6 kg/capo/anno mentre la ritenzione è di 25.1 ± 2.5 kg/capo/anno. La differenza tra questi due apporti restituisce l’escrezione annuale per capo. Il valore medio in termini di azoto escreto è risultato pari a 44.7 ± 4.8 kg/capo/anno. L’azoto netto, riferito alla quantità che deve essere gestita in termini di spandimento agronomico, è risultato pari in media a 32.2 kg/capo/anno. L’efficienza dell’azoto, ottenuta dal rapporto percentuale tra azoto ritenuto e ingerito, è pari a circa il 36%. Rispetto al valore regionale di 26.4 kg azoto netto/capo/anno, il valore medio ottenuto in questa tesi è superiore del 22%. Tuttavia, a causa del fatto il campione considerato presenta un numero di suinetti prodotti per scrofa produttiva/anno decisamente superiore rispetto a quello utilizzato nello schema regionale (circa 29 contro circa 23), il dato di azoto netto, quando riportato in termini di kg di peso vivo ottenuto dai suinetti, risulta essere inferiore di circa il 16% rispetto al valore normativo.
Per la questione fosforo, l’ingestione media osservata nelle scrofaie è stata pari a 7.9 ± 4.6 kg/capo/anno e la ritenzione di 1.3 ± 0.7 kg/capo/anno. Dalla differenza tra ingestione e ritenzione si ottiene il valore di fosforo medio escreto, che è ammontato a 6.6 ± 3.9 kg/capo/anno. L’efficienza del fosforo risultante dal rapporto percentuale tra fosforo ritenuto ed ingerito è si aggira in media pari al 39%.
Per quanto riguarda i centri di ingrasso, si è osservato un quantitativo di azoto ingerito medio di 21.8 ± 2.5 kg/capo/anno e una ritenzione di 6.7 kg/capo/anno circa, da cui è derivata un’escrezione media pari di 15.1 ± 2 kg/capo/anno. Infine, quello disponibile per l’attività agricola è mediamente di 11 kg di azoto per capo, mentre l’efficienza dell’azoto è del 31% circa. Rispetto al valore regionale di 9.8 kg/capo/anno di azoto netto prodotto, il valore medio qui ottenuto è superiore di circa il 10%, ma risulta inferiore del 15% quando rapportato sul peso vivo ottenuto. Per quanto concerne l’ingrasso l’ingestione di fosforo annuale per capo è mediamente di 4.0 ± 0.6 kg/capo/anno, cui si aggiunge una ritenzione di 2.0 ± 0.1 kg annuale a capo e un’escrezione media di 2.0 ± 0.6 kg/capo/anno. L’efficienza del fosforo risultante per gli allevamenti indirizzati all’ingrasso è mediamente pari a 50%.
Tabella 7. Bilancio azoto e fosforo, scrofaia (N=8) e ingrasso (N=10)
I risultati circa l’impronta ambientale per 1 kg di peso vivo ottenuto relativa alla scrofaia e al suo prodotto principale, il suinetto a 30 kg di peso vivo venduto ai centri di ingrasso, sono riportati in tabella 8.
Relativamente alla produzione di 1 kg di peso vivo generico, tale produzione è stata associata a un’emissione di gas climalteranti pari in media a 2.88 ± 0.21 kg CO2-eq, mentre il valore medio di potenziale di acidificazione si aggira intorno a 52.33 ± 4.49 g SO2-eq e quello di eutrofizzazione a 20 ± 1 g PO4-eq emessi.
La variabilità osservata è risultata bassa (CVs <10% per tutte le categorie di impatto). In riferimento al suinetto venduto, 1 kg di peso vivo ottenuto ha prodotto l’emissione media di 2.99 ± 0.23 kg CO2-eq, 54 ± 5 g SO2-eq e 21 ± 1 g PO4-eq rispettivamente circa il potenziale di riscaldamento globale, di acidificazione e di eutrofizzazione. Tali valori sono inferiori di circa un terzo (potenziale di riscaldamento globale) e del 50%
(eutrofizzazione) a quelli ottenuti da Pirlo et al. (2016), mentre solo poco inferiori per quanto riguarda il potenziale di acidificazione. Questo risultato probabilmente è collegato alla maggiore produttività osservata nel campione considerato in questo lavoro, essendo produttività animale e impronta ambientale riportata per unità di prodotto associati negativamente (Gerber et al., 2011). Invece Bava et al. (2017) riporta solo i valori di impatto per l’intero ciclo di vita, per cui tale confronto non è possibile.
