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Capitolo V: Conclusioni

1 Risultati della ricerca

I risultati della ricerca, che aveva come obiettivo quello di dimostrare che per le madri lavoratrici giapponesi risulta più complicato conciliare la sfera familiare e quella lavorativa 1) per un minore supporto, rispetto all’Italia, nella cura dei bambini da parte delle reti informali in Giappone e 2) per una mancanza di supporto da parte del partner, maggiore rispetto a quella del partner di nazionalità italiana, sono di seguito presentati.

Per quanto riguarda i risultati ottenuti riguardo ai differenti servizi su cui le madri lavoratrici in Italia e in Giappone fanno affidamento (Capitolo 2, paragrafi 3.1.2.2, 3.2.2.2), non è possibile dimostrare che la conciliazione tra famiglia e lavoro per le madri lavoratrici in Giappone risulti più difficile per il minore supporto da parte delle reti informali. Infatti, nonostante in Giappone le madri facciano meno affidamento alle reti di cura informali (per esempio i nonni), l’efficienza dei servizi di cura per l’infanzia è molto elevata e tranne alcuni casi, soprattutto nelle grandi metropoli (Tōkyō, Ōsaka, Nagoya, Sapporo, Fukuoka, eccetera) in cui resta ancora il problema delle lunghe liste d’attesa per l’iscrizione all’asilo nido, la situazione è nettamente migliore rispetto a quella italiana (Capitolo2, paragrafo 3.1.2.2). In Italia, non essendo presente un servizio ai livelli del Giappone, le madri devono ricorrere ad altri tipi di supporto e per il momento il sostegno offerto dai nonni rappresenta ancora la maggioranza. Tuttavia, in un futuro prossimo la situazione in Italia è destinata a peggiorare in quanto, alla nascita del nipote molti nonni, se già in pensione, saranno impegnati nella cura dei propri genitori (ancora vivi con la durata media di vita sempre più alta) (Capitolo 2, paragrafo 3.2.2.2) oppure nel caso in cui la nascita del nipote avvenga molto tardi (con il ritardo nell’uscita dalla casa dei genitori, il ritardo nei matrimoni, la nascita dei figli viene posticipata sempre più) (Capitolo 2, paragrafo 3.2.1.2), potrebbero essere troppo anziani per poterli seguire, e quindi la loro disponibilità potrebbe diminuire.

Ciò che risulta evidente dai dati governativi analizzati e dalle risposte dei questionari è che effettivamente le madri di nazionalità giapponese che lasciano il lavoro dopo la gravidanza sono più numerose rispetto a quelle di nazionalità italiana, infatti la curva della partecipazione lavorativa femminile nel Capitolo 2 (paragrafo 3.1) lo dimostra. I motivi dell’abbandono dell’occupazione sono diversi e tra questi rientra anche la motivazione della difficile conciliazione tra famiglia e lavoro, tuttavia non è l’unico motivo; in molti casi, le madri scelgono di intraprendere questa strada

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per dedicarsi completamente alla cura dei figli perché preferiscono occuparsi personalmente dei propri figli e passare la maggior parte del tempo possibile con loro (Capitolo 2, paragrafo 3.1.3.2, Capitolo 3). Non è quindi possibile affermare che la conciliazione tra famiglia e lavoro risulta essere più difficile per le madri lavoratrici in Giappone solo perché la percentuale di abbandono del lavoro è maggiore rispetto che in Italia o perché le madri di nazionalità giapponese fanno meno affidamento sulle reti informali.

La difficoltà di conciliazione tra famiglia e lavoro risulta più pesante per le madri giapponesi per motivi legati al lavoro del proprio partner: dalle risposte ottenute dai questionari, il 47% delle donne di nazionalità giapponese hanno indicato come motivazione principale della difficoltà di gestire famiglia e lavoro la mancanza di supporto del partner, mentre in Italia la percentuale relativa è stata del 17%, non risultando come la motivazione principale (Capitolo 3). Inoltre, nonostante sia tra la maggior parte delle donne di nazionalità giapponese che tra quelle di nazionalità italiana venga indicato che il partner aiuta nelle responsabilità domestiche e di cura, quando viene chiesto loro quanto i partner si dedicano a tali attività e che valore attribuiscono al loro aiuto, nel caso delle donne di nazionalità giapponese i risultati sono negativi. A proposito di quanto tempo dedicano al giorno in media alle mansioni domestiche familiari, la maggior parte ha risposto che lo fa solo durante i weekend (29%), mentre in Italia la maggioranza delle risposte ha indicato 2/3 ore (75%). Inoltre, riguardo ai valori attribuiti, le donne di nazionalità italiana hanno risposto per il 67% con un valore pari o superiore al 5 e il restante 33% con un valore inferiore; mentre le donne di nazionalità giapponese, hanno risposto per il 18% indicando un valore pari o superiore al 5 e per l’82% indicando un valore inferiore (Capitolo 3). In entrambi i casi, la spiegazione del poco sostegno dato dal partner è collegata a motivi di lavoro (orario lavorativo lungo, poca flessibilità eccetera) (Capitolo 3).

Nel caso del Giappone, la conseguenza indiretta di un orario di lavoro ben superiore alle ore standard stabilite per legge (soprattutto tra la fascia d’età dei trentenni) e delle consuetudini che portano il lavoratore dipendente ad intrattenersi con i colleghi e superiori al di fuori dell’orario lavorativo (付き合い tsukiai) (Capitolo 2, paragrafo 3.1.3.2, Capitolo 4), è che gli uomini non avendo tempo per occuparsi delle faccende domestiche e di cura dei figli, scaricano le loro responsabilità sulle proprie partner (Capitolo 3, 4). Sebbene la divisione dei ruoli tra la coppia in Italia e in Giappone sia molto simile per quanto riguarda il forte peso attribuito alle donne (Capitolo 2, paragrafi 3.1.3.2, 3.2.3.2, Capitolo 3, Capitolo 4), quello che cambia è il tempo che gli uomini di nazionalità giapponese e italiana dedicano alla partecipazione delle attività familiari (Capitolo 4). Infatti, il tempo che gli uomini in Giappone dedicano ad aiutare la partner nello svolgimento dei compiti familiari risulta più basso del tempo dedicato dagli uomini in Italia e confrontando la

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situazione tra i generi si nota che per le donne in Giappone il numero delle ore dedicate ai compiti familiari risulta essere quattro volte maggiore rispetto al numero delle ore dedicate dal partner, mentre in Italia la situazione è leggermente migliore in quanto una maggiore partecipazione maschile ai lavori domestici implica che il tempo dedicato alla casa e alla famiglia risulta essere “solo” tre volte superiore per le donne (Capitolo 4).

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