Variabile Unità Scrofaia (per scrofa
produttiva)
Ingrasso (per capo all’ingrasso) Media Dev. standard Media Dev. standard
Azoto ingerito kg/capo/anno 69.8 6.6 21.8 2.5
26 Tabella 8. Statistiche descrittive delle categorie di impatto per 1 kg PV prodotto in scrofaia (N=8)
Analoga analisi è stata svolta per i centri destinati all’ingrasso (tabella 9). Il valore medio di impatto associato alla produzione di 1 kg di peso vivo lungo il ciclo di ingrasso è stato pari a 2.97 ± 0.3 kg CO2-eq (potenziale di riscaldamento globale), 62 ± 6 g SO2-eq (acidificazione) e 20 ± 4 g PO4-eq (eutrofizzazione). La variabilità osservata per le diverse categorie d’impatto è risultata bassa (CVs 10-20%), probabilmente a causa della bassa variabilità osservata nelle ingestioni e nelle performance produttive dei suini all’ingrasso, essendo queste variabili alla base del calcolo dell’impronta ambientale stessa.
Confrontando l’analisi del contributo ambientale delle categorie allevate appena descritta con lo studio condotto da Pirlo et al., 2016, i risultati riscontrati sono abbastanza allineati. Nel nostro caso, gli impatti registrano valori minori rispetto allo studio considerato tranne nel grado di acidificazione relativo ai centri di ingrasso che risulta essere superiore. Tale valore può essere spiegato, probabilmente, dal contributo dell’azoto escreto.
Tabella 9. Statistiche descrittive delle categorie di impatto per 1 kg di peso PV in centro di ingrasso (N=10)
Variabile Unità Media Dev. Standard Minimo Massimo
Scrofaia
Potenziale di riscaldamento globale kg CO2-eq 2.88 0.21 2.61 3.23
Potenziale di acidificazione g SO2-eq 52 4 51 59
Potenziale di eutrofizzazione g PO4-eq 20 1 18 22
Suinetto 30 kg
Potenziale di riscaldamento globale kg CO2-eq 2.99 0.23 2.73 3.37
Potenziale di acidificazione g SO2-eq 54 5 45 60
Potenziale di eutrofizzazione g PO4-eq 21 1 19 23
Variabile Unità Media Dev. Standard Minimo Massimo
Potenziale di riscaldamento globale kg CO2-eq 2.97 0.3 2.58 3.43
Potenziale di acidificazione g SO2-eq 62 6 51 68
Potenziale di eutrofizzazione g PO4-eq 20 4 14 25
L’analisi del contributo delle singole fasi produttive all’impatto ambientale complessivo è un importante punto per identificare gli hotspot e quindi individuare in quali fasi produttive intervenire in modo prioritario per ridurre l’impatto associato alla produzione in considerazione attuando strategie di mitigazione che incidano efficacemente su tali fasi. Dall’analisi dei contributi circa l’impatto ambientale associato alle scrofaie e quindi alla produzione del suinetto destinato all’ingrasso (figura 3) è possibile notare come la produzione della dieta da somministrare agli animali, la gestione degli animali e dello stoccaggio dei loro reflui in azienda siano le fasi produttive maggiormente contribuenti in tutte le categorie di impatto. In particolare, la produzione della razione incide maggiormente sul potenziale di riscaldamento globale (52% dell’impatto complessivo) e di eutrofizzazione (70%), mentre la gestione degli animali e dei reflui sul potenziale di acidificazione (54%). Per tutte le categorie di impatto, i materiali, il trasporto e l’acquisto di animali pesano in maniera minoritaria sulle emissioni complessive.
Per quanto riguarda l’analisi dei contributi circa i centri di ingrasso (Figura 4), i risultati ottenuti sono molto simili a quelli riscontrati nelle scrofaie, la produzione della razione, la gestione degli animali e dei reflui, incidono in modo preponderante sul valore complessivo in tutte le categorie di impatto. In particolare, la gestione dei capi in azienda e degli effluenti prodotti influiscono per il 56% sul potenziale di acidificazione cui viene ad aggiungersi la produzione della razione somministrata (42%). Quest’ultima, ancora una volta, ricopre un notevole ruolo sul potenziale di eutrofizzazione (65%) e sull’emissione di gas serra sfiora il 55%.
Figura 3: Contributi delle singole fasi per categoria di impatto in scrofaia (N=8)
28 Ruolo minoritario nelle categorie delineate nello studio è ricoperto da attività che rientrano nella normale conduzione aziendale, come l’utilizzo di materiali, soprattutto a fini energetici necessari all’allevamento, e il trasporto degli input, contribuendo entro il 7% complessivamente al potenziale di riscaldamento globale.
Per quanto riguarda l’analisi dei contributi, risultati simili sono stati riscontrati sia nel contesto italiano (Pirlo et al., 2016; Bava et al., 2017; Berton et al., 2018) sia internazionale (McAuffile et al., 2016).
Considerando l’impatto medio relativo alla produzione del suinetto a 30 kg con destinazione al centro di ingrasso e quello associato al ciclo di ingrasso, l’impronta ambientale per kg di peso vivo ottenuto associata alla produzione del suino pesante, dalla nascita alla vendita a 170 kg, è risultata pari in media a 3.0 kg CO2 -eq, 61 g SO2-eq e 20 g PO4-eq rispettivamente circa il potenziale di riscaldamento globale, di acidificazione e di eutrofizzazione, con circa l’80% dell’impatto complessivo causato dalla fase di ingrasso. I risultati in termini di impatto del suino pesante lungo l’intero ciclo di vita aziendale sono in linea con quanto ottenuto in lavori precedente sia in termini assoluti che di ripartizione percentuale tra fase riproduttiva e fase di ingrasso (Pirlo et al., 2016; Bava et al., 2017).
Figura 4: Contributi delle singole fasi per categoria di impatto in centro di ingrasso (N=10)
I risultati dello studio sono abbastanza in linea con quelli di altri studi condotti sull’allevamento del suino pesante italiano (Bava et al. 2017; Pirlo et al., 2016). Dall’altra parte, i risultati sono maggiori rispetto a quelli ottenuti in altri contesti europei. Il confronto tra i due è reso più difficile poiché a livello europeo è diffuso un sistema produttivo con caratteristiche e destinazioni, in termini di prodotto finale, diverse da quello italiano (McAuffile et al., 2016).
Per quanto concerne il contributo al riscaldamento globale, gli impatti relativamente bassi possono essere spiegati, sebben parzialmente, dall’adozione di un’allocazione economica della produzione delle scrofe. Tale ripartizione riduce l’impatto ambientale dell’aumento di peso corporeo del suino ingrassato (Pirlo et al., 2016).
Procedendo con l’analisi si sono registrati dei valori medi sul potenziale di emissione di gas ad effetto serra minori rispetto a quanto registrato da Bava et al. (2017) e Pirlo et al. (2016), probabilmente riconducibili a diverso sistema di stabulazione o gestione degli effluenti da cui derivano differenti emissioni di CH4 e N2O. A tal proposito anche la diversa durata del ciclo di accrescimento-ingrasso ha una propria influenza sull’emissione di azoto di origine animale andando a rispecchiarsi sui potenziali di acidificazione ed eutrofizzazione, più a lungo un capo viene tenuto in allevamento e maggiori saranno le emissioni di azoto in aria e in acqua. Importante sottolineare che per la produzione tipica del suino pesante italiano il periodo di finissaggio, che precede la macellazione, è molto lungo, data l’età minima e il peso richiesto per la produzione del prosciutto DOP. In quest’ultima fase l’efficienza di conversione alimentare (ICA) diminuisce sensibilmente comportando un aumento delle emissioni e delle escrezioni per kg di PV (Malagutti et al., 2012).
L’effetto sull’impatto ambientale deriva dalla riduzione del fabbisogno di mangime a parità di output, in questo caso di accrescimento realizzato (ANAS, 2020).
Lo studio ha dimostrato che vi sia un margine di miglioramento circa le prestazioni ambientali sia negli allevamenti destinati alla riproduzione che nella successiva fase di ingrasso andando ad agire sulle categorie di impatto acidificazione ed eutrofizzazione. Nella scrofaia, dallo studio condotto da Pirlo et al. (2016), si rileva come un basso tasso di mortalità (11.8%) incida positivamente sulle prestazioni ambientali e possa essere raggiunto se l’allevatore riesce a adottare alcune buone pratiche, come un allungamento del periodo di lattazione o una riduzione nel contenuto di proteina grezza dopo lo svezzamento che contribuisce a migliorare lo stato di salute del tratto gastrointestinale dei suinetti. Una diminuzione della mortalità ha un effetto favorevole sulla produzione agricola comportando una riduzione dell’8% negli input.
Nella fase di accrescimento-ingrasso agendo sull’aumento del rapporto di conversione alimentare si migliora l’efficienza dell’alimento somministrato (CRPA, 2015). L’allevatore potrebbe adottare una serie di best practices tese in questa direzione, come la scelta di diete appropriate e di strategie di razionamento permettendo di ridurre la quantità di azoto presente nelle urine che, nel caso specifico del suino, rappresenta la quota più importante.
A questo può essere combinata una progressiva riduzione nel contenuto di proteina grezza che consente un miglioramento nel soddisfare il fabbisogno nutrizionale dei suini ottimizzando l’utilizzo di energia digeribile
30 e riducendo, al contempo, l’escrezione di azoto e le emissioni di ammoniaca (Pirlo et al., 2016). Prove sperimentali su suini pesanti, aventi come obiettivo quello di testare gli effetti sulle performance produttive dovuti all’utilizzo di razioni a basso tenore proteico, hanno evidenziato come tali razioni siano in grado di ridurre l’escrezione azotata senza avere effetti negativi sulle prestazioni (Gallo et al., 2014; Schiavon et al., 2018). Il miglioramento dell’efficienza nell’uso della proteina presente nei mangimi ha ricadute positive nella riduzione di nitrati e ammoniaca, principali fonti di eutrofizzazione derivate dall’escrezione di azoto (Bittman et al., 2014)